La legge finanziaria per il 2007 prevede, solo per i ricorsi innanzi al Giudice Ammministrativo in materia di affidamento di lavori, servizi e forniture, il contributo unificato di 2.000 euro, invece che quello previsto in via generale nella misura di 500 euro (si tratta, in particolare, dell’art. 1, comma 1307, della legge 27 dicembre 2006 n. 296).
Com’è noto, per la giustizia ordinaria il contributo unificato è stabilito invece in relazione al valore della controversia.
La norma si presta a molteplici rilievi di costituzionalita’, sotto i profili della parità di trattamento (articolo 3 della Costituzione) e della effettività della tutela giurisdizionale (art. 24), in quanto il contributo unificato costituisce un filtro, di tipo economico, per l’accesso alla tutela giurisdizionale, soprattutto con riferimento alle gare di affidamento aventi importi a base d’asta di ridotta entità, che sono la maggioranza, le quali saranno per l’effetto sottratte al sindacato di legittimità del giudice amministrativo.
Invero, la materia degli appalti non è di per sé necessariamente indice di grande valore economico cui poter ragionevolmente applicare in modo indifferenziato il contributo unificato nel suo massimo importo, mentre “la sua alta permeabilità a fenomeni di illecito impone un rafforzamento dei meccanismi di garanzia, sconsigliando pertanto per tale materia l’adozione di meccanismi deflattivi del sindacato giurisdizionale di legittimità”.
In tal senso, si legga l’interessante relazione dell’Alto Commissariato per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito nella pubblica amministrazione.
Si osserva, che “il sindacato giurisdizionale sul mancato rispetto di tali regole, affidato al giudice amministrativo, può essere sollecitato solo su istanza di parte, con conseguente inopportunità della introduzione di una misura, quale l’aumento del contributo unificato da corrispondersi in misura fissa, che ne può impedire l’accesso in virtù della diversa capacità economica dei soggetti soprattutto con riferimento alle procedure di gara con importi a base d’asta di ridotta entità, finendo per trasformare un sistema di tutela del cittadino nei confronti dei possibili abusi della pubblica amministrazione, al contempo garantendone la legittimità e l’imparzialità dell’azione, in un sistema basato sul censo di chi propone la controversia”.
Inoltre, che: “la stessa Corte Costituzionale, nel solco di una garantistica sensibilità alla problematica dell’accesso alla giustizia ed alla sua effettività, ha affermato, nella sentenza n. 77 del 12 marzo 2007, con riferimento alla tematica della translatio iudicii, che ‘la loro pluralità (ndr: dei giudici) non può risolversi in una minore effettività, o addirittura in una vanificazione della tutela giurisdizionale: …. Una disciplina siffatta, in quanto potenzialmente lesiva del diritto alla tutela giurisdizionale e comunque tale da incidere sulla sua effettività, è incompatibile con un principio fondamentale dell’ordinamento, il quale riconosce bensì la esistenza di una pluralità di giudici, ma la riconosce affinché venga assicurata, sulla base di distinte competenze, una più adeguata risposta alla domanda di giustizia, e non già affinché sia compromessa la possibilità stessa che a tale domanda venga data risposta’. Una lettura costituzionalmente orientata ed in chiave ordinamentale di tale sentenza non può trascurare l’affermata incompatibilità con i principi fondamentali dell’ordinamento di qualsivoglia limitazione della effettività della tutela giurisdizionale, la cui portata sembra potersi estendere anche alla previsione di filtri di tipo economico al suo accesso”.
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Alto Commissariato per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito nella pubblica amministrazione
“Il contributo unificato a 2000 euro, come disposto dall’art. 1, comma 1307, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007) per i ricorsi amministrativi in materia di affidamento di lavori, servizi e forniture, nel rivestire capacità deflattiva del contenzioso amministrativo, tutela in via indiretta l’interesse alla pronta esecuzione dell’opera o del servizio o della fornitura, in vista del rilievo indubbiamente strategico del settore degli appalti per l’economia del Paese e per il buon andamento della Pubblica Amministrazione.
Peraltro, a tale interesse possono logicamente e ragionevolmente ricondursi misure acceleratorie del contenzioso amministrativo – per come peraltro avviene in virtù dell’art. 23 bis della legge 6 dicembre 1971 n. 1034 – e non già la previsione dell’obbligo del pagamento del contributo unificato per intero e nella misura massima in modo indifferenziato, indipendentemente dal valore della controversia e, quindi, indipendentemente dalla rilevanza economica oggettiva della stessa.
Aggiungasi, che l’esigenza di non intralciare con ricorsi pretestuosi e defatigatori le procedure di aggiudicazione, di affidamento e di esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità, nonché di appalti di forniture e di servizi, non sembra potersi ragionevolmente perseguire attraverso la previsione di un contributo che si traduce in un filtro di tipo economico rispetto all’accesso alla giustizia amministrativa con riguardo alle gare di ridotto importo a base d’asta, non essendo ravvisabile alcuna connessione tra tale tipologia di gare e la natura defatigatoria o pretestuosa dei ricorsi che su di esse eventualmente vengano ad innestarsi.
Peraltro, l’effetto disincentivante della proposizione di ricorsi pretestuosi o defatigatori è già assicurato dalla previsione – oltre che per i casi di lite temeraria – della condanna alle spese processuali a carico della parte soccombente, alla cui concreta commisurazione si ricollega l’auspicato effetto disincentivante, con conseguenti benefici per l’intero sistema della giustizia amministrativa.
Deve, ancora, osservarsi che se la ratio della previsione in questione è quella di disincentivare la proposizione dei ricorsi, l’auspicata commisurazione del contributo in relazione al valore della controversia – come avviene nella giustizia ordinaria – avrebbe il medesimo effetto con riguardo, però, a tutti gli appalti, anche a quelli di rilevante importo che originano quasi sempre, in virtù degli interessi economici sottesi, un notevole contenzioso amministrativo, che ben potrebbe anch’esso rivestire il carattere defatigatorio o pretestuoso.
Essendo, quindi, indubitabile che la determinazione del contributo unificato in misura elevata ed indipendente dal valore della controversia costituisca un filtro alla proposizione di ricorsi solo in relazione a gare di ridotto rilievo economico e solo con riferimento a soggetti aventi ridotta capacità economica – nessun effetto potendo rivestire rispetto alle controversie in cui vengano in rilievo ingenti interessi economici o soggetti dotati di notevole capacità economica – l’impostazione teorica sottesa a tale opzione tradisce un possibile aspetto discriminatorio nella parte in cui limita o rende più difficile l’accesso alla giustizia in ragione del ridotto rilievo economico della controversia o della ridotta capacità economica dei soggetti, su questi aspetti solo indirizzandosi il potenziale effetto deflattivo del contenzioso giurisdizionale.
Il che appare censurabile in quanto in contrasto con il principio della garanzia e della effettività della tutela giurisdizionale.
Ancora, pur se è rimessa all’ampia discrezionalità del legislatore la scelta in ordine al bilanciamento degli interessi eventualmente in conflitto, tuttavia tale discrezionalità è soggetta ai limiti della razionalità e della proporzionalità, ferma restando l’esigenza di tutela privilegiata agli interessi dotati di maggior resistenza.
In tale direzione, suscita dunque qualche perplessità una opzione volta a favorire la deflazione del contenzioso in pregiudizio della tutela giurisdizionale che la Costituzione garantisce quale bene primario, indubitabile essendo che un filtro di natura economica che limita l’accesso alla giustizia si traduce in un limite a tale tutela, in contrasto peraltro con il principio di uguaglianza e con i principi sanciti a livello comunitario.
Quanto ai profili di specifico interesse dell’Alto Commissario, le preoccupazioni in merito alla misura del contributo unificato muovono da un’esigenza di tenuta complessiva del sistema ordinamentale che, prescindendo da limitate visuali di settore, ne esplori le interconnessioni e le possibili ricadute.
In tale direzione, non può non destare attenzione una misura che, nel dichiarato intento di costituire uno strumento deflattivo del contenzioso amministrativo, fa venir meno un presidio di garanzia giurisdizionale, sottraendo al sindacato di legittimità un’ampia fascia di ricorsi in materia di contratti pubblici, così interrompendo un circuito ordinamentale il cui funzionamento va garantito nel suo complesso, e non per singoli settori di competenza.
Giova puntualizzare che la sottrazione al sindacato di legittimità di una fascia dei contratti pubblici, al di là della sua intrinseca gravità, favorisce, attraverso il mancato controllo del rispetto della regole previste, la commissione di illeciti – la cui prevenzione è affidata alla cura dell’Alto Commissario – altresì consentendo, soprattutto con riguardo ad ambiti territoriali caratterizzati dalla presenza della criminalità organizzata, il rafforzamento del controllo del territorio da parte di quest’ultima.
Inoltre, le regole poste a presidio della legittimità dell’azione amministrativa non rispondono ad esigenze meramente formali, ma nel limitare la discrezionalità amministrativa, la indirizzano verso il perseguimento dell’interesse pubblico, preservandola da eventuali sviamenti.
E’ di tutta evidenza, quindi, come attraverso il controllo della legittimità degli atti, affidato al sindacato giurisdizionale, viene tutelato e garantito lo stesso interesse pubblico, nel contempo preservandolo dal pregiudizio discendente dalla commissione di illeciti, la cui possibilità di realizzazione si accresce a fronte della mancanza del controllo di legittimità.
Alla luce delle superiori considerazioni emerge la connessione che necessariamente si instaura tra la prevenzione dei fenomeni di illecito nella Pubblica Amministrazione, che ricade nell’ambito di competenza dell’Alto Commissario, e l’attivazione, per effetto della proposizione di ricorsi giurisdizionali, del controllo di legittimità, che a sua volta garantisce la tutela di interessi sostanziali e previene la possibilità di realizzazione di fenomeni di illecito, in relazione ai quali il giudice penale può intervenire solo ex post a seguito di notizia di reato, dovendo ulteriormente ricordarsi, in proposito, il confine che divide l’area della rilevanza penale da quella, ben più ampia, della illiceità”.