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Disegno di legge sulle lobby
La Relazione illustrativa
Con il presente disegno di legge, in coerenza con gli obiettivi del programma di Governo, nel regolamentare il lobbying, si intendono soddisfare esigenze sia di trasparenza, con l’obiettivo di rendere conoscibili per il cittadino i molteplici fattori che incidono sulla formazione degli atti normativi e degli atti amministrativi generali del Governo, sia di partecipazione, con la finalità di permettere ai rappresentanti di interessi non generali di intervenire nei processi decisionali dell’Esecutivo in condizioni di parità di trattamento.
A tal fine, si introducono disposizioni che riconoscono il più ampio diritto a svolgere l’attività di rappresentanza di interessi particolari, allo scopo di rendere il circuito istituzionale più informato, più recettivo ed attento alle richieste che provengono dalla società civile di cui le lobbies sono espressione.
L’attività di lobbying, in Italia, non è ancora stata oggetto di una regolamentazione organica e coerente da parte del legislatore, nonostante i numerosi tentativi dei parlamentari nazionali.
Infatti dal 1948 al marzo 2006 (termine della XIV legislatura), in materia, sono stati presentati ben 25 progetti di legge. Nessuno di questi, però, è stato mai approvato; solo 6 sono stati esaminati dalle Commissioni competenti; nessuno è stato mai discusso dalle Assemblee di Camera o Senato. Nella XV legislatura i progetti di legge in materia che ad oggi risultano presentati alle Camere sono cinque.
La “risposta” degli ordinamenti dei paesi europei ed extra-europei a tale fenomeno non è uniforme: in alcuni, l’accesso dei gruppi di pressione ai luoghi decisionali è oggetto di specifica legislazione, in cui sono indicati obblighi e diritti (così in Canada, Stati Uniti d’America, Israele, Germania, Svizzera, Austria); in altri, risultano prevalenti le procedure consuetudinarie o i codici di condotta e di deontologia professionale (così in Gran Bretagna e Francia); in altri ancora, manca ogni normazione, come se la questione non si ponesse.
In questo quadro possono evidenziarsi due modelli, non contrapposti ma distinti, di regolamentazione del rapporto tra gruppi di pressione e decisore pubblico: la regolamentazione-trasparenza volta a rendere conoscibili al cittadino i molteplici fattori che incidono sulla decisione pubblica, e la regolamentazione-partecipazione volta non solo a rendere trasparente il processo decisionale ma anche a far partecipare a tale processo i rappresentanti di interessi particolari.
In ambito comunitario, con l’adozione – da parte della Commissione presieduta dall’estone Siim Kallas (con delega su affari amministrativi, audit e lotta antifrode) – del Libro Verde (COM(2006)194 del 3/5/2006), particolare importanza hanno rivestito le attività dei rappresentanti di gruppi di interesse (lobby).
Nell’ottica di dare un quadro più strutturato a tutte le attività svolte al fine di influenzare l’elaborazione delle politiche e i processi decisionali delle istituzioni europee, l’approccio della Commissione Europea ha riguardato: la creazione di un sistema di registrazione su base volontaria,
l’adozione di un codice di condotta comune per tutti i lobbisti o per lo meno la previsione di requisiti minimi degli stessi, la previsione di un sistema di controllo e sanzioni.
Pertanto, anche alla luce dell’iniziativa avviata dalla Commissione Europea, in materia di trasparenza, con il presente disegno di legge si intende procedimentalizzare il rapporto tra gruppi di pressione e decisori pubblici.
La nozione di “decisore pubblico” adottata nella presente proposta è circoscritta ai vertici del potere esecutivo e la disciplina disegnata, pertanto, non si estende all’attività di rappresentanza di interessi particolari svolta nei confronti dei membri delle Camere o degli esponenti degli altri organi costituzionali. Ciò corrisponde a una precisa scelta di garanzia dell’autonomia di tali organi, i quali ben potranno, con proprie iniziative, disciplinare l’attività di lobbying svolta nei rispettivi confronti, nel perseguimento dei comuni obiettivi di partecipazione e di trasparenza.
Dalla proposta in esame non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, come si evince, in particolare, dall’illustrazione degli articoli 3, 5 e 8, in quanto il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (C.N.E.L.) può fare fronte all’attribuzione dei nuovi compiti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Si riporta di seguito, sinteticamente, il contenuto dei singoli articoli dello schema in esame.
L’intero impianto normativo di cui al presente disegno di legge trova rappresentato nell’articolo 1 l’intento programmatico complessivo, volto a regolamentare i rapporti tra i rappresentanti di interessi particolari ed i decisori pubblici.
Il legislatore, attraverso i principi informatori di pubblicità e partecipazione, mira a garantire la trasparenza dei processi decisionali, la conoscibilità dell’attività dei soggetti che influenzano i processi decisionali nonché una più ampia base informativa sulla quale i decisori pubblici possono fondare le proprie decisioni.
L’articolo 2 definisce, mediante l’utilizzazione di formule generali ed omnicomprensive, i soggetti destinatari della presente normativa (“portatori di interessi particolari”, “rappresentanti di interessi particolari” e “ decisori pubblici”), i procedimenti di formazione degli atti normativi e degli atti amministrativi generali, riassuntivamente indicati con il termine “processi decisionali pubblici”, nonché l’attività svolta dai rappresentanti di interessi particolari intesa a perseguire interessi leciti di rilevanza non generale nei confronti dei decisori pubblici (cosiddetta “attività di rappresentanza di interessi”). Si segnala, in particolare, che nella definizione “decisori pubblici” rientrano non soltanto i membri del Governo, ma anche i vertici amministrativi delle amministrazioni statali e quelli delle autorità indipendenti nell’esercizio dell’attività di regolazione, vale a dire le autorità che svolgono la propria attività di regolazione nelle materie contemplate dalle leggi 4 giugno 1985, n. 281; 12 giugno 1990, n. 146; 10 ottobre 1990 n. 287; 12 aprile 2006, n. 163; 14 novembre 1995, n. 481; 31 luglio 1997, n. 249, 12 agosto 1982, n. 576 e dai decreti legislativi 30 giugno 2003, n. 196, 5 dicembre 2005, n. 252.
L’articolo 3 è ispirato ai criteri di trasparenza e mira, attraverso l’istituzione presso il C.N.E.L. del “Registro pubblico dei rappresentanti di interessi particolari”, a garantire la conoscibilità dell’attività dei soggetti che influenzano i processi decisionali. In particolare, il C.N.E.L. assicura la pubblicità dei dati del Registro, divulgandoli attraverso il proprio sito internet istituzionale. Il supporto per la gestione del registro sarà fornito dal C.N.E.L. che provvederà ai nuovi compiti attribuiti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente senza comportare alcun nuovo o maggiore onere a carico della finanza pubblica. A tale proposito, si segnala che è già attivo presso il CNEL un portale che prevede sezioni dedicate a banche dati ed osservatori.
Il comma 1 prevede, per i soggetti che svolgono attività di rappresentanza di interessi, l’obbligo di iscrizione nel Registro, mentre il comma 2, in necessaria successione logico-formale rispetto al comma precedente, opera una specifica individuazione dei dati relativi al rappresentante di interessi particolari, da indicare nel Registro.
L’articolo 4, al comma 1, individua specifici requisiti ai fini dell’iscrizione nel Registro.
Il comma 2 prevede, altresì, che con delibera del C.N.E.L., previa consultazione delle organizzazioni rappresentative del settore che ne facciano tempestiva richiesta, sia emanato, entro novanta giorni dall’entrata in vigore del presente disegno di legge, il Codice di deontologia, il cui rispetto sarà presupposto imprescindibile per l’iscrizione nel registro pubblico dei portatori di interessi particolari.
L’articolo 5, comma 1 impone a ciascun rappresentante di interessi particolari iscritto nel registro di trasmettere al C.N.E.L. una relazione annuale sulla propria attività, relazione che sarà pubblicata sul sito del C.N.E.L. Il comma 2 assegna compiti di verifica dell’attività di rappresentanza di interessi al C.N.E.L. Successivamente, definisce le modalità di espletamento delle
predette funzioni di verifica, volte a monitorare l’attività di lobbying al fine di garantire il rispetto degli standard di correttezza. Il C.N.E.L. può, inoltre, chiedere ai lobbisti informazioni sulla loro attività e trasmette al Parlamento un rapporto annuale sulla propria attività di verifica. Tale rapporto viene inviato anche all’Alto Commissario per la prevenzione ed il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito all’interno della pubblica amministrazione, in relazione alle sue attribuzioni istituzionali conoscitive e di prevenzione di possibili fenomeni di illecito. Va sottolineato che dall’attività di verifica non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica in quanto il C.N.E.L. può svolgere tale attività con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
L’articolo 6, comma 1, attribuisce al rappresentante di interessi particolari la facoltà di presentare ai decisori pubblici documenti, memorie scritte ovvero qualsiasi altra comunicazione relativa all’interesse rappresentato, che devono essere resi accessibili a chiunque ne abbia interesse, ove pertinenti all’oggetto del processo decisionale.
Allo scopo di non rallentare l’azione dei decisori pubblici è prescritto il diritto, dei portatori di interesse, di partecipare d’iniziativa propria, mentre non è previsto l’obbligo del decisore pubblico di coinvolgerli nei processi normativi.
Tale partecipazione, improntata ai principi di imparzialità e di parità di trattamento è volta a rendere il circuito istituzionale più informato, più recettivo ed attento alle richieste che provengono dalla società di cui le lobbies si fanno portavoce dotando, così, il decisore pubblico di una più ampia
base informativa sulla quale fondare le proprie decisioni.
Il comma 2 riserva alle amministrazioni dello Stato e alle autorità indipendenti il compito di definire, entro novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, le forme e le modalità di esercizio delle facoltà di cui al comma 1, con i provvedimenti previsti dai relativi ordinamenti.
L’articolo 7 al comma 1, sancisce l’obbligo del decisore pubblico di rendere nota l’attività di rappresentanza di interessi svolta nei propri confronti, ove pertinente all’oggetto dei processi decisionali conclusi, illustrandola nella relazione, nel preambolo degli atti normativi e nelle premesse degli atti amministrativi a contenuto generale.
Inoltre, il medesimo comma, prevede l’obbligo per i decisori pubblici di rendere accessibili a chiunque ne abbia interesse i documenti e le comunicazioni presentate dai rappresentanti di interessi particolari, ove pertinenti all’oggetto dei processi decisionali, secondo le modalità di esercizio previste dall’articolo 25 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e fatte salve le esclusioni al diritto di accesso di cui all’articolo 24 della medesima legge. Al riguardo, si sottolinea come, al fine di garantire la massima trasparenza dell’attività svolta dai rappresentanti di interessi particolari nei processi decisionali pubblici, si configura una
disciplina speciale rispetto a quella dell’accesso contenuta nel Capo V della legge n. 241/1990.
Infatti, da un lato, l’esercizio del diritto di accesso è riconosciuto anche ai titolari di interessi non qualificati (“chiunque ne abbia interesse”) e l’oggetto dell’accesso comprende i procedimenti di formazione degli atti normativi e degli atti amministrativi generali; dall’altro, l’accesso è limitato ai soli documenti e comunicazioni presentati dai rappresentanti di interessi particolari ai decisori pubblici.
Il comma 2 dispone che ove il decisore pubblico riscontri violazioni del codice deontologico di condotta o di altre disposizioni previste dalla presente legge, da parte del rappresentante di interessi particolari, informi, immediatamente, il C.N.E.L.
L’articolo 8 prevede, senza maggiori oneri a carico della finanza pubblica, un sistema di sanzioni amministrative che assicurino il corretto adempimento degli obblighi del rappresentante di interessi particolari. Il comma 1 punisce, salvo che il fatto costituisca reato, con una sanzione pecuniaria da euro 2000 ad euro 20000 lo svolgimento dell’attività di rappresentanza di interessi particolari da parte dei soggetti non iscritti al registro. Si precisa che i proventi di tali sanzioni affluiscono al bilancio dello Stato. I commi 2 e 3 attribuiscono al C.N.E.L. il potere di sanzionare, con provvedimento motivato, con la censura, la sospensione o la cancellazione dal registro i rappresentanti di interessi particolari responsabili di falsità e di violazioni degli obblighi nascenti dal presente provvedimento, ovvero dal Codice di deontologia. Il comma 4 prevede la pubblicazione a mezzo stampa del provvedimento di sospensione o di cancellazione dal registro, a spese del responsabile della violazione. Infine, il comma 5 devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative alle elencate sanzioni.
L’articolo 9 esclude dalla presente regolamentazione l’attività di rappresentanza di interessi particolari svolta da enti pubblici o da associazioni o altri soggetti rappresentativi di enti pubblici, nonché dai partiti politici e quella svolta, nell’ambito di processi decisionali che si concludono mediante protocolli di intesa ed altri strumenti di concertazione, da esponenti di organizzazioni sindacali ed imprenditoriali.
Infine, si ritiene di non dover redigere la relazione tecnico-finanziaria in quanto dal presente disegno di legge, come indicato anche nel testo, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.