L’eccessiva onerosità del prezzo indicato nell’offerta dell’Impresa concorrente in una gara d’appalto risultata aggiudicataria costituisce grave motivo di interesse pubblico e giustifica il diniego di approvazione dell’aggiudicazione.
Nei bandi di gara le espressioni polisemiche vanno intese nel senso più conveniente alla natura e all’oggetto del contratto.
In caso di oscurità o equivocità delle clausole del bando, alle stesse va data una lettura idonea a tutelare l’affidamento degli interessati in buona fede.
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Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, sede di Catanzaro, sezione prima
Sentenza 12 febbraio 2008 numero 108
(presidente Mastrocola, estensore Verlengia)
(…)
Fatto
La ricorrente partecipava, in ATI, alla gara per l’allestimento e l’esercizio del servizio di bar ristorazione in favore dei degenti, dei loro familiari e del personale dipendente all’interno del nosocomio “S. Giovanni di Dio” di Crotone, previa concessione in uso, per la durata di nove anni, a titolo oneroso, di un locale di 36 mq situato all’interno del locale, indetta dall’Azienda Sanitaria Locale n. 5 di Crotone, con delibera n. 281 del 15/12/2006, da assegnarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Nella seduta del 30/3/2007 la Commissione tecnica assegnava i punteggi alla ditta Hotel Ristorante la Campagnola e all’ATI ricorrente per la qualità del progetto e l’elenco dei principali servizi svolti, e trasmetteva il verbale al Presidente della Commissione per il prosieguo degli adempimenti.
La commissione di gara, quindi, in data 17/4/2007, procedeva all’apertura delle offerte economiche e, preso atto che la ditta “La Campagnola” non aveva precisato se il rialzo offerto (del 1500%) si riferiva al mese o all’anno, e tenuto conto che il bando nulla aveva precisato a tale riguardo, impedendo, ad avviso della Commissione, la formulazione della graduatoria, arrestava l’esame delle offerte e proponeva l’indizione di una nuova procedura di gara.
Nel presente giudizio la ditta “La Vecchia Locanda” impugna gli atti di gara, attesa l’illegittimità dell’atto con il quale la Commissione di gara ha interrotto la procedura di gara proponendo l’indizione di una nuova, in mancanza di un vizio insanabile del bando, come affermato nel verbale da ultimo richiamato.
Avverso gli atti impugnati la ricorrente deduce le seguenti censure:
1. violazione della lex specialis. Carenza dei presupposti previsti dal bando per la partecipazione alla gara della ditta “La Campagnola”, che andava esclusa.
2. Violazione della lex specialis di gara ed eccesso di potere per difetto di motivazione, contraddittorietà e manifesta irragionevolezza del provvedimento con il quale, anziché definire il procedimento con l’aggiudicazione, si è ritenuto di dover indire una nuova gara in base ad un supposto ed insussistente vizio del bando.
La ricorrente, esposti i sopra descritti motivi di gravame, chiede l’annullamento degli atti impugnati.
L’Azienda sanitaria intimata non si è costituita.
Con ordinanza n. 447 del 12/7/2007 questo Tribunale accoglieva la domanda di sospensione cautelare dei provvedimenti impugnati.
All’udienza del 23 novembre 2007 il ricorso viene trattenuto in decisione.
Diritto
Nel merito, il ricorso è parzialmente fondato.
Con il primo motivo la ricorrente impugna la mancata esclusione della ditta “La Campagnola”, deducendo la carenza dei requisiti di partecipazione di quest’ultima.
Il motivo è infondato in fatto.
La ditta in questione ha, infatti, prodotto, come richiesto dal bando, un elenco dei servizi di bar e ristorazione, espletati negli ultimi tre anni, dal 2003 al 2005.
Non è conforme alla lettera del bando che i servizi rilevanti fossero solo quelli di “bar”, come sostiene la difesa della ricorrente. Si legge, infatti, al punto due dell’avviso del 15/12/2006:
“elenco riportante i principali servizi bar-ristorazione svolti negli ultimi tre anni….”.
Essa, pertanto, correttamente non è stata esclusa per difetto dei requisiti
Con il secondo motivo di ricorso la società ricorrente deduce la violazione del bando e la illegittimità del provvedimento con il quale la Commissione disponeva di non procedere all’aggiudicazione in mancanza dei presupposti previsti dal bando.
La censura è fondata.
La Commissione di gara, da quanto si evince dal verbale del 17 aprile 2007, sull’erroneo presupposto che il bando fosse affetto da un vizio insanabile, in quanto non sarebbe stato specificato se il rialzo del canone richiesto dovesse essere indicato dalla partecipante su base mensile o annuale, ritiene di non poter procedere all’assegnazione del punteggio e alla formazione della relativa graduatoria.
Orbene, la specificazione era certamente superflua, dal momento che era indicato l’importo base sul quale indicare il rialzo e quest’ultimo viene indicato in percentuale dalle ditte partecipanti.
La circostanza che la ditta “La Campagnola” abbia offerto una percentuale di rialzo del 1.500%, sull’importo base del canone fissato in 15,00 € al metro quadro, ha fatto sorgere il dubbio alla Commissione che 15,00 € al metro quadro fosse il canone annuale, e non quello mensile, sul quale la ditta “La Campagnola” intendeva offrire il proprio rialzo del 1.500%, e tuttavia, di fronte a tale impasse, la Commissione, in conformità al bando, e ai principi generali in materia di gare, in particolare del principio della “par condicio”, avrebbe potuto rilevare l’incongruità di una offerta che vedeva la partecipante obbligarsi per circa 8.000,00 € al mese per la locazione dei locali, previo contradditorio con l’interessata, escludendo, però la possibilità di rettificare gli elementi negoziali costitutivi dell’offerta (v. ex multis Tar Brescia n. 180/2007 e da verificare Tar Lazio III 1066/2006 Tar Campania 4180/2003.
L’eccessiva onerosità del prezzo indicato nell’offerta dell’Impresa concorrente in una gara d’appalto risultata aggiudicataria costituisce grave motivo di interesse pubblico e giustifica il diniego di approvazione dell’aggiudicazione (Così CdS Sez. IV 2838/2007)
Vi è, poi, da dire che il canone di locazione viene indicato, di regola, su base mensile. Si tratta di una convenzione tacita, ma largamente conosciuta e praticata. La ditta “La Campagnola”, ove avesse avuto dubbi, avrebbe anche avuto tutto il tempo per chiedere delucidazioni prima di confezionare la propria offerta. Senza considerare che 15 € al metro quadro all’anno è una cifra talmente inferiore al mercato da indurre certamente ad escludere che l’importo indicato nel bando potesse riferirsi al canone annuo per metro quadro.
L’applicazione dei canoni ermeneutici offerti dal Codice Civile, che la giurisprudenza ritiene applicabile ai bandi di gara ed, in particolare, il criterio della buona fede (art. 1366), e i criteri di cui agli artt. 1368 e 1369, avrebbero risolto il dubbio nel senso indicato.
Posto che ai bandi di gara devono applicarsi le disposizioni di cui all’art. 1362 comma 2 Cod. Civ. che, pur dettate per i contratti, esprimono precetti generali sull’interpretazione della volontà negoziale tra cui rileva il comportamento complessivo delle parti, anche ai sensi dell’art. 1369 Cod. civ. , per cui le espressioni polisemiche vanno intese nel senso più conveniente alla natura e all’oggetto del contratto (Tar Lombardia, Brescia, 263/2007).
In tema di appalto, in caso di oscurità o equivocità delle clausole del bando (…) un corretto rapporto tra Amministrazione e privato – che sia rispettoso dei principi generali del buon andamento dell’azione amministrativa e di imparzialità e di quello specifico enunciato dall’art. 1337 cc (…) impone che di quella disciplina sia data una lettura idonea a tutelare l’affidamento degli interessati in buona fede (CdS, Sez V, 1441/2007).
Nel caso di specie la Commissione avrebbe dovuto tutelare l’affidamento degli interessati procedendo ad una interpretazione secondo buona fede del bando che, per quanto osservato, era agevolmente possibile e completare l’esame delle offerte stilando la relativa graduatoria.
Il bando, poi, prevedeva che si sarebbe proceduto all’aggiudicazione della gara anche in presenza di una sola offerta, quindi, la Commissione avrebbe dovuto valutare anche l’offerta della ricorrente rimasta in gara, e procedere senz’altro alla definizione del procedimento (Cfr. Tar Lazio Sez. III ter 9140/2004).
Il Collegio, pertanto, ritiene illegittimo il diniego di aggiudicazione, in mancanza dei presupposti ai quali quest’ultimo vincolava la possibilità di non procedere all’aggiudicazione.
La fondatezza del secondo motivo di ricorso determina l’accoglimento del gravame nei termini di cui in motivazione e per l’effetto l’annullamento della determinazione della Commissione di cui al verbale del 17/4/2007, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.
Sussistono sufficienti motivi per l’integrale compensazione delle spese del giudizio.
P. Q. M.
Il Tribunale amministrativo regionale della Calabria, sede di Catanzaro, prima sezione, pronunziando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla il verbale con il quale è stato disposto l’arresto del procedimento di aggiudicazione della gara, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza venga eseguita dall’autorità amministrativa.