Contratto di appalto e fallimento dell’impresa capogruppo dell’ATI



In caso di fallimento della società mandataria dell’a.t.i., il rapporto contrattuale non può automaticamente proseguire con la curatela fallimentare, autorizzata all’esercizio provvisorio dell’impresa.

Se la curatela fallimentare stipula un contratto di affitto di azienda, tale contratto non è opponibile alla stazione appaltante.

In caso di fallimento di mandatario di un’a.t.i., il sostituto del mandatario fallito deve essere a sua volta costituito mandatario dell’a.t.i., e dunque deve essere designato dai componenti dell’a.t.i. ancora in bonis, e non dalla curatela fallimentare del mandatario fallito.

In caso di fallimento della società mandataria dell’a.t.i., la stazione appaltante ha facoltà di scelta tra la prosecuzione del rapporto con un nuovo operatore economico e il recesso, facoltà di scelta condizionata alla verifica che il nuovo mandatario venga indicato tempestivamente, abbia i requisiti di qualificazione adeguati, e accetti le condizioni contrattuali già pattuite.

Il nuovo operatore economico qualificato può essere sia uno degli originari mandanti dell’a.t.i., sia un soggetto estraneo all’a.t.i. originaria.

In caso di fallimento della società mandataria dell’a.t.i., se l’a.t.i. originaria si componeva, oltre che della mandataria, di una sola mandante, non è possibile la sostituzione di un’impresa singola all’a.t.i. originaria.

. . . . . .

Consiglio di Stato, Adunanza della Commissione speciale

Parere del 22 gennaio 2008 (n. prot. 4575/2007)

(presidente Riccio, estensore De Nictolis)



Oggetto: Quesito proposto dal Senato della Repubblica in ordine alla sorte del contratto di appalto di servizi pubblici stipulato con a.t.i. a seguito di fallimento della capogruppo

La Commissione speciale;

Vista la relazione n. prot. 2957-07(AL)PdS, in data 12 dicembre 2007, pervenuta in data 14 dicembre 2007, con la quale il Senato della Repubblica chiede il parere sul quesito indicato in oggetto;

visto il decreto del Presidente del Consiglio di Stato n. 59 del 13 dicembre 2007, che dispone il deferimento del quesito ad una commissione speciale contestualmente costituita;

visto il decreto di convocazione della commissione, in data 21 dicembre 2007, per la data del 22 gennaio 2008;

esaminati gli atti e udito il relatore ed estensore, Cons. Rosanna De Nictolis;

Premesso e considerato

1. E’ pervenuto da parte del Senato della Repubblica quesito relativo alla sorte del contratto di appalto di servizi informatici stipulato in data 11 ottobre 2006 tra il Senato e il raggruppamento temporaneo costituito da due imprese, la Enterprise Digital Architects s.p.a. (capogruppo mandataria) e la Expotel s.p.a. (mandante).

1.1. In fatto, nel quesito si premette che:

– con atto del 28 giugno 2007 la società mandataria ha ceduto in affitto l’azienda alla società EDA Enterprise s.p.a.;

– in data 22 ottobre 2007 il Tribunale di Roma ha dichiarato il fallimento della società mandataria;

– con lettera pervenuta il 3 dicembre 2007, il curatore fallimentare ha notiziato il Senato dell’avvenuta dichiarazione di fallimento e del recesso della società fallita dal contratto di affitto di azienda;

– il Tribunale di Roma con atto del 30 novembre 2007 ha autorizzato l’esercizio provvisorio dell’impresa fallita autorizzando anche l’affitto dell’azienda;

– con lettera del 7 dicembre 2007 il Senato ha comunicato al curatore fallimentare di aver avviato istruttoria per valutare le opportune iniziative della stazione appaltante in conseguenza del fallimento della società mandataria;

– a sua volta il curatore ha avviato una procedura selettiva per individuare l’operatore economico che risulterà affittuario dell’azienda, e a cui è stato richiesto il possesso dei requisiti necessari per proseguire i rapporti contrattuali con le pubbliche amministrazioni.

1.2. Ciò premesso in fatto, con il quesito vengono poste le seguenti questioni:

1) se il Senato possa proseguire il rapporto contrattuale con la mandataria fallita ovvero con la cessionaria di azienda individuata dal curatore fallimentare, o se invece trovi applicazione l’art. 37, co. 18, d.lgs. n. 163/2006, a tenore del quale in caso di fallimento della mandataria di a.t.i., se non viene individuata una nuova mandataria con adeguati requisiti di qualificazione, la stazione appaltante ha facoltà di recedere dall’appalto;

2) ove debba trovare applicazione l’art. 37, co. 18, d.lgs. n. 163/2006:

2.a) con quali modalità e tempi la stazione appaltante possa proseguire nel rapporto con diverso operatore economico, senza incorrere in responsabilità per danni nei confronti della curatela fallimentare che ha manifestato la disponibilità a proseguire nel rapporto tramite l’affittuario di azienda;

2.b) quale sia il significato dell’espressione “altro operatore economico” ai sensi del citato art. 37, co. 18, e, segnatamente, se si debba trattare di soggetto terzo rispetto all’originario raggruppamento o possa essere anche uno degli originari mandanti;

2.c) se l’art. 37, co. 18, possa trovare o meno applicazione, e, dunque, se possa o meno essere proseguito il rapporto con l’unico originario mandante, nel caso di fallimento della mandataria.

2. I quesiti sottoposti dal Senato postulano la soluzione, anzitutto, di una questione di carattere generale, inerente alla sorte di un contratto di pubblico appalto, in caso di fallimento dell’appaltatore.

2.1. La questione viene sottoposta, specificamente, con riguardo al caso di un appalto di servizi stipulato con un’a.t.i. di cui è fallita la società mandataria, ma il problema è più generale, riguardando tutti i pubblici appalti, anche con riferimento al caso in cui siano stipulati con una impresa singola.

2.2. Occorre, allo scopo, chiarire il rapporto tra disciplina generale della sorte del contratto di appalto in caso di fallimento dell’appaltatore, recata dall’art. 81, l. fall., e disciplina speciale, ove vi sia, inerente la sorte del contratto di pubblico appalto, in caso di fallimento dell’appaltatore, alla luce del codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 163/2006).

Dispone l’art. 81, l. fall. (r.d. n. 267/1942), nel testo in vigore dal 1° gennaio 2008 (ma nella parte che interessa la disciplina precedente è sostanzialmente analoga):

“Il contratto di appalto si scioglie per il fallimento di una delle parti, se il curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori non dichiara di voler subentrare nel rapporto dandone comunicazione all’altra parte nel termine di giorni sessanta dalla dichiarazione di fallimento ed offrendo idonee garanzie.

Nel caso di fallimento dell’appaltatore, il rapporto contrattuale si scioglie se la considerazione della qualità soggettiva è stata un motivo determinante del contratto, salvo che il committente non consenta, comunque, la prosecuzione del rapporto. Sono salve le norme relative al contratto di appalto per le opere pubbliche”.

Secondo la l. fall.:

– se l’appalto non è intuitu personae¸ esso si scioglie a meno che il curatore fallimentare non dichiara di volere subentrare nel rapporto, entro un certo termine e previa autorizzazione del comitato dei creditori e con l’offerta di idonee garanzie (art. 81, co. 1);

– se invece l’appalto è intuitu personae, nel senso che la qualità soggettiva dell’appaltatore è stata determinante, il contratto si scioglie in caso di fallimento dell’appaltatore, a meno che il committente non consenta, comunque, la prosecuzione del rapporto (art. 81, co. 2). Dunque la disciplina generale non esclude la possibilità che il rapporto contrattuale prosegua con il fallito (atteso che giudice fallimentare può autorizzare l’esercizio provvisorio dell’impresa).

La disciplina generale fa salve solo le norme relative al contratto di appalto di “opere pubbliche” e nulla dice quanto agli appalti pubblici di servizi e forniture.

Può pertanto, sorgere il dubbio che in caso di pubblico appalto di servizi o forniture, possa trovare applicazione il citato art. 81, co. 2, l. fall., e, dunque, vi sia la possibilità di prosecuzione del rapporto contrattuale con l’appaltatore fallito, se la stazione appaltante vi consenta.

2.3. Tale dubbio va tuttavia risolto in senso negativo.

Anticipando le conclusioni, si deve ritenere che per tutti i pubblici appalti (siano essi di lavori, servizi, e forniture), e sia se stipulati con impresa singola che con raggruppamento di imprese, in caso di fallimento dell’appaltatore il rapporto contrattuale non possa proseguire con il fallito (ancorché il giudice fallimentare abbia autorizzato l’esercizio provvisorio dell’impresa).

Come si sta per esporre, l’appalto pubblico è connotato dall’intuitu personae¸ vale a dire dall’essenzialità delle qualità soggettive dell’appaltatore, e dal d.lgs. n. 163/2006 si desume il principio che la stazione appaltante pubblica non può intrattenere rapporti contrattuali con imprese fallite.

In sintesi, è senz’altro inapplicabile ai pubblici appalti il co. 1 dell’art. 81, l. fall., che si riferisce al caso di appalto non connotato dall’intuitu personae. Inoltre, nel caso di specie, in punto di fatto rileva che il curatore fallimentare non si è comunque avvalso della facoltà e della procedura di cui all’art. 81, co. 1, l. fall.

Quanto all’art. 81, co. 2, è applicabile ai pubblici appalti solo la prima parte della previsione, secondo cui l’appalto si scioglie automaticamente in caso di fallimento dell’appaltatore, quando sono essenziali le sue qualità soggettive (Cass., sez. I, 9 luglio 1999 n. 7203). Mentre non è applicabile ai pubblici appalti l’ulteriore regola, contenuta nella seconda parte dell’art. 81, co. 2, l. fall., secondo cui l’appaltante può consentire alla prosecuzione del rapporto.

Alla stazione appaltante pubblica tale facoltà non è consentita.

Il principio che si desume dal codice appalti, secondo cui le stazioni appaltanti pubbliche non possono intrattenere rapporti contrattuali con appaltatori falliti, prevale sulla disciplina generale dettata dall’art. 81, l. fall., sia in base al carattere speciale della disciplina dei pubblici appalti, sia in virtù del principio della successione delle leggi nel tempo.

2.4. Passando alla disamina del quadro normativo, giova premettere che l’art. 37, d.lgs. n. 163/2006 ai commi 18 e 19 disciplina espressamente gli effetti, in ordine al contratto di appalto di pubblici lavori, servizi o forniture, stipulato tra una p.a. e un’a.t.i., che derivano dal fallimento o della società mandataria o di una società mandante (commi 18 e 19).

Nel caso di specie rileva la disciplina recata dal citato art. 37, co. 18, per il caso di fallimento della società mandataria.

In siffatta ipotesi la stazione appaltante dispone di una facoltà di scelta tra il recesso dal contratto e la sua prosecuzione con altra impresa alla quale le imprese riunite abbiano conferito mandato.

Emerge in modo evidente una sostanziale differenza con la disciplina generale dettata dalla l. fallimentare.

Infatti, secondo la disciplina speciale dettata per i pubblici appalti stipulati con un’a.t.i., il rapporto contrattuale non può proseguire tra stazione appaltante pubblica e originario appaltatore fallito.

La prosecuzione dell’originario contratto postula sempre una novazione soggettiva, mediante una modifica del soggetto fallito.

Vi è pertanto un rapporto di specialità tra l’art. 81, l. fall., e l’art. 37, co. 18, d.lgs. n. 163/2006, che impone di dare prevalenza a quest’ultimo.

Come è stato già messo in evidenza, l’art. 37, co. 18, si riferisce al caso di appalto stipulato con un’a.t.i., di cui fallisca il mandatario. La norma si riferisce a qualsivoglia tipo di appalto, quale che ne sia l’oggetto (lavori, servizi, forniture).

2.5. Ma l’art. 37, co. 18, in commento, è espressione del principio più generale della impossibilità che la stazione appaltante pubblica intrattenga rapporti contrattuali con soggetti falliti.

Tale principio generale è sotteso anche a numerose altre disposizioni del d.lgs. n. 163/2006, che riguardano non solo gli appalti stipulati con a.t.i., ma anche quelli stipulati con imprese singole.

Intanto, nelle procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture, è essenziale la “qualificazione” dell’appaltatore, ossia il possesso, oltre che di requisiti generali di carattere morale, di requisiti specifici di capacità tecnico – professionale ed economico- finanziaria.

Sicché, i contratti di pubblici appalti si connotano come connotati dall’intuitus personae, con conseguente impossibilità di applicazione dell’art. 81, co. 1, l. fall. (a tenore del quale il curatore fallimentare può dichiarare di voler subentrare nell’appalto, se questo non è intuitu personae).

Ma a ben vedere non è possibile nemmeno applicare agli appalti pubblici l’art. 81, co. 2, l. fall., secondo cui negli appalti intuitu personae l’appaltante può consentire alla prosecuzione del rapporto con l’appaltatore fallito.

Alla stazione appaltante pubblica è preclusa la possibilità di esprimere tale assenso.

Vengono in considerazione:

– l’art. 38, co. 1, lett. a), d.lgs. n. 163/2006, a tenore del quale la dichiarazione di fallimento e persino la pendenza della procedura per la dichiarazione di fallimento sono ostative della partecipazione alle gare di appalto, dell’affidamento dei subappalti, della stipula dei relativi contratti, costituendo causa di esclusione obbligatoria dalle gare (secondo una impostazione più rigorosa di quella comunitaria, che considera il fallimento o la pendenza del relativo procedimento causa di esclusione facoltativa, ex art. 45, direttiva 2004/18/CE).

– l’art. 37, co. 19, d.lgs. n. 163/2006, a tenore del quale in caso di fallimento di una impresa mandante di un’a.t.i., il mandante fallito deve essere sostituito o dal mandatario, o da altro mandante o da altro operatore economico esterno all’a.t.i. originaria;

– l’art. 116, co. 4, d.lgs. n. 163/2006, che consente la prosecuzione del contratto di appalto pubblico in caso di cessione o affitto di azienda, anche nel caso di cessione o affitto di azienda “da parte degli organi della procedura concorsuale”. In tale ipotesi il fallimento non impedisce la prosecuzione del rapporto contrattuale, ma da un lato vi è una modifica soggettiva perché l’azienda viene trasferita o affittata, e dall’altro lato occorre una peculiare qualità soggettiva del cessionario o affittuario: si deve infatti trattare di società cooperativa costituita o da costituirsi con la partecipazione maggioritaria di almeno tre quarti dei soci cooperatori, nei cui confronti risultino estinti, a seguito della procedura concorsuale, rapporti di lavoro subordinato, o che si trovino in cassa integrazione guadagni o in lista di mobilità;

– l’art. 140, d.lgs. n. 163/2006, a tenore del quale, per i lavori pubblici, il bando di gara deve stabilire, per il caso di fallimento dell’appaltatore, che la stazione appaltante interpelli progressivamente i soggetti che hanno partecipato all’originaria procedura, secondo l’ordine di graduatoria, al fine di stipulare un nuovo appalto per il completamento dei lavori; implicito presupposto di tale disciplina è che in nessun caso il rapporto contrattuale possa proseguire con il fallito;

– l’art. 160 bis, che riguarda specificamente il caso di a.t.i. nella locazione finanziaria per eseguire lavori, tra soggetto finanziatore e soggetto realizzatore; in caso di fallimento di uno dei due, l’altro lo può sostituire, con l’assenso del committente, con altro soggetto avente medesimi requisiti e caratteristiche;

– l’art. 176, co. 18, d.lgs. n. 163/2006, che in tema di contraente generale prevede la prestazione della garanzia globale di esecuzione, con onere, per il garante, per il caso di fallimento del contraente generale, di farvi subentrare altro soggetto idoneo.

2.6. Anche la giurisprudenza della Cassazione è orientata nel senso che in caso di fallimento dell’appaltatore la stazione appaltante pubblica non può proseguire il rapporto contrattuale con esso, segnatamente nel caso di fallimento di mandatario o mandante di un’a.t.i. (Cass., sez. I, 13 settembre 2007 n. 19165)

2.7. In conclusione, nei pubblici appalti, si deve escludere la possibilità che, a seguito di fallimento dell’appaltatore, il rapporto contrattuale possa proseguire tra stazione appaltante pubblica e fallito, ancorché il giudice fallimentare abbia autorizzato l’esercizio provvisorio dell’impresa.

3. Una volta escluso che il rapporto contrattuale possa proseguire tra la stazione appaltante pubblica e l’appaltatore fallito, occorre esaminare, per il caso di a.t.i. e di fallimento del mandatario, quali sono le condizioni per la prosecuzione del rapporto, mediante una sua modifica soggettiva.

3.1. Secondo l’art. 37, co. 18, d.lgs. n. 163/2006 occorrono tre condizioni:

– la costituzione di un nuovo mandatario nei modi previsti dal d.lgs. n. 163/2006 (v. in particolare i commi 14 e 15, dell’art. 37 del codice);

– il possesso, da parte del nuovo mandatario, dei requisiti di qualificazione adeguati alle prestazioni ancora da eseguire;

– il consenso da parte della stazione appaltante.

3.2. Quanto alla prima condizione, va rilevato che secondo il dato letterale della norma, la stazione appaltante può proseguire il rapporto di appalto “con altro operatore economico” costituito mandatario e qualificato. L’ampia formulazione induce a ritenere che il nuovo mandatario può essere sia un soggetto estraneo all’originario raggruppamento, sia uno dei mandanti dell’originario raggruppamento.

Non va condivisa la tesi secondo cui il nuovo mandatario potrebbe essere solo un soggetto estraneo all’originario raggruppamento, soluzione che non ha appigli nel dato letterale e che non ha, in sé, alcuna giustificazione razionale.

Né è rilevante l’argomento esegetico che si trae dalla diversa formulazione dell’art. 37, co. 18, d.lgs. n. 163/2006, rispetto all’art. 11, d.lgs. n. 157/1995 (e all’art. 10, d.lgs. n. 358/1992). Disponevano, infatti, l’art. 11, d.lgs. n. 157/1995, e l’art. 10, d.lgs. n. 358/1992, rispettivamente per gli appalti di servizi e per quelli di forniture, che in caso di a.t.i. e di fallimento della mandataria, il rapporto contrattuale poteva proseguire con altra impresa del gruppo, ovvero altra impresa entrata nel gruppo in dipendenza del fallimento.

L’attuale formulazione, invece, si riferisce solo al subentro di altro operatore economico, senza specificare se esterno o interno al gruppo.

Ma la differenza è dovuta non ad un intento di modificare in modo sostanziale la disciplina precedente, ma solo ad un intento di omogeneizzazione e semplificazione della medesima. Già in passato, per i lavori pubblici, l’art. 94, d.P.R. n. 554/1999, si riferiva alla possibilità di costituire mandataria un’altra impresa, senza specificare se interna o esterna all’a.t.i. originaria. Nell’unificare in una unica disposizione normativa tre diverse norme, si è optato per la formula più generale, che comprende tutti i casi specifici.

3.3. Sempre in relazione alla prima condizione, si pone poi l’ulteriore questione se, in caso di a.t.i. costituita da due soli soggetti, ove fallisca il mandatario, possa subentrare l’unico mandante, purché abbia i requisiti di qualificazione in relazione alla residua parte di appalto ancora da eseguire. Infatti, in base al dato letterale dell’art. 37, co. 18, tale soluzione non sembrerebbe possibile, in quanto la norma richiede la costituzione di un nuovo mandatario, e dunque sembra postulare che in ogni caso l’esecutore, che originariamente era un’a.t.i. continui ad essere un’a.t.i.

Ritiene questo Consesso che tale dato letterale sia insuperabile, anche alla luce di argomenti di carattere logico.

Intanto, in caso di sostituzione del mandatario, ferma restando l’a.t.i. originaria, si ha una prosecuzione dell’originario rapporto contrattuale.

Nel caso invece in cui l’unico mandante si sostituisca al mandatario fallito, viene del tutto meno l’originario soggetto contraente, vale a dire l’a.t.i., e il rapporto si svolge con un soggetto nuovo, l’impresa singola.

Inoltre in caso di a.t.i. la stazione appaltante pubblica ha di fronte a sé una pluralità di soggetti responsabili della corretta esecuzione del contratto, e, segnatamente, il mandatario responsabile in solido, e il mandante responsabile per la propria parte (a.t.i. verticale) o in solido (a.t.i. orizzontale).

Se all’a.t.i. viene sostituita una impresa singola, cambia anche il regime di responsabilità, e si pone la questione di chi risponda della parte di appalto già eseguita dalla mandataria nel frattempo fallita, e ancora non oggetto di collaudo.

Infatti se all’a.t.i. si sostituisce una impresa singola, verrebbe meno il regime della responsabilità solidale (proprio dell’a.t.i.) e dunque la stazione appaltante non avrebbe di fronte a sé un soggetto responsabile di eventuali inadempienze del mandatario fallito.

3.4. Infine, in relazione alla prima condizione, si pone la questione di “ch” scelga l’”altro operatore economico” che viene sostituito al mandatario fallito. Posto che il sostituto deve essere costituito “mandatario” (art. 37, co. 18, d.lgs. n. 163/2006), e che il mandato viene conferito dai soggetti partecipanti al raggruppamento temporaneo (art, 37, co. 14, d.lgs. n. 163/2006), è evidente che la designazione del sostituto è frutto di una scelta congiunta dei soggetti partecipanti al raggruppamento, e che invece la scelta non può provenire solo dal curatore fallimentare della mandataria fallita (come si prospetta nel caso di specie). Occorre, poi, in ogni caso, il consenso della stazione appaltante, previa verifica, come si vedrà, che il sostituto abbia requisiti di qualificazione adeguati.

Alla luce di tali considerazioni generali va risolta la questione prospettata nel quesito, se la stazione appaltante sia tenuta o meno ad accettare la sostituzione della mandataria fallita con il soggetto affittuario dell’azienda del fallito, prescelto dalla curatela fallimentare, e sulla base della disponibilità della curatela fallimentare a sostituire alla mandataria fallita l’affittuario di azienda.

Occorre, a ben vedere, distinguere tra l’affitto di azienda effettuato dall’appaltatore in bonis (id est, non fallito), e l’affitto di azienda effettuato dalla curatela fallimentare dell’appaltatore fallito.

Nel primo caso trova applicazione l’art. 116, commi 1, 2 e 3, d.lgs. n. 163/2006, a tenore del quale la cessione di azienda da parte dell’appaltatore è opponibile, a determinate condizioni, alla stazione appaltante, la quale può opporsi solo per motivi tassativi (difetto dei requisiti di qualificazione e dei requisiti prescritti dalla normativa antimafia in capo al cessionario).

Nel caso, invece, di appaltatore fallito, trova applicazione la regola generale, già vista, secondo cui il rapporto contrattuale non può proseguire con il fallito, e pertanto neppure con l’affittuario della relativa azienda, atteso che l’affitto dell’azienda non fa venir meno la necessità di procedere alla sua liquidazione.

Vi è una unica eccezione, nel caso in cui l’affitto di azienda avvenga in favore di cooperative costituite o da costituirsi con la partecipazione maggioritaria di almeno tre quarti di soci cooperatori, nei cui confronti risultino estinti, a seguito della procedura concorsuale, rapporti di lavoro subordinato, o che si trovino in cassa integrazione o in lista di mobilità (art. 116, co. 4, d.lgs. n. 163/2006).

Ma tale ipotesi, a ben vedere, si riferisce al caso del fallimento di impresa singola, ossia non costituita in a.t.i. Solo in siffatto caso il curatore fallimentare può opporre alla stazione appaltante l’affitto di azienda, scegliendo unilateralmente l’affittuario. Non è invece possibile nel caso di fallimento della mandataria di un’a.t.i., perché a norma dell’art. 78, co. 2, l. fall., il contratto di mandato si scioglie per effetto del fallimento del mandatario (Cass., sez. I, 15 aprile 2003 n. 5950; Cass., sez. I, 30 gennaio 2003 n. 1396; Cass., sez. I, 15 gennaio 2000 n. 421).

Sicché, fallita la società mandataria di un’a.t.i., viene meno il mandato collettivo di cui all’art. 37, co. 14, d.lgs. n. 163/2006, e dunque il curatore fallimentare non può agire quale mandatario dell’a.t.i. medesima.

In conclusione, non compete al curatore fallimentare designare unilateralmente come sostituto del mandatario fallito l’affittuario dell’azienda, occorrendo invece che l’operatore economico che viene sostituito al mandatario fallito sia designato dai componenti dell’originario raggruppamento, che siano in bonis.

3.5. Quanto alla seconda condizione posta dall’art. 37, co. 18, d.lgs. n. 163/2006, va rilevato che, subentrando il nuovo mandatario in un rapporto contrattuale in corso di esecuzione, i requisiti di qualificazione vanno valutati non con riferimento alla originaria prestazione, bensì avendo riguardo alle residue prestazioni da eseguire. A seconda dello stato di avanzamento dell’esecuzione in corso, pertanto, potrebbero essere necessari requisiti di qualificazione meno pregnanti rispetto a quelli originari. Resta fermo che il nuovo mandatario deve essere in possesso, oltre che dei requisiti di qualificazione, di quelli di ordine generale di cui all’art. 38, d.lgs. n. 163/2006.

3.6. Quanto alla terza condizione, va rilevato che in caso di fallimento del mandatario è indispensabile, per la prosecuzione del rapporto con un nuovo mandatario, il consenso da parte della stazione appaltante.

Secondo il dato normativo letterale, la stazione appaltante “può”, ma non “deve” proseguire il rapporto contrattuale con altro operatore economico.

Occorre, però, stabilire, se la stazione appaltante abbia un potere assoluto di gradimento/non gradimento, che non necessita di motivazione, o se invece la stazione appaltante debba solo verificare che il nuovo mandatario abbia adeguati requisiti di qualificazione, e che la proposta di costituzione di nuovo mandatario sia tempestiva, e non possa, pertanto, opporre un veto immotivato.

Alla luce dell’evoluzione del quadro normativo, è da preferire la seconda alternativa.

Infatti la c.d. clausola di gradimento della stazione appaltante, in passato prevista dall’art. 25 d.lgs. n. 406/1991 (a tenore del quale “l’amministrazione aggiudicatrice ha facoltà di proseguire il rapporto di appalto con altra impresa che sia costituita mandataria nei modi previsti dall’articolo 23 e che sia di gradimento dell’amministrazione medesima”), è scomparsa già con gli artt. 94, d.P.R. n. 554/1999, 11, d.lgs. n. 157/1995 e 10, d.lgs. n. 358/1992, ora sostanzialmente riprodotti nell’art. 37, co. 18, in commento, in quanto tale clausola di gradimento consentiva una valutazione di eccessiva latitudine discrezionale.

Oltre al dato letterale, soccorrono argomenti di carattere logico e sistematico.

In caso di fallimento del mandatario di un’a.t.i., vengono in considerazione svariati interessi meritevoli di tutela.

Da un lato, l’interesse delle mandanti non fallite a proseguire il rapporto contrattuale, atteso che esse sono state selezionate a seguito di pubblica gara e che l’avvio dell’esecuzione del contratto ha comportato per esse impegni finanziari e tecnici.

Dall’altro lato, l’interesse pubblico a che sia portata celermente a termine l’esecuzione del contratto in corso, atteso che la sua risoluzione e la successiva indizione di altra gara (per eseguire le prestazioni residue) richiede, ordinariamente, maggiori costi e maggiori tempi.

Alla luce di tali concomitanti interessi, un diritto potestativo di gradimento della stazione appaltante è affatto recessivo, anche ove si consideri che essendo il contratto già stipulato e in corso di esecuzione, il subentro di un nuovo mandatario in sostituzione di quello fallito implica solo una modifica soggettiva, mentre restano (devono restare) invariate tutte le condizioni contrattuali già pattuite (prezzo, termine di esecuzione, qualità delle prestazioni).

Si deve perciò ritenere che la previsione normativa, laddove utilizza l’espressione “può” non intende conferire alla stazione appaltante un potere discrezionale di gradimento, bensì, più semplicemente, autorizzare la stazione appaltante a proseguire il rapporto con l’a.t.i. originaria, nonostante il fallimento del mandatario (e sotto condizione della sua sostituzione), autorizzazione legale necessaria perché in difetto di essa si applicherebbe la regola generale dello scioglimento del contratto di appalto.

Parimenti, laddove la norma dispone che in difetto delle condizioni di qualificazione, la stazione appaltante “può” recedere dal contratto, non conferisce una facoltà discrezionale di recedere o non recedere, atteso che se mancano i requisiti di qualificazione il recesso è una strada obbligata.

La norma intende attribuire alla p.a. il potere di sciogliersi dal rapporto con atto unilaterale (recesso) una volta che si sia stabilito (implicitamente) che il fallimento del mandatario dell’a.t.i. non comporta, di per sé, lo scioglimento dell’appalto, che è stato stipulato con l’intera a.t.i. e non con il solo fallito.

Si deve perciò ritenere che l’art. 37, co. 18, laddove consente alla stazione appaltante di proseguire il rapporto con altro mandatario ovvero di recedere dal contratto, subordina l’applicazione del rimedio estremo dello scioglimento dal negozio alla mancata ricorrenza delle condizioni richieste dal co. 18, e cioè l’esistenza di requisiti idoneativi dell’impresa subentrante. Viene pertanto fissato un parametro oggettivo a fronte del quale la stazione appaltante, nel caso in cui il raggruppamento riesca ad esprimere un nuovo mandatario, ha l’obbligo di verificare la sussistenza dei requisiti in capo all’operatore supplente, sia con riferimento alle originarie previsioni del bando di gara, sia in relazione alla combinazione dei requisiti del mandatario rispetto alle mandanti sopravvissute (ed allo stato delle attività già eventualmente svolte): ed il conseguente esercizio della facoltà di recesso dovrà essere debitamente motivato in relazione alla riscontrata impossibilità di esecuzione delle residue prestazioni.

Inoltre, è implicito che il nuovo mandatario deve subentrare nel contratto originario, e dunque nel rispetto delle originarie condizioni contrattuali.

Sicché se l’a.t.i. pretendesse, in concomitanza con la sostituzione del fallito, una modifica oggettiva dell’appalto, la stazione appaltante potrebbe legittimamente negare il consenso alla sostituzione, e recedere dal contratto.

3.7. La disciplina recata dall’art. 37, co. 18, d.lgs. n. 163/2006 non stabilisce una scansione temporale per la scelta dell’amministrazione tra il recesso dal contratto e la prosecuzione. Si deve ritenere che tale scelta, alla luce dei principi di affidamento, buona fede e tempestività dell’agire amministrativo, debba avvenire nei termini eventualmente fissati dal contratto (e relativo capitolato), ovvero, in mancanza, in termini ragionevolmente necessari e tempestivi, e mediante comunicazione scritta al curatore fallimentare. Ove l’a.t.i. assuma l’iniziativa di costituire un nuovo mandatario, la stazione appaltante, previa verifica del possesso o meno dei requisiti di qualificazione, dovrà rispondere in termini ragionevoli all’istanza di prosecuzione del rapporto. Ove l’a.t.i. non assuma tale iniziativa, la stazione appaltante alternativamente potrà esercitare la facoltà di recesso, ovvero sollecitare la costituzione di un nuovo mandatario assegnando alla controparte un termine congruo.

4. In conclusione, ai quesiti vanno date le seguenti risposte:

quesito n. 1):

stipulato un appalto di servizi tra una stazione appaltante pubblica e un’a.t.i., in caso di fallimento della società mandataria dell’a.t.i., il rapporto contrattuale non può automaticamente proseguire con la curatela fallimentare, autorizzata all’esercizio provvisorio dell’impresa, ai sensi dell’art. 82, l. fall., dovendo invece trovare applicazione l’art. 37, co. 18, d.lgs. n. 163/2006, che è norma speciale e prevalente sulla legge fall., e che consente alternativamente il recesso ovvero la prosecuzione dell’originario rapporto con novazione soggettiva (sostituzione del fallito);

ove la curatela fallimentare stipuli un contratto di affitto di azienda, tale contratto non è opponibile alla stazione appaltante, ai sensi dell’art. 116, d.lgs. n. 163/2006, atteso che i primi tre commi dell’art. 116 si riferiscono alla cessione di azienda da parte di appaltatore non fallito, e il quarto comma dell’art. 116, pur contemplando l’affitto di azienda da parte del curatore fallimentare dell’appaltatore, presuppone un appalto con impresa singola e non con a.t.i. di cui fallisca il mandatario;

posto che il fallimento del mandatario estingue il contratto di mandato (art. 78, l. fall.), in caso di fallimento di mandatario di un’a.t.i., il sostituto del mandatario fallito deve essere a sua volta costituito mandatario dell’a.t.i., e dunque deve essere designato dai componenti dell’a.t.i. ancora in bonis, e non dalla curatela fallimentare del mandatario fallito.

quesito n. 2):

2.a) stipulato un appalto di servizi tra una stazione appaltante pubblica e un’a.t.i., in caso di fallimento della società mandataria dell’a.t.i., la stazione appaltante ha facoltà di scelta tra la prosecuzione del rapporto con un nuovo operatore economico e il recesso, facoltà di scelta rimessa tuttavia non a valutazioni di opportunità bensì alla verifica che il nuovo mandatario venga indicato tempestivamente, abbia i requisiti di qualificazione adeguati, e accetti le condizioni contrattuali già pattuite; detta facoltà di scelta è da esercitarsi entro il termine ragionevolmente necessario, o entro quello fissato dal singolo contratto;

2.b) stipulato un appalto di servizi tra una stazione appaltante pubblica e un’a.t.i., in caso di fallimento della società mandataria dell’a.t.i., il rapporto contrattuale può proseguire con un <> qualificato, che può essere sia uno degli originari mandanti dell’a.t.i., sia un soggetto estraneo all’a.t.i. originaria;

2.c) stipulato un appalto di servizi tra una stazione appaltante pubblica e un’a.t.i., in caso di fallimento della società mandataria dell’a.t.i., se l’a.t.i. originaria si componeva, oltre che della mandataria, di una sola mandante, il rapporto contrattuale non può proseguire solo con l’originaria mandante, anche se in astratto questa fosse in possesso di requisiti di qualificazione adeguati al residuo oggetto contrattuale, perché la sostituzione di un’impresa singola all’a.t.i. originaria, oltre a contrastare con il dettato letterale dell’art. 37, co. 18, d.lgs. n. 163/2006, priverebbe la stazione appaltante di un soggetto responsabile degli eventuali inadempimenti della mandataria originaria, commessi prima del fallimento.

P.Q.M.



Nei suesposti sensi è il parere della commissione speciale.

Il presidente della Sezione (Stenio Riccio)

L’estensore (Rosanna De Nictolis)



Redazione

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