Gare d’appalto e risarcimento del danno all’immagine



Il diritto all’immagine, traente fondamento dalla previsione dell’art. 2 Costituzione, non può essere considerato appannaggio esclusivo della persona fisica me deve essere riconosciuto anche alle persone giuridiche.

Lo ha stabilito una recente sentenza del Consiglio di Stato, che si riporta di seguito. La decisione contiene anche un’interessante enucleazione dei contenuti fondamentali dell’azione risarcitoria dell’impresa esclusa o comunque pretermessa contro la Stazione appaltante:



Reintegrazione in forma specifica



In ossequio a principi di derivazione anche comunitaria va privilegiata, ove possibile (se del caso previa presa d’atto della caducazione di rapporti eventualmente costituiti per sostituire quello revocato) la reintegrazione in forma specifica.

Risarcimento per equivalente



Nell’ipotesi in cui la reintegrazione in forma specifica non sia possibile, occorre condannare al risarcimento per equivalente.

Valore dell’appalto



L’importo della commessa da assumere a base del calcolo dell’entità del risarcimento va identificato nell’intero importo del contratto per il periodo previsto più il solo 80% dell’importo degli ulteriori tre anni previsti sia in sede di gara che dal contratto: a tale decurtazione equitativa si può pervenire tenuto anche conto del dato che la prosecuzione del rapporto per un ulteriore triennio, pur non essendo tecnicamente vincolata, era legata al verificarsi di presupposti che la rendevano pressoché scontata (id est, mantenimento del prezzo pattuito tre anni prima).

Così individuato l’ammontare della commessa non eseguita, si può passare alla liquidazione delle diverse voci di pregiudizio.

Danno emergente



E’ costituito dalle spese e dai costi sostenuti per la preparazione dell’offerta e per la partecipazione alla procedura. Viene fissato in via equitativa un risarcimento pari al 2% del valore dell’appalto, beninteso come sopra quantificato.

Danno per lucro cessante



Va individuato nel 10% del valore dell’appalto.

Perdita di chance



Occorre riconosciure un importo pari al 3% del valore dell’appalto a titolo di perdita di chance, legata alla impossibilità di far valere, nelle future contrattazioni, il requisito economico pari al valore dell’appalto non eseguito.

Mancato ammortamento di attrezzature e macchinari



Ai fini dell’integrale ristoro della sfera patrimoniale va, da ultimo, riconosciuto un ulteriore importo, equitativamente individuato nel 3% del valore dell’appalto, per il mancato ammortamento di attrezzature e macchinari.

Debito di valore



Le somme così liquidate costituiscono debito di valore, per cui va progressivamente effettuata la rivalutazione e poi applicati gli interessi dalla data della risoluzione fino al deposito della sentenza.

Debito di valuta



La somma dovuta, dalla data di deposito e fino al soddisfo, costituisce debito di valuta, per cui sulla stessa dovranno essere corrisposti i soli interessi legali.

Danno esistenziale



Va inoltre risarcito, a prescindere dalla esecuzione in forma specifica, anche il cd. danno esistenziale.

Il diritto all’immagine, traente fondamento dalla previsione dell’art. 2 Cost., non può essere considerato appannaggio esclusivo della persona fisica e va anzi riconosciuto anche alle persone giuridiche.

Quantificazione



L’istituto di cui all’art. 35, secondo comma, del d.lgs. 80/98, demanda alle Amministrazioni di formulare nel termine di 180 giorni una proposta di risarcimento che tenga conto delle conseguenze pregiudizievoli che un’informativa prefettizia negativa nonché la revoca di un appalto regolarmente aggiudicato sono suscettibili di arrecare alla sfera giuridica di un’impresa, dal punto di vista della sua esistenza e della sua capacità di operare sul mercato.

Debito di valore



Trattandosi di debito di valore, le somme individuate, previamente rivalutate, dovranno essere maggiorate degli interessi legali.

. . . . . .



Consiglio di Stato, V sezione

Sentenza 12 febbraio 2008 numero 491

(presidente Marchitiello, estensore Russo)



(… )

Fatto

(…)

Col primo motivo di appello si rilevava che l’informativa rilasciata dalla Prefettura di N. aveva avuto come destinatario un soggetto che, alla data di adozione del provvedimento, non rientrava più nelle competenze di quell’Ufficio, sicché evidente avrebbe dovuto risultare il vizio di incompetenza. Col secondo motivo, diretto nei confronti dell’atto di risoluzione del rapporto, si ribadiva che avendo assunto a presupposto di tale scelta caducatoria una informativa antimafia cd. atipica, l’Azienda Ospedaliera avrebbe dovuto esporre le ragioni della sua scelta, noto essendo che in questo caso il potere di risoluzione del rapporto ha natura discrezionale. Col terzo motivo si evidenziava che il TAR non aveva rilevato che i fatti di natura penale posti a base dell’informativa prefettizia gravata, all’atto della sua adozione, erano inesistenti perché il Tribunale di P. (ord. 4.1.2005) e la Corte di Cassazione (sent. 1639/05 del 20.4.2005) avevano prosciolto l’amministratore della E. da qualunque reato. Col quarto motivo si insisteva sotto altro profilo per la illegittimità della nota prefettizia e, con essa, della risoluzione del rapporto perché era emerso che l’informativa si basava unicamente sulle vicende di natura penale che avevano coinvolto l’amministratore di E. mentre queste erano state già escluse nelle competenti sedi. L’appellante, infine, riproponeva la domanda di risarcimento sia in termini di danno emergente che di lucro cessante sia in termini di perdita di chance e di qualificazione, oltre ad accessori.

(…)



Diritto

L’appello è fondato. Va premesso che l’informativa prefettizia 446/area I Bis del 20.10.2005 è stata già annullata con sentenza n. 363/07 del TAR Campania, Sez. I, che questa Sezione ha confermato con decisione n. 2828 del 31 maggio 2007.

Da tale decisione il Collegio non ha motivo di discostarsi. Se è pacifico infatti che l’interesse pubblico al cui soddisfacimento è diretto l’insieme delle misure di prevenzione antimafia giustifica anche interventi basati sul mero sospetto e quindi privi di quell’accertamento rigoroso che il nostro ordinamento esige nella sede penale è, per converso, evidente che un fatto che ha trovato smentita all’esito di un procedimento penale non può esser richiamato per assumere capacità qualificatoria dal punto di vista dell’informativa antimafia (Sez. V, 31 maggio 2007, 2828; 27 giugno 2006, n. 4135). Il che è proprio quanto accade nella citata informativa, la quale a distanza di mesi dalla smentita in sede penale delle vicende che avevano riguardato l’amministratore di E. s.p.a., assume quelle stesse vicende quale presupposto per ritenere sussistente un attuale tentativo di infiltrazione mafiosa.

Una volta ribadito l’annullamento dell’informativa prefettizia n. 446/2005, analoga sorte tocca alla determinazione con la quale l’Azienda Ospedaliera S. M. di G. (n. 3046 del 14.11.2005) ha disposto la revoca del rapporto in essere con l’appaltratice E.. E’ infatti nella stessa (annullata) informativa prefettizia che si esaurisce la motivazione della revoca del rapporto da parte dell’Azienda Ospedaliera. Quest’ultima, ancorché avrebbe dovuto, trattandosi di informativa prefettizia atipica (come è stato stabilito dalla sentenza confermata dalla Sezione con decisione n. 2828/07) , non ha invero compiuto alcuna autonoma valutazione e si è limitata all’acritico recepimento del punto di vista espresso nell’informativa prefettizia.

Per le anzidette, assorbenti, ragioni la sentenza gravata merita di essere riformata, con conseguente annullamento sia della nota prefettizia n. 446/area 1 bis del 20.10.2005 sia della determinazione dell’Azienda Ospedaliera n. 3046 del 14.11.2005.

Fondata dunque risulta anche la domanda risarcitoria. In ossequio a principi di derivazione anche comunitaria va privilegiata, ove possibile (se del caso previa presa d’atto della caducazione di rapporti eventualmente costituiti per sostituire quello revocato ad E.), la reintegrazione in forma specifica.

Nell’ipotesi in cui ciò non sia possibile le Amministrazioni intimate saranno tenute in solido al risarcimento per equivalente. Da questo punto di vista va anzitutto precisato che l’importo della commessa da assumere a base del calcolo dell’entità del risarcimento va identificato nell’ (intero) importo del contratto per il terzo anno di servizio più il solo 80% dell’importo degli ulteriori tre anni previsti sia in sede di gara che dal contratto: a tale decurtazione equitativa il Collegio ritiene di poter pervenire tenuto conto del dato che la prosecuzione del rapporto per il triennio in questione, pur non essendo tecnicamente vincolata, era legata al verificarsi di presupposti che la rendevano pressoché scontata (id est, mantenimento del prezzo pattuito tre anni prima).

Così individuato l’ammontare della commessa non eseguita, si può passare alla liquidazione delle diverse voci di pregiudizio. La prima voce consiste nel danno emergente, costituito dalle spese e dai costi sostenuti per la preparazione dell’offerta e per la partecipazione alla procedura. A questo titolo il Collegio ritiene equo fissare un risarcimento pari al 2% del valore dell’appalto, beninteso come sopra quantificato. Al danno emergente si aggiunge il danno per lucro cessante, che la giurisprudenza ha ormai pacificamente individuato nel 10% del valore dell’appalto (anche in questo caso come sopra quantificato). Come stabilito dalla Sezione, con precedente cui il Collegio ritiene di dover dare adesione, va poi riconosciuto un importo pari al 3% del valore dell’appalto (sempre come sopra quantificato) a titolo di perdita di chance, legata alla impossibilità di far valere, nelle future contrattazioni, il requisito economico pari al valore dell’appalto non eseguito (Sez. V, 23 ottobre 2007, n. 5592). Ai fini dell’integrale ristoro della sfera patrimoniale va, da ultimo, riconosciuto un ulteriore importo, equitativamente individuato nel 3% del valore dell’appalto, per il mancato ammortamento di attrezzature e macchinari. Sulle somme così liquidate, poiché si tratta di debito di valore, va progressivamente effettuata la rivalutazione e poi occorre applicare gli interessi dalla data della risoluzione fino al deposito della presente sentenza. Dalla data di deposito e fino al soddisfo, trattandosi ora di debito di valuta, dovranno essere corrisposti i soli interessi legali.

Va inoltre risarcito, a prescindere dalla esecuzione in forma specifica, anche il cd. danno esistenziale. Sul punto il Collegio ritiene di poter condividere l’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione con la sentenza 4 giugno 2007, n. 12929, dove si chiarisce che il diritto all’immagine, concretizzantesi nella considerazione che un soggetto ha di sé e nella reputazione di cui gode, non può essere considerato appannaggio esclusivo della persona fisica e va anzi riconosciuto anche alle persone giuridiche. Tale diritto, traente fondamento dalla previsione dell’art. 2 Cost., è nella specie menomato sia dall’informativa del 20.10.2005, la quale risulta irragionevolmente adottata senza alcun riferimento alle opposte valutazioni provenienti dalla sede penale, che dalla revoca dell’appalto, che su quell’informativa si è appiattita.

Per la relativa quantificazione, il Collegio ritiene di dover far uso dell’istituto di cui all’art. 35, secondo comma, del d.lgs. 80/98, demandando alle Amministrazioni appellate di formulare nel termine di 180 giorni una proposta di risarcimento che tenga conto delle conseguenze pregiudizievoli che un’informativa prefettizia negativa nonché la revoca di un appalto regolarmente aggiudicato sono suscettibili di arrecare alla sfera giuridica di un’impresa, dal punto di vista della sua esistenza e della sua capacità di operare sul mercato. Trattandosi di debito di valore, le somme individuate, previamente rivalutate, dovranno essere maggiorate degli interessi legali.

Le spese del doppio grado, vista la peculiarità della vicenda, possono essere compensate.

P.Q.M.



Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta , accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, annulla i provvedimenti impugnati in primo grado. Condanna le Amministrazioni appellate, in solido tra loro, al risarcimento dei danni in favore dell’appellante, come specificato in motivazione. Spese del doppio grado compensate. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Depositata il 12.2.2008

Redazione

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