Il Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n. 81


Pubblicato in Gazzetta il decreto legislativo di riforma in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

Il provvedimento, approvato dal Governo in attuazione della delega contenuta nella legge 3 agosto 2007 numero 123, entrerà in vigore il prossimo 15 maggio. 

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Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n. 81

Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.



(Gazzetta Ufficiale n. 101 del 30 aprile 2008 – Suppl. Ordinario n.108)



Il Presidente della repubblica;

Visti gli articoli 76, 87 e 117 della Costituzione;

Vista la legge 3 agosto 2007, n. 123, recante: misure in tema di

tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo

per il riassetto e la riforma della normativa in materia;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n.

547, recante: norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956, n.

164, recante: norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro

nelle costruzioni;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n.

303, recante norme generali per l’igiene del lavoro;

Visto il decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277, recante:

attuazione delle direttive n. 80/1107/CEE, n. 82/605/CEE, n.

83/477/CEE, n. 86/188/CEE e n. 88/642/CEE, in materia di protezione

dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti

chimici, fisici e biologici durante il lavoro, a norma

dell’articolo 7 della legge 30 luglio 1990, n. 212;

Visto il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, recante:

attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE,

89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE,

93/88/CEE, 95/63/CE, 97/42/CE, 98/24/CE, 99/38/CE, 99/92/CE,

2001/45/CE, 2003/10/CE, 2003/18/CE e 2004/40/CE riguardanti il

miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante

il lavoro;

Visto il decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, recante:

modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro;

Visto il decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 493, recante

attuazione della direttiva 92/58/CEE concernente le prescrizioni

minime per la segnaletica di sicurezza e/o di salute sul luogo di

lavoro;

Visto il decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494, recante

attuazione della direttiva 92/57/CEE concernente le prescrizioni

minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o

mobili;

Visto il decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, recante

disciplina della responsabilita’ amministrativa delle persone

giuridiche, delle societa’ e delle associazioni anche prive di

personalita’ giuridica, a norma dell’articolo 11 della legge

29 settembre 2000, n. 300;

Visto il decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, recante

attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del

lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30;

Vista la direttiva 2004/40/CE del Parlamento europeo e del

Consiglio, del 29 aprile 2004, sulle prescrizioni minime di sicurezza

e salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti

dagli agenti fisici (campi elettromagnetici);

Visto il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 187, recante

attuazione della direttiva 2002/44/CE sulle prescrizioni minime di

sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai

rischi derivanti da vibrazioni meccaniche;

Vista la direttiva 2006/25/CE del Parlamento europeo e del

Consiglio, del 5 aprile 2006, concernente le prescrizioni minime di

sicurezza e salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi

derivanti dagli agenti fisici (radiazioni ottiche);

Vista la legge comunitaria 2006 del 6 febbraio 2007, n. 13 recante

disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti

dall’appartenenza dell’Italia alle Comunita’ europee;

Visto il decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 257, recante

attuazione della direttiva 2004/40/CE sulle prescrizioni minime di

sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai

rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici);

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri,

adottata nella riunione del 6 marzo 2008;

Sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative

dei lavoratori e dei datori di lavoro;

Acquisito il parere del Garante per la protezione dei dati

personali;

Acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra

lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,

espresso nella riunione del 12 marzo 2008;

Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni parlamentari della

Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella

riunione del 1° aprile 2008;

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei

Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della salute, delle

infrastrutture, dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri

per le politiche europee, della giustizia, delle politiche agricole

alimentari e forestali, dell’interno, della difesa, della pubblica

istruzione, della solidarieta’ sociale, dell’universita’ e della

ricerca, per gli affari regionali e le autonomie locali e

dell’economia e delle finanze;

Emana

il seguente decreto legislativo:

Titolo I

Principi comuni

Capo I

Disposizioni generali

Art. 1.

Finalita’



1. Le disposizioni contenute nel presente decreto legislativo

costituiscono attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007,

n. 123, per il riassetto e la riforma delle norme vigenti in materia

di salute e sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori nei luoghi

di lavoro, mediante il riordino e il coordinamento delle medesime in

un unico testo normativo. Il presente decreto legislativo persegue le

finalita’ di cui al presente comma nel rispetto delle normative

comunitarie e delle convenzioni internazionali in materia, nonche’ in

conformita’ all’articolo 117 della Costituzione e agli statuti delle

regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di

Bolzano, e alle relative norme di attuazione, garantendo

l’uniformita’ della tutela delle lavoratrici e dei lavoratori sul

territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali

delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche con

riguardo alle differenze di genere, di eta’ e alla condizione delle

lavoratrici e dei lavoratori immigrati.

2. In relazione a quanto disposto dall’articolo 117, quinto comma,

della Costituzione e dall’articolo 16, comma 3, della legge

4 febbraio 2005, n. 11, le disposizioni del presente decreto

legislativo, riguardanti ambiti di competenza legislativa delle

regioni e province autonome, si applicano, nell’esercizio del potere

sostitutivo dello Stato e con carattere di cedevolezza, nelle regioni

e nelle province autonome nelle quali ancora non sia stata adottata

la normativa regionale e provinciale e perdono comunque efficacia

dalla data di entrata in vigore di quest’ultima, fermi restando i

principi fondamentali ai sensi dell’articolo 117, terzo comma , della

Costituzione.

3. Gli atti, i provvedimenti e gli adempimenti attuativi del

presente decreto sono effettuati nel rispetto dei principi del

decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

Art. 2.

Definizioni



1. Ai fini ed agli effetti delle disposizioni di cui al presente

decreto legislativo si intende per:

a) «lavoratore»: persona che, indipendentemente dalla tipologia

contrattuale, svolge un’attivita’ lavorativa nell’ambito

dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o

senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere,

un’arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e

familiari. Al lavoratore cosi’ definito e’ equiparato: il socio

lavoratore di cooperativa o di societa’, anche di fatto, che presta

la sua attivita’ per conto delle societa’ e dell’ente stesso;

l’associato in partecipazione di cui all’articolo 2549, e seguenti

del codice civile; il soggetto beneficiario delle iniziative di

tirocini formativi e di orientamento di cui all’articolo 18 della

legge 24 giugno 1997, n. 196, e di cui a specifiche disposizioni

delle leggi regionali promosse al fine di realizzare momenti di

alternanza tra studio e lavoro o di agevolare le scelte professionali

mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro; l’allievo degli

istituti di istruzione ed universitari e il partecipante ai corsi di

formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori,

attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici,

ivi comprese le apparecchiature fornite di videoterminali

limitatamente ai periodi in cui l’allievo sia effettivamente

applicato alla strumentazioni o ai laboratori in questione; il

volontario, come definito dalla legge 1° agosto 1991, n. 266; i

volontari del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e della protezione

civile; il volontario che effettua il servizio civile; il lavoratore

di cui al decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468, e successive

modificazioni;

b) «datore di lavoro»: il soggetto titolare del rapporto di

lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il

tipo e l’assetto dell’organizzazione nel cui ambito il lavoratore

presta la propria attivita’, ha la responsabilita’

dell’organizzazione stessa o dell’unita’ produttiva in quanto

esercita i poteri decisionali e di spesa. Nelle pubbliche

amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto

legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per datore di lavoro si intende il

dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il

funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui

quest’ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale,

individuato dall’organo di vertice delle singole amministrazioni

tenendo conto dell’ubicazione e dell’ambito funzionale degli uffici

nei quali viene svolta l’attivita’, e dotato di autonomi poteri

decisionali e di spesa. In caso di omessa individuazione, o di

individuazione non conforme ai criteri sopra indicati, il datore di

lavoro coincide con l’organo di vertice medesimo;

c) «azienda»: il complesso della struttura organizzata dal datore

di lavoro pubblico o privato;

d) «dirigente»: persona che, in ragione delle competenze

professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla

natura dell’incarico conferitogli, attua le direttive del datore di

lavoro organizzando l’attivita’ lavorativa e vigilando su di essa;

e) «preposto»: persona che, in ragione delle competenze

professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati

alla natura dell’incarico conferitogli, sovrintende alla attivita’

lavorativa e garantisce l’attuazione delle direttive ricevute,

controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed

esercitando un funzionale potere di iniziativa;

f) «responsabile del servizio di prevenzione e protezione»:

persona in possesso delle capacita’ e dei requisiti professionali di

cui all’articolo 32 designata dal datore di lavoro, a cui risponde,

per coordinare il servizio di prevenzione e protezione dai rischi;

g) «addetto al servizio di prevenzione e protezione»: persona in

possesso delle capacita’ e dei requisiti professionali di cui

all’articolo 32, facente parte del servizio di cui alla lettera l);

h) «medico competente»: medico in possesso di uno dei titoli e

dei requisiti formativi e professionali di cui all’articolo 38, che

collabora, secondo quanto previsto all’articolo 29, comma 1, con il

datore di lavoro ai fini della valutazione dei rischi ed e’ nominato

dallo stesso per effettuare la sorveglianza sanitaria e per tutti gli

altri compiti di cui al presente decreto;

i) «rappresentante dei lavoratori per la sicurezza»: persona

eletta o designata per rappresentare i lavoratori per quanto concerne

gli aspetti della salute e della sicurezza durante il lavoro;

l) «servizio di prevenzione e protezione dai rischi»: insieme

delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all’azienda

finalizzati all’attivita’ di prevenzione e protezione dai rischi

professionali per i lavoratori;

m) «sorveglianza sanitaria»: insieme degli atti medici,

finalizzati alla tutela dello stato di salute e sicurezza dei

lavoratori, in relazione all’ambiente di lavoro, ai fattori di

rischio professionali e alle modalita’ di svolgimento dell’attivita’

lavorativa;

n) «prevenzione»: il complesso delle disposizioni o misure

necessarie anche secondo la particolarita’ del lavoro, l’esperienza e

la tecnica, per evitare o diminuire i rischi professionali nel

rispetto della salute della popolazione e dell’integrita’

dell’ambiente esterno;

o) «salute»: stato di completo benessere fisico, mentale e

sociale, non consistente solo in un’assenza di malattia o

d’infermita’;

p) «sistema di promozione della salute e sicurezza»: complesso

dei soggetti istituzionali che concorrono, con la partecipazione

delle parti sociali, alla realizzazione dei programmi di intervento

finalizzati a migliorare le condizioni di salute e sicurezza dei

lavoratori;

q) «valutazione dei rischi»: valutazione globale e documentata di

tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti

nell’ambito dell’organizzazione in cui essi prestano la propria

attivita’, finalizzata ad individuare le adeguate misure di

prevenzione e di protezione e ad elaborare il programma delle misure

atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e

sicurezza;

r) «pericolo»: proprieta’ o qualita’ intrinseca di un determinato

fattore avente il potenziale di causare danni;

s) «rischio»: probabilita’ di raggiungimento del livello

potenziale di danno nelle condizioni di impiego o di esposizione ad

un determinato fattore o agente oppure alla loro combinazione;

t) «unita’ produttiva»: stabilimento o struttura finalizzati alla

produzione di beni o all’erogazione di servizi, dotati di autonomia

finanziaria e tecnico funzionale;

u) «norma tecnica»: specifica tecnica, approvata e pubblicata da

un’organizzazione internazionale, da un organismo europeo o da un

organismo nazionale di normalizzazione, la cui osservanza non sia

obbligatoria;

v) «buone prassi»: soluzioni organizzative o procedurali coerenti

con la normativa vigente e con le norme di buona tecnica, adottate

volontariamente e finalizzate a promuovere la salute e sicurezza sui

luoghi di lavoro attraverso la riduzione dei rischi e il

miglioramento delle condizioni di lavoro, elaborate e raccolte dalle

regioni, dall’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza

del lavoro (ISPESL), dall’Istituto nazionale per l’assicurazione

contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) e dagli organismi paritetici

di cui all’articolo 51, validate dalla Commissione consultiva

permanente di cui all’articolo 6, previa istruttoria tecnica

dell’ISPESL, che provvede a assicurarne la piu’ ampia diffusione;

z) «linee guida»: atti di indirizzo e coordinamento per

l’applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza

predisposti dai Ministeri, dalle regioni, dall’ISPESL e dall’INAIL e

approvati in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo

Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;

aa) «formazione»: processo educativo attraverso il quale

trasferire ai lavoratori ed agli altri soggetti del sistema di

prevenzione e protezione aziendale conoscenze e procedure utili alla

acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezza dei

rispettivi compiti in azienda e alla identificazione, alla riduzione

e alla gestione dei rischi;

bb) «informazione»: complesso delle attivita’ dirette a fornire

conoscenze utili alla identificazione, alla riduzione e alla gestione

dei rischi in ambiente di lavoro;

cc) «addestramento»: complesso delle attivita’ dirette a fare

apprendere ai lavoratori l’uso corretto di attrezzature, macchine,

impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale, e

le procedure di lavoro;

dd) «modello di organizzazione e di gestione»: modello

organizzativo e gestionale per la definizione e l’attuazione di una

politica aziendale per la salute e sicurezza, ai sensi

dell’articolo 6, comma 1, lettera a), del decreto legislativo

8 giugno 2001, n. 231, idoneo a prevenire i reati di cui agli

articoli 589 e 590, terzo comma, del codice penale, commessi con

violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela della salute

sul lavoro;

ee) «organismi paritetici»: organismi costituiti a iniziativa di

una o piu’ associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro

comparativamente piu’ rappresentative sul piano nazionale, quali sedi

privilegiate per: la programmazione di attivita’ formative e

l’elaborazione e la raccolta di buone prassi a fini prevenzionistici;

lo sviluppo di azioni inerenti alla salute e alla sicurezza sul

lavoro; l’assistenza alle imprese finalizzata all’attuazione degli

adempimenti in materia; ogni altra attivita’ o funzione assegnata

loro dalla legge o dai contratti collettivi di riferimento;

ff) «responsabilita’ sociale delle imprese»: integrazione

volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle aziende e

organizzazioni nelle loro attivita’ commerciali e nei loro rapporti

con le parti interessate.

Art. 3.

Campo di applicazione



1. Il presente decreto legislativo si applica a tutti i settori di

attivita’, privati e pubblici, e a tutte le tipologie di rischio.

2. Nei riguardi delle Forze armate e di Polizia, del Dipartimento

dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile,

dei servizi di protezione civile, nonche’ nell’ambito delle strutture

giudiziarie, penitenziarie, di quelle destinate per finalita’

istituzionali alle attivita’ degli organi con compiti in materia di

ordine e sicurezza pubblica, delle universita’, degli istituti di

istruzione universitaria, delle istituzioni dell’alta formazione

artistica e coreutica, degli istituti di istruzione ed educazione di

ogni ordine e grado, delle organizzazioni di volontariato di cui alla

legge 1° agosto 1991, n. 266, e dei mezzi di trasporto aerei e

marittimi, le disposizioni del presente decreto legislativo sono

applicate tenendo conto delle effettive particolari esigenze connesse

al servizio espletato o alle peculiarita’ organizzative, individuate

entro e non oltre dodici mesi dalla data di entrata in vigore del

presente decreto legislativo con decreti emanati, ai sensi

dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, dai

Ministri competenti di concerto con i Ministri del lavoro e della

previdenza sociale, della salute e per le riforme e le innovazioni

nella pubblica amministrazione, acquisito il parere della Conferenza

permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province

autonome di Trento e di Bolzano, sentite le organizzazioni sindacali

comparativamente piu’ rappresentative sul piano nazionale nonche’,

relativamente agli schemi di decreti di interesse delle Forze armate,

compresa l’Arma dei carabinieri ed il Corpo della Guardia di finanza,

gli organismi a livello nazionale rappresentativi del personale

militare; analogamente si provvede per quanto riguarda gli archivi,

le biblioteche e i musei solo nel caso siano sottoposti a particolari

vincoli di tutela dei beni artistici storici e culturali. Con i

successivi decreti, da emanare entro dodici mesi dalla data di

entrata in vigore del presente decreto, ai sensi dell’articolo 17,

comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta dei Ministri

competenti, di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza

sociale e della salute, acquisito il parere della Conferenza

permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province

autonome di Trento e di Bolzano, si provvede a dettare le

disposizioni necessarie a consentire il coordinamento con la

disciplina recata dal presente decreto della normativa relativa alle

attivita’ lavorative a bordo delle navi, di cui al decreto

legislativo 27 luglio 1999, n. 271, in ambito portuale, di cui al

decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 272, e per il settore delle

navi da pesca, di cui al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 298,

e l’armonizzazione delle disposizioni tecniche di cui ai titoli dal

II al XII del medesimo decreto con la disciplina in tema di trasporto

ferroviario contenuta nella legge 26 aprile 1974, n. 191, e relativi

decreti di attuazione.

3. Fino alla scadenza del termine di cui al comma 2, sono fatte

salve le disposizioni attuative dell’articolo 1, comma 2, del decreto

legislativo 19 settembre 1994, n. 626, nonche’ le disposizioni di cui

al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, al decreto legislativo

27 luglio 1999, n. 272, al decreto legislativo 17 agosto 1999, n.

298, e le disposizioni tecniche del decreto del Presidente della

Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, e del decreto del Presidente della

Repubblica 7 gennaio 1956, n. 164, richiamate dalla legge 26 aprile

1974, n. 191, e dai relativi decreti di attuazione; decorso

inutilmente tale termine, trovano applicazione le disposizioni di cui

al presente decreto.

4. Il presente decreto legislativo si applica a tutti i lavoratori

e lavoratrici, subordinati e autonomi, nonche’ ai soggetti ad essi

equiparati, fermo restando quanto previsto dai commi successivi del

presente articolo.

5. Nell’ipotesi di prestatori di lavoro nell’ambito di un contratto

di somministrazione di lavoro di cui agli articoli 20, e seguenti,

del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive

modificazioni, fermo restando quanto specificamente previsto dal

comma 5 dell’articolo 23 del citato decreto legislativo n. 276 del

2003, tutti gli obblighi di prevenzione e protezione di cui al

presente decreto sono a carico dell’utilizzatore.

6. Nell’ipotesi di distacco del lavoratore di cui all’articolo 30

del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive

modificazioni, tutti gli obblighi di prevenzione e protezione sono a

carico del distaccatario, fatto salvo l’obbligo a carico del

distaccante di informare e formare il lavoratore sui rischi tipici

generalmente connessi allo svolgimento delle mansioni per le quali

egli viene distaccato. Per il personale delle pubbliche

amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto

legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che presta servizio con rapporto

di dipendenza funzionale presso altre amministrazioni pubbliche,

organi o autorita’ nazionali, gli obblighi di cui al presente decreto

sono a carico del datore di lavoro designato dall’amministrazione,

organo o autorita’ ospitante.

7. Nei confronti dei lavoratori a progetto di cui agli articoli 61,

e seguenti, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e

successive modificazioni, e dei collaboratori coordinati e

continuativi di cui all’articolo 409, primo comma, n. 3, del codice

di procedura civile, le disposizioni di cui al presente decreto si

applicano ove la prestazione lavorativa si svolga nei luoghi di

lavoro del committente.

8. Nei confronti dei lavoratori che effettuano prestazioni

occasionali di tipo accessorio, ai sensi dell’articolo 70 e seguenti

del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive

modificazioni e integrazioni, il presente decreto legislativo e tutte

le altre norme speciali vigenti in materia di sicurezza e tutela

della salute si applicano con esclusione dei piccoli lavori domestici

a carattere straordinario, compresi l’insegnamento privato

supplementare e l’assistenza domiciliare ai bambini, agli anziani,

agli ammalati e ai disabili.

9. Nei confronti dei lavoratori a domicilio di cui alla legge

18 dicembre 1973, n. 877, e dei lavoratori che rientrano nel campo di

applicazione del contratto collettivo dei proprietari di fabbricati

trovano applicazione gli obblighi di informazione e formazione di cui

agli articoli 36 e 37. Ad essi devono inoltre essere forniti i

necessari dispositivi di protezione individuali in relazione alle

effettive mansioni assegnate. Nell’ipotesi in cui il datore di lavoro

fornisca attrezzature proprie, o per il tramite di terzi, tali

attrezzature devono essere conformi alle disposizioni di cui al

titolo III.

10. A tutti i lavoratori subordinati che effettuano una prestazione

continuativa di lavoro a distanza, mediante collegamento informatico

e telematico, compresi quelli di cui al decreto del Presidente della

Repubblica 8 marzo 1999, n. 70, e di cui all’accordo-quadro europeo

sul telelavoro concluso il 16 luglio 2002, si applicano le

disposizioni di cui al titolo VII, indipendentemente dall’ambito in

cui si svolge la prestazione stessa. Nell’ipotesi in cui il datore di

lavoro fornisca attrezzature proprie, o per il tramite di terzi, tali

attrezzature devono essere conformi alle disposizioni di cui al

titolo III. I lavoratori a distanza sono informati dal datore di

lavoro circa le politiche aziendali in materia di salute e sicurezza

sul lavoro, in particolare in ordine alle esigenze relative ai

videoterminali ed applicano correttamente le direttive aziendali di

sicurezza. Al fine di verificare la corretta attuazione della

normativa in materia di tutela della salute e sicurezza da parte del

lavoratore a distanza, il datore di lavoro, le rappresentanze dei

lavoratori e le autorita’ competenti hanno accesso al luogo in cui

viene svolto il lavoro nei limiti della normativa nazionale e dei

contratti collettivi, dovendo tale accesso essere subordinato al

preavviso e al consenso del lavoratore qualora la prestazione sia

svolta presso il suo domicilio. Il lavoratore a distanza puo’

chiedere ispezioni. Il datore di lavoro garantisce l’adozione di

misure dirette a prevenire l’isolamento del lavoratore a distanza

rispetto agli altri lavoratori interni all’azienda, permettendogli di

incontrarsi con i colleghi e di accedere alle informazioni

dell’azienda, nel rispetto di regolamenti o accordi aziendali.

11. Nei confronti dei lavoratori autonomi di cui all’articolo 2222

del codice civile si applicano le disposizioni di cui agli

articoli 21 e 26.

12. Nei confronti dei componenti dell’impresa familiare di cui

all’articolo 230-bis del codice civile, dei piccoli imprenditori di

cui all’articolo 2083 del codice civile e dei soci delle societa’

semplici operanti nel settore agricolo si applicano le disposizioni

di cui all’articolo 21.

13. In considerazione della specificita’ dell’attivita’ esercitata

dalle imprese medie e piccole operanti nel settore agricolo, il

Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i

Ministri della salute e delle politiche agricole, alimentari e

forestali, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del

presente decreto, nel rispetto dei livelli generali di tutela di cui

alla normativa in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro,

e limitatamente alle imprese che impiegano lavoratori stagionali

ciascuno dei quali non superi le cinquanta giornate lavorative e per

un numero complessivo di lavoratori compatibile con gli ordinamenti

colturali aziendali, provvede ad emanare disposizioni per

semplificare gli adempimenti relativi all’informazione, formazione e

sorveglianza sanitaria previsti dal presente decreto, sentite le

organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente piu’

rappresentative del settore sul piano nazionale. I contratti

collettivi stipulati dalle predette organizzazioni definiscono

specifiche modalita’ di attuazione delle previsioni del presente

decreto legislativo concernenti il rappresentante dei lavoratori per

la sicurezza nel caso le imprese utilizzino esclusivamente la

tipologia di lavoratori stagionali di cui al precedente periodo.

Art. 4.

Computo dei lavoratori



1. Ai fini della determinazione del numero di lavoratori dal quale

il presente decreto legislativo fa discendere particolari obblighi

non sono computati:

a) i collaboratori familiari di cui all’articolo 230-bis del

codice civile;

b) i soggetti beneficiari delle iniziative di tirocini formativi

e di orientamento di cui all’articolo 18 della legge 24 giugno 1997,

n. 196, e di cui a specifiche disposizioni delle leggi regionali

promosse al fine di realizzare momenti di alternanza tra studio e

lavoro o di agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza

diretta del mondo del lavoro;

c) gli allievi degli istituti di istruzione e universitari e i

partecipanti ai corsi di formazione professionale nei quali si faccia

uso di laboratori, attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici,

fisici e biologici, ivi comprese le attrezzature munite di

videoterminali;

d) i lavoratori assunti con contratto di lavoro a tempo

determinato, ai sensi dell’articolo 1 del decreto legislativo

6 settembre 2001, n. 368, in sostituzione di altri prestatori di

lavoro assenti con diritto alla conservazione del posto di lavoro;

e) i lavoratori che svolgono prestazioni occasionali di tipo

accessorio ai sensi degli articoli 70, e seguenti, del decreto

legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni,

nonche’ prestazioni che esulano dal mercato del lavoro ai sensi

dell’articolo 74 del medesimo decreto.

f) i lavoratori di cui alla legge 18 dicembre 1973, n. 877, ove

la loro attivita’ non sia svolta in forma esclusiva a favore del

datore di lavoro committente;

g) i volontari, come definiti dalla legge 11 agosto 1991, n. 266,

i volontari del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e della

protezione civile e i volontari che effettuano il servizio civile;

h) i lavoratori utilizzati nei lavori socialmente utili di cui al

decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468, e successive

modificazioni;

i) i lavoratori autonomi di cui all’articolo 2222 del codice

civile, fatto salvo quanto previsto dalla successiva lettera l);

l) i collaboratori coordinati e continuativi di cui

all’articolo 409, primo comma, n. 3, del codice di procedura civile,

nonche’ i lavoratori a progetto di cui agli articoli 61 e seguenti

del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive

modificazioni, ove la loro attivita’ non sia svolta in forma

esclusiva a favore del committente.

2. I lavoratori utilizzati mediante somministrazione di lavoro ai

sensi degli articoli 20, e seguenti, del decreto legislativo

10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, e i lavoratori

assunti a tempo parziale ai sensi del decreto legislativo 25 febbraio

2000, n. 61, e successive modificazioni, si computano sulla base del

numero di ore di lavoro effettivamente prestato nell’arco di un

semestre.

3. Fatto salvo quanto previsto dal comma 4, nell’ambito delle

attivita’ stagionali definite dal decreto del Presidente della

Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525 e successive modificazioni,

nonche’ di quelle individuate dai contratti collettivi nazionali

stipulati dalle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro

comparativamente piu’ rappresentative, il personale in forza si

computa a prescindere dalla durata del contratto e dall’orario di

lavoro effettuato.

4. Il numero dei lavoratori impiegati per l’intensificazione

dell’attivita’ in determinati periodi dell’anno nel settore agricolo

e nell’ambito di attivita’ diverse da quelle indicate nel comma 3,

corrispondono a frazioni di unita-lavorative-anno (ULA) come

individuate sulla base della normativa comunitaria.

Capo II

Sistema istituzionale

Art. 5.

Comitato per l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive e

per il coordinamento nazionale delle attivita’ di vigilanza in

materia di salute e sicurezza sul lavoro



1. Presso il Ministero della salute, il Comitato per l’indirizzo e

la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento

nazionale delle attivita’ di vigilanza in materia di salute e

sicurezza sul lavoro. Il Comitato e’ presieduto dal Ministro della

salute ed e’ composto da:

a) due rappresentanti del Ministero della salute;

b) due rappresentanti del Ministero del lavoro e della previdenza

sociale;

c) un rappresentante del Ministero dell’interno;

d) cinque rappresentanti delle regioni e province autonome di

Trento e di Bolzano.

2. Al Comitato partecipano, con funzione consultiva, un

rappresentante dell’INAIL, uno dell’ISPESL e uno dell’Istituto di

previdenza per il settore marittimo (IPSEMA).

3. Il Comitato di cui al comma 1, al fine di garantire la piu’

completa attuazione del principio di leale collaborazione tra Stato e

regioni, ha il compito di:

a) stabilire le linee comuni delle politiche nazionali in materia

di salute e sicurezza sul lavoro;

b) individuare obiettivi e programmi dell’azione pubblica di

miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori;

c) definire la programmazione annuale in ordine ai settori

prioritari di intervento dell’azione di vigilanza, i piani di

attivita’ e i progetti operativi a livello nazionale, tenendo conto

delle indicazioni provenienti dai comitati regionali di coordinamento

e dai programmi di azione individuati in sede comunitaria;

d) programmare il coordinamento della vigilanza a livello

nazionale in materia di salute e sicurezza sul lavoro;

e) garantire lo scambio di informazioni tra i soggetti

istituzionali al fine di promuovere l’uniformita’ dell’applicazione

della normativa vigente;

f) individuare le priorita’ della ricerca in tema di prevenzione

dei rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori.

4. Ai fini delle definizioni degli obbiettivi di cui al comma 2,

lettere a), b), e), f), le parti sociali sono consultate

preventivamente. Sull’attuazione delle azioni intraprese e’

effettuata una verifica con cadenza almeno annuale.

5. Le modalita’ di funzionamento del comitato sono fissate con

regolamento interno da adottarsi a maggioranza qualificata rispetto

al numero dei componenti; le funzioni di segreteria sono svolte da

personale del Ministero della salute appositamente assegnato.

6. Ai componenti del Comitato ed ai soggetti invitati a partecipare

ai sensi del comma 1, non spetta alcun compenso, rimborso spese o

indennita’ di missione.

Art. 6.

Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul

lavoro



1. Presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale e’

istituita la Commissione consultiva permanente per la salute e

sicurezza sul lavoro. La Commissione e’ composta da:

a) un rappresentante del Ministero del lavoro e della previdenza

sociale che la presiede;

b) un rappresentante del Ministero della salute;

c) un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico;

d) un rappresentante del Ministero dell’interno;

e) un rappresentante del Ministero della difesa;

f) un rappresentante del Ministero delle infrastrutture;

g) un rappresentante del Ministero dei trasporti;

h) un rappresentante del Ministero delle politiche agricole

alimentari e forestali;

i) un rappresentante del Ministero della solidarieta’ sociale;

l) un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei Ministri

– Dipartimento della funzione pubblica;

m) dieci rappresentanti delle regioni e delle province autonome

di Trento e di Bolzano, designati dalla Conferenza permanente per i

rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e

di Bolzano;

n) dieci esperti designati delle organizzazioni sindacali dei

lavoratori comparativamente piu’ rappresentative a livello nazionale;

o) dieci esperti designati delle organizzazioni sindacali dei

datori di lavoro, anche dell’artigianato e della piccola e media

impresa, comparativamente piu’ rappresentative a livello nazionale.

2. Per ciascun componente puo’ essere nominato un supplente, il

quale interviene unicamente in caso di assenza del titolare. Ai

lavori della Commissione possono altresi’ partecipare rappresentanti

di altre amministrazioni centrali dello Stato in ragione di

specifiche tematiche inerenti le relative competenze, con particolare

riferimento a quelle relative alla materia dell’istruzione per le

problematiche di cui all’articolo 11, comma 1, lettera c).

3. All’inizio di ogni mandato la Commissione puo’ istituire

comitati speciali permanenti, dei quali determina la composizione e

la funzione.

4. La Commissione si avvale della consulenza degli istituti

pubblici con competenze in materia di salute e sicurezza sul lavoro e

puo’ richiedere la partecipazione di esperti nei diversi settori di

interesse.

5. I componenti della Commissione e i segretari sono nominati con

decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, su

designazione degli organismi competenti e durano in carica cinque

anni.

6. Le modalita’ di funzionamento della commissione sono fissate con

regolamento interno da adottarsi a maggioranza qualificata rispetto

al numero dei componenti; le funzioni di segreteria sono svolte da

personale del Ministero del lavoro e della previdenza sociale

appositamente assegnato.

7. Ai componenti del Comitato ed ai soggetti invitati a partecipare

ai sensi del comma 1, non spetta alcun compenso, rimborso spese o

indennita’ di missione.

8. La Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza

sul lavoro ha il compito di:

a) esaminare i problemi applicativi della normativa di salute e

sicurezza sul lavoro e formulare proposte per lo sviluppo e il

perfezionamento della legislazione vigente;

b) esprimere pareri sui piani annuali elaborati dal Comitato di

cui all’articolo 5;

c) definire le attivita’ di promozione e le azioni di prevenzione

di cui all’articolo 11;

d) validare le buone prassi in materia di salute e sicurezza sul

lavoro;

e) redigere annualmente, sulla base dei dati forniti dal sistema

informativo di cui all’articolo 8, una relazione sullo stato di

applicazione della normativa di salute e sicurezza e sul suo

possibile sviluppo, da trasmettere alle commissioni parlamentari

competenti e ai presidenti delle regioni;

f) elaborare, entro e non oltre il 31 dicembre 2010, le procedure

standardizzate di effettuazione della valutazione dei rischi di cui

all’articolo 29, comma 5, tenendo conto dei profili di rischio e

degli indici infortunistici di settore. Tali procedure vengono

recepite con decreto dei Ministeri del lavoro e della previdenza

sociale, della salute e dell’interno acquisito il parere della

Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e

province autonome di Trento e di Bolzano;

g) definire criteri finalizzati alla definizione del sistema di

qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi di cui

all’articolo 27. Il sistema di qualificazione delle imprese e’

disciplinato con decreto del Presidente della Repubblica, acquisito

il parere della Conferenza per i rapporti permanenti tra lo Stato, le

regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi

entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente

decreto;

h) valorizzare sia gli accordi sindacali sia i codici di condotta

ed etici, adottati su base volontaria, che, in considerazione delle

specificita’ dei settori produttivi di riferimento, orientino i

comportamenti dei datori di lavoro, anche secondo i principi della

responsabilita’ sociale, dei lavoratori e di tutti i soggetti

interessati, ai fini del miglioramento dei livelli di tutela definiti

legislativamente;

i) valutare le problematiche connesse all’attuazione delle

direttive comunitarie e delle convenzioni internazionali stipulate in

materia di salute e sicurezza del lavoro;

l) promuovere la considerazione della differenza di genere in

relazione alla valutazione dei rischi e alla predisposizione delle

misure di prevenzione;

m) indicare modelli di organizzazione e gestione aziendale ai

fini di cui all’articolo 30.

Art. 7.

Comitati regionali di coordinamento



1. Al fine di realizzare una programmazione coordinata di

interventi, nonche’ uniformita’ degli stessi ed il necessario

raccordo con il Comitato di cui all’articolo 5 e con la Commissione

di cui all’articolo 6, presso ogni regione e provincia autonoma opera

il comitato regionale di coordinamento di cui al decreto del

Presidente del Consiglio dei Ministri in data 21 dicembre 2007,

pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 31 del 6 febbraio 2008.

Art. 8.

Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro



1. E’ istituito il Sistema informativo nazionale per la prevenzione

(SINP) nei luoghi di lavoro al fine di fornire dati utili per

orientare, programmare, pianificare e valutare l’efficacia della

attivita’ di prevenzione degli infortuni e delle malattie

professionali, relativamente ai lavoratori iscritti e non iscritti

agli enti assicurativi pubblici, e per indirizzare le attivita’ di

vigilanza, attraverso l’utilizzo integrato delle informazioni

disponibili negli attuali sistemi informativi, anche tramite

l’integrazione di specifici archivi e la creazione di banche dati

unificate.

2. Il Sistema informativo di cui al comma 1 e’ costituito dal

Ministero del lavoro e della previdenza sociale, dal Ministero della

salute, dal Ministero dell’interno, dalle regioni e dalle province

autonome di Trento e di Bolzano, dall’INAIL, dall’IPSEMA e

dall’ISPESL, con il contributo del Consiglio nazionale dell’economia

e del lavoro (CNEL). Allo sviluppo del medesimo concorrono gli

organismi paritetici e gli istituti di settore a carattere

scientifico, ivi compresi quelli che si occupano della salute delle

donne.

3. L’INAIL garantisce la gestione tecnica ed informatica del SINP

e, a tale fine, e’ titolare del trattamento dei dati, secondo quanto

previsto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

4. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e

della salute, di concerto con il Ministro per le riforme e le

innovazioni nella pubblica amministrazione, acquisito il parere della

Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le

province autonome di Trento e di Bolzano, da adottarsi entro 180

giorni dalla data dell’entrata in vigore del presente decreto

legislativo, vengono definite le regole tecniche per la realizzazione

ed il funzionamento del SINP, nonche’ le regole per il trattamento

dei dati. Tali regole sono definite nel rispetto di quanto previsto

dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, cosi’ come modificato ed

integrato dal decreto legislativo 4 aprile 2006, n. 159, e dei

contenuti del Protocollo di intesa sul Sistema informativo nazionale

integrato per la prevenzione nei luoghi di lavoro. Con il medesimo

decreto sono disciplinate le speciali modalita’ con le quali le forze

armate e le forze di polizia partecipano al sistema informativo

relativamente alle attivita’ operative e addestrative. Per tale

finalita’ e’ acquisita l’intesa dei Ministri della difesa,

dell’interno e dell’economia e delle finanze.

5. La partecipazione delle parti sociali al Sistema informativo

avviene attraverso la periodica consultazione in ordine ai flussi

informativi di cui alle lettere a), b), c) e d) del comma 6.

6. I contenuti dei flussi informativi devono almeno riguardare:

a) il quadro produttivo ed occupazionale;

b) il quadro dei rischi;

c) il quadro di salute e sicurezza dei lavoratori;

d) il quadro degli interventi di prevenzione delle istituzioni

preposte;

e) il quadro degli interventi di vigilanza delle istituzioni

preposte.

7. La diffusione delle informazioni specifiche e’ finalizzata al

raggiungimento di obiettivi di conoscenza utili per le attivita’ dei

soggetti destinatari e degli enti utilizzatori. I dati sono resi

disponibili ai diversi destinatari e resi pubblici nel rispetto della

normativa di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

8. Le attivita’ di cui al presente articolo sono realizzate dalle

amministrazioni di cui al comma 2 utilizzando le ordinarie risorse

personali, economiche e strumentali in dotazione.

Art. 9.

Enti pubblici aventi compiti in materia di salute e sicurezza nei

luoghi di lavoro



1. L’ISPESL, l’INAIL e l’IPSEMA sono enti pubblici nazionali con

competenze in materia di salute e sicurezza sul lavoro che esercitano

le proprie attivita’, anche di consulenza, in una logica di sistema

con il Ministero della salute, il Ministero del lavoro e della

previdenza sociale, le regioni e le province autonome di Trento e di

Bolzano.

2. L’ISPESL, l’INAIL e l’IPSEMA operano in funzione delle

attribuzioni loro assegnate dalla normativa vigente, svolgendo in

forma coordinata, per una maggiore sinergia e complementarieta’, le

seguenti attivita’:

a) elaborazione e applicazione dei rispettivi piani triennali di

attivita’;

b) interazione, per i rispettivi ruoli e competenze, in logiche

di conferenza permanente di servizio, per assicurare apporti

conoscitivi al sistema di sostegno ai programmi di intervento in

materia di sicurezza e salute sul lavoro di cui all’articolo 2,

comma 1, lettera p), per verificare l’adeguatezza dei sistemi di

prevenzione e assicurativi e per studiare e proporre soluzioni

normative e tecniche atte a ridurre il fenomeno degli infortuni e

delle malattie professionali;

c) consulenza alle aziende, in particolare alle medie, piccole e

micro imprese, anche attraverso forme di sostegno tecnico e

specialistico finalizzate sia al suggerimento dei piu’ adatti mezzi,

strumenti e metodi operativi, efficaci alla riduzione dei livelli di

rischiosita’ in materia di salute e sicurezza sul lavoro, sia

all’individuazione degli elementi di innovazione tecnologica in

materia con finalita’ prevenzionali, raccordandosi con le altre

istituzioni pubbliche operanti nel settore e con le parti sociali;

d) progettazione ed erogazione di percorsi formativi in materia

di salute e sicurezza sul lavoro tenuto conto ed in conformita’ ai

criteri e alle modalita’ elaborati ai sensi degli articoli 6 e 11;

e) formazione per i responsabili e gli addetti ai servizi di

prevenzione e protezione di cui all’articolo 32;

f) promozione e divulgazione, della cultura della salute e della

sicurezza del lavoro nei percorsi formativi scolastici, universitari

e delle istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e

coreutica, previa stipula di apposite convenzioni con le istituzioni

interessate;

g) partecipazione, con funzioni consultive, al Comitato per

l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il

coordinamento nazionale delle attivita’ di vigilanza in materia di

salute e sicurezza del lavoro di cui all’articolo 5;

h) consulenza alla Commissione consultiva permanente per la

salute e sicurezza del lavoro di cui all’articolo 6;

i) elaborazione, raccolta e diffusione delle buone prassi di cui

all’articolo 2, comma 1, lettera v);

l) predisposizione delle linee guida di cui all’articolo 2,

comma 1, lettera z);

m) contributo al Sistema informativo nazionale per la prevenzione

nei luoghi di lavoro secondo quanto previsto dall’articolo 8.

3. L’attivita’ di consulenza di cui alla lettera c) del comma 2,

non puo’ essere svolta dai funzionari degli istituti di cui al

presente articolo che svolgono attivita’ di controllo e verifica

degli obblighi nelle materie di competenza degli istituti medesimi. I

soggetti che prestano tale attivita’ non possono, per un periodo di

tre anni dalla cessazione dell’incarico, esercitare attivita’ di

controllo e verifica degli obblighi nelle materie di competenza degli

istituti medesimi. Nell’esercizio dell’attivita’ di consulenza non vi

e’ l’obbligo di denuncia di cui all’articolo 331 del codice di

procedura penale o di comunicazione ad altre Autorita’ competenti

delle contravvenzioni rilevate ove si riscontrino violazioni alla

normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro; in ogni caso,

l’esercizio dell’attivita’ di consulenza non esclude o limita la

possibilita’ per l’ente di svolgere l’attivita’ di controllo e

verifica degli obblighi nelle materie di competenza degli istituti

medesimi. Con successivo decreto del Ministro del lavoro e della

previdenza sociale, di concerto con il Ministro della salute per la

parte concernente i funzionari dell’ISPESL, e’ disciplinato lo

svolgimento dell’attivita’ di consulenza e dei relativi proventi,

fermo restando che i compensi percepiti per lo svolgimento

dell’attivita’ di consulenza sono devoluti in ragione della meta’

all’ente di appartenenza e nel resto al Fondo di cui all’articolo 52,

comma 1.

4. L’INAIL fermo restando quanto previsto dall’articolo 12 della

legge 11 marzo 1988, n. 67, dall’articolo 2, comma 6, della legge

28 dicembre 1995, n. 549, e dall’articolo 2, comma 130, della legge

23 dicembre 1996, n. 662, nonche’ da ogni altra disposizione

previgente, svolge, con la finalita’ di ridurre il fenomeno

infortunistico e ad integrazione delle proprie competenze quale

gestore dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul

lavoro e le malattie professionali, i seguenti compiti oltre a quanto

previsto negli altri articoli del presente decreto:

a) raccoglie e registra, a fini statistici e informativi, i dati

relativi agli infortuni sul lavoro che comportino un’assenza dal

lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell’evento;

b) concorre alla realizzazione di studi e ricerche sugli

infortuni e sulle malattie correlate al lavoro, coordinandosi con il

Ministero della salute e con l’ISPESL;

c) partecipa alla elaborazione, formulando pareri e proposte,

della normazione tecnica in materia;

d) eroga, previo trasferimento delle necessarie risorse da parte

del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, le prestazioni

del Fondo di cui all’articolo 1, comma 1187, della legge 27 dicembre

2006, n. 296. In sede di prima applicazione, le relative prestazioni

sono fornite con riferimento agli infortuni verificatisi a fare data

dal 1° gennaio 2007.

5. L’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del

lavoro – ISPESL e’ ente di diritto pubblico, nel settore della

ricerca, dotato di autonomia scientifica, organizzativa,

patrimoniale, gestionale e tecnica. L’ISPESL e’ organo

tecnico-scientifico del Servizio sanitario nazionale di ricerca,

sperimentazione, controllo, consulenza, assistenza, alta formazione,

informazione e documentazione in materia di prevenzione degli

infortuni e delle malattie professionali, sicurezza sul lavoro e di

promozione e tutela della salute negli ambienti di vita e di lavoro,

del quale si avvalgono gli organi centrali dello Stato preposti ai

settori della salute, dell’ambiente, del lavoro e della produzione e

le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

6. L’ISPESL, nell’ambito delle sue attribuzioni istituzionali,

opera avvalendosi delle proprie strutture centrali e territoriali,

garantendo unitarieta’ della azione di prevenzione nei suoi aspetti

interdisciplinari e svolge le seguenti attivita’:

a) svolge e promuove programmi di studio e ricerca scientifica e

programmi di interesse nazionale nel campo della prevenzione degli

infortuni, e delle malattie professionali, della sicurezza sul lavoro

e della promozione e tutela della salute negli ambienti di vita e di

lavoro;

b) interviene nelle materie di competenza dell’Istituto, su

richiesta degli organi centrali dello Stato e delle regioni e delle

province autonome di Trento e di Bolzano, nell’ambito dei controlli

che richiedono un’elevata competenza scientifica. Ai fini della

presente lettera, esegue, accedendo nei luoghi di lavoro,

accertamenti e indagini in materia di salute e sicurezza del lavoro;

c) e’ organo tecnico-scientifico delle Autorita’ nazionali

preposte alla sorveglianza del mercato ai fini del controllo della

conformita’ ai requisiti di sicurezza e salute di prodotti messi a

disposizione dei lavoratori;

d) svolge attivita’ di organismo notificato per attestazioni di

conformita’ relative alle Direttive per le quali non svolge compiti

relativi alla sorveglianza del mercato;

e) e’ titolare di prime verifiche e verifiche di primo impianto

di attrezzature di lavoro sottoposte a tale regime;

f) fornisce consulenza al Ministero della salute, agli altri

Ministeri e alle regioni e alle province autonome in materia salute e

sicurezza del lavoro;

g) fornisce assistenza al Ministero della salute e alle regioni e

alle province autonome per l’elaborazione del Piano sanitario

nazionale, dei piani sanitari regionali e dei piani nazionali e

regionali della prevenzione, per il monitoraggio delle azioni poste

in essere nel campo salute e sicurezza del lavoro e per la verifica

del raggiungimento dei livelli essenziali di assistenza in materia;

h) supporta il Servizio sanitario nazionale, fornendo

informazioni, formazione, consulenza e assistenza alle strutture

operative per la promozione della salute, prevenzione e sicurezza

negli ambienti di lavoro;

i) svolge, congiuntamente ai servizi di prevenzione e sicurezza

nei luoghi di lavoro delle ASL, l’attivita’ di vigilanza sulle

strutture sanitarie del Servizio sanitario nazionale;

l) effettua il raccordo e la divulgazione dei risultati derivanti

dalle attivita’ di prevenzione nei luoghi di lavoro svolte dalle

strutture del Servizio sanitario nazionale;

m) partecipa alla elaborazione di norme di carattere generale e

formula, pareri e proposte circa la congruita’ della norma tecnica

non armonizzata ai requisiti di sicurezza previsti dalla legislazione

nazionale vigente;

n) assicura la standardizzazione tecnico-scientifica delle

metodiche e delle procedure per la valutazione e la gestione dei

rischi e per l’accertamento dello stato di salute dei lavoratori in

relazione a specifiche condizioni di rischio e contribuisce alla

definizione dei limiti di esposizione;

o) diffonde, previa istruttoria tecnica, le buone prassi di cui

all’articolo 2, comma 1, lettera v);

p) coordina il network nazionale in materia di salute e sicurezza

nei luoghi di lavoro, in qualita’ di focal point italiano nel network

informativo dell’Agenzia europea per la salute e sicurezza nei luoghi

di lavoro;

q) supporta l’attivita’ di monitoraggio del Ministero della

salute sulla applicazione dei livelli essenziali di assistenza

relativi alla sicurezza nei luoghi di lavoro.

7. L’IPSEMA svolge, con la finalita’ di ridurre il fenomeno

infortunistico ed ad integrazione delle proprie competenze quale

gestore dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul

lavoro e le malattie professionali del settore marittimo, i seguenti

compiti oltre a quanto previsto negli altri articoli del presente

decreto:

a) raccoglie e registra, a fini statistici ed informativi, i dati

relativi agli infortuni sul lavoro che comportino un’assenza dal

lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell’evento;

b) concorre alla realizzazione di studi e ricerche sugli

infortuni e sulle malattie correlate al lavoro, raccordandosi con il

Ministero della salute e con l’ISPESL;

c) finanzia, nell’ambito e nei limiti delle proprie spese

istituzionali, progetti di investimento e formazione in materia di

salute e sicurezza sul lavoro;

d) supporta, in raccordo con le amministrazioni competenti in

materia di salute per il settore marittimo, anche mediante

convenzioni con l’INAIL, le prestazioni di assistenza sanitaria

riabilitativa per i lavoratori marittimi anche al fine di assicurare

il loro reinserimento lavorativo;

e) eroga, previo trasferimento delle necessarie risorse da parte

del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, le prestazioni

del Fondo di cui all’articolo 1, comma 1187, della legge 27 dicembre

2006, n. 296, con riferimento agli infortuni del settore marittimo.

In sede di prima applicazione, le relative prestazioni sono fornite

con riferimento agli infortuni verificatisi a fare data dal

1° gennaio 2007.

Art. 10.

Informazione e assistenza in materia di salute e sicurezza nei luoghi

di lavoro



1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,

tramite le AA.SS.LL. del SSN, il Ministero dell’interno tramite le

strutture del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, l’Istituto

superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro (ISPESL), il

Ministero del lavoro e della previdenza sociale, il Ministero dello

sviluppo economico per il settore estrattivo, l’Istituto nazionale

per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL),

l’Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA), gli

organismi paritetici e gli enti di patronato svolgono, anche mediante

convenzioni, attivita’ di informazione, assistenza, consulenza,

formazione, promozione in materia di sicurezza e salute nei luoghi di

lavoro, in particolare nei confronti delle imprese artigiane, delle

imprese agricole e delle piccole e medie imprese e delle rispettive

associazioni dei datori di lavoro.

Art. 11.

Attivita’ promozionali



1. Nell’ambito della Commissione consultiva di cui all’articolo 6

sono definite, in coerenza con gli indirizzi individuati dal Comitato

di cui all’articolo 5, le attivita’ promozionali della cultura e

delle azioni di prevenzione con riguardo in particolare a:

a) finanziamento di progetti di investimento in materia di salute

e sicurezza sul lavoro da parte delle piccole, medie e micro imprese;

per l’accesso a tali finanziamenti deve essere garantita la

semplicita’ delle procedure;

b) finanziamento di progetti formativi specificamente dedicati

alle piccole, medie e micro imprese, ivi compresi quelli di cui

all’articolo 52, comma 1, lettera b);

c) finanziamento delle attivita’ degli istituti scolastici,

universitari e di formazione professionale finalizzata

all’inserimento in ogni attivita’ scolastica ed universitaria, nelle

istituzioni dell’alta formazione artistica e coreutica e nei percorsi

di istruzione e formazione professionale di specifici percorsi

formativi interdisciplinari alle diverse materie scolastiche volti a

favorire la conoscenza delle tematiche della salute e della sicurezza

nel rispetto delle autonomie didattiche.

2. Ai finanziamenti di cui al comma 1 si provvede con oneri a

carico delle risorse di cui all’articolo 1, comma 7-bis, della legge

3 agosto 2007, n. 123, come introdotto dall’articolo 2, comma 533,

della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Con decreto del Ministro del

lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri

dell’economia e delle finanze, dell’istruzione e dell’universita’ e

della ricerca, acquisito il parere della Conferenza permanente per i

rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e

di Bolzano, si provvede al riparto annuale delle risorse tra le

attivita’ di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 e

dell’articolo 52, comma 2, lettera d).

3. Le amministrazioni centrali e le regioni e province autonome di

Trento e di Bolzano, nel rispetto delle proprie competenze,

concorrono alla programmazione e realizzazione di progetti formativi

in materia di salute e sicurezza sul lavoro, attraverso modalita’

operative da definirsi in sede di Conferenza permanente per i

rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e

di Bolzano, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del

presente decreto legislativo. Alla realizzazione e allo sviluppo di

quanto previsto nel periodo precedente possono altresi’ concorrere le

parti sociali, anche mediante i fondi interprofessionali.

4. Ai fini della promozione e divulgazione della cultura della

salute e sicurezza sul lavoro e’ facolta’ degli istituti scolastici,

universitari e di formazione professionale inserire in ogni attivita’

scolastica ed universitaria nelle istituzioni dell’alta formazione

artistica e coreutica e nei percorsi di istruzione e formazione

professionale, percorsi formativi interdisciplinari alle diverse

materie scolastiche ulteriori rispetto a quelli disciplinati dal

comma 1, lettera c) e volti alle medesime finalita’. Tale attivita’

e’ svolta nell’ambito e nei limiti delle risorse disponibili degli

istituti.

5. Nell’ambito e nei limiti delle risorse di cui al comma 2

trasferite dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale,

l’INAIL finanzia progetti di investimento e formazione in materia di

salute e sicurezza sul lavoro rivolti in particolare alle piccole,

medie e micro imprese e progetti volti a sperimentare soluzioni

innovative e strumenti di natura organizzativa e gestionale ispirati

ai principi di responsabilita’ sociale delle imprese. Costituisce

criterio di priorita’ per l’accesso al finanziamento l’adozione da

parte delle imprese delle buone passi di cui all’articolo 2, comma 1,

lettera v).

6. Nell’ambito dei rispettivi compiti istituzionali, le

amministrazioni pubbliche promuovono attivita’ specificamente

destinate ai lavoratori immigrati o alle lavoratrici, finalizzate a

migliorare i livelli di tutela dei medesimi negli ambienti di lavoro.

7. In sede di prima applicazione, per il primo anno dall’entrata in

vigore del presente decreto, le risorse di cui all’articolo 1,

comma 7-bis, della legge 3 agosto 2007, n. 123, come introdotto

dall’articolo 2, comma 533, della legge 24 dicembre 2007, n. 244,

sono utilizzate, secondo le priorita’, ivi compresa una campagna

straordinaria di formazione, stabilite, entro sei mesi dall’entrata

in vigore del presente decreto, con accordo adottato, previa

consultazione delle parti sociali, in sede di Conferenza permanente

per i rapporti tra lo Stato, le regioni e la province autonome di

Trento e di Bolzano.

Art. 12.

Interpello



1. Gli organismi associativi a rilevanza nazionale degli enti

territoriali e gli enti pubblici nazionali, nonche’, di propria

iniziativa o su segnalazione dei propri iscritti, le organizzazioni

sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente piu’

rappresentative sul piano nazionale e i consigli nazionali degli

ordini o collegi professionali, possono inoltrare alla Commissione

per gli interpelli di cui al comma 2, esclusivamente tramite posta

elettronica, quesiti di ordine generale sull’applicazione della

normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro.

2. Presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale e’

istituita, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, la

Commissione per gli interpelli composta da due rappresentanti del

Ministero del lavoro e previdenza sociale, da due rappresentanti del

Ministero della salute e da quattro rappresentanti delle regioni e

delle province autonome. Qualora la materia oggetto di interpello

investa competenze di altre amministrazioni pubbliche la Commissione

e’ integrata con rappresentanti delle stesse. Ai componenti della

Commissione non spetta alcun compenso, rimborso spese o indennita’ di

missione.

3. Le indicazioni fornite nelle risposte ai quesiti di cui al

comma 1 costituiscono criteri interpretativi e direttivi per

l’esercizio delle attivita’ di vigilanza.

Art. 13.

Vigilanza



1. La vigilanza sull’applicazione della legislazione in materia di

salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e’ svolta dalla azienda

sanitaria locale competente per territorio e, per quanto di specifica

competenza, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonche’ per il

settore minerario, fino all’effettiva attuazione del trasferimento di

competenze da adottarsi ai sensi del decreto legislativo 30 luglio

1999, n. 300, e successive modificazioni, dal Ministero dello

sviluppo economico, e per le industrie estrattive di seconda

categoria e le acque minerali e termali dalle regioni e province

autonome di Trento e di Bolzano. Le province autonome di Trento e di

Bolzano provvedono alle finalita’ del presente articolo, nell’ambito

delle proprie competenze, secondo quanto previsto dai rispettivi

ordinamenti.

2. Ferme restando le competenze in materia di vigilanza attribuite

dalla legislazione vigente al personale ispettivo del Ministero del

lavoro e della previdenza sociale, lo stesso personale puo’

esercitare l’attivita’ di vigilanza sull’applicazione della

legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro

nelle seguenti attivita’, informandone preventivamente il servizio di

prevenzione e sicurezza dell’Azienda sanitaria locale competente per

territorio:

a) attivita’ nel settore delle costruzioni edili o di genio

civile e piu’ in particolare lavori di costruzione, manutenzione,

riparazione, demolizione, conservazione e risanamento di opere fisse,

permanenti o temporanee, in muratura e in cemento armato, opere

stradali, ferroviarie, idrauliche, scavi, montaggio e smontaggio di

elementi prefabbricati; lavori in sotterraneo e gallerie, anche

comportanti l’impiego di esplosivi;

b) lavori mediante cassoni in aria compressa e lavori subacquei;

c) ulteriori attivita’ lavorative comportanti rischi

particolarmente elevati, individuate con decreto del Presidente del

Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri del lavoro e della

previdenza sociale, e della salute, adottato sentito il comitato di

cui all’articolo 5 e previa intesa con la Conferenza permanente per i

rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e

di Bolzano, in relazione alle quali il personale ispettivo del

Ministero del lavoro e della previdenza sociale svolge attivita’ di

vigilanza sull’applicazione della legislazione in materia di salute e

sicurezza nei luoghi di lavoro, informandone preventivamente il

servizio di prevenzione e sicurezza dell’Azienda sanitaria locale

competente per territorio.

3. In attesa del complessivo riordino delle competenze in tema di

vigilanza sull’applicazione della legislazione in materia di salute e

sicurezza sui luoghi di lavoro, restano ferme le competenze in

materia di salute e sicurezza dei lavoratori attribuite alle

autorita’ marittime a bordo delle navi ed in ambito portuale, agli

uffici di sanita’ aerea e marittima, alle autorita’ portuali ed

aeroportuali, per quanto riguarda la sicurezza dei lavoratori a bordo

di navi e di aeromobili ed in ambito portuale ed aeroportuale nonche’

ai servizi sanitari e tecnici istituiti per le Forze armate e per le

Forze di polizia e per i Vigili del fuoco; i predetti servizi sono

competenti altresi’ per le aree riservate o operative e per quelle

che presentano analoghe esigenze da individuarsi, anche per quel che

riguarda le modalita’ di attuazione, con decreto del Ministro

competente, di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza

sociale e della salute. L’Amministrazione della giustizia puo’

avvalersi dei servizi istituiti per le Forze armate e di polizia,

anche mediante convenzione con i rispettivi Ministeri, nonche’ dei

servizi istituiti con riferimento alle strutture penitenziarie.

4. La vigilanza di cui al presente articolo e’ esercitata nel

rispetto del coordinamento di cui agli articoli 5 e 7.

5. Il personale delle pubbliche amministrazioni, assegnato agli

uffici che svolgono attivita’ di vigilanza, non puo’ prestare, ad

alcun titolo e in alcuna parte del territorio nazionale, attivita’ di

consulenza.

6. L’importo delle somme che l’ASL, in qualita’ di organo di

vigilanza, ammette a pagare in sede amministrativa ai sensi

dell’articolo 21, comma 2, primo periodo, del decreto legislativo

19 dicembre 1994, n. 758, integra l’apposito capitolo regionale per

finanziare l’attivita’ di prevenzione nei luoghi di lavoro svolta dai

dipartimenti di prevenzione delle AA.SS.LL.

7. E’ fatto salvo quanto previsto dall’articolo 64 del decreto del

Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, con riferimento

agli organi di vigilanza competenti, come individuati dal presente

decreto.

Art. 14.

Disposizioni per il contrasto del lavoro irregolare e per la tutela

della salute e sicurezza dei lavoratori



1. Al fine di garantire la tutela della salute e la sicurezza dei

lavoratori, nonche’ di contrastare il fenomeno del lavoro sommerso e

irregolare, ferme restando le attribuzioni del coordinatore per

l’esecuzione dei lavori di cui all’articolo 92, comma 1, lettera e),

gli organi di vigilanza del Ministero del lavoro e della previdenza

sociale, anche su segnalazione delle amministrazioni pubbliche

secondo le rispettive competenze, possono adottare provvedimenti di

sospensione di un’attivita’ imprenditoriale qualora riscontrino

l’impiego di personale non risultante dalle scritture o da altra

documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al 20 per

cento del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro, ovvero

in caso di reiterate violazioni della disciplina in materia di

superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale,

di cui agli articoli 4, 7 e 9 del decreto legislativo 8 aprile 2003,

n. 66, e successive modificazioni, considerando le specifiche

gravita’ di esposizione al rischio di infortunio, nonche’ in caso di

gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e

della sicurezza sul lavoro individuate con decreto del Ministero del

lavoro e della previdenza sociale, adottato sentita la Conferenza

permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province

autonome di Trento e di Bolzano. In attesa della adozione del citato

decreto, le violazioni in materia di tutela della salute e della

sicurezza sul lavoro che costituiscono il presupposto per l’adozione

del provvedimento di sospensione dell’attivita’ imprenditoriale sono

quelle individuate nell’allegato I. L’adozione del provvedimento di

sospensione e’ comunicata all’Autorita’ per la vigilanza sui

contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di cui

all’articolo 6 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 ed al

Ministero delle infrastrutture, per gli aspetti di rispettiva

competenza, al fine dell’emanazione di un provvedimento interdittivo

alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni ed alla

partecipazione a gare pubbliche di durata pari alla citata

sospensione nonche’ per un eventuale ulteriore periodo di tempo non

inferiore al doppio della durata della sospensione e comunque non

superiore a due anni. Le disposizioni del presente comma si applicano

anche con riferimento ai lavori nell’ambito dei cantieri edili. Ai

provvedimenti del presente articolo non si applicano le disposizioni

di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241.

2. I poteri e gli obblighi di cui al comma 1 spettano anche agli

organi di vigilanza delle aziende sanitarie locali, con riferimento

all’accertamento della reiterazione delle violazioni della disciplina

in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro di cui

al comma 1. In materia di prevenzione incendi trovano applicazione le

disposizioni di cui agli articoli 16, 19 e 20 del decreto legislativo

8 marzo 2006, n. 139.

3. Il provvedimento di sospensione puo’ essere revocato da parte

dell’organo di vigilanza che lo ha adottato.

4. E’ condizione per la revoca del provvedimento da parte

dell’organo di vigilanza del Ministero del lavoro e della previdenza

sociale di cui al comma 1:

a) la regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle

scritture o da altra documentazione obbligatoria;

b) l’accertamento del ripristino delle regolari condizioni di

lavoro nelle ipotesi di reiterate violazioni della disciplina in

materia di superamento dei tempi di lavoro, riposo giornaliero e

settimanale, di cui al decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, e

successive modificazioni, o di gravi e reiterate violazioni della

disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul

lavoro;

c) il pagamento di una somma aggiuntiva unica pari a Euro 2500

rispetto a quelle di cui al comma 6.

5. E’ condizione per la revoca del provvedimento da parte

dell’organo di vigilanza delle aziende sanitarie locali di cui al

comma 2:

a) l’accertamento del ripristino delle regolari condizioni di

lavoro nelle ipotesi di gravi e reiterate violazioni delle disciplina

in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro;

b) il pagamento di una somma aggiuntiva unica pari a Euro 2500

rispetto a quelle di cui al comma 6.

6. E’ comunque fatta salva l’applicazione delle sanzioni penali,

civili e amministrative vigenti.

7. L’importo delle somme aggiuntive di cui al comma 4, lettera c),

integra la dotazione del Fondo per l’occupazione di cui

all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148,

convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, ed

e’ destinato al finanziamento degli interventi di contrasto al lavoro

sommerso ed irregolare individuati con decreto del Ministro del

lavoro e della previdenza sociale di cui all’articolo 1, comma 1156,

lettera g), della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

8. L’importo delle somme aggiuntive di cui al comma 5, lettera b),

integra l’apposito capitolo regionale per finanziare l’attivita’ di

prevenzione nei luoghi di lavoro.

9. Avverso i provvedimenti di sospensione di cui ai commi 1 e 2 e’

ammesso ricorso, entro 30 giorni, rispettivamente, alla Direzione

regionale del lavoro territorialmente competente e al presidente

della Giunta regionale, i quali si pronunciano nel termine di 15

giorni dalla notifica del ricorso. Decorso inutilmente tale ultimo

termine il provvedimento di sospensione perde efficacia.

10. Il datore di lavoro che non ottempera al provvedimento di

sospensione di cui al presente articolo e’ punito con l’arresto fino

a sei mesi.

11. Nelle ipotesi delle violazioni in materia di salute e sicurezza

sul lavoro di cui al comma 1, le disposizioni del presente articolo

si applicano nel rispetto delle competenze in tema di vigilanza in

materia.

Capo III

Gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro

Sezione I

Misure di tutela e obblighi

Art. 15.

Misure generali di tutela



1. Le misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei

lavoratori nei luoghi di lavoro sono:

a) la valutazione di tutti i rischi per la salute e sicurezza;

b) la programmazione della prevenzione, mirata ad un complesso

che integri in modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche

produttive dell’azienda nonche’ l’influenza dei fattori dell’ambiente

e dell’organizzazione del lavoro;

c) l’eliminazione dei rischi e, ove cio’ non sia possibile, la

loro riduzione al minimo in relazione alle conoscenze acquisite in

base al progresso tecnico;

d) il rispetto dei principi ergonomici nell’organizzazione del

lavoro, nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle

attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione,

in particolare al fine di ridurre gli effetti sulla salute del lavoro

monotono e di quello ripetitivo;

e) la riduzione dei rischi alla fonte;

f) la sostituzione di cio’ che e’ pericoloso con cio’ che non lo

e’, o e’ meno pericoloso;

g) la limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono, o

che possono essere, esposti al rischio;

h) l’utilizzo limitato degli agenti chimici, fisici e biologici

sui luoghi di lavoro;

i) la priorita’ delle misure di protezione collettiva rispetto

alle misure di protezione individuale;

l) il controllo sanitario dei lavoratori;

m) l’allontanamento del lavoratore dall’esposizione al rischio

per motivi sanitari inerenti la sua persona e l’adibizione, ove

possibile, ad altra mansione;

n) l’informazione e formazione adeguate per i lavoratori;

o) l’informazione e formazione adeguate per dirigenti e i

preposti;

p) l’informazione e formazione adeguate per i rappresentanti dei

lavoratori per la sicurezza;

q) l’istruzioni adeguate ai lavoratori;

r) la partecipazione e consultazione dei lavoratori;

s) la partecipazione e consultazione dei rappresentanti dei

lavoratori per la sicurezza;

t) la programmazione delle misure ritenute opportune per

garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza, anche

attraverso l’adozione di codici di condotta e di buone prassi;

u) le misure di emergenza da attuare in caso di primo soccorso,

di lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori e di pericolo

grave e immediato;

v) l’uso di segnali di avvertimento e di sicurezza;

z) la regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, impianti,

con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformita’

alla indicazione dei fabbricanti.

2. Le misure relative alla sicurezza, all’igiene ed alla salute

durante il lavoro non devono in nessun caso comportare oneri

finanziari per i lavoratori.

Art. 16.

Delega di funzioni



1. La delega di funzioni da parte del datore di lavoro, ove non

espressamente esclusa, e’ ammessa con i seguenti limiti e condizioni:

a) che essa risulti da atto scritto recante data certa;

b) che il delegato possegga tutti i requisiti di professionalita’

ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni

delegate;

c) che essa attribuisca al delegato tutti i poteri di

organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura

delle funzioni delegate;

d) che essa attribuisca al delegato l’autonomia di spesa

necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate;

e) che la delega sia accettata dal delegato per iscritto.

2. Alla delega di cui al comma 1 deve essere data adeguata e

tempestiva pubblicita’.

3. La delega di funzioni non esclude l’obbligo di vigilanza in capo

al datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del

delegato delle funzioni trasferite. La vigilanza si esplica anche

attraverso i sistemi di verifica e controllo di cui all’articolo 30,

comma 4.

Art. 17.

Obblighi del datore di lavoro non delegabili

1. Il datore di lavoro non puo’ delegare le seguenti attivita’:

a) la valutazione di tutti i rischi con la conseguente

elaborazione del documento previsto dall’articolo 28;

b) la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e

protezione dai rischi.

Art. 18.

Obblighi del datore di lavoro e del dirigente



1. Il datore di lavoro, che esercita le attivita’ di cui

all’articolo 3, e i dirigenti, che organizzano e dirigono le stesse

attivita’ secondo le attribuzioni e competenze ad essi conferite,

devono:

a) nominare il medico competente per l’effettuazione della

sorveglianza sanitaria nei casi previsti dal presente decreto

legislativo.

b) designare preventivamente i lavoratori incaricati

dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta

antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo

grave e immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di

gestione dell’emergenza;

c) nell’affidare i compiti ai lavoratori, tenere conto delle

capacita’ e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro

salute e alla sicurezza;

d) fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di

protezione individuale, sentito il responsabile del servizio di

prevenzione e protezione e il medico competente, ove presente;

e) prendere le misure appropriate affinche’ soltanto i lavoratori

che hanno ricevuto adeguate istruzioni e specifico addestramento

accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico;

f) richiedere l’osservanza da parte dei singoli lavoratori delle

norme vigenti, nonche’ delle disposizioni aziendali in materia di

sicurezza e di igiene del lavoro e di uso dei mezzi di protezione

collettivi e dei dispositivi di protezione individuali messi a loro

disposizione;

g) richiedere al medico competente l’osservanza degli obblighi

previsti a suo carico nel presente decreto;

h) adottare le misure per il controllo delle situazioni di

rischio in caso di emergenza e dare istruzioni affinche’ i

lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato ed inevitabile,

abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;

i) informare il piu’ presto possibile i lavoratori esposti al

rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le

disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;

l) adempiere agli obblighi di informazione, formazione e

addestramento di cui agli articoli 36 e 37;

m) astenersi, salvo eccezione debitamente motivata da esigenze di

tutela della salute e sicurezza, dal richiedere ai lavoratori di

riprendere la loro attivita’ in una situazione di lavoro in cui

persiste un pericolo grave e immediato;

n) consentire ai lavoratori di verificare, mediante il

rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, l’applicazione delle

misure di sicurezza e di protezione della salute;

o) consegnare tempestivamente al rappresentante dei lavoratori

per la sicurezza, su richiesta di questi e per l’espletamento della

sua funzione, copia del documento di cui all’articolo 17, comma 1,

lettera a), nonche’ consentire al medesimo rappresentante di accedere

ai dati di cui alla lettera r);

p) elaborare il documento di cui all’articolo 26, comma 3, e, su

richiesta di questi e per l’espletamento della sua funzione,

consegnarne tempestivamente copia ai rappresentanti dei lavoratori

per la sicurezza;

q) prendere appropriati provvedimenti per evitare che le misure

tecniche adottate possano causare rischi per la salute della

popolazione o deteriorare l’ambiente esterno verificando

periodicamente la perdurante assenza di rischio;

r) comunicare all’INAIL, o all’IPSEMA, in relazione alle

rispettive competenze, a fini statistici e informativi, i dati

relativi agli infortuni sul lavoro che comportino un’assenza dal

lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell’evento e, a fini

assicurativi, le informazioni relative agli infortuni sul lavoro che

comportino un’assenza dal lavoro superiore a tre giorni;

s) consultare il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza

nelle ipotesi di cui all’articolo 50;

t) adottare le misure necessarie ai fini della prevenzione

incendi e dell’evacuazione dei luoghi di lavoro, nonche’ per il caso

di pericolo grave e immediato, secondo le disposizioni di cui

all’articolo 43. Tali misure devono essere adeguate alla natura

dell’attivita’, alle dimensioni dell’azienda o dell’unita’

produttiva, e al numero delle persone presenti;

u) nell’ambito dello svolgimento di attivita’ in regime di

appalto e di subappalto, munire i lavoratori di apposita tessera di

riconoscimento, corredata di fotografia, contenente le generalita’

del lavoratore e l’indicazione del datore di lavoro;

v) nelle unita’ produttive con piu’ di 15 lavoratori, convocare

la riunione periodica di cui all’articolo 35;

z) aggiornare le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti

organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e

sicurezza del lavoro, o in relazione al grado di evoluzione della

tecnica della prevenzione e della protezione;

aa) comunicare annualmente all’INAIL i nominativi dei

rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;

bb) vigilare affinche’ i lavoratori per i quali vige l’obbligo di

sorveglianza sanitaria non siano adibiti alla mansione lavorativa

specifica senza il prescritto giudizio di idoneita’.

2. Il datore di lavoro fornisce al servizio di prevenzione e

protezione ed al medico competente informazioni in merito a:

a) la natura dei rischi;

b) l’organizzazione del lavoro, la programmazione e l’attuazione

delle misure preventive e protettive;

c) la descrizione degli impianti e dei processi produttivi;

d) i dati di cui al comma 1, lettera r), e quelli relativi alle

malattie professionali;

e) i provvedimenti adottati dagli organi di vigilanza.

3. Gli obblighi relativi agli interventi strutturali e di

manutenzione necessari per assicurare, ai sensi del presente decreto

legislativo, la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati in uso

a pubbliche amministrazioni o a pubblici uffici, ivi comprese le

istituzioni scolastiche ed educative, restano a carico

dell’amministrazione tenuta, per effetto di norme o convenzioni, alla

loro fornitura e manutenzione. In tale caso gli obblighi previsti dal

presente decreto legislativo, relativamente ai predetti interventi,

si intendono assolti, da parte dei dirigenti o funzionari preposti

agli uffici interessati, con la richiesta del loro adempimento

all’amministrazione competente o al soggetto che ne ha l’obbligo

giuridico.

Art. 19.

Obblighi del preposto



1. In riferimento alle attivita’ indicate all’articolo 3, i

preposti, secondo le loro attribuzioni e competenze, devono:

a) sovrintendere e vigilare sulla osservanza da parte dei singoli

lavoratori dei loro obblighi di legge, nonche’ delle disposizioni

aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei

mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione

individuale messi a loro disposizione e, in caso di persistenza della

inosservanza, informare i loro superiori diretti;

b) verificare affinche’ soltanto i lavoratori che hanno ricevuto

adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un rischio

grave e specifico;

c) richiedere l’osservanza delle misure per il controllo delle

situazioni di rischio in caso di emergenza e dare istruzioni

affinche’ i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato e

inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;

d) informare il piu’ presto possibile i lavoratori esposti al

rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le

disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;

e) astenersi, salvo eccezioni debitamente motivate, dal

richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attivita’ in una

situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato;

f) segnalare tempestivamente al datore di lavoro o al dirigente

sia le deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei

dispositivi di protezione individuale, sia ogni altra condizione di

pericolo che si verifichi durante il lavoro, delle quali venga a

conoscenza sulla base della formazione ricevuta;

g) frequentare appositi corsi di formazione secondo quanto

previsto dall’articolo 37.

Art. 20.

Obblighi dei lavoratori



1. Ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e

sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di

lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni,

conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti

dal datore di lavoro.

2. I lavoratori devono in particolare:

a) contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai

preposti, all’adempimento degli obblighi previsti a tutela della

salute e sicurezza sui luoghi di lavoro;

b) osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore

di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione

collettiva ed individuale;

c) utilizzare correttamente le attrezzature di lavoro, le

sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto, nonche’ i

dispositivi di sicurezza;

d) utilizzare in modo appropriato i dispositivi di protezione

messi a loro disposizione;

e) segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o

al preposto le deficienze dei mezzi e dei dispositivi di cui alle

lettere c) e d), nonche’ qualsiasi eventuale condizione di pericolo

di cui vengano a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di

urgenza, nell’ambito delle proprie competenze e possibilita’ e fatto

salvo l’obbligo di cui alla lettera f) per eliminare o ridurre le

situazioni di pericolo grave e incombente, dandone notizia al

rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;

f) non rimuovere o modificare senza autorizzazione i dispositivi

di sicurezza o di segnalazione o di controllo;

g) non compiere di propria iniziativa operazioni o manovre che

non sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la

sicurezza propria o di altri lavoratori;

h) partecipare ai programmi di formazione e di addestramento

organizzati dal datore di lavoro;

i) sottoporsi ai controlli sanitari previsti dal presente decreto

legislativo o comunque disposti dal medico competente.

3. I lavoratori di aziende che svolgono attivita’ in regime di

appalto o subappalto, devono esporre apposita tessera di

riconoscimento, corredata di fotografia, contenente le generalita’

del lavoratore e l’indicazione del datore di lavoro. Tale obbligo

grava anche in capo ai lavoratori autonomi che esercitano

direttamente la propria attivita’ nel medesimo luogo di lavoro, i

quali sono tenuti a provvedervi per proprio conto.

Art. 21.

Disposizioni relative ai componenti dell’impresa familiare di cui

all’articolo 230-bis del codice civile e ai lavoratori autonomi



1. I componenti dell’impresa familiare di cui all’articolo 230-bis

del codice civile, i lavoratori autonomi che compiono opere o servizi

ai sensi dell’articolo 2222 del codice civile, i piccoli imprenditori

di cui all’articolo 2083 del codice civile e i soci delle societa’

semplici operanti nel settore agricolo devono:

a) utilizzare attrezzature di lavoro in conformita’ alle

disposizioni di cui al titolo III;

b) munirsi di dispositivi di protezione individuale ed

utilizzarli conformemente alle disposizioni di cui al titolo III;

c) munirsi di apposita tessera di riconoscimento corredata di

fotografia, contenente le proprie generalita’, qualora effettuino la

loro prestazione in un luogo di lavoro nel quale si svolgano

attivita’ in regime di appalto o subappalto.

2. I soggetti di cui al comma 1, relativamente ai rischi propri

delle attivita’ svolte e con oneri a proprio carico hanno facolta’

di:

a) beneficiare della sorveglianza sanitaria secondo le previsioni

di cui all’articolo 41, fermi restando gli obblighi previsti da norme

speciali;

b) partecipare a corsi di formazione specifici in materia di

salute e sicurezza sul lavoro, incentrati sui rischi propri delle

attivita’ svolte, secondo le previsioni di cui all’articolo 37, fermi

restando gli obblighi previsti da norme speciali.

Art. 22.

Obblighi dei progettisti



1. I progettisti dei luoghi e dei posti di lavoro e degli impianti

rispettano i principi generali di prevenzione in materia di salute e

sicurezza sul lavoro al momento delle scelte progettuali e tecniche e

scelgono attrezzature, componenti e dispositivi di protezione

rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari in materia.

Art. 23.

Obblighi dei fabbricanti e dei fornitori



1. Sono vietati la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la

concessione in uso di attrezzature di lavoro, dispositivi di

protezione individuali ed impianti non rispondenti alle disposizioni

legislative e regolamentari vigenti in materia di salute e sicurezza

sul lavoro.

2. In caso di locazione finanziaria di beni assoggettati a

procedure di attestazione alla conformita’, gli stessi debbono essere

accompagnati, a cura del concedente, dalla relativa documentazione.

Art. 24.

Obblighi degli installatori



1. Gli installatori e montatori di impianti, attrezzature di lavoro

o altri mezzi tecnici, per la parte di loro competenza, devono

attenersi alle norme di salute e sicurezza sul lavoro, nonche’ alle

istruzioni fornite dai rispettivi fabbricanti.

Art. 25.

Obblighi del medico competente



1. Il medico competente:

a) collabora con il datore di lavoro e con il servizio di

prevenzione e protezione alla valutazione dei rischi, anche ai fini

della programmazione, ove necessario, della sorveglianza sanitaria,

alla predisposizione della attuazione delle misure per la tutela

della salute e della integrita’ psico-fisica dei lavoratori,

all’attivita’ di formazione e informazione nei confronti dei

lavoratori, per la parte di competenza, e alla organizzazione del

servizio di primo soccorso considerando i particolari tipi di

lavorazione ed esposizione e le peculiari modalita’ organizzative del

lavoro. Collabora inoltre alla attuazione e valorizzazione di

programmi volontari di «promozione della salute», secondo i principi

della responsabilita’ sociale;

b) programma ed effettua la sorveglianza sanitaria di cui

all’articolo 41 attraverso protocolli sanitari definiti in funzione

dei rischi specifici e tenendo in considerazione gli indirizzi

scientifici piu’ avanzati;

c) istituisce, anche tramite l’accesso alle cartelle sanitarie e

di rischio, di cui alla lettera f), aggiorna e custodisce, sotto la

propria responsabilita’, una cartella sanitaria e di rischio per ogni

lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria. Nelle aziende o

unita’ produttive con piu’ di 15 lavoratori il medico competente

concorda con il datore di lavoro il luogo di custodia;

d) consegna al datore di lavoro, alla cessazione dell’incarico,

la documentazione sanitaria in suo possesso, nel rispetto delle

disposizioni di cui al decreto legislativo del 30 giugno 2003, n.

196, e con salvaguardia del segreto professionale;

e) consegna al lavoratore, alla cessazione del rapporto di

lavoro, la documentazione sanitaria in suo possesso e gli fornisce le

informazioni riguardo la necessita’ di conservazione;

f) invia all’ISPESL, esclusivamente per via telematica, le

cartelle sanitarie e di rischio nei casi previsti dal presente

decreto legislativo, alla cessazione del rapporto di lavoro, nel

rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 giugno

2003, n. 196. Il lavoratore interessato puo’ chiedere copia delle

predette cartelle all’ISPESL anche attraverso il proprio medico di

medicina generale;

g) fornisce informazioni ai lavoratori sul significato della

sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti e, nel caso di esposizione

ad agenti con effetti a lungo termine, sulla necessita’ di sottoporsi

ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione della attivita’ che

comporta l’esposizione a tali agenti. Fornisce altresi’, a richiesta,

informazioni analoghe ai rappresentanti dei lavoratori per la

sicurezza;

h) informa ogni lavoratore interessato dei risultati della

sorveglianza sanitaria di cui all’articolo 41 e, a richiesta dello

stesso, gli rilascia copia della documentazione sanitaria;

i) comunica per iscritto, in occasione delle riunioni di cui

all’articolo 35, al datore di lavoro, al responsabile del servizio di

prevenzione protezione dai rischi, ai rappresentanti dei lavoratori

per la sicurezza, i risultati anonimi collettivi della sorveglianza

sanitaria effettuata e fornisce indicazioni sul significato di detti

risultati ai fini della attuazione delle misure per la tutela della

salute e della integrita’ psico-fisica dei lavoratori;

l) visita gli ambienti di lavoro almeno una volta all’anno o a

cadenza diversa che stabilisce in base alla valutazione dei rischi;

la indicazione di una periodicita’ diversa dall’annuale deve essere

comunicata al datore di lavoro ai fini della sua annotazione nel

documento di valutazione dei rischi;

m) partecipa alla programmazione del controllo dell’esposizione

dei lavoratori i cui risultati gli sono forniti con tempestivita’ ai

fini della valutazione del rischio e della sorveglianza sanitaria;

n) comunica, mediante autocertificazione, il possesso dei titoli

e requisiti di cui all’articolo 38 al Ministero della salute entro il

termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente

decreto.

Art. 26.

Obblighi connessi ai contratti d’appalto o d’opera o di

somministrazione



1. Il datore di lavoro, in caso di affidamento dei lavori

all’impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi all’interno della

propria azienda, o di una singola unita’ produttiva della stessa,

nonche’ nell’ambito dell’intero ciclo produttivo dell’azienda

medesima:

a) verifica, con le modalita’ previste dal decreto di cui

all’articolo 6, comma 8, lettera g), l’idoneita’ tecnico

professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in

relazione ai lavori da affidare in appalto o mediante contratto

d’opera o di somministrazione. Fino alla data di entrata in vigore

del decreto di cui al periodo che precede, la verifica e’ eseguita

attraverso le seguenti modalita’:

1) acquisizione del certificato di iscrizione alla camera di

commercio, industria e artigianato;

2) acquisizione dell’autocertificazione dell’impresa appaltatrice

o dei lavoratori autonomi del possesso dei requisiti di idoneita’

tecnico professionale, ai sensi dell’articolo 47 del testo unico

delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di

documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della

Repubblica del 28 dicembre 2000, n. 445;

b) fornisce agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui

rischi specifici esistenti nell’ambiente in cui sono destinati ad

operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in

relazione alla propria attivita’.

2. Nell’ipotesi di cui al comma 1, i datori di lavoro, ivi compresi

i subappaltatori:

a) cooperano all’attuazione delle misure di prevenzione e

protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull’attivita’ lavorativa

oggetto dell’appalto;

b) coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai

rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente

anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i

lavori delle diverse imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera

complessiva.

3. Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione ed il

coordinamento di cui al comma 2, elaborando un unico documento di

valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare

o, ove cio’ non e’ possibile, ridurre al minimo i rischi da

interferenze. Tale documento e’ allegato al contratto di appalto o di

opera. Ai contratti stipulati anteriormente al 25 agosto 2007 ed

ancora in corso alla data del 31 dicembre 2008, il documento di cui

al precedente periodo deve essere allegato entro tale ultima data. Le

disposizioni del presente comma non si applicano ai rischi specifici

propri dell’attivita’ delle imprese appaltatrici o dei singoli

lavoratori autonomi.

4. Ferme restando le disposizioni di legge vigenti in materia di

responsabilita’ solidale per il mancato pagamento delle retribuzioni

e dei contributi previdenziali e assicurativi, l’imprenditore

committente risponde in solido con l’appaltatore, nonche’ con

ciascuno degli eventuali subappaltatori, per tutti i danni per i

quali il lavoratore, dipendente dall’appaltatore o dal

subappaltatore, non risulti indennizzato ad opera dell’Istituto

nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL)

o dell’Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA). Le

disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza

dei rischi specifici propri dell’attivita’ delle imprese appaltatrici

o subappaltatrici.

5. Nei singoli contratti di subappalto, di appalto e di

somministrazione, anche qualora in essere al momento della data di

entrata in vigore del presente decreto, di cui agli articoli 1559, ad

esclusione dei contratti di somministrazione di beni e servizi

essenziali, 1655, 1656 e 1677 del codice civile, devono essere

specificamente indicati a pena di nullita’ ai sensi

dell’articolo 1418 del codice civile i costi relativi alla sicurezza

del lavoro con particolare riferimento a quelli propri connessi allo

specifico appalto. Con riferimento ai contratti di cui al precedente

periodo stipulati prima del 25 agosto 2007 i costi della sicurezza

del lavoro devono essere indicati entro il 31 dicembre 2008, qualora

gli stessi contratti siano ancora in corso a tale data. A tali dati

possono accedere, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per

la sicurezza e gli organismi locali delle organizzazioni sindacali

dei lavoratori comparativamente piu’ rappresentative a livello

nazionale.

6. Nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione

dell’anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti

di lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori

sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e

sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla

sicurezza, il quale deve essere specificamente indicato e risultare

congruo rispetto all’entita’ e alle caratteristiche dei lavori, dei

servizi o delle forniture. Ai fini del presente comma il costo del

lavoro e’ determinato periodicamente, in apposite tabelle, dal

Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sulla base dei valori

economici previsti dalla contrattazione collettiva stipulata dai

sindacati comparativamente piu’ rappresentativi, delle norme in

materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori

merceologici e delle differenti aree territoriali. In mancanza di

contratto collettivo applicabile, il costo del lavoro e’ determinato

in relazione al contratto collettivo del settore merceologico piu’

vicino a quello preso in considerazione.

7. Per quanto non diversamente disposto dal decreto legislativo

12 aprile 2006, n. 163, come da ultimo modificate dall’articolo 8,

comma 1, della legge 3 agosto 2007, n. 123, trovano applicazione in

materia di appalti pubblici le disposizioni del presente decreto.

8. Nell’ambito dello svolgimento di attivita’ in regime di appalto

o subappalto, il personale occupato dall’impresa appaltatrice o

subappaltatrice deve essere munito di apposita tessera di

riconoscimento corredata di fotografia, contenente le generalita’ del

lavoratore e l’indicazione del datore di lavoro.

Art. 27.

Sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi



1. Nell’ambito della Commissione di cui all’articolo 6, anche

tenendo conto delle indicazioni provenienti da organismi paritetici,

vengono individuati settori e criteri finalizzati alla definizione di

un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi,

con riferimento alla tutela della salute e sicurezza sul lavoro,

fondato sulla base della specifica esperienza, competenza e

conoscenza, acquisite anche attraverso percorsi formativi mirati.

2. Il possesso dei requisiti per ottenere la qualificazione di cui

al comma 1 costituisce elemento vincolante per la partecipazione alle

gare relative agli appalti e subappalti pubblici e per l’accesso ad

agevolazioni, finanziamenti e contributi a carico della finanza

pubblica, sempre se correlati ai medesimi appalti o subappalti.

Sezione II

Valutazione dei rischi

Art. 28.

Oggetto della valutazione dei rischi



1. La valutazione di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a),

anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o

dei preparati chimici impiegati, nonche’ nella sistemazione dei

luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e

la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di

lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli

collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti

dell’accordo europeo dell’8 ottobre 2004, e quelli riguardanti le

lavoratrici in stato di gravidanza, secondo quanto previsto dal

decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nonche’ quelli connessi

alle differenze di genere, all’eta’, alla provenienza da altri Paesi.

2. Il documento di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a),

redatto a conclusione della valutazione, deve avere data certa e

contenere:

a) una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la

sicurezza e la salute durante l’attivita’ lavorativa, nella quale

siano specificati i criteri adottati per la valutazione stessa;

b) l’indicazione delle misure di prevenzione e di protezione

attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati, a

seguito della valutazione di cui all’articolo 17, comma 1,

lettera a);

c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il

miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza;

d) l’individuazione delle procedure per l’attuazione delle misure

da realizzare, nonche’ dei ruoli dell’organizzazione aziendale che vi

debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti

in possesso di adeguate competenze e poteri;

e) l’indicazione del nominativo del responsabile del servizio di

prevenzione e protezione, del rappresentante dei lavoratori per la

sicurezza o di quello territoriale e del medico competente che ha

partecipato alla valutazione del rischio;

f) l’individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i

lavoratori a rischi specifici che richiedono una riconosciuta

capacita’ professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e

addestramento.

3. Il contenuto del documento di cui al comma 2 deve altresi’

rispettare le indicazioni previste dalle specifiche norme sulla

valutazione dei rischi contenute nei successivi titoli del presente

decreto.

Art. 29.

Modalita’ di effettuazione della valutazione dei rischi



1. Il datore di lavoro effettua la valutazione ed elabora il

documento di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), in

collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e

protezione e il medico competente, nei casi di cui all’articolo 41.

2. Le attivita’ di cui al comma 1 sono realizzate previa

consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.

3. La valutazione e il documento di cui al comma 1 debbono essere

rielaborati, nel rispetto delle modalita’ di cui ai commi 1 e 2, in

occasione di modifiche del processo produttivo o dell’organizzazione

del lavoro significative ai fini della salute e della sicurezza dei

lavoratori, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica,

della prevenzione e della protezione o a seguito di infortuni

significativi o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne

evidenzino la necessita’. A seguito di tale rielaborazione, le misure

di prevenzione debbono essere aggiornate.

4. Il documento di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), e

quello di cui all’articolo 26, comma 3, devono essere custoditi

presso l’unita’ produttiva alla quale si riferisce la valutazione dei

rischi.

5. I datori di lavoro che occupano fino a 10 lavoratori effettuano

la valutazione dei rischi di cui al presente articolo sulla base

delle procedure standardizzate di cui all’articolo 6, comma 8,

lettera f). Fino alla scadenza del diciottesimo mese successivo alla

data di entrata in vigore del decreto interministeriale di cui

all’articolo 6, comma 8, lettera f), e, comunque, non oltre il

30 giugno 2012, gli stessi datori di lavoro possono autocertificare

l’effettuazione della valutazione dei rischi. Quanto previsto nel

precedente periodo non si applica alle attivita’ di cui

all’articolo 31, comma 6, lettere a), b), c), d) nonche g).

6. I datori di lavoro che occupano fino a 50 lavoratori possono

effettuare la valutazione dei rischi sulla base delle procedure

standardizzate di cui all’articolo 6, comma 8, lettera f). Nelle more

dell’elaborazione di tali procedure trovano applicazione le

disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3, e 4.

7. Le disposizioni di cui al comma 6 non si applicano alle

attivita’ svolte nelle seguenti aziende:

a) aziende di cui all’articolo 31, comma 6,

lettere a), b), c), d), f) e g);

b) aziende in cui si svolgono attivita’ che espongono i

lavoratori a rischi chimici, biologici, da atmosfere esplosive,

cancerogeni mutageni, connessi all’esposizione ad amianto;

c) aziende che rientrano nel campo di applicazione del titolo IV

del presente decreto.

Art. 30.

Modelli di organizzazione e di gestione



1. Il modello di organizzazione e di gestione idoneo ad avere

efficacia esimente della responsabilita’ amministrativa delle persone

giuridiche, delle societa’ e delle associazioni anche prive di

personalita’ giuridica di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001,

n. 231, deve essere adottato ed efficacemente attuato, assicurando un

sistema aziendale per l’adempimento di tutti gli obblighi giuridici

relativi:

a) al rispetto degli standard tecnico-strutturali di legge

relativi a attrezzature, impianti, luoghi di lavoro, agenti chimici,

fisici e biologici;

b) alle attivita’ di valutazione dei rischi e di predisposizione

delle misure di prevenzione e protezione conseguenti;

c) alle attivita’ di natura organizzativa, quali emergenze, primo

soccorso, gestione degli appalti, riunioni periodiche di sicurezza,

consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;

d) alle attivita’ di sorveglianza sanitaria;

e) alle attivita’ di informazione e formazione dei lavoratori;

f) alle attivita’ di vigilanza con riferimento al rispetto delle

procedure e delle istruzioni di lavoro in sicurezza da parte dei

lavoratori;

g) alla acquisizione di documentazioni e certificazioni

obbligatorie di legge;

h) alle periodiche verifiche dell’applicazione e dell’efficacia

delle procedure adottate.

2. Il modello organizzativo e gestionale di cui al comma 1 deve

prevedere idonei sistemi di registrazione dell’avvenuta effettuazione

delle attivita’ di cui al comma 1.

3. Il modello organizzativo deve in ogni caso prevedere, per quanto

richiesto dalla natura e dimensioni dell’organizzazione e dal tipo di

attivita’ svolta, un’articolazione di funzioni che assicuri le

competenze tecniche e i poteri necessari per la verifica,

valutazione, gestione e controllo del rischio, nonche’ un sistema

disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure

indicate nel modello.

4. Il modello organizzativo deve altresi’ prevedere un idoneo

sistema di controllo sull’attuazione del medesimo modello e sul

mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneita’ delle misure

adottate. Il riesame e l’eventuale modifica del modello organizzativo

devono essere adottati, quando siano scoperte violazioni

significative delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e

all’igiene sul lavoro, ovvero in occasione di mutamenti

nell’organizzazione e nell’attivita’ in relazione al progresso

scientifico e tecnologico.

5. In sede di prima applicazione, i modelli di organizzazione

aziendale definiti conformemente alle Linee guida UNI-INAIL per un

sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro (SGSL) del

28 settembre 2001 o al British Standard OHSAS 18001:2007 si presumono

conformi ai requisiti di cui al presente articolo per le parti

corrispondenti. Agli stessi fini ulteriori modelli di organizzazione

e gestione aziendale possono essere indicati dalla Commissione di cui

all’articolo 6.

6. L’adozione del modello di organizzazione e di gestione di cui al

presente articolo nelle imprese fino a 50 lavoratori rientra tra le

attivita’ finanziabili ai sensi dell’articolo 11.

Sezione III

Servizio di prevenzione e protezione

Art. 31.

Servizio di prevenzione e protezione



1. Salvo quanto previsto dall’articolo 34, il datore di lavoro

organizza il servizio di prevenzione e protezione all’interno della

azienda o della unita’ produttiva, o incarica persone o servizi

esterni costituiti anche presso le associazioni dei datori di lavoro

o gli organismi paritetici, secondo le regole di cui al presente

articolo.

2. Gli addetti e i responsabili dei servizi, interni o esterni, di

cui al comma 1, devono possedere le capacita’ e i requisiti

professionali di cui all’articolo 32, devono essere in numero

sufficiente rispetto alle caratteristiche dell’azienda e disporre di

mezzi e di tempo adeguati per lo svolgimento dei compiti loro

assegnati. Essi non possono subire pregiudizio a causa della

attivita’ svolta nell’espletamento del proprio incarico.

3. Nell’ipotesi di utilizzo di un servizio interno, il datore di

lavoro puo’ avvalersi di persone esterne alla azienda in possesso

delle conoscenze professionali necessarie, per integrare, ove

occorra, l’azione di prevenzione e protezione del servizio.

4. Il ricorso a persone o servizi esterni e’ obbligatorio in

assenza di dipendenti che, all’interno dell’azienda ovvero

dell’unita’ produttiva, siano in possesso dei requisiti di cui

all’articolo 32.

5. Ove il datore di lavoro ricorra a persone o servizi esterni non

e’ per questo esonerato dalla propria responsabilita’ in materia.

6. L’istituzione del servizio di prevenzione e protezione

all’interno dell’azienda, ovvero dell’unita’ produttiva, e’ comunque

obbligatoria nei seguenti casi:

a) nelle aziende industriali di cui all’articolo 2 del decreto

legislativo 17 agosto 1999, n. 334, e successive modificazioni,

soggette all’obbligo di notifica o rapporto, ai sensi degli

articoli 6 e 8 del medesimo decreto;

b) nelle centrali termoelettriche;

c) negli impianti ed installazioni di cui agli articoli 7, 28 e

33 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e successive

modificazioni;

d) nelle aziende per la fabbricazione ed il deposito separato di

esplosivi, polveri e munizioni;

e) nelle aziende industriali con oltre 200 lavoratori;

f) nelle industrie estrattive con oltre 50 lavoratori;

g) nelle strutture di ricovero e cura pubbliche e private con

oltre 50 lavoratori.

7. Nelle ipotesi di cui al comma 6 il responsabile del servizio di

prevenzione e protezione deve essere interno.

8. Nei casi di aziende con piu’ unita’ produttive nonche’ nei casi

di gruppi di imprese, puo’ essere istituito un unico servizio di

prevenzione e protezione. I datori di lavoro possono rivolgersi a

tale struttura per l’istituzione del servizio e per la designazione

degli addetti e del responsabile.

Art. 32.

Capacita’ e requisiti professionali degli addetti e dei responsabili

dei servizi di prevenzione e protezione interni ed esterni



1. Le capacita’ ed i requisiti professionali dei responsabili e

degli addetti ai servizi di prevenzione e protezione interni o

esterni devono essere adeguati alla natura dei rischi presenti sul

luogo di lavoro e relativi alle attivita’ lavorative.

2. Per lo svolgimento delle funzioni da parte dei soggetti di cui

al comma 1, e’ necessario essere in possesso di un titolo di studio

non inferiore al diploma di istruzione secondaria superiore nonche’

di un attestato di frequenza, con verifica dell’apprendimento, a

specifici corsi di formazione adeguati alla natura dei rischi

presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attivita’ lavorative.

Per lo svolgimento della funzione di responsabile del servizio

prevenzione e protezione, oltre ai requisiti di cui al precedente

periodo, e’ necessario possedere un attestato di frequenza, con

verifica dell’apprendimento, a specifici corsi di formazione in

materia di prevenzione e protezione dei rischi, anche di natura

ergonomica e da stress lavoro-correlato di cui all’articolo 28,

comma 1, di organizzazione e gestione delle attivita’ tecnico

amministrative e di tecniche di comunicazione in azienda e di

relazioni sindacali. I corsi di cui ai periodi precedenti devono

rispettare in ogni caso quanto previsto dall’accordo sancito il

26 gennaio 2006 in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra

lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,

pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 37 del 14 febbraio 2006, e

successive modificazioni.

3. Possono altresi’ svolgere le funzioni di responsabile o addetto

coloro che, pur non essendo in possesso del titolo di studio di cui

al comma 2, dimostrino di aver svolto una delle funzioni richiamate,

professionalmente o alle dipendenze di un datore di lavoro, almeno da

sei mesi alla data del 13 agosto 2003 previo svolgimento dei corsi

secondo quanto previsto dall’accordo di cui al comma 2.

4. I corsi di formazione di cui al comma 2 sono organizzati dalle

regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, dalle

universita’, dall’ISPESL, dall’INAIL, o dall’IPSEMA per la parte di

relativa competenza, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco

dall’amministrazione della Difesa, dalla Scuola superiore della

pubblica amministrazione e dalle altre Scuole superiori delle singole

amministrazioni, dalle associazioni sindacali dei datori di lavoro o

dei lavoratori o dagli organismi paritetici, nonche’ dai soggetti di

cui al punto 4 dell’accordo di cui al comma 2 nel rispetto dei limiti

e delle specifiche modalita’ ivi previste. Ulteriori soggetti

formatori possono essere individuati in sede di Conferenza permanente

per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di

Trento e di Bolzano.

5. Coloro che sono in possesso di laurea in una delle seguenti

classi: L7, L8, L9, L17, L23, di cui al decreto del Ministro

dell’universita’ e della ricerca in data 16 marzo 2007, pubblicato

nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 155 del 6 luglio 2007, o nelle

classi 8, 9, 10, 4, di cui al decreto del Ministro dell’universita’ e

della ricerca scientifica e tecnologica in data 4 agosto 2000,

pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 245 del 19 ottobre

2000, ovvero nella classe 4 di cui al decreto del Ministro

dell’universita’ e della ricerca scientifica e tecnologica in data

2 aprile 2001, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 128 del

5 giugno 2001, ovvero di altre lauree riconosciute corrispondenti ai

sensi della normativa vigente, sono esonerati dalla frequenza ai

corsi di formazione di cui al comma 2, primo periodo. Ulteriori

titoli di studio possono essere individuati in sede di Conferenza

permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province

autonome di Trento e di Bolzano.

6. I responsabili e gli addetti dei servizi di prevenzione e

protezione sono tenuti a frequentare corsi di aggiornamento secondo

gli indirizzi definiti nell’accordo Stato-regioni di cui al comma 2.

E’ fatto salvo quanto previsto dall’articolo 34.

7. Le competenze acquisite a seguito dello svolgimento delle

attivita’ di formazione di cui al presente articolo nei confronti dei

componenti del servizio interno sono registrate nel libretto

formativo del cittadino di cui all’articolo 2, comma 1, lettera i),

del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive

modificazioni.

8. Negli istituti di istruzione, di formazione professionale e

universitari e nelle istituzioni dell’alta formazione artistica e

coreutica, il datore di lavoro che non opta per lo svolgimento

diretto dei compiti propri del servizio di prevenzione e protezione

dei rischi designa il responsabile del servizio di prevenzione e

protezione, individuandolo tra:

a) il personale interno all’unita’ scolastica in possesso dei

requisiti di cui al presente articolo che si dichiari a tal fine

disponibile;

b) il personale interno ad una unita’ scolastica in possesso dei

requisiti di cui al presente articolo che si dichiari disponibile ad

operare in una pluralita’ di istituti.

9. In assenza di personale di cui alle lettere a) e b) del comma 8,

gruppi di istituti possono avvalersi in maniera comune dell’opera di

un unico esperto esterno, tramite stipula di apposita convenzione, in

via prioritaria con gli enti locali proprietari degli edifici

scolastici e, in via subordinata, con enti o istituti specializzati

in materia di salute e sicurezza sul lavoro o con altro esperto

esterno libero professionista.

10. Nei casi di cui al comma 8 il datore di lavoro che si avvale di

un esperto esterno per ricoprire l’incarico di responsabile del

servizio deve comunque organizzare un servizio di prevenzione e

protezione con un adeguato numero di addetti.

Art. 33.

Compiti del servizio di prevenzione e protezione



1. Il servizio di prevenzione e protezione dai rischi professionali

provvede:

a) all’individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione

dei rischi e all’individuazione delle misure per la sicurezza e la

salubrita’ degli ambienti di lavoro, nel rispetto della normativa

vigente sulla base della specifica conoscenza dell’organizzazione

aziendale;

b) ad elaborare, per quanto di competenza, le misure preventive e

protettive di cui all’articolo 28, comma 2, e i sistemi di controllo

di tali misure;

c) ad elaborare le procedure di sicurezza per le varie attivita’

aziendali;

d) a proporre i programmi di informazione e formazione dei

lavoratori;

e) a partecipare alle consultazioni in materia di tutela della

salute e sicurezza sul lavoro, nonche’ alla riunione periodica di cui

all’articolo 35;

f) a fornire ai lavoratori le informazioni di cui

all’articolo 36.

2. I componenti del servizio di prevenzione e protezione sono

tenuti al segreto in ordine ai processi lavorativi di cui vengono a

conoscenza nell’esercizio delle funzioni di cui al presente decreto

legislativo.

3. Il servizio di prevenzione e protezione e’ utilizzato dal datore

di lavoro.

Art. 34.

Svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di

prevenzione e protezione dai rischi



1. Salvo che nei casi di cui all’articolo 31, comma 6, il datore di

lavoro puo’ svolgere direttamente i compiti propri del servizio di

prevenzione e protezione dai rischi, di primo soccorso, nonche’ di

prevenzione incendi e di evacuazione, nelle ipotesi previste

nell’allegato 2 dandone preventiva informazione al rappresentante dei

lavoratori per la sicurezza ed alle condizioni di cui ai

commi successivi.

2. Il datore di lavoro che intende svolgere i compiti di cui al

comma 1, deve frequentare corsi di formazione, di durata minima di 16

ore e massima di 48 ore, adeguati alla natura dei rischi presenti sul

luogo di lavoro e relativi alle attivita’ lavorative, nel rispetto

dei contenuti e delle articolazioni definiti mediante accordo in sede

di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le

province autonome di Trento e di Bolzano, entro il termine di dodici

mesi dall’entrata in vigore del presente decreto legislativo. Fino

alla pubblicazione dell’accordo di cui al periodo precedente,

conserva validita’ la formazione effettuata ai sensi dell’articolo 3

del decreto ministeriale 16 gennaio 1997, il cui contenuto e’

riconosciuto dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,

le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano in sede di

definizione dell’accordo di cui al periodo precedente.

3. Il datore di lavoro che svolge i compiti di cui al comma 1 e’

altresi’ tenuto a frequentare corsi di aggiornamento nel rispetto di

quanto previsto nell’accordo di cui al precedente comma. L’obbligo di

cui al precedente periodo si applica anche a coloro che abbiano

frequentato i corsi di cui all’articolo 3 del decreto ministeriale

16 gennaio 1997 e agli esonerati dalla frequenza dei corsi, ai sensi

dell’articolo 95 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626.

Art. 35.

Riunione periodica



1. Nelle aziende e nelle unita’ produttive che occupano piu’ di 15

lavoratori, il datore di lavoro, direttamente o tramite il servizio

di prevenzione e protezione dai rischi, indice almeno una volta

all’anno una riunione cui partecipano:

a) il datore di lavoro o un suo rappresentante;

b) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai

rischi;

c) il medico competente, ove nominato;

d) il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.

2. Nel corso della riunione il datore di lavoro sottopone all’esame

dei partecipanti:

a) il documento di valutazione dei rischi;

b) l’andamento degli infortuni e delle malattie professionali e

della sorveglianza sanitaria;

c) i criteri di scelta, le caratteristiche tecniche e l’efficacia

dei dispositivi di protezione individuale;

d) i programmi di informazione e formazione dei dirigenti, dei

preposti e dei lavoratori ai fini della sicurezza e della protezione

della loro salute.

3. Nel corso della riunione possono essere individuati:

a) codici di comportamento e buone prassi per prevenire i rischi

di infortuni e di malattie professionali;

b) obiettivi di miglioramento della sicurezza complessiva sulla

base delle linee guida per un sistema di gestione della salute e

sicurezza sul lavoro.

4. La riunione ha altresi’ luogo in occasione di eventuali

significative variazioni delle condizioni di esposizione al rischio,

compresa la programmazione e l’introduzione di nuove tecnologie che

hanno riflessi sulla sicurezza e salute dei lavoratori. Nelle ipotesi

di cui al presente articolo, nelle unita’ produttive che occupano

fino a 15 lavoratori e’ facolta’ del rappresentante dei lavoratori

per la sicurezza chiedere la convocazione di un’apposita riunione.

5. Della riunione deve essere redatto un verbale che e’ a

disposizione dei partecipanti per la sua consultazione.

Sezione IV

Formazione, informazione e addestramento

Art. 36.

Informazione ai lavoratori



1. Il datore di lavoro provvede affinche’ ciascun lavoratore riceva

una adeguata informazione:

a) sui rischi per la salute e sicurezza sul lavoro connessi alla

attivita’ della impresa in generale;

b) sulle procedure che riguardano il primo soccorso, la lotta

antincendio, l’evacuazione dei luoghi di lavoro;

c) sui nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le

misure di cui agli articoli 45 e 46;

d) sui nominativi del responsabile e degli addetti del servizio

di prevenzione e protezione, e del medico competente.

2. Il datore di lavoro provvede altresi’ affinche’ ciascun

lavoratore riceva una adeguata informazione:

a) sui rischi specifici cui e’ esposto in relazione all’attivita’

svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in

materia;

b) sui pericoli connessi all’uso delle sostanze e dei preparati

pericolosi sulla base delle schede dei dati di sicurezza previste

dalla normativa vigente e dalle norme di buona tecnica;

c) sulle misure e le attivita’ di protezione e prevenzione

adottate.

3. Il datore di lavoro fornisce le informazioni di cui al comma 1,

lettera a), e al comma 2, lettere a), b) e c), anche ai lavoratori di

cui all’articolo 3, comma 9.

4. Il contenuto della informazione deve essere facilmente

comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le

relative conoscenze. Ove la informazione riguardi lavoratori

immigrati, essa avviene previa verifica della comprensione della

lingua utilizzata nel percorso informativo.

Art. 37.

Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti

1. Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una

formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza,

anche rispetto alle conoscenze linguistiche, con particolare

riferimento a:

a) concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione,

organizzazione della prevenzione aziendale, diritti e doveri dei vari

soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza;

b) rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle

conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione

caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell’azienda.

2. La durata, i contenuti minimi e le modalita’ della formazione di

cui al comma 1 sono definiti mediante accordo in sede di Conferenza

permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province

autonome di Trento e di Bolzano adottato, previa consultazione delle

parti sociali, entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata

in vigore del presente decreto legislativo.

3. Il datore di lavoro assicura, altresi’, che ciascun lavoratore

riceva una formazione sufficiente ed adeguata in merito ai rischi

specifici di cui ai titoli del presente decreto successivi al I.

Ferme restando le disposizioni gia’ in vigore in materia, la

formazione di cui al periodo che precede e’ definita mediante

l’accordo di cui al comma 2.

4. La formazione e, ove previsto, l’addestramento specifico devono

avvenire in occasione:

a) della costituzione del rapporto di lavoro o dell’inizio

dell’utilizzazione qualora si tratti di somministrazione di lavoro;

b) del trasferimento o cambiamento di mansioni;

c) della introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove

tecnologie, di nuove sostanze e preparati pericolosi.

5. L’addestramento viene effettuato da persona esperta e sul luogo

di lavoro.

6. La formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti deve

essere periodicamente ripetuta in relazione all’evoluzione dei rischi

o all’insorgenza di nuovi rischi.

7. I preposti ricevono a cura del datore di lavoro e in azienda,

un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in

relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza del

lavoro. I contenuti della formazione di cui al presente

comma comprendono:

a) principali soggetti coinvolti e i relativi obblighi;

b) definizione e individuazione dei fattori di rischio;

c) valutazione dei rischi;

d) individuazione delle misure tecniche, organizzative e

procedurali di prevenzione e protezione.

8. I soggetti di cui all’articolo 21, comma 1, possono avvalersi

dei percorsi formativi appositamente definiti, tramite l’accordo di

cui al comma 2, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra

lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

9. I lavoratori incaricati dell’attivita’ di prevenzione incendi e

lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di

pericolo grave ed immediato, di salvataggio, di primo soccorso e,

comunque, di gestione dell’emergenza devono ricevere un’adeguata e

specifica formazione e un aggiornamento periodico; in attesa

dell’emanazione delle disposizioni di cui al comma 3

dell’articolo 46, continuano a trovare applicazione le disposizioni

di cui al decreto del Ministro dell’interno in data 10 marzo 1998,

pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 81 del 7 aprile 1998,

attuativo dell’articolo 13 del decreto legislativo 19 settembre 1994,

n. 626.

10. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ha diritto ad

una formazione particolare in materia di salute e sicurezza

concernente i rischi specifici esistenti negli ambiti in cui esercita

la propria rappresentanza, tale da assicurargli adeguate competenze

sulle principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi

stessi.

11. Le modalita’, la durata e i contenuti specifici della

formazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza sono

stabiliti in sede di contrattazione collettiva nazionale, nel

rispetto dei seguenti contenuti minimi: a) principi giuridici

comunitari e nazionali; b) legislazione generale e speciale in

materia di salute e sicurezza sul lavoro; c) principali soggetti

coinvolti e i relativi obblighi; d) definizione e individuazione dei

fattori di rischio; e) valutazione dei rischi; f) individuazione

delle misure tecniche, organizzative e procedurali di prevenzione e

protezione; g) aspetti normativi dell’attivita’ di rappresentanza dei

lavoratori; h) nozioni di tecnica della comunicazione. La durata

minima dei corsi e’ di 32 ore iniziali, di cui 12 sui rischi

specifici presenti in azienda e le conseguenti misure di prevenzione

e protezione adottate, con verifica di apprendimento. La

contrattazione collettiva nazionale disciplina le modalita’

dell’obbligo di aggiornamento periodico, la cui durata non puo’

essere inferiore a 4 ore annue per le imprese che occupano dai 15 ai

50 lavoratori e a 8 ore annue per le imprese che occupano piu’ di 50

lavoratori.

12. La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti

deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici di cui

all’articolo 50 ove presenti, durante l’orario di lavoro e non puo’

comportare oneri economici a carico dei lavoratori.

13. Il contenuto della formazione deve essere facilmente

comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le

conoscenze e competenze necessarie in materia di salute e sicurezza

sul lavoro. Ove la formazione riguardi lavoratori immigrati, essa

avviene previa verifica della comprensione e conoscenza della lingua

veicolare utilizzata nel percorso formativo.

14. Le competenze acquisite a seguito dello svolgimento delle

attivita’ di formazione di cui al presente decreto sono registrate

nel libretto formativo del cittadino di cui all’articolo 2, comma 1,

lettera i), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e

successive modificazioni. Il contenuto del libretto formativo e’

considerato dal datore di lavoro ai fini della programmazione della

formazione e di esso gli organi di vigilanza tengono conto ai fini

della verifica degli obblighi di cui al presente decreto.

Sezione V

Sorveglianza sanitaria

Art. 38.

Titoli e requisiti del medico competente



1. Per svolgere le funzioni di medico competente e’ necessario

possedere uno dei seguenti titoli o requisiti:

a) specializzazione in medicina del lavoro o in medicina

preventiva dei lavoratori e psicotecnica;

b) docenza in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei

lavoratori e psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene

industriale o in fisiologia e igiene del lavoro o in clinica del

lavoro;

c) autorizzazione di cui all’articolo 55 del decreto legislativo

15 agosto 1991, n. 277;

d) specializzazione in igiene e medicina preventiva o in medicina

legale.

2. I medici in possesso dei titoli di cui al comma 1, lettera d),

sono tenuti a frequentare appositi percorsi formativi universitari da

definire con apposito decreto del Ministero dell’universita’ e della

ricerca di concerto con il Ministero della salute. I soggetti di cui

al precedente periodo i quali, alla data di entrata in vigore del

presente decreto, svolgano le attivita’ di medico competente o

dimostrino di avere svolto tali attivita’ per almeno un anno

nell’arco dei tre anni anteriori all’entrata in vigore del presente

decreto legislativo, sono abilitati a svolgere le medesime funzioni.

A tal fine sono tenuti a produrre alla Regione attestazione del

datore di lavoro comprovante l’espletamento di tale attivita’.

3. Per lo svolgimento delle funzioni di medico competente e’

altresi’ necessario partecipare al programma di educazione continua

in medicina ai sensi del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229,

e successive modificazioni e integrazioni, a partire dal programma

triennale successivo all’entrata in vigore del presente decreto

legislativo. I crediti previsti dal programma triennale dovranno

essere conseguiti nella misura non inferiore al 70 per cento del

totale nella disciplina «medicina del lavoro e sicurezza degli

ambienti di lavoro».

4. I medici in possesso dei titoli e dei requisiti di cui al

presente articolo sono iscritti nell’elenco dei medici competenti

istituito presso il Ministero della salute.

Art. 39.

Svolgimento dell’attivita’ di medico competente



1. L’attivita’ di medico competente e’ svolta secondo i principi

della medicina del lavoro e del codice etico della Commissione

internazionale di salute occupazionale (ICOH).

2. Il medico competente svolge la propria opera in qualita’ di:

a) dipendente o collaboratore di una struttura esterna pubblica o

privata, convenzionata con l’imprenditore;

b) libero professionista;

c) dipendente del datore di lavoro.

3. Il dipendente di una struttura pubblica, assegnato agli uffici

che svolgono attivita’ di vigilanza, non puo’ prestare, ad alcun

titolo e in alcuna parte del territorio nazionale, attivita’ di

medico competente.

4. Il datore di lavoro assicura al medico competente le condizioni

necessarie per lo svolgimento di tutti i suoi compiti garantendone

l’autonomia.

5. Il medico competente puo’ avvalersi, per accertamenti

diagnostici, della collaborazione di medici specialisti scelti in

accordo con il datore di lavoro che ne sopporta gli oneri.

6. Nei casi di aziende con piu’ unita’ produttive, nei casi di

gruppi d’imprese nonche’ qualora la valutazione dei rischi ne

evidenzi la necessita’, il datore di lavoro puo’ nominare piu’ medici

competenti individuando tra essi un medico con funzioni di

coordinamento.

Art. 40.

Rapporti del medico competente con il Servizio sanitario nazionale



1. Entro il primo trimestre dell’anno successivo all’anno di

riferimento il medico competente trasmette, esclusivamente per via

telematica, ai servizi competenti per territorio le informazioni,

elaborate evidenziando le differenze di genere, relative ai dati

aggregati sanitari e di rischio dei lavoratori, sottoposti a

sorveglianza sanitaria secondo il modello in allegato 3B.

2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano

trasmettono le informazioni di cui al comma 1, aggregate dalle

aziende sanitarie locali, all’ISPESL.

Art. 41.

Sorveglianza sanitaria



1. La sorveglianza sanitaria e’ effettuata dal medico competente:

a) nei casi previsti dalla normativa vigente, dalle direttive

europee nonche’ dalle indicazioni fornite dalla Commissione

consultiva di cui all’articolo 6;

b) qualora il lavoratore ne faccia richiesta e la stessa sia

ritenuta dal medico competente correlata ai rischi lavorativi.

2. La sorveglianza sanitaria comprende:

a) visita medica preventiva intesa a constatare l’assenza di

controindicazioni al lavoro cui il lavoratore e’ destinato al fine di

valutare la sua idoneita’ alla mansione specifica;

b) visita medica periodica per controllare lo stato di salute dei

lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneita’ alla mansione

specifica. La periodicita’ di tali accertamenti, qualora non prevista

dalla relativa normativa, viene stabilita, di norma, in una volta

l’anno. Tale periodicita’ puo’ assumere cadenza diversa, stabilita

dal medico competente in funzione della valutazione del rischio.

L’organo di vigilanza, con provvedimento motivato, puo’ disporre

contenuti e periodicita’ della sorveglianza sanitaria differenti

rispetto a quelli indicati dal medico competente;

c) visita medica su richiesta del lavoratore, qualora sia

ritenuta dal medico competente correlata ai rischi professionali o

alle sue condizioni di salute, suscettibili di peggioramento a causa

dell’attivita’ lavorativa svolta, al fine di esprimere il giudizio di

idoneita’ alla mansione specifica;

d) visita medica in occasione del cambio della mansione onde

verificare l’idoneita’ alla mansione specifica;

e) visita medica alla cessazione del rapporto di lavoro nei casi

previsti dalla normativa vigente.

3. Le visite mediche di cui al comma 2 non possono essere

effettuate:

a) in fase preassuntiva;

b) per accertare stati di gravidanza;

c) negli altri casi vietati dalla normativa vigente.

4. Le visite mediche di cui al comma 2, a cura e spese del datore

di lavoro, comprendono gli esami clinici e biologici e indagini

diagnostiche mirati al rischio ritenuti necessari dal medico

competente. Nei casi ed alle condizioni previste dall’ordinamento, le

visite di cui al comma 2, lettere a), b) e d) sono altresi’

finalizzate alla verifica di assenza di condizioni di alcol

dipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti.

5. Gli esiti della visita medica devono essere allegati alla

cartella sanitaria e di rischio di cui all’articolo 25, comma 1,

lettera c), secondo i requisiti minimi contenuti nell’Allegato 3A e

predisposta su formato cartaceo o informatizzato, secondo quanto

previsto dall’articolo 53.

6. Il medico competente, sulla base delle risultanze delle visite

mediche di cui al comma 2, esprime uno dei seguenti giudizi relativi

alla mansione specifica:

a) idoneita’;

b) idoneita’ parziale, temporanea o permanente, con prescrizioni

o limitazioni;

c) inidoneita’ temporanea;

d) inidoneita’ permanente.

7. Nel caso di espressione del giudizio di inidoneita’ temporanea

vanno precisati i limiti temporali di validita’.

8. Dei giudizi di cui al comma 6, il medico competente informa per

iscritto il datore di lavoro e il lavoratore.

9. Avverso i giudizi del medico competente e’ ammesso ricorso,

entro trenta giorni dalla data di comunicazione del giudizio

medesimo, all’organo di vigilanza territorialmente competente che

dispone, dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma, la

modifica o la revoca del giudizio stesso.

Art. 42.

Provvedimenti in caso di inidoneita’ alla mansione specifica



1. Il datore di lavoro, anche in considerazione di quanto disposto

dalla legge 12 marzo 1999, n. 68, in relazione ai giudizi di cui

all’articolo 41, comma 6, attua le misure indicate dal medico

competente e qualora le stesse prevedano un’inidoneita’ alla mansione

specifica adibisce il lavoratore, ove possibile, ad altra mansione

compatibile con il suo stato di salute.

2. Il lavoratore di cui al comma 1 che viene adibito a mansioni

inferiori conserva la retribuzione corrispondente alle mansioni

precedentemente svolte, nonche’ la qualifica originaria. Qualora il

lavoratore venga adibito a mansioni equivalenti o superiori si

applicano le norme di cui all’articolo 2103 del codice civile, fermo

restando quanto previsto dall’articolo 52 del decreto legislativo

30 marzo 2001, n. 165.

Sezione VI

Gestione delle emergenze

Art. 43.

Disposizioni generali



1. Ai fini degli adempimenti di cui all’articolo 18, comma 1,

lettera t), il datore di lavoro:

a) organizza i necessari rapporti con i servizi pubblici

competenti in materia di primo soccorso, salvataggio, lotta

antincendio e gestione dell’emergenza;

b) designa preventivamente i lavoratori di cui all’articolo 18,

comma 1, lettera b);

c) informa tutti i lavoratori che possono essere esposti a un

pericolo grave e immediato circa le misure predisposte e i

comportamenti da adottare;

d) programma gli interventi, prende i provvedimenti e da’

istruzioni affinche’ i lavoratori, in caso di pericolo grave e

immediato che non puo’ essere evitato, possano cessare la loro

attivita’, o mettersi al sicuro, abbandonando immediatamente il luogo

di lavoro;

e) adotta i provvedimenti necessari affinche’ qualsiasi

lavoratore, in caso di pericolo grave ed immediato per la propria

sicurezza o per quella di altre persone e nell’impossibilita’ di

contattare il competente superiore gerarchico, possa prendere le

misure adeguate per evitare le conseguenze di tale pericolo, tenendo

conto delle sue conoscenze e dei mezzi tecnici disponibili.

2. Ai fini delle designazioni di cui al comma 1, lettera b), il

datore di lavoro tiene conto delle dimensioni dell’azienda e dei

rischi specifici dell’azienda o della unita’ produttiva secondo i

criteri previsti nei decreti di cui all’articolo 46.

3. I lavoratori non possono, se non per giustificato motivo,

rifiutare la designazione. Essi devono essere formati, essere in

numero sufficiente e disporre di attrezzature adeguate, tenendo conto

delle dimensioni e dei rischi specifici dell’azienda o dell’unita’

produttiva.

4. Il datore di lavoro deve, salvo eccezioni debitamente motivate,

astenersi dal chiedere ai lavoratori di riprendere la loro attivita’

in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed

immediato.



Art. 44.

Diritti dei lavoratori in caso di pericolo grave e immediato



1. Il lavoratore che, in caso di pericolo grave, immediato e che

non puo’ essere evitato, si allontana dal posto di lavoro o da una

zona pericolosa, non puo’ subire pregiudizio alcuno e deve essere

protetto da qualsiasi conseguenza dannosa.

2. Il lavoratore che, in caso di pericolo grave e immediato e

nell’impossibilita’ di contattare il competente superiore gerarchico,

prende misure per evitare le conseguenze di tale pericolo, non puo’

subire pregiudizio per tale azione, a meno che non abbia commesso una

grave negligenza.

Art. 45.

Primo soccorso



1. Il datore di lavoro, tenendo conto della natura della attivita’

e delle dimensioni dell’azienda o della unita’ produttiva, sentito il

medico competente ove nominato, prende i provvedimenti necessari in

materia di primo soccorso e di assistenza medica di emergenza,

tenendo conto delle altre eventuali persone presenti sui luoghi di

lavoro e stabilendo i necessari rapporti con i servizi esterni, anche

per il trasporto dei lavoratori infortunati.

2. Le caratteristiche minime delle attrezzature di primo soccorso,

i requisiti del personale addetto e la sua formazione, individuati in

relazione alla natura dell’attivita’, al numero dei lavoratori

occupati ed ai fattori di rischio sono individuati dal decreto

ministeriale 15 luglio 2003, n. 388 e dai successivi decreti

ministeriali di adeguamento acquisito il parere della Conferenza

permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province

autonome di Trento e di Bolzano.

3. Con appositi decreti ministeriali, acquisito il parere della

Conferenza permanente, acquisito il parere della Conferenza

permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province

autonome di Trento e di Bolzano, vengono definite le modalita’ di

applicazione in ambito ferroviario del decreto ministeriale 15 luglio

2003, n. 388 e successive modificazioni.

Art. 46.

Prevenzione incendi



1. La prevenzione incendi e’ la funzione di preminente interesse

pubblico, di esclusiva competenza statuale, diretta a conseguire,

secondo criteri applicativi uniformi sul territorio nazionale, gli

obiettivi di sicurezza della vita umana, di incolumita’ delle persone

e di tutela dei beni e dell’ambiente.

2. Nei luoghi di lavoro soggetti al presente decreto legislativo

devono essere adottate idonee misure per prevenire gli incendi e per

tutelare l’incolumita’ dei lavoratori.

3. Fermo restando quanto previsto dal decreto legislativo 8 marzo

2006, n. 139 e dalle disposizioni concernenti la prevenzione incendi

di cui al presente decreto, i Ministri dell’interno, del lavoro e

della previdenza sociale, in relazione ai fattori di rischio,

adottano uno o piu’ decreti nei quali sono definiti:

a) i criteri diretti atti ad individuare:

1) misure intese ad evitare l’insorgere di un incendio ed a

limitarne le conseguenze qualora esso si verifichi;

2) misure precauzionali di esercizio;

3) metodi di controllo e manutenzione degli impianti e delle

attrezzature antincendio;

4) criteri per la gestione delle emergenze;

b) le caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e

protezione antincendio, compresi i requisiti del personale addetto e

la sua formazione.

4. Fino all’adozione dei decreti di cui al comma 3, continuano ad

applicarsi i criteri generali di sicurezza antincendio e per la

gestione delle emergenze nei luoghi di lavoro di cui al decreto del

Ministro dell’interno in data 10 marzo 1998.

5. Al fine di favorire il miglioramento dei livelli di sicurezza

antincendio nei luoghi di lavoro, ed ai sensi dell’articolo 14,

comma 2, lettera h), del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139,

con decreto del Ministro dell’interno sono istituiti, presso ogni

direzione regionale dei vigili del fuoco, dei nuclei specialistici

per l’effettuazione di una specifica attivita’ di assistenza alle

aziende. Il medesimo decreto contiene le procedure per l’espletamento

della attivita’ di assistenza.

6. In relazione ai principi di cui ai commi precedenti, ogni

disposizione contenuta nel presente decreto legislativo, concernente

aspetti di prevenzione incendi, sia per l’attivita’ di disciplina che

di controllo, deve essere riferita agli organi centrali e periferici

del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della

difesa civile, di cui agli articoli 1 e 2 del decreto legislativo

8 marzo 2006, n. 139. Restano ferme le rispettive competenze di cui

all’articolo 13.

7. Le maggiori risorse derivanti dall’espletamento della funzione

di controllo di cui al presente articolo, sono rassegnate al Corpo

nazionale dei vigili per il miglioramento dei livelli di sicurezza

antincendio nei luoghi di lavoro.

Sezione VII

Consultazione e partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori

Art. 47.

Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza



1. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e’ istituito a

livello territoriale o di comparto, aziendale e di sito produttivo.

L’elezione dei rappresentanti per la sicurezza avviene secondo le

modalita’ di cui al comma 6.

2. In tutte le aziende, o unita’ produttive, e’ eletto o designato

il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.

3. Nelle aziende o unita’ produttive che occupano fino a 15

lavoratori il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e’ di

norma eletto direttamente dai lavoratori al loro interno oppure e’

individuato per piu’ aziende nell’ambito territoriale o del comparto

produttivo secondo quanto previsto dall’articolo 48.

4. Nelle aziende o unita’ produttive con piu’ di 15 lavoratori il

rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e’ eletto o designato

dai lavoratori nell’ambito delle rappresentanze sindacali in azienda.

In assenza di tali rappresentanze, il rappresentante e’ eletto dai

lavoratori della azienda al loro interno.

5. Il numero, le modalita’ di designazione o di elezione del

rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, nonche’ il tempo di

lavoro retribuito e gli strumenti per l’espletamento delle funzioni

sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva.

6. L’elezione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza

aziendali, territoriali o di comparto, salvo diverse determinazioni

in sede di contrattazione collettiva, avviene di norma in

corrispondenza della giornata nazionale per la salute e sicurezza sul

lavoro, individuata, nell’ambito della settimana europea per la

salute e sicurezza sul lavoro, con decreto del Ministro del lavoro e

della previdenza sociale di concerto con il Ministro della salute,

sentite le confederazioni sindacali dei datori di lavoro e dei

lavoratori comparativamente piu’ rappresentative sul piano nazionale.

Con il medesimo decreto sono disciplinate le modalita’ di attuazione

del presente comma.

7. In ogni caso il numero minimo dei rappresentanti di cui al

comma 2 e’ il seguente: a) un rappresentante nelle aziende ovvero

unita’ produttive sino a 200 lavoratori; b) tre rappresentanti nelle

aziende ovvero unita’ produttive da 201 a 1.000 lavoratori; c) sei

rappresentanti in tutte le altre aziende o unita’ produttive oltre i

1.000 lavoratori. In tali aziende il numero dei rappresentanti e’

aumentato nella misura individuata dagli accordi interconfederali o

dalla contrattazione collettiva.

8. Qualora non si proceda alle elezioni previste dai commi 3 e 4,

le funzioni di rappresentante dei lavoratori per la sicurezza sono

esercitate dai rappresentanti di cui agli articoli 48 e 49, salvo

diverse intese tra le associazioni sindacali dei lavoratori e dei

datori di lavoro comparativamente piu’ rappresentative sul piano

nazionale.

Art. 48.

Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale



1. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale

di cui all’articolo 47, comma 3, esercita le competenze del

rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di cui all’articolo 50

e i termini e con le modalita’ ivi previste con riferimento a tutte

le aziende o unita’ produttive del territorio o del comparto di

competenza nelle quali non sia stato eletto o designato il

rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.

2. Le modalita’ di elezione o designazione del rappresentante di

cui al comma 1 sono individuate dagli accordi collettivi nazionali,

interconfederali o di categoria, stipulati dalle associazioni dei

datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente piu’

rappresentative sul piano nazionale. In mancanza dei predetti

accordi, le modalita’ di elezione o designazione sono individuate con

decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentite

le associazioni di cui al presente comma.

3. Tutte le aziende o unita’ produttive nel cui ambito non e’ stato

eletto o designato il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza

partecipano al Fondo di cui all’articolo 52.

4. Per l’esercizio delle proprie attribuzioni, il rappresentante

dei lavoratori per la sicurezza territoriale accede ai luoghi di

lavoro nel rispetto delle modalita’ e del termine di preavviso

individuati dagli accordi di cui al comma 2. Il termine di preavviso

non opera in caso di infortunio grave. In tale ultima ipotesi

l’accesso avviene previa segnalazione all’organismo paritetico.

5. Ove l’azienda impedisca l’accesso, nel rispetto delle modalita’

di cui al presente articolo, al rappresentante dei lavoratori per la

sicurezza territoriale, questi lo comunica all’organismo paritetico

o, in sua mancanza, all’organo di vigilanza territorialmente

competente.

6. L’organismo paritetico o, in mancanza, il Fondo di cui

all’articolo 52 comunica alle aziende e ai lavoratori interessati il

nominativo del rappresentante della sicurezza territoriale.

7. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale

ha diritto ad una formazione particolare in materia di salute e

sicurezza concernente i rischi specifici esistenti negli ambiti in

cui esercita la propria rappresentanza, tale da assicurargli adeguate

competenze sulle principali tecniche di controllo e prevenzione dei

rischi stessi. Le modalita’, la durata e i contenuti specifici della

formazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza

territoriale sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva

secondo un percorso formativo di almeno 64 ore iniziali, da

effettuarsi entro 3 mesi dalla data di elezione o designazione, e 8

ore di aggiornamento annuale.

8. L’esercizio delle funzioni di rappresentante dei lavoratori per

la sicurezza territoriale e’ incompatibile con l’esercizio di altre

funzioni sindacali operative.

Art. 49.

Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di sito produttivo



1. Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza di sito

produttivo sono individuati nei seguenti specifici contesti

produttivi caratterizzati dalla compresenza di piu’ aziende o

cantieri:

a) i porti di cui all’articolo 4, comma 1, lettere b), c) e d),

della legge 28 gennaio 1994, n. 84, sedi di autorita’ portuale

nonche’ quelli sede di autorita’ marittima da individuare con decreto

dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e dei trasporti,

da adottare entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del

presente decreto;

b) centri intermodali di trasporto di cui alla direttiva del

Ministro dei trasporti del 18 ottobre 2006, n. 3858;

c) impianti siderurgici;

d) cantieri con almeno 30.000 uomini-giorno, intesa quale entita’

presunta dei cantieri, rappresentata dalla somma delle giornate

lavorative prestate dai lavoratori, anche autonomi, previste per la

realizzazione di tutte le opere;

e) contesti produttivi con complesse problematiche legate alla

interferenza delle lavorazioni e da un numero complessivo di addetti

mediamente operanti nell’area superiore a 500.

2. Nei contesti di cui al comma precedente il rappresentante dei

lavoratori per la sicurezza di sito produttivo e’ individuato, su

loro iniziativa, tra i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza

delle aziende operanti nel sito produttivo.

3. La contrattazione collettiva stabilisce le modalita’ di

individuazione di cui al comma 2, nonche’ le modalita’ secondo cui il

rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di sito produttivo

esercita le attribuzioni di cui all’articolo 50 in tutte le aziende o

cantieri del sito produttivo in cui non vi siano rappresentanti per

la sicurezza e realizza il coordinamento tra i rappresentanti dei

lavoratori per la sicurezza del medesimo sito.

Art. 50.

Attribuzioni del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza



1. Fatto salvo quanto stabilito in sede di contrattazione

collettiva, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza:

a) accede ai luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni;

b) e’ consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla

valutazione dei rischi, alla individuazione, programmazione,

realizzazione e verifica della prevenzione nella azienda o unita’

produttiva;

c) e’ consultato sulla designazione del responsabile e degli

addetti al servizio di prevenzione, alla attivita’ di prevenzione

incendi, al primo soccorso, alla evacuazione dei luoghi di lavoro e

del medico competente;

d) e’ consultato in merito all’organizzazione della formazione di

cui all’articolo 37;

e) riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente

alla valutazione dei rischi e le misure di prevenzione relative,

nonche’ quelle inerenti alle sostanze ed ai preparati pericolosi,

alle macchine, agli impianti, alla organizzazione e agli ambienti di

lavoro, agli infortuni ed alle malattie professionali;

f) riceve le informazioni provenienti dai servizi di vigilanza;

g) riceve una formazione adeguata e, comunque, non inferiore a

quella prevista dall’articolo 37;

h) promuove l’elaborazione, l’individuazione e l’attuazione delle

misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l’integrita’

fisica dei lavoratori;

i) formula osservazioni in occasione di visite e verifiche

effettuate dalle autorita’ competenti, dalle quali e’, di norma,

sentito;

l) partecipa alla riunione periodica di cui all’articolo 35;

m) fa proposte in merito alla attivita’ di prevenzione;

n) avverte il responsabile della azienda dei rischi individuati

nel corso della sua attivita’;

o) puo’ fare ricorso alle autorita’ competenti qualora ritenga

che le misure di prevenzione e protezione dai rischi adottate dal

datore di lavoro o dai dirigenti e i mezzi impiegati per attuarle non

siano idonei a garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro.

2. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza deve disporre

del tempo necessario allo svolgimento dell’incarico senza perdita di

retribuzione, nonche’ dei mezzi e degli spazi necessari per

l’esercizio delle funzioni e delle facolta’ riconosciutegli, anche

tramite l’accesso ai dati, di cui all’articolo 18, comma 1,

lettera r), contenuti in applicazioni informatiche. Non puo’ subire

pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della propria attivita’

e nei suoi confronti si applicano le stesse tutele previste dalla

legge per le rappresentanze sindacali.

3. Le modalita’ per l’esercizio delle funzioni di cui al comma 1

sono stabilite in sede di contrattazione collettiva nazionale.

4. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, su sua

richiesta e per l’espletamento della sua funzione, riceve copia del

documento di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a).

5. I rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza dei lavoratori

rispettivamente del datore di lavoro committente e delle imprese

appaltatrici, su loro richiesta e per l’espletamento della loro

funzione, ricevono copia del documento di valutazione dei rischi di

cui all’articolo 26, comma 3.

6. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e’ tenuto al

rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 giugno

2003, n. 196 e del segreto industriale relativamente alle

informazioni contenute nel documento di valutazione dei rischi e nel

documento di valutazione dei rischi di cui all’articolo 26, comma 3,

nonche’ al segreto in ordine ai processi lavorativi di cui vengono a

conoscenza nell’esercizio delle funzioni.

7. L’esercizio delle funzioni di rappresentante dei lavoratori per

la sicurezza e’ incompatibile con la nomina di responsabile o addetto

al servizio di prevenzione e protezione.

Art. 51.

Organismi paritetici



1. A livello territoriale sono costituiti gli organismi paritetici

di cui all’articolo 2, comma 1, lettera ee).

2. Fatto salvo quanto previsto dalla contrattazione collettiva, gli

organismi di cui al comma 1 sono prima istanza di riferimento in

merito a controversie sorte sull’applicazione dei diritti di

rappresentanza, informazione e formazione, previsti dalle norme

vigenti.

3. Gli organismi paritetici possono supportare le imprese

nell’individuazione di soluzioni tecniche e organizzative dirette a

garantire e migliorare la tutela della salute e sicurezza sul lavoro;

4. Sono fatti salvi, ai fini del comma 1, gli organismi bilaterali

o partecipativi previsti da accordi interconfederali, di categoria,

nazionali, territoriali o aziendali.

5. Agli effetti dell’articolo 9 del decreto legislativo 30 marzo

2001, n. 165, gli organismi di cui al comma 1 sono parificati ai

soggetti titolari degli istituti della partecipazione di cui al

medesimo articolo.

6. Gli organismi paritetici di cui al comma 1, purche’ dispongano

di personale con specifiche competenze tecniche in materia di salute

e sicurezza sul lavoro, possono effettuare, nei luoghi di lavoro

rientranti nei territori e nei comparti produttivi di competenza,

sopralluoghi per le finalita’ di cui al comma 3.

7. Gli organismi di cui al presente articolo trasmettono al

Comitato di cui all’articolo 7 una relazione annuale sull’attivita’

svolta.

8. Gli organismi paritetici comunicano alle aziende di cui

all’articolo 48, comma 2, i nominativi dei rappresentanti dei

lavoratori per la sicurezza territoriale. Analoga comunicazione

effettuano nei riguardi degli organi di vigilanza territorialmente

competenti.

Art. 52.

Sostegno alla piccola e media impresa, ai rappresentanti dei

lavoratori per la sicurezza territoriali e alla pariteticita’



1. Presso l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli

infortuni sul lavoro (INAIL) e’ costituito il fondo di sostegno alla

piccola e media impresa, ai rappresentanti dei lavoratori per la

sicurezza territoriali e alla pariteticita’. Il fondo opera a favore

delle realta’ in cui la contrattazione nazionale o integrativa non

preveda o costituisca sistemi di rappresentanza dei lavoratori e di

pariteticita’ migliorativi o, almeno, di pari livello ed ha quali

obiettivi il:

a) sostegno ed il finanziamento, in misura non inferiore al

cinquanta per cento delle disponibilita’ del Fondo, delle attivita’

delle rappresentanze dei lavoratori per la sicurezza territoriali,

anche con riferimento alla formazione;

b) finanziamento della formazione dei datori di lavoro delle

piccole e medie imprese, dei piccoli imprenditori di cui

all’articolo 2083 del codice civile, dei lavoratori stagionali del

settore agricolo e dei lavoratori autonomi;

c) sostegno delle attivita’ degli organismi paritetici.

2. Il fondo di cui al comma 1 e’ finanziato:

a) da un contributo delle aziende di cui all’articolo 48,

comma 3, in misura pari a due ore lavorative annue per ogni

lavoratore occupato presso l’azienda ovvero l’unita’ produttiva;

b) dalle entrate derivanti dall’irrogazione delle sanzioni

previste dal presente decreto per la parte eccedente quanto riscosso

a seguito dell’irrogazione delle sanzioni previste dalla previgente

normativa abrogata dal presente decreto nel corso dell’anno 2007,

incrementato del 10 per cento;

c) con una quota parte delle risorse di cui all’articolo 9,

comma 3;

d) relativamente all’attivita’ formative per le piccole e medie

imprese di cui al comma 1, lettera b), anche dalle risorse di cui

all’articolo 11, comma 2.

3. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e

del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia

e delle finanze, adottato, previa intesa con le associazioni dei

datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente piu’

rappresentative sul piano nazionale, sentita la Conferenza permanente

per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di

Trento e di Bolzano, entro dodici mesi dalla data di entrata in

vigore del presente decreto, sono definiti le modalita’ di

funzionamento del fondo di cui al comma 1, i criteri di riparto delle

risorse tra le finalita’ di cui al medesimo comma nonche’ il relativo

procedimento amministrativo e contabile di alimentazione.

4. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale

redige una relazione annuale sulla attivita’ svolta, da inviare al

Fondo.

Sezione VIII

Documentazione tecnico amministrativa e statistiche degli infortuni e delle malattie professionali

Art. 53.

Tenuta della documentazione



1. E’ consentito l’impiego di sistemi di elaborazione automatica

dei dati per la memorizzazione di qualunque tipo di documentazione

prevista dal presente decreto legislativo.

2. Le modalita’ di memorizzazione dei dati e di accesso al sistema

di gestione della predetta documentazione devono essere tali da

assicurare che:

a) l’accesso alle funzioni del sistema sia consentito solo ai

soggetti a cio’ espressamente abilitati dal datore di lavoro;

b) la validazione delle informazioni inserite sia consentito solo

alle persone responsabili, in funzione della natura dei dati;

c) le operazioni di validazione dei dati di cui alla lettera b)

siano univocamente riconducibili alle persone responsabili che le

hanno effettuate mediante la memorizzazione di codice identificativo

autogenerato dagli stessi;

d) le eventuali informazioni di modifica, ivi comprese quelle

inerenti alle generalita’ e ai dati occupazionali del lavoratore,

siano solo aggiuntive a quelle gia’ memorizzate;

e) sia possibile riprodurre su supporti a stampa, sulla base dei

singoli documenti, ove previsti dal presente decreto legislativo, le

informazioni contenute nei supporti di memoria;

f) le informazioni siano conservate almeno su due distinti

supporti informatici di memoria e siano implementati programmi di

protezione e di controllo del sistema da codici virali;

g) sia redatta, a cura dell’esercente del sistema, una procedura

in cui siano dettagliatamente descritte le operazioni necessarie per

la gestione del sistema medesimo. Nella procedura non devono essere

riportati i codici di accesso.

3. Nel caso in cui le attivita’ del datore di lavoro siano

articolate su vari sedi geografiche o organizzate in distinti settori

funzionali, l’accesso ai dati puo’ avvenire mediante reti di

comunicazione elettronica, attraverso la trasmissione della password

in modalita’ criptata e fermo restando quanto previsto al comma 2

relativamente alla immissione e validazione dei dati da parte delle

persone responsabili.

4. La documentazione, sia su supporto cartaceo che informatico,

deve essere custodita nel rispetto del decreto legislativo 30 giugno

2003, n. 196, in materia di protezione dei dati personali.

5. Tutta la documentazione rilevante in materia di igiene, salute e

sicurezza sul lavoro e tutela delle condizioni di lavoro puo’ essere

tenuta su unico supporto cartaceo o informatico. Ferme restando le

disposizioni relative alla valutazione dei rischi, le modalita’ per

l’eventuale eliminazione o per la tenuta semplificata della

documentazione di cui al periodo che precede sono definite con

successivo decreto, adottato, previa consultazione delle parti

sociali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo

Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,

entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente

decreto.

6. Fino ai sei mesi successivi all’adozione del decreto

interministeriale di cui all’articolo 8 comma 4, del presente decreto

restano in vigore le disposizioni relative al registro infortuni ed

ai registri degli esposti ad agenti cancerogeni e biologici.

Art. 54.

Comunicazioni e trasmissione della documentazione



1. La trasmissione di documentazione e le comunicazioni a enti o

amministrazioni pubbliche, comunque previste dal presente decreto

legislativo possono avvenire tramite sistemi informatizzati, nel

formato e con le modalita’ indicati dalle strutture riceventi.

Capo IV

Disposizioni penali

Sezione I

Sanzioni

Art. 55.

Sanzioni per il datore di lavoro e il dirigente



1. E’ punito con l’arresto da quattro a otto mesi o con l’ammenda

da 5.000 a 15.000 euro il datore di lavoro:

a) che omette la valutazione dei rischi e l’adozione del

documento di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), ovvero che lo

adotta in assenza degli elementi di cui alle lettere a), b), d) ed f)

dell’articolo 28 e che viola le disposizioni di cui all’articolo 18,

comma 1, lettere q) e z), prima parte;

b) che non provvede alla nomina del responsabile del servizio di

prevenzione e protezione ai sensi dell’articolo 17, comma 1,

lettera b), salvo il caso previsto dall’articolo 34;

2. Nei casi previsti al comma 1, lettera a), si applica la pena

dell’arresto da sei mesi a un anno e sei mesi se la violazione e’

commessa:

a) nelle aziende di cui all’articolo 31, comma 6,

lettere a), b), c), d), f);

b) in aziende in cui si svolgono attivita’ che espongono i

lavoratori a rischi biologici di cui all’articolo 268, comma 1,

lettere c) e d), da atmosfere esplosive, cancerogeni mutageni, e da

attivita’ di manutenzione, rimozione smaltimento e bonifica di

amianto;

c) per le attivita’ disciplinate dal titolo IV caratterizzate

dalla compresenza di piu’ imprese e la cui entita’ presunta di lavoro

non sia inferiore a 200 uomini-giorno.

3. E’ punito con l’ammenda da 3.000 a 9.000 euro il datore di

lavoro che non redige il documento di cui all’articolo 17, comma 1,

lettera a), secondo le modalita’ di cui all’articolo 29, commi 1, 2 e

3, nonche’ nei casi in cui nel documento di valutazione dei rischi

manchino una o piu’ delle indicazioni di cui all’articolo 28,

comma 2, lettere c) ed e).

4. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:

a) con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 800 a

3.000 euro per la violazione degli articoli 18, comma 1,

lettere b), e), g), i), m), n), o), p), 34, comma 3, 36, commi 1, 2 e

3, 43, comma 1, lettere a), b) e c);

b) con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.000 a

5.000 euro per la violazione degli articoli 18, commi 1,

lettere d), h), e v), e 2, 26, comma 1, lettera b), 43, comma 1,

lettere d) ed e), 45, comma 1, 46, comma 2;

c) con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.000 a

5.000 euro per la violazione dell’articolo 18, comma 1, lettera c).

Nei casi previsti dal comma 2, si applica la pena dell’arresto da

quattro a otto mesi;

d) con l’arresto da quattro a otto mesi o con l’ammenda da 1.500

a 6.000 euro per la violazione degli articoli 26, comma 1, e 2,

lettere a) e b), 34, commi 1 e 2;

e) con l’arresto da quattro a otto mesi o con l’ammenda da 2.000

a 4.000 euro per la violazione degli articoli 18, comma 1,

lettera l), e 43, comma 4;

f) con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 3.000 a

10.000 euro per non aver provveduto alla nomina di cui

all’articolo 18, comma 1, lettera a);

g) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 a 4.500

euro per la violazione dell’articolo 18, comma 1, lettera bb);

h) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a 10.000

euro per la violazione degli articoli 18, comma 1, lettera u), 29,

comma 4, e 35, comma 2;

i) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a 7.500

euro per la violazione dell’articolo 18, comma 1, lettera r), con

riferimento agli infortuni superiori ai tre giorni;

l) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 3.000

euro per la violazione dell’articolo 18, comma 1, lettera r), con

riferimento agli infortuni superiori ad un giorno;

m) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 500 euro

per ciascun lavoratore, in caso di violazione dell’articolo 26,

comma 8;

n) con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.000 a euro

3.000 in caso di violazione dall’articolo 18, comma 1, lettera s);

o) con la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 500 in caso

di violazione dall’articolo 18, comma 1, lettera aa).

5. L’applicazione della sanzione di cui al comma 4, lettera i),

esclude l’applicazione delle sanzioni conseguenti alla violazione

dell’articolo 53 del testo unico delle disposizioni per

l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le

malattie professionali, di cui al decreto del Presidente della

Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124.

Art. 56.

Sanzioni per il preposto



1. I preposti sono puniti nei limiti dell’attivita’ alla quale sono

tenuti in osservanza degli obblighi generali di cui all’articolo 19:

a) con l’arresto da uno a tre mesi o con l’ammenda da 500 a 2.000

euro per la violazione dell’articolo 19, comma 1, lettere a), e), f);

b) con l’arresto sino a un mese o con l’ammenda da 300 a 900 euro

per la violazione dell’articolo 19, comma 1, lettere b), c), d);

c) con l’ammenda da 300 a 900 euro per la violazione

dell’articolo 19, comma 1, lettera g).

Art. 57.

Sanzioni per i progettisti, i fabbricanti i fornitori e gli

installatori



1. I progettisti che violano il disposto dell’articolo 22 sono

puniti con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda da 600 a 2.000

euro.

2. I fabbricanti e i fornitori che violano il disposto

dell’articolo 23 sono puniti con l’arresto da quattro a otto mesi o

con l’ammenda da 15.000 a 45.000 euro.

3. Gli installatori che violano il disposto dell’articolo 24 sono

puniti con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda da 1.000 a 3.000

euro.

Art. 58.

Sanzioni per il medico competente



1. Il medico competente e’ punito:

a) con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda da 500 a 2.500

euro per la violazione dell’articolo 25, comma 1, lettere d), e)

e f);

b) con l’arresto fino a due mesi o con l’ammenda da 1.000 a 4.500

euro per la violazione dell’articolo 25, comma 1, lettere b), c)

e g);

c) con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda da 1.000 a 5.000

euro per la violazione dell’articolo 25, comma 1, lettera l);

d) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 3.000

euro per la violazione dell’articolo 25, comma 1, lettere h), i)

e m), e per la violazione dell’articolo 41, comma 5;

e) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a 10.500

euro per la violazione dell’articolo 40, comma 1.

Art. 59.

Sanzioni per i lavoratori



1. I lavoratori sono puniti:

a) con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda da 200 a 600 euro

per la violazione dell’articolo 20, comma 2,

lettere b), c), d), e), f), g), h) e i);

b) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 50 a 300 euro per

la violazione dell’articolo 20 comma 3; la stessa sanzione si applica

ai lavoratori autonomi di cui alla medesima disposizione.

Art. 60.

Sanzioni per i componenti dell’impresa familiare, i lavoratori

autonomi, i piccoli imprenditori e i soci delle societa’ semplici

operanti nel settore agricolo



1. I soggetti di cui all’articolo 21 sono puniti:

a) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 300 a 2.000 euro

per la violazione dell’articolo 21, comma 1, lettere a) e b);

b) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 50 a 300 euro per

la violazione dell’articolo 21, comma 1, lettera c).

Sezione II

Disposizioni in tema di processo penale



Art. 61.

Esercizio dei diritti della persona offesa



1. In caso di esercizio dell’azione penale per i delitti di

omicidio colposo o di lesioni personali colpose, se il fatto e’

commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli

infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro o che abbia

determinato una malattia professionale, il pubblico ministero ne da’

immediata notizia all’INAIL ed all’IPSEMA, in relazione alle

rispettive competenze, ai fini dell’eventuale costituzione di parte

civile e dell’azione di regresso.

2. Le organizzazioni sindacali e le associazioni dei familiari

delle vittime di infortuni sul lavoro hanno facolta’ di esercitare i

diritti e le facolta’ della persona offesa di cui agli articoli 91 e

92 del codice di procedura penale, con riferimento ai reati commessi

con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul

lavoro o relative all’igiene del lavoro o che abbiano determinato una

malattia professionale.

Titolo II

Luoghi di lavoro

Capo I

Disposizioni generali

Art. 62.

Definizioni



1. Ferme restando le disposizioni di cui al titolo I, unicamente ai

fini dell’applicazione del presente titolo, si intendono per luoghi

di lavoro:

a) i luoghi destinati a ospitare posti di lavoro, ubicati

all’interno dell’azienda o dell’unita’ produttiva, nonche’ ogni altro

luogo di pertinenza dell’azienda o dell’unita’ produttiva accessibile

al lavoratore nell’ambito del proprio lavoro;

b) i campi, i boschi e altri terreni facenti parte di un’azienda

agricola o forestale.

2. Le disposizioni di cui al presente titolo non si applicano:

a) ai mezzi di trasporto;

b) ai cantieri temporanei o mobili;

c) alle industrie estrattive;

d) ai pescherecci.

Art. 63.

Requisiti di salute e di sicurezza



1. I luoghi di lavoro devono essere conformi ai requisiti indicati

nell’allegato IV.

2. I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se

del caso, dei lavoratori disabili.

3. L’obbligo di cui al comma 2 vige in particolare per le porte, le

vie di circolazione, le scale, le docce, i gabinetti ed i posti di

lavoro utilizzati ed occupati direttamente da lavoratori disabili.

4. La disposizione di cui al comma 2 non si applica ai luoghi di

lavoro gia’ utilizzati prima del 1° gennaio 1993; in ogni caso devono

essere adottate misure idonee a consentire la mobilita’ e

l’utilizzazione dei servizi sanitari e di igiene personale.

5. Ove vincoli urbanistici o architettonici ostino agli adempimenti

di cui al comma 1 il datore di lavoro, previa consultazione del

rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e previa

autorizzazione dell’organo di vigilanza territorialmente competente,

adotta le misure alternative che garantiscono un livello di sicurezza

equivalente.

6. I requisiti di sicurezza e di salute relativi a campi, boschi e

altri terreni facenti parte di una azienda agricola o forestale, sono

specificati nel punto 7 dell’allegato IV.

Art. 64.

Obblighi del datore di lavoro



1. Il datore di lavoro provvede affinche’:

a) i luoghi di lavoro siano conformi ai requisiti di cui

all’articolo 63, commi 1, 2 e 3;

b) le vie di circolazione interne o all’aperto che conducono a

uscite o ad uscite di emergenza e le uscite di emergenza siano

sgombre allo scopo di consentirne l’utilizzazione in ogni evenienza;

c) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano

sottoposti a regolare manutenzione tecnica e vengano eliminati,

quanto piu’ rapidamente possibile, i difetti rilevati che possano

pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori;

d) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano

sottoposti a regolare pulitura, onde assicurare condizioni igieniche

adeguate;

e) gli impianti e i dispositivi di sicurezza, destinati alla

prevenzione o all’eliminazione dei pericoli, vengano sottoposti a

regolare manutenzione e al controllo del loro funzionamento.

Art. 65.

Locali sotterranei o semisotterranei



1. E’ vietato destinare al lavoro locali chiusi sotterranei o

semisotterranei.

2. In deroga alle disposizioni di cui al comma 1, possono essere

destinati al lavoro locali chiusi sotterranei o semisotterranei,

quando ricorrano particolari esigenze tecniche. In tali casi il

datore di lavoro provvede ad assicurare idonee condizioni di

aerazione, di illuminazione e di microclima.

3. L’organo di vigilanza puo’ consentire l’uso dei locali chiusi

sotterranei o semisotterranei anche per altre lavorazioni per le

quali non ricorrono le esigenze tecniche, quando dette lavorazioni

non diano luogo ad emissioni di agenti nocivi, sempre che siano

rispettate le norme del presente decreto legislativo e si sia

provveduto ad assicurare le condizioni di cui al comma 2.

Art. 66.

Lavori in ambienti sospetti di inquinamento



1. E’ vietato consentire l’accesso dei lavoratori in pozzi neri,

fogne, camini, fosse, gallerie e in generale in ambienti e

recipienti, condutture, caldaie e simili, ove sia possibile il

rilascio di gas deleteri, senza che sia stata previamente accertata

l’assenza di pericolo per la vita e l’integrita’ fisica dei

lavoratori medesimi, ovvero senza previo risanamento dell’atmosfera

mediante ventilazione o altri mezzi idonei. Quando possa esservi

dubbio sulla pericolosita’ dell’atmosfera, i lavoratori devono essere

legati con cintura di sicurezza, vigilati per tutta la durata del

lavoro e, ove occorra, forniti di apparecchi di protezione.

L’apertura di accesso a detti luoghi deve avere dimensioni tali da

poter consentire l’agevole recupero di un lavoratore privo di sensi.

Art. 67.

Notifiche all’organo di vigilanza competente per territorio



1. La costruzione e la realizzazione di edifici o locali da adibire

a lavorazioni industriali, nonche’ gli ampliamenti e le

ristrutturazioni di quelli esistenti, devono essere eseguiti nel

rispetto della normativa di settore ed essere notificati all’organo

di vigilanza competente per territorio.

2. La notifica di cui al comma 1 deve indicare gli aspetti

considerati nella valutazione e relativi:

a) alla descrizione dell’oggetto delle lavorazioni e delle

principali modalita’ di esecuzione delle stesse;

b) alla descrizione delle caratteristiche dei locali e degli

impianti.

L’organo di vigilanza territorialmente competente puo’ chiedere

ulteriori dati e prescrivere modificazioni in relazione ai dati

notificati.

3. La notifica di cui al presente articolo si applica ai luoghi di

lavoro ove e’ prevista la presenza di piu’ di tre lavoratori.

4. La notifica di cui al presente articolo e’ valida ai fini delle

eliminazioni e delle semplificazioni di cui all’articolo 53, comma 5.

Capo II

Sanzioni

Art. 68.

Sanzioni per il datore di lavoro



1. Il datore di lavoro e’ punito:

a) con l’arresto da sei a dodici mesi o con l’ammenda da 4.000 a

16.000 euro per la violazione dell’articolo 66;

b) con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.000 a

10.000 euro per la violazione degli articoli 64 e 65, commi 1 e 2;

c) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 2.500

euro per la violazione dell’articolo 67, commi 1 e 2.



Titolo III

Uso delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale

Capo I

Uso delle attrezzature di lavoro




Art. 69.

Definizioni

1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente titolo si

intende per:

a) attrezzatura di lavoro: qualsiasi macchina, apparecchio,

utensile o impianto destinato ad essere usato durante il lavoro;

b) uso di una attrezzatura di lavoro: qualsiasi operazione

lavorativa connessa ad una attrezzatura di lavoro, quale la messa in

servizio o fuori servizio, l’impiego, il trasporto, la riparazione,

la trasformazione, la manutenzione, la pulizia, il montaggio, lo

smontaggio;

c) zona pericolosa: qualsiasi zona all’interno ovvero in

prossimita’ di una attrezzatura di lavoro nella quale la presenza di

un lavoratore costituisce un rischio per la salute o la sicurezza

dello stesso;

d) lavoratore esposto: qualsiasi lavoratore che si trovi

interamente o in parte in una zona pericolosa;

e) operatore: il lavoratore incaricato dell’uso di una

attrezzatura di lavoro.

Art. 70.

Requisiti di sicurezza



1. Salvo quanto previsto al comma 2, le attrezzature di lavoro

messe a disposizione dei lavoratori devono essere conformi alle

specifiche disposizioni legislative e regolamentari di recepimento

delle direttive comunitarie di prodotto.

2. Le attrezzature di lavoro costruite in assenza di disposizioni

legislative e regolamentari di cui al comma 1, e quelle messe a

disposizione dei lavoratori antecedentemente all’emanazione di norme

legislative e regolamentari di recepimento delle direttive

comunitarie di prodotto, devono essere conformi ai requisiti generali

di sicurezza di cui all’allegato V.

3. Si considerano conformi alle disposizioni di cui al comma 2 le

attrezzature di lavoro costruite secondo le prescrizioni dei decreti

ministeriali adottati ai sensi dell’articolo 395 del decreto

Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, ovvero

dell’articolo 28 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626.

4. Qualora gli organi di vigilanza, nell’espletamento delle loro

funzioni ispettive, in materia di salute e sicurezza sui luoghi di

lavoro, accertino che un’attrezzatura di lavoro messa a disposizione

dei lavoratori dopo essere stata immessa sul mercato o messa in

servizio ai sensi della direttiva di prodotto, in tutto o in parte,

risulta non rispondente a uno o piu’ requisiti essenziali di

sicurezza previsti dalle disposizioni legislative e regolamentari di

cui al comma 2, ne informano immediatamente l’autorita’ nazionale di

sorveglianza del mercato competente per tipo di prodotto. In tale

caso le procedure previste dagli articoli 20 e 21 del decreto

legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, vengono espletate:

a) dall’organo di vigilanza che ha rilevato la non rispondenza in

sede di utilizzo, nei confronti del datore di lavoro utilizzatore

dell’esemplare di attrezzatura oggetto dell’accertamento, mediante

apposita prescrizione a rimuovere la situazione di rischio

determinata dalla mancata rispondenza ad uno o piu’ requisiti

essenziali di sicurezza;

b) dall’organo di vigilanza territorialmente competente, nei

confronti del fabbricante e dei soggetti della catena della

distribuzione, alla conclusione dell’accertamento tecnico effettuato

dall’autorita’ nazionale per la sorveglianza del mercato.

Art. 71.

Obblighi del datore di lavoro



1. Il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori

attrezzature conformi ai requisiti di cui all’articolo precedente,

idonee ai fini della salute e sicurezza e adeguate al lavoro da

svolgere o adattate a tali scopi che devono essere utilizzate

conformemente alle disposizioni legislative di recepimento delle

direttive comunitarie.

2. All’atto della scelta delle attrezzature di lavoro, il datore di

lavoro prende in considerazione:

a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da

svolgere;

b) i rischi presenti nell’ambiente di lavoro;

c) i rischi derivanti dall’impiego delle attrezzature stesse;

d) i rischi derivanti da interferenze con le altre attrezzature

gia’ in uso.

3. Il datore di lavoro, al fine di ridurre al minimo i rischi

connessi all’uso delle attrezzature di lavoro e per impedire che

dette attrezzature possano essere utilizzate per operazioni e secondo

condizioni per le quali non sono adatte, adotta adeguate misure

tecniche ed organizzative, tra le quali quelle dell’allegato VI.

4. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinche’:

a) le attrezzature di lavoro siano:

1) installate ed utilizzate in conformita’ alle istruzioni

d’uso;

2) oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel

tempo la permanenza dei requisiti di sicurezza di cui all’articolo 70

e siano corredate, ove necessario, da apposite istruzioni d’uso e

libretto di manutenzione;

3) assoggettate alle misure di aggiornamento dei requisiti

minimi di sicurezza stabilite con specifico provvedimento

regolamentare adottato in relazione alle prescrizioni di cui

all’articolo 18, comma 1, lettera z);

b) siano curati la tenuta e l’aggiornamento del registro di

controllo delle attrezzature di lavoro per cui lo stesso e’ previsto.

5. Le modifiche apportate alle macchine quali definite

all’articolo 1, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica

24 luglio 1996, n. 459, per migliorarne le condizioni di sicurezza

non configurano immissione sul mercato ai sensi dell’articolo 1,

comma 3, secondo periodo, sempre che non comportino modifiche delle

modalita’ di utilizzo e delle prestazioni previste dal costruttore.

6. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinche’ il

posto di lavoro e la posizione dei lavoratori durante l’uso delle

attrezzature presentino requisiti di sicurezza e rispondano ai

principi dell’ergonomia.

7. Qualora le attrezzature richiedano per il loro impiego

conoscenze o responsabilita’ particolari in relazione ai loro rischi

specifici, il datore di lavoro prende le misure necessarie affinche’:

a) l’uso dell’attrezzatura di lavoro sia riservato ai lavoratori

allo scopo incaricati che abbiano ricevuto una formazione adeguata e

specifica;

b) in caso di riparazione, di trasformazione o manutenzione, i

lavoratori interessati siano qualificati in maniera specifica per

svolgere detti compiti.

8. Fermo restando quanto disposto al comma 4, il datore di lavoro

provvede affinche’:

1) le attrezzature di lavoro la cui sicurezza dipende dalle

condizioni di installazione siano sottoposte a un controllo iniziale

(dopo l’installazione e prima della messa in esercizio) e ad un

controllo dopo ogni montaggio in un nuovo cantiere o in una nuova

localita’ di impianto, al fine di assicurarne l’installazione

corretta e il buon funzionamento;

2) le attrezzature soggette a influssi che possono provocare

deterioramenti suscettibili di dare origine a situazioni pericolose

siano sottoposte:

1. a controlli periodici, secondo frequenze stabilite in base

alle indicazioni fornite dai fabbricanti, ovvero dalle norme di buona

tecnica, o in assenza di queste ultime, desumibili dai codici di

buona prassi;

2. a controlli straordinari al fine di garantire il

mantenimento di buone condizioni di sicurezza, ogni volta che

intervengano eventi eccezionali che possano avere conseguenze

pregiudizievoli per la sicurezza delle attrezzature di lavoro, quali

riparazioni, trasformazioni, incidenti, fenomeni naturali o periodi

prolungati di inattivita’;

c) i controlli di cui alle lettere a) e b) sono volti ad

assicurare il buono stato di conservazione e l’efficienza a fini di

sicurezza delle attrezzature di lavoro e devono essere effettuati da

persona competente.

9. I risultati dei controlli di cui al comma 8 devono essere

riportati per iscritto e, almeno quelli relativi agli ultimi tre

anni, devono essere conservati e tenuti a disposizione degli organi

di vigilanza.

10. Qualora le attrezzature di lavoro di cui al comma 8 siano usate

al di fuori della sede dell’unita’ produttiva devono essere

accompagnate da un documento attestante l’esecuzione dell’ultimo

controllo con esito positivo.

11. Oltre a quanto previsto dal comma 8, il datore di lavoro

sottopone le attrezzature di lavoro riportate in allegato VII a

verifiche periodiche, con la frequenza indicata nel medesimo

allegato. La prima di tali verifiche e’ effettuata dall’ISPESL e le

successive dalle ASL. Le verifiche sono onerose e le spese per la

loro effettuazione sono a carico del datore di lavoro.

12. Per l’effettuazione delle verifiche di cui al comma 11, le ASL

e l’ISPESL possono avvalersi del supporto di soggetti pubblici o

privati abilitati. I soggetti privati abilitati acquistano la

qualifica di incaricati di pubblico servizio e rispondono

direttamente alla struttura pubblica titolare della funzione.

13. Le modalita’ di effettuazione delle verifiche periodiche di cui

all’allegato VII, nonche’ i criteri per l’abilitazione dei soggetti

pubblici o privati di cui al comma precedente sono stabiliti con

decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e del

Ministro della salute, sentita la Conferenza permanente per i

rapporti tra Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di

Bolzano, da adottarsi entro dodici mesi dalla data di entrata in

vigore del presente decreto.

14. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale,

sentiti i Ministri della salute e dello sviluppo economico, d’intesa

con la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e

province autonome di Trento e di Bolzano e sentita la Commissione

consultiva di cui all’articolo 6, vengono apportate le modifiche

all’allegato VII relativamente all’elenco delle attrezzature di

lavoro da sottoporre alle verifiche di cui al comma 11.

Art. 72.

Obblighi dei noleggiatori e dei concedenti in uso



1. Chiunque venda, noleggi o conceda in uso o locazione finanziaria

attrezzature di lavoro di cui all’articolo 70, comma 2, deve

attestare, sotto la propria responsabilita’, che le stesse siano

conformi, al momento della consegna a chi acquisti, riceva in uso,

noleggio o locazione finanziaria, ai requisiti di sicurezza di cui

all’allegato V.

2. Chiunque noleggi o conceda in uso ad un datore di lavoro

attrezzature di lavoro senza conduttore deve, al momento della

cessione, attestarne il buono stato di conservazione, manutenzione ed

efficienza a fini di sicurezza. Dovra’ altresi’ acquisire e

conservare agli atti per tutta la durata del noleggio o della

concessione dell’attrezzatura una dichiarazione del datore di lavoro

che riporti l’indicazione del lavoratore o dei lavoratori incaricati

del loro uso, i quali devono risultare formati conformemente alle

disposizioni del presente titolo.

Art. 73.

Informazione e formazione



1. Nell’ambito degli obblighi di cui agli articoli 36 e 37 il

datore di lavoro provvede, affinche’ per ogni attrezzatura di lavoro

messa a disposizione, i lavoratori incaricati dell’uso dispongano di

ogni necessaria informazione e istruzione e ricevano una formazione

adeguata in rapporto alla sicurezza relativamente:

a) alle condizioni di impiego delle attrezzature;

b) alle situazioni anormali prevedibili.

2. Il datore di lavoro provvede altresi’ a informare i lavoratori

sui rischi cui sono esposti durante l’uso delle attrezzature di

lavoro, sulle attrezzature di lavoro presenti nell’ambiente

immediatamente circostante, anche se da essi non usate direttamente,

nonche’ sui cambiamenti di tali attrezzature.

3. Le informazioni e le istruzioni d’uso devono risultare

comprensibili ai lavoratori interessati.

4. Il datore di lavoro provvede affinche’ i lavoratori incaricati

dell’uso delle attrezzature che richiedono conoscenze e

responsabilita’ particolari di cui all’articolo 71, comma 7, ricevano

una formazione adeguata e specifica, tale da consentirne l’utilizzo

delle attrezzature in modo idoneo e sicuro, anche in relazione ai

rischi che possano essere causati ad altre persone.

5. In sede di Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, le

regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sono

individuate le attrezzature di lavoro per le quali e’ richiesta una

specifica abilitazione degli operatori nonche’ le modalita’ per il

riconoscimento di tale abilitazione, i soggetti formatori, la durata,

gli indirizzi ed i requisiti minimi di validita’ della formazione.

Capo II

Uso dei dispositivi di protezione individuale



Art. 74.

Definizioni



1. Si intende per dispositivo di protezione individuale, di seguito

denominato «DPI», qualsiasi attrezzatura destinata ad essere

indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro

uno o piu’ rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la

salute durante il lavoro, nonche’ ogni complemento o accessorio

destinato a tale scopo.

2. Non costituiscono DPI:

a) gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non

specificamente destinati a proteggere la sicurezza e la salute del

lavoratore;

b) le attrezzature dei servizi di soccorso e di salvataggio;

c) le attrezzature di protezione individuale delle forze armate,

delle forze di polizia e del personale del servizio per il

mantenimento dell’ordine pubblico;

d) le attrezzature di protezione individuale proprie dei mezzi di

trasporto stradali;

e) i materiali sportivi quando utilizzati a fini specificamente

sportivi e non per attivita’ lavorative;

f) i materiali per l’autodifesa o per la dissuasione;

g) gli apparecchi portatili per individuare e segnalare rischi e

fattori nocivi.

Art. 75.

Obbligo di uso



1. I DPI devono essere impiegati quando i rischi non possono essere

evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione,

da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti

di riorganizzazione del lavoro.

Art. 76.

Requisiti dei DPI



1. I DPI devono essere conformi alle norme di cui al decreto

legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, e sue successive modificazioni.

2. I DPI di cui al comma 1 devono inoltre:

a) essere adeguati ai rischi da prevenire, senza comportare di

per se’ un rischio maggiore;

b) essere adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro;

c) tenere conto delle esigenze ergonomiche o di salute del

lavoratore;

d) poter essere adattati all’utilizzatore secondo le sue

necessita’.

3. In caso di rischi multipli che richiedono l’uso simultaneo di

piu’ DPI, questi devono essere tra loro compatibili e tali da

mantenere, anche nell’uso simultaneo, la propria efficacia nei

confronti del rischio e dei rischi corrispondenti.

Art. 77.

Obblighi del datore di lavoro



1. Il datore di lavoro ai fini della scelta dei DPI:

a) effettua l’analisi e la valutazione dei rischi che non possono

essere evitati con altri mezzi;

b) individua le caratteristiche dei DPI necessarie affinche’

questi siano adeguati ai rischi di cui alla lettera a), tenendo conto

delle eventuali ulteriori fonti di rischio rappresentate dagli stessi

DPI;

c) valuta, sulla base delle informazioni e delle norme d’uso

fornite dal fabbricante a corredo dei DPI, le caratteristiche dei DPI

disponibili sul mercato e le raffronta con quelle individuate alla

lettera b);

d) aggiorna la scelta ogni qualvolta intervenga una variazione

significativa negli elementi di valutazione.

2. Il datore di lavoro, anche sulla base delle norme d’uso fornite

dal fabbricante, individua le condizioni in cui un DPI deve essere

usato, specie per quanto riguarda la durata dell’uso, in funzione di:

a) entita’ del rischio;

b) frequenza dell’esposizione al rischio;

c) caratteristiche del posto di lavoro di ciascun lavoratore;

d) prestazioni del DPI.

3. Il datore di lavoro, sulla base delle indicazioni del decreto di

cui all’articolo 79, comma 2, fornisce ai lavoratori DPI conformi ai

requisiti previsti dall’articolo 76.

4. Il datore di lavoro:

a) mantiene in efficienza i DPI e ne assicura le condizioni

d’igiene, mediante la manutenzione, le riparazioni e le sostituzioni

necessarie e secondo le eventuali indicazioni fornite dal

fabbricante;

b) provvede a che i DPI siano utilizzati soltanto per gli usi

previsti, salvo casi specifici ed eccezionali, conformemente alle

informazioni del fabbricante;

c) fornisce istruzioni comprensibili per i lavoratori;

d) destina ogni DPI ad un uso personale e, qualora le circostanze

richiedano l’uso di uno stesso DPI da parte di piu’ persone, prende

misure adeguate affinche’ tale uso non ponga alcun problema sanitario

e igienico ai vari utilizzatori;

e) informa preliminarmente il lavoratore dei rischi dai quali il

DPI lo protegge;

f) rende disponibile nell’azienda ovvero unita’ produttiva

informazioni adeguate su ogni DPI;

g) stabilisce le procedure aziendali da seguire, al termine

dell’utilizzo, per la riconsegna e il deposito dei DPI;

h) assicura una formazione adeguata e organizza, se necessario,

uno specifico addestramento circa l’uso corretto e l’utilizzo pratico

dei DPI.

5. In ogni caso l’addestramento e’ indispensabile:

a) per ogni DPI che, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre

1992, n. 475, appartenga alla terza categoria;

b) per i dispositivi di protezione dell’udito.

Art. 78.

Obblighi dei lavoratori



1. In ottemperanza a quanto previsto dall’articolo 20, comma 2,

lettera h), i lavoratori si sottopongono al programma di formazione e

addestramento organizzato dal datore di lavoro nei casi ritenuti

necessari ai sensi dell’articolo 77 commi 4, lettera h), e 5.

2. In ottemperanza a quanto previsto dall’articolo 20, comma 2,

lettera d), i lavoratori utilizzano i DPI messi a loro disposizione

conformemente all’informazione e alla formazione ricevute e

all’addestramento eventualmente organizzato ed espletato.

3. I lavoratori:

a) provvedono alla cura dei DPI messi a loro disposizione;

b) non vi apportano modifiche di propria iniziativa.

4. Al termine dell’utilizzo i lavoratori seguono le procedure

aziendali in materia di riconsegna dei DPI.

5. I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al

dirigente o al preposto qualsiasi difetto o inconveniente da essi

rilevato nei DPI messi a loro disposizione.

Art. 79.

Criteri per l’individuazione e l’uso



1. Il contenuto dell’allegato VIII, costituisce elemento di

riferimento per l’applicazione di quanto previsto all’articolo 77,

commi 1 e 4.

2. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale,

di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentita la

Commissione consultiva permanente di cui all’articolo 6, tenendo

conto della natura, dell’attivita’ e dei fattori specifici di rischio

sono indicati:

a) i criteri per l’individuazione e l’uso dei DPI;

b) le circostanze e le situazioni in cui, ferme restando le

priorita’ delle misure di protezione collettiva, si rende necessario

l’impiego dei DPI.

Capo III

Impianti e apparecchiature elettriche

Art. 80.

Obblighi del datore di lavoro



1. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinche’ i

materiali, le apparecchiature e gli impianti elettrici messi a

disposizione dei lavoratori siano progettati, costruiti, installati,

utilizzati e manutenuti in modo da salvaguardare i lavoratori da

tutti i rischi di natura elettrica ed in particolare quelli derivanti

da:

a) contatti elettrici diretti;

b) contatti elettrici indiretti;

c) innesco e propagazione di incendi e di ustioni dovuti a

sovratemperature pericolose, archi elettrici e radiazioni;

d) innesco di esplosioni;

e) fulminazione diretta ed indiretta;

f) sovratensioni;

g) altre condizioni di guasto ragionevolmente prevedibili.

2. A tale fine il datore di lavoro esegue una valutazione dei

rischi di cui al precedente comma 1, tenendo in considerazione:

a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro, ivi

comprese eventuali interferenze;

b) i rischi presenti nell’ambiente di lavoro;

c) tutte le condizioni di esercizio prevedibili.

3. A seguito della valutazione del rischio elettrico il datore di

lavoro adotta le misure tecniche ed organizzative necessarie ad

eliminare o ridurre al minimo i rischi presenti, ad individuare i

dispositivi di protezione collettivi ed individuali necessari alla

conduzione in sicurezza del lavoro ed a predisporre le procedure di

uso e manutenzione atte a garantire nel tempo la permanenza del

livello di sicurezza raggiunto con l’adozione delle misure di cui al

comma 1.

Art. 81.

Requisiti di sicurezza



1. Tutti i materiali, i macchinari e le apparecchiature, nonche’ le

installazioni e gli impianti elettrici ed elettronici devono essere

progettati, realizzati e costruiti a regola d’arte.

2. Ferme restando le disposizioni legislative e regolamentari di

recepimento delle direttive comunitarie di prodotto, i materiali, i

macchinari, le apparecchiature, le installazioni e gli impianti di

cui al comma precedente, si considerano costruiti a regola d’arte se

sono realizzati secondo le norme di buona tecnica contenute

nell’allegato IX.

3. Le procedure di uso e manutenzione devono essere predisposte

tenendo conto delle disposizioni legislative vigenti, delle

indicazioni contenute nei manuali d’uso e manutenzione delle

apparecchiature ricadenti nelle direttive specifiche di prodotto e di

quelle indicate nelle norme di buona tecnica contenute nell’allegato

IX.

Art. 82.

Lavori sotto tensione



1. E’ vietato eseguire lavori sotto tensione. Tali lavori sono

tuttavia consentiti nei casi in cui le tensioni su cui si opera sono

di sicurezza, secondo quanto previsto dallo stato della tecnica

secondo la migliore scienza ed esperienza, nonche’ quando i lavori

sono eseguiti nel rispetto delle seguenti condizioni:

a) le procedure adottate e le attrezzature utilizzate sono

conformi ai criteri definiti nelle norme di buona tecnica;

b) per tensioni nominali non superiori a 1000 V in corrente

alternata e 1500 V in corrente continua:

1) l’esecuzione di lavori su parti in tensione deve essere

affidata a lavoratori riconosciuti dal datore di lavoro come idonei

per tale attivita’ secondo le indicazioni della pertinente normativa

tecnica;

2) le procedure adottate e le attrezzature utilizzate sono

conformi ai criteri definiti nelle norme di buona tecnica;

c) per tensioni nominali superiori a 1000 V in corrente alternata

e 1500 V in corrente continua purche’:

1) i lavori su parti in tensione sono effettuati da aziende

autorizzate con specifico provvedimento dei competenti uffici del

Ministero del lavoro e della previdenza sociale ad operare sotto

tensione;

2) l’esecuzione di lavori su parti in tensione e’ affidata a

lavoratori abilitati dal datore di lavoro ai sensi della pertinente

normativa tecnica riconosciuti idonei per tale attivita’;

3) le procedure adottate e le attrezzature utilizzate sono

conformi ai criteri definiti nelle norme di buona tecnica.

2. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale,

da adottarsi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del

presente decreto legislativo, sono definiti i criteri per il rilascio

delle autorizzazioni di cui al comma 1, lettera c), numero 1).

3. Hanno diritto al riconoscimento di cui al comma 2 le aziende

gia’ autorizzate ai sensi della legislazione vigente.

Art. 83.

Lavori in prossimita’ di parti attive



1. Non possono essere eseguiti lavori in prossimita’ di linee

elettriche o di impianti elettrici con parti attive non protette, o

che per circostanze particolari si debbano ritenere non

sufficientemente protette, e comunque a distanze inferiori ai limiti

di cui alla tabella 1 dell’allegato IX, salvo che vengano adottate

disposizioni organizzative e procedurali idonee a proteggere i

lavoratori dai conseguenti rischi.

2. Si considerano idonee ai fini di cui al comma 1 le disposizioni

contenute nella pertinente normativa di buona tecnica.

Art. 84.

Protezioni dai fulmini



1. Il datore di lavoro provvede affinche’ gli edifici, gli

impianti, le strutture, le attrezzature, siano protetti dagli effetti

dei fulmini con sistemi di protezione realizzati secondo le norme di

buona tecnica.

Art. 85.

Protezione di edifici, impianti strutture ed attrezzature



1. Il datore di lavoro provvede affinche’ gli edifici, gli

impianti, le strutture, le attrezzature, siano protetti dai pericoli

determinati dall’innesco elettrico di atmosfere potenzialmente

esplosive per la presenza o sviluppo di gas, vapori, nebbie o polveri

infiammabili, o in caso di fabbricazione, manipolazione o deposito di

materiali esplosivi.

2. Le protezioni di cui al comma 1 si realizzano utilizzando le

specifiche disposizioni di cui al presente decreto legislativo e le

pertinenti norme di buona tecnica di cui all’allegato IX.

Art. 86.

Verifiche



1. Ferme restando le disposizioni del decreto del Presidente della

Repubblica 22 ottobre 2001, n. 462, il datore di lavoro provvede

affinche’ gli impianti elettrici e gli impianti di protezione dai

fulmini, siano periodicamente sottoposti a controllo secondo le

indicazioni delle norme di buona tecnica e la normativa vigente per

verificarne lo stato di conservazione e di efficienza ai fini della

sicurezza.

2. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e

del Ministro della salute vengono stabilite, sulla base delle

disposizioni vigenti, le modalita’ ed i criteri per l’effettuazione

delle verifiche di cui al comma 1.

3. L’esito dei controlli di cui al comma 1 deve essere verbalizzato

e tenuto a disposizione dell’autorita’ di vigilanza.

Art. 87.

Sanzioni a carico del datore di lavoro



1. Il datore di lavoro e’ punito con la pena dell’arresto da tre a

sei mesi o con l’ammenda da 2.000 a 10.000 euro per la violazione:

a) dell’articolo 70, comma 1 e dell’articolo 70, comma 2,

limitatamente ai punti 3.2.1, 5.6.1, 5.6.6, 5.6.7, 5.9.1, 5.9.2,

5.13.8 e 5.13.9 dell’allegato V, parte II;

b) dell’articolo 71, commi 1, 2, 4, 7 ed 8;

c) dell’articolo 82, comma 1, 83, comma 1 e 85, comma 1.

2. Il datore di lavoro e’ punito con la pena dell’arresto da due a

quattro mesi o con l’ammenda da 1.000 euro a 4.000 euro per la

violazione:

a) dell’articolo 70, comma 2, limitatamente ai punti 2.10, 3.1.8,

3.1.11, 3.3.1, 5.1.3, 5.1.4, 5.5.3, 5.5.8, 5.7.1, 5.7.3, 5.12.1,

5.15.2, 5.16.2, 5.16. 4, dell’allegato V, parte II;

b) dell’articolo 71, comma 3, limitatamente ai punti 2.6, 2.11,

3.1.3, 3.1.4, 3.1.5, 3.1.6, 3.1.7, 3.2.1 dell’allegato VI.

3. Il datore di lavoro e’ punito con la sanzione amministrativa

pecuniaria da euro 750 a euro 2.500 per la violazione:

a) dell’articolo 70, comma 2, limitatamente ai punti diversi da

quelli indicati alle lettere a) e b) dell’allegato V, parte II, e

dell’allegato VI;

b) dell’articolo 71 commi 6 e 9 e 11;

c) dell’articolo 72, commi 1 e 2;

d) dell’articolo 86, comma 3.

Titolo IV

Cantieri temporanei o mobili

Capo I

Misure per la salute e sicurezza nei cantieri temporanei o mobili

Art. 88.

Campo di applicazione



1. Il presente capo contiene disposizioni specifiche relative alle

misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori

nei cantieri temporanei o mobili quali definiti all’articolo 89,

comma 1, lettera a).

2. Le disposizioni del presente capo non si applicano:

a) ai lavori di prospezione, ricerca e coltivazione delle

sostanze minerali;

b) ai lavori svolti negli impianti connessi alle attivita’

minerarie esistenti entro il perimetro dei permessi di ricerca, delle

concessioni o delle autorizzazioni;

c) ai lavori svolti negli impianti che costituiscono pertinenze

della miniera: gli impianti fissi interni o esterni, i pozzi, le

gallerie, nonche’ i macchinari, gli apparecchi e utensili destinati

alla coltivazione della miniera, le opere e gli impianti destinati

all’arricchimento dei minerali, anche se ubicati fuori del perimetro

delle concessioni;

d) ai lavori di frantumazione, vagliatura, squadratura e

trasporto dei prodotti delle cave ed alle operazioni di caricamento

di tali prodotti dai piazzali;

e) alle attivita’ di prospezione, ricerca, coltivazione e

stoccaggio degli idrocarburi liquidi e gassosi nel territorio

nazionale, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale e

nelle altre aree sottomarine comunque soggette ai poteri dello Stato;

f) ai lavori svolti in mare;

g) alle attivita’ svolte in studi teatrali, cinematografici,

televisivi o in altri luoghi in cui si effettuino riprese, purche’

tali attivita’ non implichino l’allestimento di un cantiere

temporaneo o mobile.

Art. 89.

Definizioni



1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente capo si

intendono per:

a) cantiere temporaneo o mobile, di seguito denominato:

«cantiere»: qualunque luogo in cui si effettuano lavori edili o di

ingegneria civile il cui elenco e’ riportato nell’allegato X.

b) committente: il soggetto per conto del quale l’intera opera

viene realizzata, indipendentemente da eventuali frazionamenti della

sua realizzazione. Nel caso di appalto di opera pubblica, il

committente e’ il soggetto titolare del potere decisionale e di spesa

relativo alla gestione dell’appalto;

c) responsabile dei lavori: soggetto incaricato, dal committente,

della progettazione o del controllo dell’esecuzione dell’opera; tale

soggetto coincide con il progettista per la fase di progettazione

dell’opera e con il direttore dei lavori per la fase di esecuzione

dell’opera. Nel campo di applicazione del decreto legislativo

12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, il responsabile

dei lavori e’ il responsabile unico del procedimento;

d) lavoratore autonomo: persona fisica la cui attivita’

professionale contribuisce alla realizzazione dell’opera senza

vincolo di subordinazione;

e) coordinatore in materia di sicurezza e di salute durante la

progettazione dell’opera, di seguito denominato coordinatore per la

progettazione: soggetto incaricato, dal committente o dal

responsabile dei lavori, dell’esecuzione dei compiti di cui

all’articolo 91;

f) coordinatore in materia di sicurezza e di salute durante la

realizzazione dell’opera, di seguito denominato coordinatore per

l’esecuzione dei lavori: soggetto incaricato, dal committente o dal

responsabile dei lavori, dell’esecuzione dei compiti di cui

all’articolo 92, che non puo’ essere il datore di lavoro delle

imprese esecutrici o un suo dipendente o il responsabile del servizio

di prevenzione e protezione (RSPP) da lui designato;

g) uomini-giorno: entita’ presunta del cantiere rappresentata

dalla somma delle giornate lavorative prestate dai lavoratori, anche

autonomi, previste per la realizzazione dell’opera;

h) piano operativo di sicurezza: il documento che il datore di

lavoro dell’impresa esecutrice redige, in riferimento al singolo

cantiere interessato, ai sensi dell’articolo 17 comma 1, lettera a),

i cui contenuti sono riportati nell’allegato XV;

i) impresa affidataria: impresa titolare del contratto di appalto

con il committente che, nell’esecuzione dell’opera appaltata, puo’

avvalersi di imprese subappaltatrici o di lavoratori autonomi;

l) idoneita’ tecnico-professionale: possesso di capacita’

organizzative, nonche’ disponibilita’ di forza lavoro, di macchine e

di attrezzature, in riferimento alla realizzazione dell’opera.

Art. 90.

Obblighi del committente o del responsabile dei lavori



1. Il committente o il responsabile dei lavori, nella fase di

progettazione dell’opera, ed in particolare al momento delle scelte

tecniche, nell’esecuzione del progetto e nell’organizzazione delle

operazioni di cantiere, si attiene ai principi e alle misure generali

di tutela di cui all’articolo 15. Al fine di permettere la

pianificazione dell’esecuzione in condizioni di sicurezza dei lavori

o delle fasi di lavoro che si devono svolgere simultaneamente o

successivamente tra loro, il committente o il responsabile dei lavori

prevede nel progetto la durata di tali lavori o fasi di lavoro.

2. Il committente o il responsabile dei lavori, nella fase della

progettazione dell’opera, valuta i documenti di cui all’articolo 91,

comma 1, lettere a) e b).

3. Nei cantieri in cui e’ prevista la presenza di piu’ imprese,

anche non contemporanea, il committente, anche nei casi di

coincidenza con l’impresa esecutrice, o il responsabile dei lavori,

contestualmente all’affidamento dell’incarico di progettazione,

designa il coordinatore per la progettazione.

4. Nel caso di cui al comma 3, il committente o il responsabile dei

lavori, prima dell’affidamento dei lavori, designa il coordinatore

per l’esecuzione dei lavori, in possesso dei requisiti di cui

all’articolo 98.

5. La disposizione di cui al comma 4 si applica anche nel caso in

cui, dopo l’affidamento dei lavori a un’unica impresa, l’esecuzione

dei lavori o di parte di essi sia affidata a una o piu’ imprese.

6. Il committente o il responsabile dei lavori, qualora in possesso

dei requisiti di cui all’articolo 98, ha facolta’ di svolgere le

funzioni sia di coordinatore per la progettazione sia di coordinatore

per l’esecuzione dei lavori.

7. Il committente o il responsabile dei lavori comunica alle

imprese esecutrici e ai lavoratori autonomi il nominativo del

coordinatore per la progettazione e quello del coordinatore per

l’esecuzione dei lavori. Tali nominativi sono indicati nel cartello

di cantiere.

8. Il committente o il responsabile dei lavori ha facolta’ di

sostituire in qualsiasi momento, anche personalmente, se in possesso

dei requisiti di cui all’articolo 98, i soggetti designati in

attuazione dei commi 3 e 4.

9. Il committente o il responsabile dei lavori, anche nel caso di

affidamento dei lavori ad un’unica impresa:

a) verifica l’idoneita’ tecnico-professionale dell’impresa

affidataria, delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi in

relazione alle funzioni o ai lavori da affidare, con le modalita’ di

cui all’allegato XVII. Nei casi di cui al comma 11, il requisito di

cui al periodo che precede si considera soddisfatto mediante

presentazione da parte delle imprese del certificato di iscrizione

alla Camera di commercio, industria e artigianato e del documento

unico di regolarita’ contributiva, corredato da autocertificazione in

ordine al possesso degli altri requisiti previsti dall’allegato XVII;

b) chiede alle imprese esecutrici una dichiarazione dell’organico

medio annuo, distinto per qualifica, corredata dagli estremi delle

denunce dei lavoratori effettuate all’Istituto nazionale della

previdenza sociale (INPS), all’Istituto nazionale assicurazione

infortuni sul lavoro (INAIL) e alle casse edili, nonche’ una

dichiarazione relativa al contratto collettivo stipulato dalle

organizzazioni sindacali comparativamente piu’ rappresentative,

applicato ai lavoratori dipendenti. Nei casi di cui al comma 11, il

requisito di cui al periodo che precede si considera soddisfatto

mediante presentazione da parte delle imprese del documento unico di

regolarita’ contributiva e dell’autocertificazione relativa al

contratto collettivo applicato;

c) trasmette all’amministrazione competente, prima dell’inizio

dei lavori oggetto del permesso di costruire o della denuncia di

inizio attivita’, il nominativo delle imprese esecutrici dei lavori

unitamente alla documentazione di cui alle lettere a) e b). L’obbligo

di cui al periodo che precede sussiste anche in caso di lavori

eseguiti in economia mediante affidamento delle singole lavorazioni a

lavoratori autonomi, ovvero di lavori realizzati direttamente con

proprio personale dipendente senza ricorso all’appalto. In assenza

del documento unico di regolarita’ contributiva, anche in caso di

variazione dell’impresa esecutrice dei lavori, l’efficacia del titolo

abilitativo e’ sospesa.

10. In assenza del piano di sicurezza e di coordinamento di cui

all’articolo 100 o del fascicolo di cui all’articolo 91, comma 1,

lettera b), quando previsti, oppure in assenza di notifica di cui

all’articolo 99, quando prevista, e’ sospesa l’efficacia del titolo

abilitativo. L’organo di vigilanza comunica l’inadempienza

all’amministrazione concedente.

11. In caso di lavori privati, la disposizione di cui al comma 3

non si applica ai lavori non soggetti a permesso di costruire. Si

applica in ogni caso quanto disposto dall’articolo 92, comma 2.

Art. 91.

Obblighi del coordinatore per la progettazione



1. Durante la progettazione dell’opera e comunque prima della

richiesta di presentazione delle offerte, il coordinatore per la

progettazione:

a) redige il piano di sicurezza e di coordinamento di cui

all’articolo 100, comma 1, i cui contenuti sono dettagliatamente

specificati nell’allegato XV;

b) predispone un fascicolo, i cui contenuti sono definiti

all’allegato XVI, contenente le informazioni utili ai fini della

prevenzione e della protezione dai rischi cui sono esposti i

lavoratori, tenendo conto delle specifiche norme di buona tecnica e

dell’allegato II al documento UE 26 maggio 1993. Il fascicolo non e’

predisposto nel caso di lavori di manutenzione ordinaria di cui

all’articolo 3, comma 1, lettera a) del testo unico delle

disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia, di

cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.

2. Il fascicolo di cui al comma 1, lettera b), e’ preso in

considerazione all’atto di eventuali lavori successivi sull’opera.

Art. 92.

Obblighi del coordinatore per l’esecuzione dei lavori



1. Durante la realizzazione dell’opera, il coordinatore per

l’esecuzione dei lavori:

a) verifica, con opportune azioni di coordinamento e controllo,

l’applicazione, da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori

autonomi, delle disposizioni loro pertinenti contenute nel piano di

sicurezza e di coordinamento di cui all’articolo 100 e la corretta

applicazione delle relative procedure di lavoro;

b) verifica l’idoneita’ del piano operativo di sicurezza, da

considerare come piano complementare di dettaglio del piano di

sicurezza e coordinamento di cui all’articolo 100, assicurandone la

coerenza con quest’ultimo, adegua il piano di sicurezza e di

coordinamento di cui all’articolo 100 e il fascicolo di cui

all’articolo 91, comma 1, lettera b), in relazione all’evoluzione dei

lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, valutando le proposte

delle imprese esecutrici dirette a migliorare la sicurezza in

cantiere, verifica che le imprese esecutrici adeguino, se necessario,

i rispettivi piani operativi di sicurezza;

c) organizza tra i datori di lavoro, ivi compresi i lavoratori

autonomi, la cooperazione ed il coordinamento delle attivita’ nonche’

la loro reciproca informazione;

d) verifica l’attuazione di quanto previsto negli accordi tra le

parti sociali al fine di realizzare il coordinamento tra i

rappresentanti della sicurezza finalizzato al miglioramento della

sicurezza in cantiere;

e) segnala al committente e al responsabile dei lavori, previa

contestazione scritta alle imprese e ai lavoratori autonomi

interessati, le inosservanze alle disposizioni degli articoli 94, 95

e 96 e alle prescrizioni del piano di cui all’articolo 100, e propone

la sospensione dei lavori, l’allontanamento delle imprese o dei

lavoratori autonomi dal cantiere, o la risoluzione del contratto. Nel

caso in cui il committente o il responsabile dei lavori non adotti

alcun provvedimento in merito alla segnalazione, senza fornire idonea

motivazione, il coordinatore per l’esecuzione da’ comunicazione

dell’inadempienza alla azienda unita’ sanitaria locale e alla

direzione provinciale del lavoro territorialmente competenti;

f) sospende, in caso di pericolo grave e imminente, direttamente

riscontrato, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti

adeguamenti effettuati dalle imprese interessate.

2. Nei casi di cui all’articolo 90, comma 5, il coordinatore per

l’esecuzione, oltre a svolgere i compiti di cui al comma 1, redige il

piano di sicurezza e di coordinamento e predispone il fascicolo, di

cui all’articolo 91, comma 1, lettere a) e b).

Art. 93.

Responsabilita’ dei committenti e dei responsabili dei lavori



1. Il committente e’ esonerato dalle responsabilita’ connesse

all’adempimento degli obblighi limitatamente all’incarico conferito

al responsabile dei lavori. In ogni caso il conferimento

dell’incarico al responsabile dei lavori non esonera il committente

dalle responsabilita’ connesse alla verifica degli adempimenti degli

obblighi di cui agli articoli 90, 92, comma 1, lettera e), e 99.

2. La designazione del coordinatore per la progettazione e del

coordinatore per l’esecuzione, non esonera il responsabile dei lavori

dalle responsabilita’ connesse alla verifica dell’adempimento degli

obblighi di cui agli articoli 91, comma 1, e 92, comma 1,

lettere a), b), c) e d).

Art. 94.

Obblighi dei lavoratori autonomi



1. I lavoratori autonomi che esercitano la propria attivita’ nei

cantieri, fermo restando gli obblighi di cui al presente decreto

legislativo, si adeguano alle indicazioni fornite dal coordinatore

per l’esecuzione dei lavori, ai fini della sicurezza.

Art. 95.

Misure generali di tutela



1. I datori di lavoro delle imprese esecutrici, durante

l’esecuzione dell’opera osservano le misure generali di tutela di cui

all’articolo 15 e curano, ciascuno per la parte di competenza, in

particolare:

a) il mantenimento del cantiere in condizioni ordinate e di

soddisfacente salubrita’;

b) la scelta dell’ubicazione di posti di lavoro tenendo conto

delle condizioni di accesso a tali posti, definendo vie o zone di

spostamento o di circolazione;

c) le condizioni di movimentazione dei vari materiali;

d) la manutenzione, il controllo prima dell’entrata in servizio e

il controllo periodico degli impianti e dei dispositivi al fine di

eliminare i difetti che possono pregiudicare la sicurezza e la salute

dei lavoratori;

e) la delimitazione e l’allestimento delle zone di stoccaggio e

di deposito dei vari materiali, in particolare quando si tratta di

materie e di sostanze pericolose;

f) l’adeguamento, in funzione dell’evoluzione del cantiere, della

durata effettiva da attribuire ai vari tipi di lavoro o fasi di

lavoro;

g) la cooperazione tra datori di lavoro e lavoratori autonomi;

h) le interazioni con le attivita’ che avvengono sul luogo,

all’interno o in prossimita’ del cantiere.

Art. 96.

Obblighi dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti



1. I datori di lavoro delle imprese affidatarie e delle imprese

esecutrici, anche nel caso in cui nel cantiere operi una unica

impresa, anche familiare o con meno di dieci addetti:

a) adottano le misure conformi alle prescrizioni di cui

all’allegato XIII;

b) predispongono l’accesso e la recinzione del cantiere con

modalita’ chiaramente visibili e individuabili;

c) curano la disposizione o l’accatastamento di materiali o

attrezzature in modo da evitarne il crollo o il ribaltamento;

d) curano la protezione dei lavoratori contro le influenze

atmosferiche che possono compromettere la loro sicurezza e la loro

salute;

e) curano le condizioni di rimozione dei materiali pericolosi,

previo, se del caso, coordinamento con il committente o il

responsabile dei lavori;

f) curano che lo stoccaggio e l’evacuazione dei detriti e delle

macerie avvengano correttamente;

g) redigono il piano operativo di sicurezza di cui

all’articolo 89, comma 1, lettera h).

2. L’accettazione da parte di ciascun datore di lavoro delle

imprese esecutrici del piano di sicurezza e di coordinamento di cui

all’articolo 100 e la redazione del piano operativo di sicurezza

costituiscono, limitatamente al singolo cantiere interessato,

adempimento alle disposizioni di cui all’articolo 17 comma 1,

lettera a), all’articolo 18, comma 1, lettera z), e all’articolo 26,

commi 1, lettera b), e 3.

Art. 97.

Obblighi del datore di lavoro dell’impresa affidataria



1. Il datore di lavoro dell’impresa affidataria vigila sulla

sicurezza dei lavori affidati e sull’applicazione delle disposizioni

e delle prescrizioni del piano di sicurezza e coordinamento.

2. Gli obblighi derivanti dall’articolo 26, fatte salve le

disposizioni di cui all’articolo 96, comma 2, sono riferiti anche al

datore di lavoro dell’impresa affidataria. Per la verifica

dell’idoneita’ tecnico professionale si fa riferimento alle modalita’

di cui all’allegato XVII.

3. Il datore di lavoro dell’impresa affidataria deve, inoltre:

a) coordinare gli interventi di cui agli articoli 95 e 96;

b) verificare la congruenza dei piani operativi di sicurezza

(POS) delle imprese esecutrici rispetto al proprio, prima della

trasmissione dei suddetti piani operativi di sicurezza al

coordinatore per l’esecuzione.

Art. 98.

Requisiti professionali del coordinatore per la progettazione del

coordinatore per l’esecuzione dei lavori



1. Il coordinatore per la progettazione e il coordinatore per

l’esecuzione dei lavori devono essere in possesso dei seguenti

requisiti:

a) laurea magistrale conseguita in una delle seguenti classi:

LM-4, da LM-20 a LM-35, LM-69, LM-73, LM-74, di cui al decreto del

Ministro dell’universita’ e della ricerca in data 16 marzo 2007,

pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 157

del 9 luglio 2007, ovvero laurea specialistica conseguita nelle

seguenti classi: 4/S, da 25/S a 38/S, 77/S, 74/S, 86/S, di cui al

decreto del Ministro dell’universita’ e della ricerca scientifica e

tecnologica in data 4 agosto 2000, pubblicato nel supplemento

ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 245 del 19 ottobre 2000, ovvero

corrispondente diploma di laurea ai sensi del decreto del Ministro

dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca in data 5 maggio

2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 196 del 21 agosto 2004,

nonche’ attestazione, da parte di datori di lavoro o committenti,

comprovante l’espletamento di attivita’ lavorativa nel settore delle

costruzioni per almeno un anno;

b) laurea conseguita nelle seguenti classi L7, L8, L9, L17, L23,

di cui al predetto decreto ministeriale in data 16 marzo 2007, ovvero

laurea conseguita nelle classi 8, 9, 10, 4, di cui al citato decreto

ministeriale in data 4 agosto 2000, nonche’ attestazione, da parte di

datori di lavoro o committenti, comprovante l’espletamento di

attivita’ lavorative nel settore delle costruzioni per almeno due

anni;

c) diploma di geometra o perito industriale o perito agrario o

agrotecnico, nonche’ attestazione, da parte di datori di lavoro o

committenti, comprovante l’espletamento di attivita’ lavorativa nel

settore delle costruzioni per almeno tre anni.

2. I soggetti di cui al comma 1, devono essere, altresi’, in

possesso di attestato di frequenza, con verifica dell’apprendimento

finale, a specifico corso in materia di sicurezza organizzato dalle

regioni, mediante le strutture tecniche operanti nel settore della

prevenzione e della formazione professionale, o, in via alternativa,

dall’ISPESL, dall’INAIL, dall’Istituto italiano di medicina sociale,

dai rispettivi ordini o collegi professionali, dalle universita’,

dalle associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori o

dagli organismi paritetici istituiti nel settore dell’edilizia.

3. I contenuti, le modalita’ e la durata dei corsi di cui al

comma 2 devono rispettare almeno le prescrizioni di cui all’allegato

XIV.

4. L’attestato di cui al comma 2 non e’ richiesto per coloro che,

non piu’ in servizio, abbiano svolto attivita’ tecnica in materia di

sicurezza nelle costruzioni, per almeno cinque anni, in qualita’ di

pubblici ufficiali o di incaricati di pubblico servizio e per coloro

che producano un certificato universitario attestante il superamento

di un esame relativo ad uno specifico insegnamento del corso di

laurea nel cui programma siano presenti i contenuti minimi di cui

all’allegato XIV, o l’attestato di partecipazione ad un corso di

perfezionamento universitario con i medesimi contenuti minimi.

L’attestato di cui al comma 2 non e’ richiesto per coloro che sono in

possesso della laurea magistrale LM-26.

5. Le spese connesse all’espletamento dei corsi di cui al comma 2

sono a totale carico dei partecipanti.

6. Le regioni determinano la misura degli oneri per il

funzionamento dei corsi di cui al comma 2, da esse organizzati, da

porsi a carico dei partecipanti.

Art. 99.

Notifica preliminare



1. Il committente o il responsabile dei lavori, prima dell’inizio

dei lavori, trasmette all’azienda unita’ sanitaria locale e alla

direzione provinciale del lavoro territorialmente competenti la

notifica preliminare elaborata conformemente all’allegato XII,

nonche’ gli eventuali aggiornamenti nei seguenti casi:

a) cantieri di cui all’articolo 90, comma 3;

b) cantieri che, inizialmente non soggetti all’obbligo di

notifica, ricadono nelle categorie di cui alla lettera a) per effetto

di varianti sopravvenute in corso d’opera;

c) cantieri in cui opera un’unica impresa la cui entita’ presunta

di lavoro non sia inferiore a duecento uomini-giorno.

2. Copia della notifica deve essere affissa in maniera visibile

presso il cantiere e custodita a disposizione dell’organo di

vigilanza territorialmente competente.

3. Gli organismi paritetici istituiti nel settore delle costruzioni

in attuazione dell’articolo 51 possono chiedere copia dei dati

relativi alle notifiche preliminari presso gli organi di vigilanza.

Art. 100.

Piano di sicurezza e di coordinamento



1. Il piano e’ costituito da una relazione tecnica e prescrizioni

correlate alla complessita’ dell’opera da realizzare ed alle

eventuali fasi critiche del processo di costruzione, atte a prevenire

o ridurre i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi

compresi i rischi particolari di cui all’allegato XI, nonche’ la

stima dei costi di cui al punto 4 dell’allegato XV. Il piano di

sicurezza e coordinamento (PSC) e’ corredato da tavole esplicative di

progetto, relative agli aspetti della sicurezza, comprendenti almeno

una planimetria sull’organizzazione del cantiere e, ove la

particolarita’ dell’opera lo richieda, una tavola tecnica sugli

scavi. I contenuti minimi del piano di sicurezza e di coordinamento e

l’indicazione della stima dei costi della sicurezza sono definiti

all’allegato XV.

2. Il piano di sicurezza e coordinamento e’ parte integrante del

contratto di appalto.

3. I datori di lavoro delle imprese esecutrici e i lavoratori

autonomi sono tenuti ad attuare quanto previsto nel piano di cui al

comma 1 e nel piano operativo di sicurezza.

4. I datori di lavoro delle imprese esecutrici mettono a

disposizione dei rappresentanti per la sicurezza copia del piano di

sicurezza e di coordinamento e del piano operativo di sicurezza

almeno dieci giorni prima dell’inizio dei lavori.

5. L’impresa che si aggiudica i lavori ha facolta’ di presentare al

coordinatore per l’esecuzione proposte di integrazione al piano di

sicurezza e di coordinamento, ove ritenga di poter meglio garantire

la sicurezza nel cantiere sulla base della propria esperienza. In

nessun caso le eventuali integrazioni possono giustificare modifiche

o adeguamento dei prezzi pattuiti.

6. Le disposizioni del presente articolo non si applicano ai lavori

la cui esecuzione immediata e’ necessaria per prevenire incidenti

imminenti o per organizzare urgenti misure di salvataggio.

Art. 101.

Obblighi di trasmissione



1. Il committente o il responsabile dei lavori trasmette il piano

di sicurezza e di coordinamento a tutte le imprese invitate a

presentare offerte per l’esecuzione dei lavori. In caso di appalto di

opera pubblica si considera trasmissione la messa a disposizione del

piano a tutti i concorrenti alla gara di appalto.

2. Prima dell’inizio dei lavori l’impresa affidataria trasmette il

piano di cui al comma 1 alle imprese esecutrici e ai lavoratori

autonomi.

3. Prima dell’inizio dei rispettivi lavori ciascuna impresa

esecutrice trasmette il proprio piano operativo di sicurezza

all’impresa affidataria, la quale, previa verifica della congruenza

rispetto al proprio, lo trasmette al coordinatore per l’esecuzione. I

lavori hanno inizio dopo l’esito positivo delle suddette verifiche

che sono effettuate tempestivamente e comunque non oltre 15 giorni

dall’avvenuta ricezione.

Art. 102.

Consultazione dei rappresentanti per la sicurezza



1. Prima dell’accettazione del piano di sicurezza e di

coordinamento di cui all’articolo 100 e delle modifiche significative

apportate allo stesso, il datore di lavoro di ciascuna impresa

esecutrice consulta il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza

e gli fornisce eventuali chiarimenti sul contenuto del piano. Il

rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ha facolta’ di

formulare proposte al riguardo.

Art. 103.

Modalita’ di previsione dei livelli di emissione sonora



1. L’emissione sonora di attrezzature di lavoro, macchine e

impianti puo’ essere stimata in fase preventiva facendo riferimento a

livelli di rumore standard individuati da studi e misurazioni la cui

validita’ e’ riconosciuta dalla Commissione consultiva permanente di

cui all’articolo 6, riportando la fonte documentale cui si e’ fatto

riferimento.

Art. 104.

Modalita’ attuative di particolari obblighi



1. Nei cantieri la cui durata presunta dei lavori e’ inferiore ai

duecento giorni lavorativi, l’adempimento di quanto previsto

dall’articolo 102 costituisce assolvimento dell’obbligo di riunione

di cui all’articolo 35, salvo motivata richiesta del rappresentante

dei lavoratori per la sicurezza.

2. Nei cantieri la cui durata presunta dei lavori e’ inferiore ai

200 giorni lavorativi, e ove sia prevista la sorveglianza sanitaria

di cui all’articolo 41, la visita del medico competente agli ambienti

di lavoro in cantieri aventi caratteristiche analoghe a quelli gia’

visitati dallo stesso medico competente e gestiti dalle stesse

imprese, e’ sostituita o integrata, a giudizio del medico competente,

con l’esame di piani di sicurezza relativi ai cantieri in cui

svolgono la loro attivita’ i lavoratori soggetti alla sua

sorveglianza. Il medico competente visita almeno una volta all’anno

l’ambiente di lavoro in cui svolgono la loro attivita’ i lavoratori

soggetti alla sua sorveglianza.

3. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 37, i criteri e i

contenuti per la formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti

possono essere definiti dalle parti sociali in sede di contrattazione

nazionale di categoria.

4. I datori di lavoro, quando e’ previsto nei contratti di

affidamento dei lavori che il committente o il responsabile dei

lavori organizzi apposito servizio di pronto soccorso, antincendio ed

evacuazione dei lavoratori, sono esonerati da quanto previsto

dall’articolo 18, comma 1, lettera b).

Capo II

Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni

e nei lavori in quota

Sezione I

Campo di applicazione

Art. 105.

Attivita’ soggette



1. Le norme del presente capo si applicano alle attivita’ che, da

chiunque esercitate e alle quali siano addetti lavoratori subordinati

o autonomi, concernono la esecuzione dei lavori di costruzione,

manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione, risanamento,

ristrutturazione o equipaggiamento, la trasformazione, il

rinnovamento o lo smantellamento di opere fisse, permanenti o

temporanee, in muratura, in cemento armato, in metallo, in legno o in

altri materiali, comprese le linee e gli impianti elettrici, le opere

stradali, ferroviarie, idrauliche, marittime, idroelettriche, di

bonifica, sistemazione forestale e di sterro. Costituiscono, inoltre,

lavori di costruzione edile o di ingegneria civile gli scavi, ed il

montaggio e lo smontaggio di elementi prefabbricati utilizzati per la

realizzazione di lavori edili o di ingegneria civile. Le norme del

presente capo si applicano ai lavori in quota di cui al presente capo

e ad in ogni altra attivita’ lavorativa.

Art. 106.

Attivita’ escluse



1. Le disposizioni del presente capo non si applicano:

a) ai lavori di prospezione, ricerca e coltivazione delle

sostanze minerali;

b) alle attivita’ di prospezione, ricerca, coltivazione e

stoccaggio degli idrocarburi liquidi e gassosi nel territorio

nazionale, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale e

nelle altre aree sottomarine comunque soggette ai poteri dello Stato;

c) ai lavori svolti in mare.

Art. 107.

Definizioni



1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente capo si

intende per lavoro in quota: attivita’ lavorativa che espone il

lavoratore al rischio di caduta da una quota posta ad altezza

superiore a 2 m rispetto ad un piano stabile.

Sezione II

Disposizioni di carattere generale

Art. 108.

Viabilita’ nei cantieri



1. Durante i lavori deve essere assicurata nei cantieri la

viabilita’ delle persone e dei veicoli conformemente al punto 1

dell’allegato XVIII.

Art. 109.

Recinzione del cantiere



1. Il cantiere, in relazione al tipo di lavori effettuati, deve

essere dotato di recinzione avente caratteristiche idonee ad impedire

l’accesso agli estranei alle lavorazioni.

Art. 110.

Luoghi di transito



1. Il transito sotto ponti sospesi, ponti a sbalzo, scale aeree e

simili deve essere impedito con barriere o protetto con l’adozione di

misure o cautele adeguate.

Art. 111.

Obblighi del datore di lavoro nell’uso di attrezzature per lavori in

quota



1. Il datore di lavoro, nei casi in cui i lavori temporanei in

quota non possono essere eseguiti in condizioni di sicurezza e in

condizioni ergonomiche adeguate a partire da un luogo adatto allo

scopo, sceglie le attrezzature di lavoro piu’ idonee a garantire e

mantenere condizioni di lavoro sicure, in conformita’ ai seguenti

criteri:

a) priorita’ alle misure di protezione collettiva rispetto alle

misure di protezione individuale;

b) dimensioni delle attrezzature di lavoro confacenti alla natura

dei lavori da eseguire, alle sollecitazioni prevedibili e ad una

circolazione priva di rischi.

2. Il datore di lavoro sceglie il tipo piu’ idoneo di sistema di

accesso ai posti di lavoro temporanei in quota in rapporto alla

frequenza di circolazione, al dislivello e alla durata dell’impiego.

Il sistema di accesso adottato deve consentire l’evacuazione in caso

di pericolo imminente. Il passaggio da un sistema di accesso a

piattaforme, impalcati, passerelle e viceversa non deve comportare

rischi ulteriori di caduta.

3. Il datore di lavoro dispone affinche’ sia utilizzata una scala a

pioli quale posto di lavoro in quota solo nei casi in cui l’uso di

altre attrezzature di lavoro considerate piu’ sicure non e’

giustificato a causa del limitato livello di rischio e della breve

durata di impiego oppure delle caratteristiche esistenti dei siti che

non puo’ modificare.

4. Il datore di lavoro dispone affinche’ siano impiegati sistemi di

accesso e di posizionamento mediante funi alle quali il lavoratore e’

direttamente sostenuto, soltanto in circostanze in cui, a seguito

della valutazione dei rischi, risulta che il lavoro puo’ essere

effettuato in condizioni di sicurezza e l’impiego di un’altra

attrezzatura di lavoro considerata piu’ sicura non e’ giustificato a

causa della breve durata di impiego e delle caratteristiche esistenti

dei siti che non puo’ modificare. Lo stesso datore di lavoro prevede

l’impiego di un sedile munito di appositi accessori in funzione

dell’esito della valutazione dei rischi ed, in particolare, della

durata dei lavori e dei vincoli di carattere ergonomico.

5. Il datore di lavoro, in relazione al tipo di attrezzature di

lavoro adottate in base ai commi precedenti, individua le misure atte

a minimizzare i rischi per i lavoratori, insiti nelle attrezzature in

questione, prevedendo, ove necessario, l’installazione di dispositivi

di protezione contro le cadute. I predetti dispositivi devono

presentare una configurazione ed una resistenza tali da evitare o da

arrestare le cadute da luoghi di lavoro in quota e da prevenire, per

quanto possibile, eventuali lesioni dei lavoratori. I dispositivi di

protezione collettiva contro le cadute possono presentare

interruzioni soltanto nei punti in cui sono presenti scale a pioli o

a gradini.

6. Il datore di lavoro nel caso in cui l’esecuzione di un lavoro di

natura particolare richiede l’eliminazione temporanea di un

dispositivo di protezione collettiva contro le cadute, adotta misure

di sicurezza equivalenti ed efficaci. Il lavoro e’ eseguito previa

adozione di tali misure. Una volta terminato definitivamente o

temporaneamente detto lavoro di natura particolare, i dispositivi di

protezione collettiva contro le cadute devono essere ripristinati.

7. Il datore di lavoro effettua i lavori temporanei in quota

soltanto se le condizioni meteorologiche non mettono in pericolo la

sicurezza e la salute dei lavoratori.

8. Il datore di lavoro dispone affinche’ sia vietato assumere e

somministrare bevande alcoliche e superalcoliche ai lavoratori

addetti ai lavori in quota.

Art. 112.

Idoneita’ delle opere provvisionali



1. Le opere provvisionali devono essere allestite con buon

materiale ed a regola d’arte, proporzionate ed idonee allo scopo;

esse devono essere conservate in efficienza per la intera durata del

lavoro.

2. Prima di reimpiegare elementi di ponteggi di qualsiasi tipo si

deve provvedere alla loro verifica per eliminare quelli non ritenuti

piu’ idonei ai sensi dell’allegato XIX.

Art. 113.

Scale



1. Le scale fisse a gradini, destinate al normale accesso agli

ambienti di lavoro, devono essere costruite e mantenute in modo da

resistere ai carichi massimi derivanti da affollamento per situazioni

di emergenza. I gradini devono avere pedata e alzata dimensionate a

regola d’arte e larghezza adeguata alle esigenze del transito. Dette

scale ed i relativi pianerottoli devono essere provvisti, sui lati

aperti, di parapetto normale o di altra difesa equivalente. Le rampe

delimitate da due pareti devono essere munite di almeno un corrimano.

2. Le scale a pioli di altezza superiore a m 5, fissate su pareti o

incastellature verticali o aventi una inclinazione superiore a 75

gradi, devono essere provviste, a partire da m 2,50 dal pavimento o

dai ripiani, di una solida gabbia metallica di protezione avente

maglie o aperture di ampiezza tale da impedire la caduta accidentale

della persona verso l’esterno. La parete della gabbia opposta al

piano dei pioli non deve distare da questi piu’ di cm 60. I pioli

devono distare almeno 15 centimetri dalla parete alla quale sono

applicati o alla quale la scala e’ fissata. Quando l’applicazione

della gabbia alle scale costituisca intralcio all’esercizio o

presenti notevoli difficolta’ costruttive, devono essere adottate, in

luogo della gabbia, altre misure di sicurezza atte ad evitare la

caduta delle persone per un tratto superiore ad un metro.

3. Le scale semplici portatili (a mano) devono essere costruite con

materiale adatto alle condizioni di impiego, devono essere

sufficientemente resistenti nell’insieme e nei singoli elementi e

devono avere dimensioni appropriate al loro uso. Dette scale, se di

legno, devono avere i pioli fissati ai montanti mediante incastro. I

pioli devono essere privi di nodi. Tali pioli devono essere

trattenuti con tiranti in ferro applicati sotto i due pioli estremi;

nelle scale lunghe piu’ di 4 metri deve essere applicato anche un

tirante intermedio. E’ vietato l’uso di scale che presentino listelli

di legno chiodati sui montanti al posto dei pioli rotti. Esse devono

inoltre essere provviste di:

a) dispositivi antisdrucciolevoli alle estremita’ inferiori dei

due montanti;

b) ganci di trattenuta o appoggi antisdrucciolevoli alle

estremita’ superiori, quando sia necessario per assicurare la

stabilita’ della scala.

4. Per le scale provviste alle estremita’ superiori di dispositivi

di trattenuta, anche scorrevoli su guide, non sono richieste le

misure di sicurezza indicate nelle lettere a) e b) del comma 3. Le

scale a mano usate per l’accesso ai vari piani dei ponteggi e delle

impalcature non devono essere poste l’una in prosecuzione dell’altra.

Le scale che servono a collegare stabilmente due ponti, quando sono

sistemate verso la parte esterna del ponte, devono essere provviste

sul lato esterno di un corrimano parapetto.

5. Quando l’uso delle scale, per la loro altezza o per altre cause,

comporti pericolo di sbandamento, esse devono essere adeguatamente

assicurate o trattenute al piede da altra persona.

6. Il datore di lavoro assicura che le scale a pioli siano

sistemate in modo da garantire la loro stabilita’ durante l’impiego e

secondo i seguenti criteri:

a) le scale a pioli portatili devono poggiare su un supporto

stabile, resistente, di dimensioni adeguate e immobile, in modo da

garantire la posizione orizzontale dei pioli;

b) le scale a pioli sospese devono essere agganciate in modo

sicuro e, ad eccezione delle scale a funi, in maniera tale da evitare

spostamenti e qualsiasi movimento di oscillazione;

c) lo scivolamento del piede delle scale a pioli portatili,

durante il loro uso, deve essere impedito con fissaggio della parte

superiore o inferiore dei montanti, o con qualsiasi dispositivo

antiscivolo, o ricorrendo a qualsiasi altra soluzione di efficacia

equivalente;

d) le scale a pioli usate per l’accesso devono essere tali da

sporgere a sufficienza oltre il livello di accesso, a meno che altri

dispositivi garantiscono una presa sicura;

e) le scale a pioli composte da piu’ elementi innestabili o a

sfilo devono essere utilizzate in modo da assicurare il fermo

reciproco dei vari elementi;

f) le scale a pioli mobili devono essere fissate stabilmente

prima di accedervi.

7. Il datore di lavoro assicura che le scale a pioli siano

utilizzate in modo da consentire ai lavoratori di disporre in

qualsiasi momento di un appoggio e di una presa sicuri. In

particolare il trasporto a mano di pesi su una scala a pioli non deve

precludere una presa sicura.

8. Per l’uso delle scale portatili composte di due o piu’ elementi

innestati (tipo all’italiana o simili), oltre quanto prescritto nel

comma 3, si devono osservare le seguenti disposizioni:

a) la lunghezza della scala in opera non deve superare i 15

metri, salvo particolari esigenze, nel qual caso le estremita’

superiori dei montanti devono essere assicurate a parti fisse;

b) le scale in opera lunghe piu’ di 8 metri devono essere munite

di rompitratta per ridurre la freccia di inflessione;

c) nessun lavoratore deve trovarsi sulla scala quando se ne

effettua lo spostamento laterale;

d) durante l’esecuzione dei lavori, una persona deve esercitare

da terra una continua vigilanza della scala.

9. Le scale doppie non devono superare l’altezza di m 5 e devono

essere provviste di catena di adeguata resistenza o di altro

dispositivo che impedisca l’apertura della scala oltre il limite

prestabilito di sicurezza.

10. E’ ammessa la deroga alle disposizioni di carattere costruttivo

di cui ai commi 3, 8 e 9 per le scale portatili conformi all’allegato

XX.

Art. 114.

Protezione dei posti di lavoro



1. Quando nelle immediate vicinanze dei ponteggi o del posto di

caricamento e sollevamento dei materiali vengono impastati

calcestruzzi e malte o eseguite altre operazioni a carattere

continuativo il posto di lavoro deve essere protetto da un solido

impalcato sovrastante, contro la caduta di materiali.

2. Il posto di carico e di manovra degli argani a terra deve essere

delimitato con barriera per impedire la permanenza ed il transito

sotto i carichi.

3. Nei lavori che possono dar luogo a proiezione di schegge, come

quelli di spaccatura o scalpellatura di blocchi o pietre e simili,

devono essere predisposti efficaci mezzi di protezione a difesa sia

delle persone direttamente addette a tali lavori sia di coloro che

sostano o transitano in vicinanza. Tali misure non sono richieste per

i lavori di normale adattamento di pietrame nella costruzione di

muratura comune.

Art. 115.

Sistemi di protezione contro le cadute dall’alto



1. Nei lavori in quota qualora non siano state attuate misure di

protezione collettiva come previsto all’articolo 111, comma 1,

lettera a), e’ necessario che i lavoratori utilizzino idonei sistemi

di protezione composti da diversi elementi, non necessariamente

presenti contemporaneamente, quali i seguenti:

a) assorbitori di energia;

b) connettori;

c) dispositivo di ancoraggio;

d) cordini;

e) dispositivi retrattili;

f) guide o linee vita flessibili;

g) guide o linee vita rigide;

h) imbracature.

2. Il sistema di protezione, certificato per l’uso specifico, deve

permettere una caduta libera non superiore a 1,5 m o, in presenza di

dissipatore di energia a 4 metri.

3. Il cordino deve essere assicurato, direttamente o mediante

connettore lungo una guida o linea vita, a parti stabili delle opere

fisse o provvisionali.

4. Nei lavori su pali il lavoratore deve essere munito di ramponi o

mezzi equivalenti e di idoneo dispositivo anticaduta.

Art. 116.

Obblighi dei datori di lavoro concernenti l’impiego di sistemi di

accesso e di posizionamento mediante funi



1. Il datore di lavoro impiega sistemi di accesso e di

posizionamento mediante funi in conformita’ ai seguenti requisiti:

a) sistema comprendente almeno due funi ancorate separatamente,

una per l’accesso, la discesa e il sostegno, detta fune di lavoro, e

l’altra con funzione di dispositivo ausiliario, detta fune di

sicurezza. E’ ammesso l’uso di una fune in circostanze eccezionali in

cui l’uso di una seconda fune rende il lavoro piu’ pericoloso e se

sono adottate misure adeguate per garantire la sicurezza;

b) lavoratori dotati di un’adeguata imbracatura di sostegno

collegata alla fune di sicurezza;

c) fune di lavoro munita di meccanismi sicuri di ascesa e discesa

e dotata di un sistema autobloccante volto a evitare la caduta nel

caso in cui l’utilizzatore perda il controllo dei propri movimenti.

La fune di sicurezza deve essere munita di un dispositivo mobile

contro le cadute che segue gli spostamenti del lavoratore;

d) attrezzi ed altri accessori utilizzati dai lavoratori,

agganciati alla loro imbracatura di sostegno o al sedile o ad altro

strumento idoneo;

e) lavori programmati e sorvegliati in modo adeguato, anche al

fine di poter immediatamente soccorrere il lavoratore in caso di

necessita’. Il programma dei lavori definisce un piano di emergenza,

le tipologie operative, i dispositivi di protezione individuale, le

tecniche e le procedure operative, gli ancoraggi, il posizionamento

degli operatori, i metodi di accesso, le squadre di lavoro e gli

attrezzi di lavoro;

f) il programma di lavoro deve essere disponibile presso i luoghi

di lavoro ai fini della verifica da parte dell’organo di vigilanza

competente per territorio di compatibilita’ ai criteri di cui

all’articolo 111, commi 1 e 2.

2. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori interessati una

formazione adeguata e mirata alle operazioni previste, in particolare

in materia di procedure di salvataggio.

3. La formazione di cui al comma 2 ha carattere teorico-pratico e

deve riguardare:

a) l’apprendimento delle tecniche operative e dell’uso dei

dispositivi necessari;

b) l’addestramento specifico sia su strutture naturali, sia su

manufatti;

c) l’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale, loro

caratteristiche tecniche, manutenzione, durata e conservazione;

d) gli elementi di primo soccorso;

e) i rischi oggettivi e le misure di prevenzione e protezione;

f) le procedure di salvataggio.

4. I soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti

minimi di validita’ dei corsi sono riportati nell’allegato XXI.

Art. 117.

Lavori in prossimita’ di parti attive



1. Quando occorre effettuare lavori in prossimita’ di linee

elettriche o di impianti elettrici con parti attive non protette o

che per circostanze particolari si debbano ritenere non

sufficientemente protette, ferme restando le norme di buona tecnica,

si deve rispettare almeno una delle seguenti precauzioni:

a) mettere fuori tensione ed in sicurezza le parti attive per

tutta la durata dei lavori;

b) posizionare ostacoli rigidi che impediscano l’avvicinamento

alle parti attive;

c) tenere in permanenza, persone, macchine operatrici, apparecchi

di sollevamento, ponteggi ed ogni altra attrezzatura a distanza di

sicurezza.

2. La distanza di sicurezza deve essere tale che non possano

avvenire contatti diretti o scariche pericolose per le persone

tenendo conto del tipo di lavoro, delle attrezzature usate e delle

tensioni presenti.

Sezione III

Scavi e fondazioni

Art. 118.

Splateamento e sbancamento



1. Nei lavori di splateamento o sbancamento eseguiti senza

l’impiego di escavatori meccanici, le pareti delle fronti di attacco

devono avere una inclinazione o un tracciato tali, in relazione alla

natura del terreno, da impedire franamenti. Quando la parete del

fronte di attacco supera l’altezza di m 1,50, e’ vietato il sistema

di scavo manuale per scalzamento alla base e conseguente franamento

della parete.

2. Quando per la particolare natura del terreno o per causa di

piogge, di infiltrazione, di gelo o disgelo, o per altri motivi,

siano da temere frane o scoscendimenti, deve essere provveduto

all’armatura o al consolidamento del terreno.

3. Nei lavori di escavazione con mezzi meccanici deve essere

vietata la presenza degli operai nel campo di azione dell’escavatore

e sul ciglio del fronte di attacco.

4. Il posto di manovra dell’addetto all’escavatore, quando questo

non sia munito di cabina metallica, deve essere protetto con solido

riparo.

5. Ai lavoratori deve essere fatto esplicito divieto di avvicinarsi

alla base della parete di attacco e, in quanto necessario in

relazione all’altezza dello scavo o alle condizioni di accessibilita’

del ciglio della platea superiore, la zona superiore di pericolo deve

essere almeno delimitata mediante opportune segnalazioni spostabili

col proseguire dello scavo.



Art. 119.

Pozzi, scavi e cunicoli

1. Nello scavo di pozzi e di trincee profondi piu’ di m 1,50,

quando la consistenza del terreno non dia sufficiente garanzia di

stabilita’, anche in relazione alla pendenza delle pareti, si deve

provvedere, man mano che procede lo scavo, alla applicazione delle

necessarie armature di sostegno.

2. Le tavole di rivestimento delle pareti devono sporgere dai bordi

degli scavi di almeno 30 centimetri.

3. Nello scavo dei cunicoli, a meno che si tratti di roccia che non

presenti pericolo di distacchi, devono predisporsi idonee armature

per evitare franamenti della volta e delle pareti. Dette armature

devono essere applicate man mano che procede il lavoro di

avanzamento; la loro rimozione puo’ essere effettuata in relazione al

progredire del rivestimento in muratura.

4. Idonee armature e precauzioni devono essere adottate nelle

sottomurazioni e quando in vicinanza dei relativi scavi vi siano

fabbriche o manufatti le cui fondazioni possano essere scoperte o

indebolite dagli scavi.

5. Nella infissione di pali di fondazione devono essere adottate

misure e precauzioni per evitare che gli scuotimenti del terreno

producano lesioni o danni alle opere vicine con pericolo per i

lavoratori.

6. Nei lavori in pozzi di fondazione profondi oltre 3 metri deve

essere disposto, a protezione degli operai addetti allo scavo ed

all’asportazione del materiale scavato, un robusto impalcato con

apertura per il passaggio della benna.

7. Nei pozzi e nei cunicoli deve essere prevista una adeguata

assistenza all’esterno e le loro dimensioni devono essere tali da

permettere il recupero di un lavoratore infortunato privo di sensi.

Art. 120.

Deposito di materiali in prossimita’ degli scavi



1. E’ vietato costituire depositi di materiali presso il ciglio

degli scavi. Qualora tali depositi siano necessari per le condizioni

del lavoro, si deve provvedere alle necessarie puntellature.

Art. 121.

Presenza di gas negli scavi



1. Quando si eseguono lavori entro pozzi, fogne, cunicoli, camini e

fosse in genere, devono essere adottate idonee misure contro i

pericoli derivanti dalla presenza di gas o vapori tossici,

asfissianti, infiammabili o esplosivi, specie in rapporto alla natura

geologica del terreno o alla vicinanza di fabbriche, depositi,

raffinerie, stazioni di compressione e di decompressione, metanodotti

e condutture di gas, che possono dar luogo ad infiltrazione di

sostanze pericolose.

2. Quando sia accertata o sia da temere la presenza di gas tossici,

asfissianti o la irrespirabilita’ dell’aria ambiente e non sia

possibile assicurare una efficiente aerazione ed una completa

bonifica, i lavoratori devono essere provvisti di idonei dispositivi

di protezione individuale delle vie respiratore, ed essere muniti di

idonei dispositivi di protezione individuale collegati ad un idoneo

sistema di salvataggio, che deve essere tenuto all’esterno dal

personale addetto alla sorveglianza. Questo deve mantenersi in

continuo collegamento con gli operai all’interno ed essere in grado

di sollevare prontamente all’esterno il lavoratore colpito dai gas.

3. Possono essere adoperate le maschere respiratorie, in luogo di

autorespiratori, solo quando, accertate la natura e la concentrazione

dei gas o vapori nocivi o asfissianti, esse offrano garanzia di

sicurezza e sempreche’ sia assicurata una efficace e continua

aerazione.

4. Quando si sia accertata la presenza di gas infiammabili o

esplosivi, deve provvedersi alla bonifica dell’ambiente mediante

idonea ventilazione; deve inoltre vietarsi, anche dopo la bonifica,

se siano da temere emanazioni di gas pericolosi, l’uso di apparecchi

a fiamma, di corpi incandescenti e di apparecchi comunque

suscettibili di provocare fiamme o surriscaldamenti atti ad

incendiare il gas.

5. Nei casi previsti dai commi 2, 3 e 4, i lavoratori devono essere

abbinati nell’esecuzione dei lavori.

Sezione IV

Ponteggi e impalcature in legname



Art. 122.

Ponteggi ed opere provvisionali



1. Nei lavori che sono eseguiti ad un’altezza superiore ai m 2,

devono essere adottate, seguendo lo sviluppo dei lavori stessi,

adeguate impalcature o ponteggi o idonee opere provvisionali o

comunque precauzioni atte ad eliminare i pericoli di caduta di

persone e di cose conformemente al punto 2 dell’allegato XVIII.

Art. 123.

Montaggio e smontaggio delle opere provvisionali



1. Il montaggio e lo smontaggio delle opere provvisionali devono

essere eseguiti sotto la diretta sorveglianza di un preposto ai

lavori.

Art. 124.

Deposito di materiali sulle impalcature



1. Sopra i ponti di servizio e sulle impalcature in genere e’

vietato qualsiasi deposito, eccettuato quello temporaneo dei

materiali ed attrezzi necessari ai lavori.

2. Il peso dei materiali e delle persone deve essere sempre

inferiore a quello che e’ consentito dalla resistenza strutturale del

ponteggio; lo spazio occupato dai materiali deve consentire i

movimenti e le manovre necessarie per l’andamento del lavoro.

Art. 125.

Disposizione dei montanti



1. I montanti devono essere costituiti con elementi accoppiati, i

cui punti di sovrapposizione devono risultare sfalsati di almeno un

metro; devono altresi’ essere verticali o leggermente inclinati verso

la costruzione.

2. Per le impalcature fino ad 8 metri di altezza sono ammessi

montanti singoli in un sol pezzo; per impalcature di altezza

superiore, soltanto per gli ultimi 7 metri i montanti possono essere

ad elementi singoli.

3. Il piede dei montanti deve essere solidamente assicurato alla

base di appoggio o di infissione in modo che sia impedito ogni

cedimento in senso verticale ed orizzontale.

4. L’altezza dei montanti deve superare di almeno metri 1,20

l’ultimo impalcato o il piano di gronda.

5. La distanza tra due montanti consecutivi non deve essere

superiore a m 3,60; puo’ essere consentita una maggiore distanza

quando cio’ sia richiesto da evidenti motivi di esercizio del

cantiere, purche’, in tale caso, la sicurezza del ponteggio risulti

da un progetto redatto da un ingegnere o architetto corredato dai

relativi calcoli di stabilita’.

6. Il ponteggio deve essere efficacemente ancorato alla costruzione

almeno in corrispondenza ad ogni due piani di ponteggio e ad ogni due

montanti, con disposizione di ancoraggi a rombo o di pari efficacia.

Art. 126.

Parapetti



1. Gli impalcati e ponti di servizio, le passerelle, le andatoie,

che siano posti ad un’altezza maggiore di 2 metri, devono essere

provvisti su tutti i lati verso il vuoto di robusto parapetto e in

buono stato di conservazione.

Art. 127.

Ponti a sbalzo



1. Nei casi in cui particolari esigenze non permettono l’impiego di

ponti normali, possono essere consentiti ponti a sbalzo purche’ la

loro costruzione risponda a idonei procedimenti di calcolo e ne

garantisca la solidita’ e la stabilita’.

Art. 128.

Sottoponti



1. Gli impalcati e ponti di servizio devono avere un sottoponte di

sicurezza, costruito come il ponte, a distanza non superiore a m

2,50.

2. La costruzione del sottoponte puo’ essere omessa per i ponti

sospesi, per i ponti a sbalzo e quando vengano eseguiti lavori di

manutenzione e di riparazione di durata non superiore a cinque

giorni.

Art. 129.

Impalcature nelle costruzioni in conglomerato cementizio



1. Nella esecuzione di opere a struttura in conglomerato

cementizio, quando non si provveda alla costruzione da terra di una

normale impalcatura con montanti, prima di iniziare la erezione delle

casseforme per il getto dei pilastri perimetrali, deve essere

sistemato, in corrispondenza al piano raggiunto, un regolare ponte di

sicurezza a sbalzo, avente larghezza utile di almeno m 1,20.

2. Le armature di sostegno del cassero per il getto della

successiva soletta o della trave perimetrale, non devono essere

lasciate sporgere dal filo del fabbricato piu’ di 40 centimetri per

l’affrancamento della sponda esterna del cassero medesimo. Come sotto

ponte puo’ servire l’impalcato o ponte a sbalzo costruito in

corrispondenza al piano sottostante.

3. In corrispondenza ai luoghi di transito o stazionamento deve

essere sistemato, all’altezza del solaio di copertura del piano

terreno, un impalcato di sicurezza (mantovana) a protezione contro la

caduta di materiali dall’alto. Tale protezione puo’ essere sostituita

con una chiusura continua in graticci sul fronte del ponteggio,

qualora presenti le stesse garanzie di sicurezza, o con la

segregazione dell’area sottostante.

Art. 130.

Andatoie e passerelle



1. Le andatoie devono avere larghezza non minore di m 0,60, quando

siano destinate soltanto al passaggio di lavoratori e di m 1,20, se

destinate al trasporto di materiali. La loro pendenza non deve essere

maggiore del 50 per cento.

2. Le andatoie lunghe devono essere interrotte da pianerottoli di

riposo ad opportuni intervalli; sulle tavole delle andatoie devono

essere fissati listelli trasversali a distanza non maggiore del passo

di un uomo carico.

Sezione V

Ponteggi fissi



Art. 131.

Autorizzazione alla costruzione ed all’impiego



1. La costruzione e l’impiego dei ponteggi realizzati con elementi

portanti prefabbricati, metallici o non, sono disciplinati dalle

norme della presente sezione.

2. Per ciascun tipo di ponteggio, il fabbricante chiede al

Ministero del lavoro e della previdenza sociale l’autorizzazione alla

costruzione ed all’impiego, corredando la domanda di una relazione

nella quale devono essere specificati gli elementi di cui

all’articolo seguente.

3. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, in aggiunta

all’autorizzazione di cui al comma 2 attesta, a richiesta e a seguito

di esame della documentazione tecnica, la rispondenza del ponteggio

gia’ autorizzato anche alle norme UNI EN 12810 e UNI EN 12811 o per i

giunti alla norma UNI EN 74.

4. Possono essere autorizzati alla costruzione ed all’impiego

ponteggi aventi interasse qualsiasi tra i montanti della stessa fila

a condizione che i risultati adeguatamente verificati delle prove di

carico condotte su prototipi significativi degli schemi funzionali

garantiscano la sussistenza dei gradi di sicurezza previsti dalle

norme di buona tecnica.

5. L’autorizzazione e’ soggetta a rinnovo ogni dieci anni per

verificare l’adeguatezza del ponteggio all’evoluzione del progresso

tecnico.

6. Chiunque intende impiegare ponteggi deve farsi rilasciare dal

fabbricante copia della autorizzazione di cui al comma 2 e delle

istruzioni e schemi elencati al comma 1, lettere d), e), f) e g)

dell’articolo 132.

7. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale si avvale

anche dell’ISPESL per il controllo delle caratteristiche tecniche dei

ponteggi dichiarate dal titolare dell’autorizzazione, attraverso

controlli a campione presso le sedi di produzione.

Art. 132.

Relazione tecnica



1. La relazione di cui all’articolo 131 deve contenere:

a) descrizione degli elementi che costituiscono il ponteggio,

loro dimensioni con le tolleranze ammissibili e schema dell’insieme;

b) caratteristiche di resistenza dei materiali impiegati e

coefficienti di sicurezza adottati per i singoli materiali;

c) indicazione delle prove di carico, a cui sono stati sottoposti

i vari elementi;

d) calcolo del ponteggio secondo varie condizioni di impiego;

e) istruzioni per le prove di carico del ponteggio;

f) istruzioni per il montaggio, impiego e smontaggio del

ponteggio;

g) schemi-tipo di ponteggio con l’indicazione dei massimi ammessi

di sovraccarico, di altezza dei ponteggi e di larghezza degli

impalcati per i quali non sussiste l’obbligo del calcolo per ogni

singola applicazione.

Art. 133.

Progetto



1. I ponteggi di altezza superiore a 20 metri e quelli per i quali

nella relazione di calcolo non sono disponibili le specifiche

configurazioni strutturali utilizzate con i relativi schemi di

impiego, nonche’ le altre opere provvisionali, costituite da elementi

metallici o non, oppure di notevole importanza e complessita’ in

rapporto alle loro dimensioni ed ai sovraccarichi, devono essere

eretti in base ad un progetto comprendente:

a) calcolo di resistenza e stabilita’ eseguito secondo le

istruzioni approvate nell’autorizzazione ministeriale;

b) disegno esecutivo.

2. Dal progetto, che deve essere firmato da un ingegnere o

architetto abilitato a norma di legge all’esercizio della

professione, deve risultare quanto occorre per definire il ponteggio

nei riguardi dei carichi, delle sollecitazioni e dell’esecuzione.

3. Copia dell’autorizzazione ministeriale di cui all’articolo 131 e

copia del progetto e dei disegni esecutivi devono essere tenute ed

esibite, a richiesta degli organi di vigilanza, nei cantieri in cui

vengono usati i ponteggi e le opere provvisionali di cui al comma 1.

Art. 134.

Documentazione



1. Nei cantieri in cui vengono usati ponteggi deve essere tenuta ed

esibita, a richiesta degli organi di vigilanza, copia della

documentazione di cui al comma 6 dell’articolo 131 e copia del piano

di montaggio, uso e smontaggio (Pi.M.U.S.), in caso di lavori in

quota, i cui contenuti sono riportati nell’allegato XXII del presente

Titolo.

2. Le eventuali modifiche al ponteggio, che devono essere subito

riportate sul disegno, devono restare nell’ambito dello schema-tipo

che ha giustificato l’esenzione dall’obbligo del calcolo.

Art. 135.

Marchio del fabbricante



1. Gli elementi dei ponteggi devono portare impressi, a rilievo o

ad incisione, e comunque in modo visibile ed indelebile il marchio

del fabbricante.

Art. 136.

Montaggio e smontaggio



1. Nei lavori in quota il datore di lavoro provvede a redigere a

mezzo di persona competente un piano di montaggio, uso e smontaggio

(Pi.M.U.S.), in funzione della complessita’ del ponteggio scelto, con

la valutazione delle condizioni di sicurezza realizzate attraverso

l’adozione degli specifici sistemi utilizzati nella particolare

realizzazione e in ciascuna fase di lavoro prevista. Tale piano puo’

assumere la forma di un piano di applicazione generalizzata integrato

da istruzioni e progetti particolareggiati per gli schemi speciali

costituenti il ponteggio, ed e’ messo a disposizione del preposto

addetto alla sorveglianza e dei lavoratori interessati.

2. Nel serraggio di piu’ aste concorrenti in un nodo i giunti

devono essere collocati strettamente l’uno vicino all’altro.

3. Per ogni piano di ponte devono essere applicati due correnti, di

cui uno puo’ fare parte del parapetto.

4. Il datore di lavoro assicura che:

a) lo scivolamento degli elementi di appoggio di un ponteggio e’

impedito tramite fissaggio su una superficie di appoggio, o con un

dispositivo antiscivolo, oppure con qualsiasi altra soluzione di

efficacia equivalente;

b) i piani di posa dei predetti elementi di appoggio hanno una

capacita’ portante sufficiente;

c) il ponteggio e’ stabile;

d) dispositivi appropriati impediscono lo spostamento

involontario dei ponteggi su ruote durante l’esecuzione dei lavori in

quota;

e) le dimensioni, la forma e la disposizione degli impalcati di

un ponteggio sono idonee alla natura del lavoro da eseguire, adeguate

ai carichi da sopportare e tali da consentire un’esecuzione dei

lavori e una circolazione sicure;

f) il montaggio degli impalcati dei ponteggi e’ tale da impedire

lo spostamento degli elementi componenti durante l’uso, nonche’ la

presenza di spazi vuoti pericolosi fra gli elementi che costituiscono

gli impalcati e i dispositivi verticali di protezione collettiva

contro le cadute.

5. Il datore di lavoro provvede ad evidenziare le parti di

ponteggio non pronte per l’uso, in particolare durante le operazioni

di montaggio, smontaggio o trasformazione, mediante segnaletica di

avvertimento di pericolo generico e delimitandole con elementi

materiali che impediscono l’accesso alla zona di pericolo, ai sensi

del titolo V.

6. Il datore di lavoro assicura che i ponteggi siano montati,

smontati o trasformati sotto la diretta sorveglianza di un preposto,

a regola d’arte e conformemente al Pi.M.U.S., ad opera di lavoratori

che hanno ricevuto una formazione adeguata e mirata alle operazioni

previste.

7. La formazione di cui al comma 6 ha carattere teorico-pratico e

deve riguardare:

a) la comprensione del piano di montaggio, smontaggio o

trasformazione del ponteggio;

b) la sicurezza durante le operazioni di montaggio, smontaggio o

trasformazione del ponteggio con riferimento alla legislazione

vigente;

c) le misure di prevenzione dei rischi di caduta di persone o di

oggetti;

d) le misure di sicurezza in caso di cambiamento delle condizioni

meteorologiche pregiudizievoli alla sicurezza del ponteggio;

e) le condizioni di carico ammissibile;

f) qualsiasi altro rischio che le suddette operazioni di

montaggio, smontaggio o trasformazione possono comportare.

8. I soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti

minimi di validita’ dei corsi sono riportati nell’allegato XXI.

Art. 137.

Manutenzione e revisione



1. Il responsabile del cantiere, ad intervalli periodici o dopo

violente perturbazioni atmosferiche o prolungata interruzione di

lavoro deve assicurarsi della verticalita’ dei montanti, del giusto

serraggio dei giunti, della efficienza degli ancoraggi e dei

controventi, curando l’eventuale sostituzione o il rinforzo di

elementi inefficienti.

2. I vari elementi metallici devono essere difesi dagli agenti

nocivi esterni con idonei sistemi di protezione.

Art. 138.

Norme particolari



1. Le tavole che costituiscono l’impalcato devono essere fissate in

modo che non possano scivolare sui traversi metallici.

2. E’ consentito un distacco delle tavole del piano di calpestio

dalla muratura non superiore a 30 centimetri.

3. E’ fatto divieto di gettare dall’alto gli elementi del

ponteggio.

4. E’ fatto divieto di salire e scendere lungo i montanti.

5. Per i ponteggi di cui alla presente sezione valgono, in quanto

applicabili, le disposizioni relative ai ponteggi in legno. Sono

ammesse deroghe:

a) alla disposizione di cui all’articolo 125, comma 4, a

condizione che l’altezza dei montanti superi di almeno 1 metro

l’ultimo impalcato o il piano di gronda;

b) alla disposizione di cui all’articolo 126, comma 1, a

condizione che l’altezza del parapetto sia non inferiore a 95 cm

rispetto al piano di calpestio;

c) alla disposizione di cui all’articolo 126, comma 1, a

condizione che l’altezza del fermapiede sia non inferiore a 15 cm

rispetto al piano di calpestio;

d) alla disposizione di cui all’articolo 128, comma 1, nel caso

di ponteggi di cui all’articolo 131, commi 2 e 3, che prevedano

specifici schemi-tipo senza sottoponte di sicurezza.

Sezione VI

Ponteggi movibili

Art. 139.

Ponti su cavalletti



1. I ponti su cavalletti non devono aver altezza superiore a metri

2 e non devono essere montati sugli impalcati dei ponteggi.

Art. 140.

Ponti su ruote a torre



1. I ponti su ruote devono avere base ampia in modo da resistere,

con largo margine di sicurezza, ai carichi ed alle oscillazioni cui

possono essere sottoposti durante gli spostamenti o per colpi di

vento e in modo che non possano essere ribaltati.

2. Il piano di scorrimento delle ruote deve risultare livellato; il

carico del ponte sul terreno deve essere opportunamente ripartito con

tavoloni o altro mezzo equivalente.

3. Le ruote del ponte in opera devono essere saldamente bloccate

con cunei dalle due parti o sistemi equivalenti.

4. I ponti su ruote devono essere ancorati alla costruzione almeno

ogni due piani; e’ ammessa deroga a tale obbligo per i ponti su ruote

a torre conformi all’allegato XXIII.

5. La verticalita’ dei ponti su ruote deve essere controllata con

livello o con pendolino.

6. I ponti, esclusi quelli usati nei lavori per le linee elettriche

di contatto, non devono essere spostati quando su di essi si trovano

lavoratori o carichi.

Sezione VII

Costruzioni edilizie

Art. 141.

Strutture speciali



1. Durante la costruzione o il consolidamento di cornicioni di

gronda e di opere sporgenti dai muri, devono essere adottate

precauzioni per impedirne la caduta, ponendo armature provvisorie

atte a sostenerle fino a che la stabilita’ dell’opera sia

completamente assicurata.

Art. 142.

Costruzioni di archi, volte e simili



1. Le armature provvisorie per la esecuzione di manufatti, quali

archi, volte, architravi, piattabande, solai, scale e di qualsiasi

altra opera sporgente dal muro, in cemento armato o in muratura di

ogni genere, devono essere costruite in modo da assicurare, in ogni

fase del lavoro, la necessaria solidita’ e con modalita’ tali da

consentire, a getto o costruzione ultimata, il loro progressivo

abbassamento e disarmo.

2. Le armature provvisorie per grandi opere, come centine per ponti

ad arco, per coperture ad ampia luce e simili, che non rientrino

negli schemi di uso corrente, devono essere eseguite su progetto

redatto da un ingegnere o architetto, corredato dai relativi calcoli

di stabilita’.

3. I disegni esecutivi, firmati dal progettista di cui al

comma precedente, devono essere esibiti sul posto di lavoro a

richiesta degli organi di vigilanza.

Art. 143.

Posa delle armature e delle centine



1. Prima della posa delle armature e delle centine di sostegno

delle opere di cui all’articolo precedente, e’ fatto obbligo di

assicurarsi della resistenza del terreno o delle strutture sulle

quali esse debbono poggiare, in modo da prevenire cedimenti delle

armature stesse o delle strutture sottostanti, con particolare

riguardo a possibili degradazioni per presenza d’acqua.

Art. 144.

Resistenza delle armature



1. Le armature devono sopportare con sicurezza, oltre il peso delle

strutture, anche quello delle persone e dei sovraccarichi eventuali,

nonche’ le sollecitazioni dinamiche che possano dar luogo a

vibrazioni durante l’esecuzione dei lavori e quelle prodotte dalla

spinta del vento e dell’acqua.

2. Il carico gravante al piede dei puntelli di sostegno deve essere

opportunamente distribuito.

Art. 145.

Disarmo delle armature



1. Il disarmo delle armature provvisorie di cui al comma 2

dell’articolo 142 deve essere effettuato con cautela dai lavoratori

che hanno ricevuto una formazione adeguata e mirata alle operazioni

previste sotto la diretta sorveglianza del capo cantiere e sempre

dopo che il direttore dei lavori ne abbia data l’autorizzazione.

2. E’ fatto divieto di disarmare qualsiasi tipo di armatura di

sostegno quando sulle strutture insistano carichi accidentali e

temporanei.

3. Nel disarmo delle armature delle opere in calcestruzzo devono

essere adottate le misure precauzionali previste dalle norme per la

esecuzione delle opere in conglomerato cementizio.

Art. 146.

Difesa delle aperture



1. Le aperture lasciate nei solai o nelle piattaforme di lavoro

devono essere circondate da normale parapetto e da tavola fermapiede

oppure devono essere coperte con tavolato solidamente fissato e di

resistenza non inferiore a quella del piano di calpestio dei ponti di

servizio.

2. Qualora le aperture vengano usate per il passaggio di materiali

o di persone, un lato del parapetto puo’ essere costituito da una

barriera mobile non asportabile, che deve essere aperta soltanto per

il tempo necessario al passaggio.

3. Le aperture nei muri prospicienti il vuoto o vani che abbiano

una profondita’ superiore a m 0,50 devono essere munite di normale

parapetto e tavole fermapiede oppure essere convenientemente sbarrate

in modo da impedire la caduta di persone.

Art. 147.

Scale in muratura



1. Lungo le rampe ed i pianerottoli delle scale fisse in

costruzione, fino alla posa in opera delle ringhiere, devono essere

tenuti parapetti normali con tavole fermapiede fissati rigidamente a

strutture resistenti.

2. Il vano-scala deve essere coperto con una robusta impalcatura

posta all’altezza del pavimento del primo piano a difesa delle

persone transitanti al piano terreno contro la caduta dei materiali.

3. Sulle rampe delle scale in costruzione ancora mancanti di

gradini, qualora non siano sbarrate per impedirvi il transito, devono

essere fissati intavolati larghi almeno 60 centimetri, sui quali

devono essere applicati trasversalmente listelli di legno posti a

distanza non superiore a 40 centimetri.

Art. 148.

Lavori speciali



1. Prima di procedere alla esecuzione di lavori su lucernari,

tetti, coperture e simili, deve essere accertato che questi abbiano

resistenza sufficiente per sostenere il peso degli operai e dei

materiali di impiego.

2. Nel caso in cui sia dubbia tale resistenza, devono essere

adottati i necessari apprestamenti atti a garantire la incolumita’

delle persone addette, disponendo, a seconda dei casi, tavole sopra

le orditure, sottopalchi e facendo uso di idonei dispositivi di

protezione individuale anticaduta.

Art. 149.

Paratoie e cassoni



1. Paratoie e cassoni devono essere:

a) ben costruiti, con materiali appropriati e solidi dotati di

resistenza sufficiente;

b) provvisti dell’attrezzatura adeguata per consentire ai

lavoratori di ripararsi in caso di irruzione d’acqua e di materiali.

2. La costruzione, la sistemazione, la trasformazione o lo

smantellamento di una paratoia o di un cassone devono essere

effettuati soltanto sotto la diretta sorveglianza di un preposto.

3. Il datore di lavoro assicura che le paratoie e i cassoni vengano

ispezionati ad intervalli regolari.

Sezione VIII

Demolizioni

Art. 150.

Rafforzamento delle strutture



1. Prima dell’inizio di lavori di demolizione e’ fatto obbligo di

procedere alla verifica delle condizioni di conservazione e di

stabilita’ delle varie strutture da demolire.

2. In relazione al risultato di tale verifica devono essere

eseguite le opere di rafforzamento e di puntellamento necessarie ad

evitare che, durante la demolizione, si verifichino crolli

intempestivi.

Art. 151.

Ordine delle demolizioni



1. I lavori di demolizione devono procedere con cautela e con

ordine, devono essere eseguiti sotto la sorveglianza di un preposto e

condotti in maniera da non pregiudicare la stabilita’ delle strutture

portanti o di collegamento e di quelle eventuali adiacenti.

2. La successione dei lavori deve risultare da apposito programma

contenuto nel POS, tenendo conto di quanto indicato nel PSC, ove

previsto, che deve essere tenuto a disposizione degli organi di

vigilanza.

Art. 152.

Misure di sicurezza



1. La demolizione dei muri effettuata con attrez-zature manuali

deve essere fatta servendosi di ponti di servizio indipendenti

dall’opera in demolizione.

2. E’ vietato lavorare e fare lavorare gli operai sui muri in

demolizione.

3. Gli obblighi di cui ai commi 1 e 2 non sussistono quando

trattasi di muri di altezza inferiore ai due metri.

Art. 153.

Convogliamento del materiale di demolizione



1. Il materiale di demolizione non deve essere gettato dall’alto,

ma deve essere trasportato oppure convogliato in appositi canali, il

cui estremo inferiore non deve risultare ad altezza maggiore di due

metri dal livello del piano di raccolta.

2. I canali suddetti devono essere costruiti in modo che ogni

tronco imbocchi nel tronco successivo; gli eventuali raccordi devono

essere adeguatamente rinforzati.

3. L’imboccatura superiore del canale deve essere realizzata in

modo che non possano cadervi accidentalmente persone.

4. Ove sia costituito da elementi pesanti od ingombranti, il

materiale di demolizione deve essere calato a terra con mezzi idonei.

5. Durante i lavori di demolizione si deve provvedere a ridurre il

sollevamento della polvere, irrorando con acqua le murature ed i

materiali di risulta.



Art. 154.

Sbarramento della zona di demolizione



1. Nella zona sottostante la demolizione deve essere vietata la

sosta ed il transito, delimitando la zona stessa con appositi

sbarramenti.

2. L’accesso allo sbocco dei canali di scarico per il caricamento

ed il trasporto del materiale accumulato deve essere consentito

soltanto dopo che sia stato sospeso lo scarico dall’alto.

Art. 155.

Demolizione per rovesciamento



1. Salvo l’osservanza delle leggi e dei regolamenti speciali e

locali, la demolizione di parti di strutture aventi altezza sul

terreno non superiore a 5 metri puo’ essere effettuata mediante

rovesciamento per trazione o per spinta.

2. La trazione o la spinta deve essere esercitata in modo graduale

e senza strappi e deve essere eseguita soltanto su elementi di

struttura opportunamente isolati dal resto del fabbricato in

demolizione in modo da non determinare crolli intempestivi o non

previsti di altre parti.

3. Devono inoltre essere adottate le precauzioni necessarie per la

sicurezza del lavoro quali: trazione da distanza non minore di una

volta e mezzo l’altezza del muro o della struttura da abbattere e

allontanamento degli operai dalla zona interessata.

4. Il rovesciamento per spinta puo’ essere effettuato con

martinetti solo per opere di altezza non superiore a 3 metri, con

l’ausilio di puntelli sussidiari contro il ritorno degli elementi

smossi.

5. Deve essere evitato in ogni caso che per lo scuotimento del

terreno in seguito alla caduta delle strutture o di grossi blocchi

possano derivare danni o lesioni agli edifici vicini o ad opere

adiacenti pericolose per i lavoratori addetti.

Art. 156.

Verifiche



1. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentita la

Commissione consultiva permanente, puo’ stabilire l’obbligo di

sottoporre a verifiche ponteggi e attrezzature per costruzioni,

stabilendo le modalita’ e l’organo tecnico incaricato.

Capo III

Sanzioni

Art. 157.

Sanzioni per i committenti e i responsabili dei lavori



1. Il committente o il responsabile dei lavori sono puniti:

a) con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.500 a

10.000 euro per la violazione degli articoli 90, commi 1, secondo

periodo, 3, 4 e 5;

b) con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 1.250 a

5.000 euro per la violazione dell’articolo 90, comma 9, lettera a);

c) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.200 a 3.600

euro per la violazione dell’articolo 101, comma 1, primo periodo;

d) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 6.000

euro per la violazione dell’articolo 90, comma 9, lettera c).

Art. 158.

Sanzioni per i coordinatori



1. Il coordinatore per la progettazione e’ punito con l’arresto da

tre a sei mesi o con l’ammenda da 3.000 a 12.000 euro per la

violazione dell’articolo 91, comma 1.

2. Il coordinatore per l’esecuzione dei lavori e’ punito:

a) con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 3.000 a

12.000 euro per la violazione dell’articolo 92, comma 1,

lettere a), b), c), e) ed f), e con l’arresto da tre a sei mesi o con

l’ammenda da 3.000 a 8.000 euro per la violazione dell’articolo 92,

comma 2;

b) con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 1.250 a

5.000 euro per la violazione dell’articolo 92, comma 1, lettera d).

Art. 159.

Sanzioni per i datori di lavoro, i dirigenti e i preposti



1. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:

a) con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 3.000 a

12.000 euro per la violazione degli articoli 96, comma 1,

lettere a), b), c) e g), 97, comma 1, 100, comma 3, 117, 118, 121,

126, 128, comma 1, 145, commi 1 e 2, 148;

b) con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 1.500 a

5.000 euro per la violazione degli articoli 112, 119, 122, 123, 125,

commi 1, 2 e 3, 127, 129, comma 1, 136, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6, 151,

comma 1, 152, comma 1, 154;

c) con l’arresto sino a due mesi o con l’ammenda da 500 a 2.000

euro per la violazione degli articoli 96, comma 1, lettera d), e 97,

comma 3, nonche’ per la violazione delle disposizioni del capo II del

presente titolo non altrimenti sanzionate;

d) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.200 a 3.600

euro per la violazione degli articoli 100, comma 4, e 101, commi 2 e

3.

2. Il preposto e’ punito nei limiti dell’attivita’ alla quale e’

tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all’articolo 19:

a) con l’arresto sino a due mesi o con l’ammenda da 500 a 2.000

euro per la violazione degli articoli 96, comma 1, lettera a), 100,

comma 3, 121, 136, commi 5 e 6, 137, comma 1, 145, commi 1 e 2;

b) con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda da 300 a 900 euro

per la violazione degli articoli 118, commi 3 e 5, 123, 140, commi 3

e 6, 152, comma 2.

Art. 160.

Sanzioni per i lavoratori



1. I lavoratori autonomi sono puniti:

a) con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 1.000 a

5.000 euro per la violazione dell’articolo 100, comma 3;

b) con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda da 500 a 2.000

euro per la violazione dell’articolo 94.

2. I lavoratori sono puniti con l’arresto fino a un mese o con

l’ammenda da 150 a 600 euro per la violazione degli articoli 124,

138, commi 3 e 4, 152, comma 2.



Titolo V

Segnaletica di salute e sicurezza sul lavoro

Capo I

Disposizioni generali

Art. 161.

Campo di applicazione



1. Il presente titolo stabilisce le prescrizioni per la segnaletica

di sicurezza e di salute sul luogo di lavoro.

2. Le disposizioni del presente decreto non si applicano alla

segnaletica impiegata per regolare il traffico stradale, ferroviario,

fluviale, marittimo ed aereo.

Art. 162.

Definizioni



1. Ai fini del presente titolo si intende per:

a) segnaletica di sicurezza e di salute sul luogo di lavoro, di

seguito indicata «segnaletica di sicurezza»: una segnaletica che,

riferita ad un oggetto, ad una attivita’ o ad una situazione

determinata, fornisce una indicazione o una prescrizione concernente

la sicurezza o la salute sul luogo di lavoro, e che utilizza, a

seconda dei casi, un cartello, un colore, un segnale luminoso o

acustico, una comunicazione verbale o un segnale gestuale;

b) segnale di divieto: un segnale che vieta un comportamento che

potrebbe far correre o causare un pericolo;

c) segnale di avvertimento: un segnale che avverte di un rischio

o pericolo;

d) segnale di prescrizione: un segnale che prescrive un

determinato comportamento;

e) segnale di salvataggio o di soccorso: un segnale che fornisce

indicazioni relative alle uscite di sicurezza o ai mezzi di soccorso

o di salvataggio;

f) segnale di informazione: un segnale che fornisce indicazioni

diverse da quelle specificate alle lettere da b) ad e);

g) cartello: un segnale che, mediante combinazione di una forma

geometrica, di colori e di un simbolo o pittogramma, fornisce una

indicazione determinata, la cui visibilita’ e’ garantita da una

illuminazione di intensita’ sufficiente;

h) cartello supplementare: un cartello impiegato assieme ad un

cartello del tipo indicato alla lettera g) e che fornisce indicazioni

complementari;

i) colore di sicurezza: un colore al quale e’ assegnato un

significato determinato;

l) simbolo o pittogramma: un’immagine che rappresenta una

situazione o che prescrive un determinato comportamento, impiegata su

un cartello o su una superficie luminosa;

m) segnale luminoso: un segnale emesso da un dispositivo

costituito da materiale trasparente o semitrasparente, che e’

illuminato dall’interno o dal retro in modo da apparire esso stesso

come una superficie luminosa;

n) segnale acustico: un segnale sonoro in codice emesso e diffuso

da un apposito dispositivo, senza impiego di voce umana o di sintesi

vocale;

o) comunicazione verbale: un messaggio verbale predeterminato,

con impiego di voce umana o di sintesi vocale;

p) segnale gestuale: un movimento o posizione delle braccia o

delle mani in forma convenzionale per guidare persone che effettuano

manovre implicanti un rischio o un pericolo attuale per i lavoratori.

Art. 163.

Obblighi del datore di lavoro



1. Quando, anche a seguito della valutazione effettuata in

conformita’ all’articolo 28, risultano rischi che non possono essere

evitati o sufficientemente limitati con misure, metodi, ovvero

sistemi di organizzazione del lavoro, o con mezzi tecnici di

protezione collettiva, il datore di lavoro fa ricorso alla

segnaletica di sicurezza, conformemente alle prescrizioni di cui agli

allegati da XXIV a XXXII.

2. Qualora sia necessario fornire mediante la segnaletica di

sicurezza indicazioni relative a situazioni di rischio non

considerate negli allegati da XXIV a XXXII, il datore di lavoro,

anche in riferimento alle norme di buona tecnica, adotta le misure

necessarie, secondo le particolarita’ del lavoro, l’esperienza e la

tecnica.

3. Il datore di lavoro, per regolare il traffico all’interno

dell’impresa o dell’unita’ produttiva, fa ricorso, se del caso, alla

segnaletica prevista dalla legislazione vigente relativa al traffico

stradale, ferroviario, fluviale, marittimo o aereo, fatto salvo

quanto previsto nell’allegato XXVIII.

Art. 164.

Informazione e formazione



1. Il datore di lavoro provvede affinche’:

a) il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e i

lavoratori siano informati di tutte le misure da adottare riguardo

alla segnaletica di sicurezza impiegata all’interno dell’impresa

ovvero dell’unita’ produttiva;

b) i lavoratori ricevano una formazione adeguata, in particolare

sotto forma di istruzioni precise, che deve avere per oggetto

specialmente il significato della segnaletica di sicurezza,

soprattutto quando questa implica l’uso di gesti o di parole, nonche’

i comportamenti generali e specifici da seguire.

Capo II

Sanzioni



Art. 165.

Sanzioni a carico del datore di lavoro e del dirigente



1. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti:

a) con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.000 a

10.000 euro per la violazione degli articoli 163 e 164, comma 1,

lettera b);

b) con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 1.000 a

4.500 euro per la violazione dell’articolo 164, comma 1, lettera a).

Capo II

Sanzioni

Art. 166.

Sanzioni a carico del preposto



1. Il preposto e’ punito nei limiti dell’attivita’ alla quale e’

tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all’articolo 19:

a) con l’arresto fino a due mesi o con l’ammenda da 400 a 1.200

euro per la violazione dell’articolo 163;

b) con l’arresto fino ad un mese o con l’ammenda da 150 a 600

euro per la violazione dell’articolo 164, comma 1, lettera a).

Titolo VI

Movimentazione manuale dei carichi

Capo I

Disposizioni generali

Art. 167.

Campo di applicazione



1. Le norme del presente titolo si applicano alle attivita’

lavorative di movimentazione manuale dei carichi che comportano per i

lavoratori rischi di patologie da sovraccarico biomeccanico, in

particolare dorso-lombari.

2. Ai fini del presente titolo, s’intendono:

a) movimentazione manuale dei carichi: le operazioni di trasporto

o di sostegno di un carico ad opera di uno o piu’ lavoratori,

comprese le azioni del sollevare, deporre, spingere, tirare, portare

o spostare un carico, che, per le loro caratteristiche o in

conseguenza delle condizioni ergonomiche sfavorevoli, comportano

rischi di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare

dorso-lombari;

b) patologie da sovraccarico biomeccanico: patologie delle

strutture osteoarticolari, muscolotendinee e nervovascolari.

Art. 168.

Obblighi del datore di lavoro



1. Il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie e

ricorre ai mezzi appropriati, in particolare attrezzature meccaniche,

per evitare la necessita’ di una movimentazione manuale dei carichi

da parte dei lavoratori.

2. Qualora non sia possibile evitare la movimentazione manuale dei

carichi ad opera dei lavoratori, il datore di lavoro adotta le misure

organizzative necessarie, ricorre ai mezzi appropriati e fornisce ai

lavoratori stessi i mezzi adeguati, allo scopo di ridurre il rischio

che comporta la movimentazione manuale di detti carichi, tenendo

conto dell’allegato XXXIII, ed in particolare:

a) organizza i posti di lavoro in modo che detta movimentazione

assicuri condizioni di sicurezza e salute;

b) valuta, se possibile anche in fase di proget-tazione, le

condizioni di sicurezza e di salute connesse al lavoro in questione

tenendo conto dell’allegato XXXIII;

c) evita o riduce i rischi, particolarmente di patologie

dorso-lombari, adottando le misure adeguate, tenendo conto in

particolare dei fattori individuali di rischio, delle caratteristiche

dell’ambiente di lavoro e delle esigenze che tale attivita’ comporta,

in base all’allegato XXXIII;

d) sottopone i lavoratori alla sorveglianza sanitaria di cui

all’articolo 41, sulla base della valutazione del rischio e dei

fattori individuali di rischio di cui all’allegato XXXIII.

3. Le norme tecniche costituiscono criteri di riferimento per le

finalita’ del presente articolo e dell’allegato XXXIII, ove

applicabili. Negli altri casi si puo’ fare riferimento alle buone

prassi e alle linee guida.

Art. 169.

Informazione, formazione e addestramento



1. Tenendo conto dell’allegato XXXIII, il datore di lavoro:

a) fornisce ai lavoratori le informazioni adeguate relativamente

al peso ed alle altre caratteristiche del carico movimentato;

b) assicura ad essi la formazione adeguata in relazione ai rischi

lavorativi ed alle modalita’ di corretta esecuzione delle attivita’.

2. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori l’addestramento

adeguato in merito alle corrette manovre e procedure da adottare

nella movimentazione manuale dei carichi.

Capo II

Sanzioni



Art. 170.

Sanzioni a carico del datore di lavoro e del dirigente



1. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti:

a) con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da euro 2.000

fino ad euro 10.000 per la violazione dell’articolo 168, commi 1 e 2,

169, comma 1, lettera b);

b) con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da euro

1.000 a euro 4.500 per la violazione dell’articolo 169, comma 1,

lettera a).

Art. 171.

Sanzioni a carico del preposto



1. Il preposto e’ punito nei limiti dell’attivita’ alla quale e’

tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all’articolo 19:

a) con l’arresto fino a due mesi o con l’ammenda da euro 400 ad

euro 1.200 per la violazione dell’articolo 168, commi 1 e 2;

b) con l’arresto fino ad un mese o con l’ammenda da euro 150 ad

euro 600 per la violazione dell’articolo 169, comma 1, lettera a).

Titolo VII

Attrezzature munite di videoterminali

Capo I

Disposizioni generali



Art. 172.

Campo di applicazione



1. Le norme del presente titolo si applicano alle attivita’

lavorative che comportano l’uso di attrezzature munite di

videoterminali.

2. Le norme del presente titolo non si applicano ai lavoratori

addetti:

a) ai posti di guida di veicoli o macchine;

b) ai sistemi informatici montati a bordo di un mezzo di

trasporto;

c) ai sistemi informatici destinati in modo prioritario

all’utilizzazione da parte del pubblico;

d) alle macchine calcolatrici, ai registratori di cassa e a tutte

le attrezzature munite di un piccolo dispositivo di visualizzazione

dei dati o delle misure, necessario all’uso diretto di tale

attrezzatura;

e) alle macchine di videoscrittura senza schermo separato.

Art. 173.

Definizioni



1. Ai fini del presente decreto legislativo si intende per:

a) videoterminale: uno schermo alfanumerico o grafico a

prescindere dal tipo di procedimento di visualizzazione utilizzato;

b) posto di lavoro: l’insieme che comprende le attrezzature

munite di videoterminale, eventualmente con tastiera ovvero altro

sistema di immissione dati, incluso il mouse, il software per

l’interfaccia uomo-macchina, gli accessori opzionali, le

apparecchiature connesse, comprendenti l’unita’ a dischi, il

telefono, il modem, la stampante, il supporto per i documenti, la

sedia, il piano di lavoro, nonche’ l’ambiente di lavoro

immediatamente circostante;

c) lavoratore: il lavoratore che utilizza un’attrezzatura munita

di videoterminali, in modo sistematico o abituale, per venti ore

settimanali, dedotte le interruzioni di cui all’articolo 175.

Capo II

Obblighi del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti

Art. 174.

Obblighi del datore di lavoro



1. Il datore di lavoro, all’atto della valutazione del rischio di

cui all’articolo 28, analizza i posti di lavoro con particolare

riguardo:

a) ai rischi per la vista e per gli occhi;

b) ai problemi legati alla postura ed all’affaticamento fisico o

mentale;

c) alle condizioni ergonomiche e di igiene ambientale.

2. Il datore di lavoro adotta le misure appropriate per ovviare ai

rischi riscontrati in base alle valutazioni di cui al comma 1,

tenendo conto della somma ovvero della combinazione della incidenza

dei rischi riscontrati.

3. Il datore di lavoro organizza e predispone i posti di lavoro di

cui all’articolo 173, in conformita’ ai requisiti minimi di cui

all’allegato XXXIV.

Art. 175.

Svolgimento quotidiano del lavoro



1. Il lavoratore, ha diritto ad una interruzione della sua

attivita’ mediante pause ovvero cambiamento di attivita’.

2. Le modalita’ di tali interruzioni sono stabilite dalla

contrattazione collettiva anche aziendale.

3. In assenza di una disposizione contrattuale riguardante

l’interruzione di cui al comma 1, il lavoratore comunque ha diritto

ad una pausa di quindici minuti ogni centoventi minuti di

applicazione continuativa al videoterminale.

4. Le modalita’ e la durata delle interruzioni possono essere

stabilite temporaneamente a livello individuale ove il medico

competente ne evidenzi la necessita’.

5. E’ comunque esclusa la cumulabilita’ delle interruzioni

all’inizio ed al termine dell’orario di lavoro.

6. Nel computo dei tempi di interruzione non sono compresi i tempi

di attesa della risposta da parte del sistema elettronico, che sono

considerati, a tutti gli effetti, tempo di lavoro, ove il lavoratore

non possa abbandonare il posto di lavoro.

7. La pausa e’ considerata a tutti gli effetti parte integrante

dell’orario di lavoro e, come tale, non e’ riassorbibile all’interno

di accordi che prevedono la riduzione dell’orario complessivo di

lavoro.

Art. 176.

Sorveglianza sanitaria



1. I lavoratori sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria di cui

all’articolo 41, con particolare riferimento:

a) ai rischi per la vista e per gli occhi;

b) ai rischi per l’apparato muscolo-scheletrico.

2. Sulla base delle risultanze degli accertamenti di cui al comma 1

i lavoratori vengono classificati ai sensi dell’articolo 41, comma 6.

3. Salvi i casi particolari che richiedono una frequenza diversa

stabilita dal medico competente, la periodicita’ delle visite di

controllo e’ biennale per i lavoratori classificati come idonei con

prescrizioni o limitazioni e per i lavoratori che abbiano compiuto il

cinquantesimo anno di eta’; quinquennale negli altri casi.

4. Per i casi di inidoneita’ temporanea il medico competente

stabilisce il termine per la successiva visita di idoneita’.

5. Il lavoratore e’ sottoposto a visita di controllo per i rischi

di cui al comma 1 a sua richiesta, secondo le modalita’ previste

all’articolo 41, comma 2, lettera c).

6. Il datore di lavoro fornisce a sue spese ai lavoratori i

dispositivi speciali di correzione visiva, in funzione dell’attivita’

svolta, quando l’esito delle visite di cui ai commi 1, 3 e 4 ne

evidenzi la necessita’ e non sia possibile utilizzare i dispositivi

normali di correzione.

Art. 177.

Informazione e formazione



1. In ottemperanza a quanto previsto in via generale

dall’articolo 18, comma 1, lettera l), il datore di lavoro:

a) fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare per quanto

riguarda:

1) le misure applicabili al posto di lavoro, in base

all’analisi dello stesso di cui all’articolo 174;

2) le modalita’ di svolgimento dell’attivita’;

3) la protezione degli occhi e della vista;

b) assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare

in ordine a quanto indicato al comma 1, lettera a).

Capo III

Sanzioni



Art. 178.

Sanzioni a carico del datore di lavoro e del dirigente



1. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti:

a) con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da euro 2.000

fino ad euro 10.000 per la violazione dell’articolo 174, comma 2 e 3,

175, 176, commi 1, 3, 5, 177, comma 1, lettera b);

b) con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da euro

1.000 a euro 4.500 per la violazione dell’articolo 177, comma 1,

lettera a).

Art. 179.

Sanzioni a carico del preposto



1. Il preposto e’ punito nei limiti dell’attivita’ alla quale e’

tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all’articolo 19:

a) con l’arresto fino a due mesi o con l’ammenda da euro 400 ad

euro 1.200 per la violazione dell’articolo 174, comma 2 e 3, 175;

b) con l’arresto fino ad un mese o con l’ammenda da euro 150 ad

euro 600 per la violazione dell’articolo 174, comma 1, lettera a).

Titolo VIII

Agenti fisici

Capo I

Disposizioni generali

Art. 180.

Definizioni e campo di applicazione



1. Ai fini del presente decreto legislativo per agenti fisici si

intendono il rumore, gli ultrasuoni, gli infrasuoni, le vibrazioni

meccaniche, i campi elettromagnetici, le radiazioni ottiche, di

origine artificiale, il microclima e le atmosfere iperbariche che

possono comportare rischi per la salute e la sicurezza dei

lavoratori.

2. Fermo restando quanto previsto dal presente capo, per le

attivita’ comportanti esposizione a rumore si applica il capo II, per

quelle comportanti esposizione a vibrazioni si applica il capo III,

per quelle comportanti esposizione a campi elettromagnetici si

applica il capo IV, per quelle comportanti esposizione a radiazioni

ottiche artificiali si applica il capo V.

3. La protezione dei lavoratori dalle radiazioni ionizzanti e’

disciplinata unicamente dal decreto legislativo 17 marzo 1995, n.

230, e sue successive modificazioni.

Art. 181.

Valutazione dei rischi



1. Nell’ambito della valutazione di cui all’articolo 28, il datore

di lavoro valuta tutti i rischi derivanti da esposizione ad agenti

fisici in modo da identificare e adottare le opportune misure di

prevenzione e protezione con particolare riferimento alle norme di

buona tecnica ed alle buone prassi.

2. La valutazione dei rischi derivanti da esposizioni ad agenti

fisici e’ programmata ed effettuata, con cadenza almeno quadriennale,

da personale qualificato nell’ambito del servizio di prevenzione e

protezione in possesso di specifiche conoscenze in materia. La

valutazione dei rischi e’ aggiornata ogni qual volta si verifichino

mutamenti che potrebbero renderla obsoleta, ovvero, quando i

risultati della sorveglianza sanitaria rendano necessaria la sua

revisione. I dati ottenuti dalla valutazione, misurazione e calcolo

dei livelli di esposizione costituiscono parte integrante del

documento di valutazione del rischio.

3. Il datore di lavoro nella valutazione dei rischi precisa quali

misure di prevenzione e protezione devono essere adottate. La

valutazione dei rischi e’ riportata sul documento di valutazione di

cui all’articolo 28, essa puo’ includere una giustificazione del

datore di lavoro secondo cui la natura e l’entita’ dei rischi non

rendono necessaria una valutazione dei rischi piu’ dettagliata.

Art. 182.

Disposizioni miranti ad eliminare o ridurre i rischi



1. Tenuto conto del progresso tecnico e della disponibilita’ di

misure per controllare il rischio alla fonte, i rischi derivanti

dall’esposizione agli agenti fisici sono eliminati alla fonte o

ridotti al minimo. La riduzione dei rischi derivanti dall’esposizione

agli agenti fisici si basa sui principi generali di prevenzione

contenuti nel presente decreto.

2. In nessun caso i lavoratori devono essere esposti a valori

superiori ai valori limite di esposizione definiti nei capi II, III,

IV e V. Allorche’, nonostante i provvedimenti presi dal datore di

lavoro in applicazione del presente capo i valori limite di

esposizione risultino superati, il datore di lavoro adotta misure

immediate per riportare l’esposizione al di sotto dei valori limite

di esposizione, individua le cause del superamento dei valori limite

di esposizione e adegua di conseguenza le misure di protezione e

prevenzione per evitare un nuovo superamento.

Art. 183.

Lavoratori particolarmente sensibili



1. Il datore di lavoro adatta le misure di cui all’articolo 182

alle esigenze dei lavoratori appartenenti a gruppi particolarmente

sensibili al rischio, incluse le donne in stato di gravidanza ed i

minori.

Art. 184.

Informazione e formazione dei lavoratori



1. Nell’ambito degli obblighi di cui agli articoli 36 e 37, il

datore di lavoro provvede affinche’ i lavoratori esposti a rischi

derivanti da agenti fisici sul luogo di lavoro e i loro

rappresentanti vengano informati e formati in relazione al risultato

della valutazione dei rischi con particolare riguardo:

a) alle misure adottate in applicazione del presente titolo;

b) all’entita’ e al significato dei valori limite di esposizione

e dei valori di azione definiti nei Capi II, III, IV e V, nonche’ ai

potenziali rischi associati;

c) ai risultati della valutazione, misurazione o calcolo dei

livelli di esposizione ai singoli agenti fisici;

d) alle modalita’ per individuare e segnalare gli effetti

negativi dell’esposizione per la salute;

e) alle circostanze nelle quali i lavoratori hanno diritto a una

sorveglianza sanitaria e agli obiettivi della stessa;

f) alle procedure di lavoro sicure per ridurre al minimo i rischi

derivanti dall’esposizione;

g) all’uso corretto di adeguati dispositivi di protezione

individuale e alle relative indicazioni e controindicazioni sanitarie

all’uso.

Art. 185.

Sorveglianza sanitaria



1. La sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti agli agenti

fisici viene svolta secondo i principi generali di cui

all’articolo 41, ed e’ effettuata dal medico competente nelle

modalita’ e nei casi previsti ai rispettivi capi del presente titolo

sulla base dei risultati della valutazione del rischio che gli sono

trasmessi dal datore di lavoro per il tramite del servizio di

prevenzione e protezione.

2. Nel caso in cui la sorveglianza sanitaria riveli in un

lavoratore un’alterazione apprezzabile dello stato di salute

correlata ai rischi lavorativi il medico competente ne informa il

lavoratore e, nel rispetto del segreto professionale, il datore di

lavoro, che provvede a:

a) sottoporre a revisione la valutazione dei rischi;

b) sottoporre a revisione le misure predisposte per eliminare o

ridurre i rischi;

c) tenere conto del parere del medico competente nell’attuazione

delle misure necessarie per eliminare o ridurre il rischio.

Art. 186.

Cartella sanitaria e di rischio

1. Nella cartella di cui all’articolo 25, comma 1, lettera c), il

medico competente riporta i dati della sorveglianza sanitaria, ivi

compresi i valori di esposizione individuali, ove previsti negli

specifici capi del presente titolo, comunicati dal datore di lavoro

per il tramite del servizio di prevenzione e protezione.

Capo II

Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore

durante il lavoro

Art. 187.

Campo di applicazione



1. Il presente capo determina i requisiti minimi per la protezione

dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza derivanti

dall’esposizione al rumore durante il lavoro e in particolare per

l’udito.

Art. 188.

Definizioni



1. Ai fini del presente capo si intende per:

a) pressione acustica di picco (ppeak): valore massimo della

pressione acustica istantanea ponderata in frequenza «C»;

b) livello di esposizione giornaliera al rumore (LEX,8h): [dB(A)

riferito a 20 muPa]: valore medio, ponderato in funzione del tempo,

dei livelli di esposizione al rumore per una giornata lavorativa

nominale di otto ore, definito dalla norma internazionale ISO 1999:

1990 punto 3.6. Si riferisce a tutti i rumori sul lavoro, incluso il

rumore impulsivo;

c) livello di esposizione settimanale al rumore (LEX,w): valore

medio, ponderato in funzione del tempo, dei livelli di esposizione

giornaliera al rumore per una settimana nominale di cinque giornate

lavorative di otto ore, definito dalla norma internazionale ISO 1999:

1990 punto 3.6, nota 2.

Art. 189.

Valori limite di esposizione e valori di azione



1. I valori limite di esposizione e i valori di azione, in

relazione al livello di esposizione giornaliera al rumore e alla

pressione acustica di picco, sono fissati a:

a) valori limite di esposizione rispettivamente LEX = 87 dB(A) e

ppeak = 200 Pa (140 dB(C) riferito a 20 muPa);

b) valori superiori di azione: rispettivamente LEX = 85 dB(A) e

ppeak = 140 Pa (137 dB(C) riferito a 20 muPa);

c) valori inferiori di azione: rispettivamente LEX = 80 dB(A) e

ppeak = 112 Pa (135 dB(C) riferito a 20 muPa).

2. Laddove a causa delle caratteristiche intrinseche della

attivita’ lavorativa l’esposizione giornaliera al rumore varia

significativamente, da una giornata di lavoro all’altra, e’ possibile

sostituire, ai fini dell’applicazione dei valori limite di

esposizione e dei valori di azione, il livello di esposizione

giornaliera al rumore con il livello di esposizione settimanale a

condizione che:

a) il livello di esposizione settimanale al rumore, come

dimostrato da un controllo idoneo, non ecceda il valore limite di

esposizione di 87 dB(A);

b) siano adottate le adeguate misure per ridurre al minimo i

rischi associati a tali attivita’.

3. Nel caso di variabilita’ del livello di esposizione settimanale

va considerato il livello settimanale massimo ricorrente.

Art. 190.

Valutazione del rischio



1. Nell’ambito di quanto previsto dall’articolo 181, il datore di

lavoro valuta l’esposizione dei lavoratori al rumore durante il

lavoro prendendo in considerazione in particolare:

a) il livello, il tipo e la durata dell’esposizione, ivi inclusa

ogni esposizione a rumore impulsivo;

b) i valori limite di esposizione e i valori di azione di cui

all’articolo 189;

c) tutti gli effetti sulla salute e sulla sicurezza dei

lavoratori particolarmente sensibili al rumore, con particolare

riferimento alle donne in gravidanza e i minori;

d) per quanto possibile a livello tecnico, tutti gli effetti

sulla salute e sicurezza dei lavoratori derivanti da interazioni fra

rumore e sostanze ototossiche connesse con l’attivita’ svolta e fra

rumore e vibrazioni;

e) tutti gli effetti indiretti sulla salute e sulla sicurezza dei

lavoratori risultanti da interazioni fra rumore e segnali di

avvertimento o altri suoni che vanno osservati al fine di ridurre il

rischio di infortuni;

f) le informazioni sull’emissione di rumore fornite dai

costruttori dell’attrezzatura di lavoro in conformita’ alle vigenti

disposizioni in materia;

g) l’esistenza di attrezzature di lavoro alternative progettate

per ridurre l’emissione di rumore;

h) il prolungamento del periodo di esposizione al rumore oltre

l’orario di lavoro normale, in locali di cui e’ responsabile;

i) le informazioni raccolte dalla sorveglianza sanitaria,

comprese, per quanto possibile, quelle reperibili nella letteratura

scientifica;

l) la disponibilita’ di dispositivi di protezione dell’udito con

adeguate caratteristiche di attenuazione.

2. Se, a seguito della valutazione di cui al comma 1, puo’

fondatamente ritenersi che i valori inferiori di azione possono

essere superati, il datore di lavoro misura i livelli di rumore cui i

lavoratori sono esposti, i cui risultati sono riportati nel documento

di valutazione.

3. I metodi e le strumentazioni utilizzati devono essere adeguati

alle caratteristiche del rumore da misurare, alla durata

dell’esposizione e ai fattori ambientali secondo le indicazioni delle

norme tecniche. I metodi utilizzati possono includere la

campionatura, purche’ sia rappresentativa dell’esposizione del

lavoratore.

4. Nell’applicare quanto previsto nel presente articolo, il datore

di lavoro tiene conto dell’incertezza delle misure determinate

secondo la prassi metrologica.

5. La valutazione di cui al comma 1 individua le misure di

prevenzione e protezione necessarie ai sensi degli articoli 192, 193,

194, 195 e 196 ed e’ documentata in conformita’ all’articolo 28,

comma 2.

Art. 191.

Valutazione di attivita’ a livello di esposizione molto variabile



1. Fatto salvo il divieto al superamento dei valori limite di

esposizione, per attivita’ che comportano un’elevata fluttuazione dei

livelli di esposizione personale dei lavoratori, il datore di lavoro

puo’ attribuire a detti lavoratori un’esposizione al rumore al di

sopra dei valori superiori di azione, garantendo loro le misure di

prevenzione e protezione conseguenti e in particolare: a) la

disponibilita’ dei dispositivi di protezione individuale dell’udito;

b) l’informazione e la formazione; c) il controllo sanitario. In

questo caso la misurazione associata alla valutazione si limita a

determinare il livello di rumore prodotto dalle attrezzature nei

posti operatore ai fini dell’identificazione delle misure di

prevenzione e protezione e per formulare il programma delle misure

tecniche e organizzative di cui all’articolo 192, comma 2.

2. Sul documento di valutazione di cui all’articolo 28, a fianco

dei nominativi dei lavoratori cosi’ classificati, va riportato il

riferimento al presente articolo.

Art. 192.

Misure di prevenzione e protezione



1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 182, il datore di

lavoro elimina i rischi alla fonte o li riduce al minimo mediante le

seguenti misure:

a) adozione di altri metodi di lavoro che implicano una minore

esposizione al rumore;

b) scelta di attrezzature di lavoro adeguate, tenuto conto del

lavoro da svolgere, che emettano il minor rumore possibile, inclusa

l’eventualita’ di rendere disponibili ai lavoratori attrezzature di

lavoro conformi ai requisiti di cui al titolo III, il cui obiettivo o

effetto e’ di limitare l’esposizione al rumore;

c) progettazione della struttura dei luoghi e dei posti di

lavoro;

d) adeguata informazione e formazione sull’uso corretto delle

attrezzature di lavoro in modo da ridurre al minimo la loro

esposizione al rumore;

e) adozione di misure tecniche per il contenimento:

1) del rumore trasmesso per via aerea, quali schermature,

involucri o rivestimenti realizzati con materiali fonoassorbenti;

2) del rumore strutturale, quali sistemi di smorzamento o di

isolamento;

f) opportuni programmi di manutenzione delle attrezzature di

lavoro, del luogo di lavoro e dei sistemi sul posto di lavoro;

g) riduzione del rumore mediante una migliore organizzazione del

lavoro attraverso la limitazione della durata e dell’intensita’

dell’esposizione e l’adozione di orari di lavoro appropriati, con

sufficienti periodi di riposo.

2. Se a seguito della valutazione dei rischi di cui

all’articolo 190 risulta che i valori inferiori di azione sono

superati, il datore di lavoro elabora ed applica un programma di

misure tecniche e organizzative volte a ridurre l’esposizione al

rumore, considerando in particolare le misure di cui al comma 1.

3. I luoghi di lavoro dove i lavoratori possono essere esposti ad

un rumore al di sopra dei valori superiori di azione sono indicati da

appositi segnali. Dette aree sono inoltre delimitate e l’accesso alle

stesse e’ limitato, ove cio’ sia tecnicamente possibile e

giustificato dal rischio di esposizione.

4. Nel caso in cui, data la natura dell’attivita’, il lavoratore

benefici dell’utilizzo di locali di riposo messi a disposizione dal

datore di lavoro, il rumore in questi locali e’ ridotto a un livello

compatibile con il loro scopo e le loro condizioni di utilizzo.

Art. 193.

Uso dei dispositivi di protezione individuali



1. In ottemperanza a quanto disposto dall’articolo 18, comma 1,

lettera c), il datore di lavoro, nei casi in cui i rischi derivanti

dal rumore non possono essere evitati con le misure di prevenzione e

protezione di cui all’articolo 192, fornisce i dispositivi di

protezione individuali per l’udito conformi alle disposizioni

contenute nel titolo III, capo II, e alle seguenti condizioni:

a) nel caso in cui l’esposizione al rumore superi i valori

inferiori di azione il datore di lavoro mette a disposizione dei

lavoratori dispositivi di protezione individuale dell’udito;

b) nel caso in cui l’esposizione al rumore sia pari o al di sopra

dei valori superiori di azione esige che i lavoratori utilizzino i

dispositivi di protezione individuale dell’udito;

c) sceglie dispositivi di protezione individuale dell’udito che

consentono di eliminare il rischio per l’udito o di ridurlo al

minimo, previa consultazione dei lavoratori o dei loro

rappresentanti;

d) verifica l’efficacia dei dispositivi di protezione individuale

dell’udito.

2. Il datore di lavoro tiene conto dell’attenuazione prodotta dai

dispositivi di protezione individuale dell’udito indossati dal

lavoratore solo ai fini di valutare l’efficienza dei DPI uditivi e il

rispetto del valore limite di esposizione. I mezzi individuali di

protezione dell’udito sono considerati adeguati ai fini delle

presenti norme se, correttamente usati, mantengono un livello di

rischio uguale od inferiore ai livelli inferiori di azione.

Art. 194.

Misure per la limitazione dell’esposizione



1. Fermo restando l’obbligo del non superamento dei valori limite

di esposizione, se, nonostante l’adozione delle misure prese in

applicazione del presente capo, si individuano esposizioni superiori

a detti valori, il datore di lavoro:

a) adotta misure immediate per riportare l’esposizione al di

sotto dei valori limite di esposizione;

b) individua le cause dell’esposizione eccessiva;

c) modifica le misure di protezione e di prevenzione per evitare

che la situazione si ripeta.

Art. 195.

Informazione e formazione dei lavoratori



1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 184 nell’ambito

degli obblighi di cui agli articoli 36 e 37, il datore di lavoro

garantisce che i lavoratori esposti a valori uguali o superiori ai

valori inferiori di azione vengano informati e formati in relazione

ai rischi provenienti dall’esposizione al rumore.

Art. 196.

Sorveglianza sanitaria



1. Il datore di lavoro sottopone a sorveglianza sanitaria i

lavoratori la cui esposizione al rumore eccede i valori superiori di

azione. La sorveglianza viene effettuata periodicamente, di norma una

volta l’anno o con periodicita’ diversa decisa dal medico competente,

con adeguata motivazione riportata nel documento di valutazione dei

rischi e resa nota ai rappresentanti per la sicurezza di lavoratori

in funzione della valutazione del rischio. L’organo di vigilanza, con

provvedimento motivato, puo’ disporre contenuti e periodicita’ della

sorveglianza diversi rispetto a quelli forniti dal medico competente.

2. La sorveglianza sanitaria di cui al comma 1 e’ estesa ai

lavoratori esposti a livelli superiori ai valori inferiori di azione,

su loro richiesta e qualora il medico competente ne confermi

l’opportunita’.

Art. 197.

Deroghe



1. Il datore di lavoro puo’ richiedere deroghe all’uso dei

dispositivi di protezione individuale e al rispetto del valore limite

di esposizione, quando, per la natura del lavoro, l’utilizzazione di

tali dispositivi potrebbe comportare rischi per la salute e sicurezza

dei lavoratori maggiori rispetto a quanto accadrebbe senza la loro

utilizzazione.

2. Le deroghe di cui al comma 1 sono concesse, sentite le parti

sociali, per un periodo massimo di quattro anni dall’organo di

vigilanza territorialmente competente che provvede anche a darne

comunicazione, specificando le ragioni e le circostanze che hanno

consentito la concessione delle stesse, al Ministero del lavoro e

della previdenza sociale. Le circostanze che giustificano le deroghe

di cui al comma 1 sono riesaminate ogni quattro anni e, in caso di

venire meno dei relativi presupposti, riprende immediata applicazione

la disciplina regolare.

3. La concessione delle deroghe di cui al comma 2 e’ condizionata

dall’intensificazione della sorveglianza sanitaria e da condizioni

che garantiscano, tenuto conto delle particolari circostanze, che i

rischi derivanti siano ridotti al minimo. Il datore di lavoro

assicura l’intensificazione della sorveglianza sanitaria ed il

rispetto delle condizioni indicate nelle deroghe.

4. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale trasmette

ogni quattro anni alla Commissione della Unione europea un prospetto

globale e motivato delle deroghe concesse ai sensi del presente

articolo.

Art. 198.

Linee Guida per i settori della musica delle attivita’ ricreative e

dei call center



1. Su proposta della Commissione permanente per la prevenzione

degli infortuni e l’igiene del lavoro di cui all’articolo 6, sentite

la parti sociali, entro un anno dalla data di entrata in vigore del

presente capo, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,

le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano definisce le

linee guida per l’applicazione del presente capo nei settori della

musica, delle attivita’ ricreative e dei call center.

Capo III

Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a vibrazioni



Art. 199.

Campo di applicazione



1. Il presente capo prescrive le misure per la tutela della salute

e della sicurezza dei lavoratori che sono esposti o possono essere

esposti a rischi derivanti da vibrazioni meccaniche. Nei riguardi dei

soggetti indicati all’articolo 3, comma 2, del presente decreto

legislativo le disposizioni del presente capo sono applicate tenuto

conto delle particolari esigenze connesse al servizio espletato,

quali individuate dai decreti ivi previsti.

Art. 200.

Definizioni



1. Ai fini del presente capo, si intende per:

a) vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio: le vibrazioni

meccaniche che, se trasmesse al sistema mano-braccio nell’uomo,

comportano un rischio per la salute e la sicurezza dei lavoratori, in

particolare disturbi vascolari, osteoarticolari, neurologici o

muscolari;

b) vibrazioni trasmesse al corpo intero: le vibrazioni meccaniche

che, se trasmesse al corpo intero, comportano rischi per la salute e

la sicurezza dei lavoratori, in particolare lombalgie e traumi del

rachide;

c) esposizione giornaliera a vibrazioni trasmesse al sistema

mano-braccio A(8): [ms-2]: valore mediato nel tempo, ponderato in

frequenza, delle accelerazioni misurate per una giornata lavorativa

nominale di otto ore;

d) esposizione giornaliera a vibrazioni trasmesse al corpo intero

A(8): [ms-2]: valore mediato nel tempo, ponderato, delle

accelerazioni misurate per una giornata lavorativa nominale di otto

ore.

Art. 201.

Valori limite di esposizione e valori d’azione

1. Ai fini del presente capo, si definiscono i seguenti valori

limite di esposizione e valori di azione.

a) per le vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio:

1) il valore limite di esposizione giornaliero, normalizzato a un

periodo di riferimento di 8 ore, e’ fissato a 5 m/s2; mentre su

periodi brevi e’ pari a 20 m/s2;

2) il valore d’azione giornaliero, normalizzato a un periodo di

riferimento di 8 ore, che fa scattare l’azione, e’ fissato a 2,5

m/s2.

b) per le vibrazioni trasmesse al corpo intero:

1) il valore limite di esposizione giornaliero, normalizzato a un

periodo di riferimento di 8 ore, e’ fissato a 1,0 m/s2; mentre su

periodi brevi e’ pari a 1,5 m/s2;

2) il valore d’azione giornaliero, normalizzato a un periodo di

riferimento di 8 ore, e’ fissato a 0,5 m/s2.

2. Nel caso di variabilita’ del livello di esposizione giornaliero

va considerato il livello giornaliero massimo ricorrente.

Art. 202.

Valutazione dei rischi



1. Nell’ambito di quanto previsto dall’articolo 181, il datore di

lavoro valuta e, quando necessario, misura, i livelli di vibrazioni

meccaniche cui i lavoratori sono esposti.

2. Il livello di esposizione alle vibrazioni meccaniche puo’ essere

valutato mediante l’osservazione delle condizioni di lavoro

specifiche e il riferimento ad appropriate informazioni sulla

probabile entita’ delle vibrazioni per le attrezzature o i tipi di

attrezzature nelle particolari condizioni di uso reperibili presso

banche dati dell’ISPESL o delle regioni o, in loro assenza, dalle

informazioni fornite in materia dal costruttore delle attrezzature.

Questa operazione va distinta dalla misurazione, che richiede

l’impiego di attrezzature specifiche e di una metodologia appropriata

e che resta comunque il metodo di riferimento.

3. L’esposizione dei lavoratori alle vibrazioni trasmesse al

sistema mano-braccio e’ valutata o misurata in base alle disposizioni

di cui all’allegato XXXV, parte A.

4. L’esposizione dei lavoratori alle vibrazioni trasmesse al corpo

intero e’ valutata o misurata in base alle disposizioni di cui

all’allegato XXXV, parte B.

5. Ai fini della valutazione di cui al comma 1, il datore di lavoro

tiene conto, in particolare, dei seguenti elementi:

a) il livello, il tipo e la durata dell’esposizione, ivi inclusa

ogni esposizione a vibrazioni intermittenti o a urti ripetuti;

b) i valori limite di esposizione e i valori d’azione specificati

nell’articolo 201;

c) gli eventuali effetti sulla salute e sulla sicurezza dei

lavoratori particolarmente sensibili al rischio con particolare

riferimento alle donne in gravidanza e ai minori;

d) gli eventuali effetti indiretti sulla sicurezza e salute dei

lavoratori risultanti da interazioni tra le vibrazioni meccaniche, il

rumore e l’ambiente di lavoro o altre attrezzature;

e) le informazioni fornite dal costruttore dell’attrezzatura di

lavoro;

f) l’esistenza di attrezzature alternative progettate per ridurre

i livelli di esposizione alle vibrazioni meccaniche;

g) il prolungamento del periodo di esposizione a vibrazioni

trasmesse al corpo intero al di la’ delle ore lavorative, in locali

di cui e’ responsabile;

h) condizioni di lavoro particolari, come le basse temperature,

il bagnato, l’elevata umidita’ o il sovraccarico biomeccanico degli

arti superiori e del rachide;

i) informazioni raccolte dalla sorveglianza sanitaria, comprese,

per quanto possibile, quelle reperibili nella letteratura

scientifica.



Art. 203.

Misure di prevenzione e protezione



1. Fermo restando quanto previsto nell’articolo 182, in base alla

valutazione dei rischi di cui all’articolo 202, quando sono superati

i valori d’azione, il datore di lavoro elabora e applica un programma

di misure tecniche o organizzative, volte a ridurre al minimo

l’esposizione e i rischi che ne conseguono, considerando in

particolare quanto segue:

a) altri metodi di lavoro che richiedono una minore esposizione a

vibrazioni meccaniche;

b) la scelta di attrezzature di lavoro adeguate concepite nel

rispetto dei principi ergonomici e che producono, tenuto conto del

lavoro da svolgere, il minor livello possibile di vibrazioni;

c) la fornitura di attrezzature accessorie per ridurre i rischi

di lesioni provocate dalle vibrazioni, quali sedili che attenuano

efficacemente le vibrazioni trasmesse al corpo intero e maniglie o

guanti che attenuano la vibrazione trasmessa al sistema mano-braccio;

d) adeguati programmi di manutenzione delle attrezzature di

lavoro, del luogo di lavoro, dei sistemi sul luogo di lavoro e dei

DPI;

e) la progettazione e l’organizzazione dei luoghi e dei posti di

lavoro;

f) l’adeguata informazione e formazione dei lavoratori sull’uso

corretto e sicuro delle attrezzature di lavoro e dei DPI, in modo da

ridurre al minimo la loro esposizione a vibrazioni meccaniche;

g) la limitazione della durata e dell’intensita’

dell’esposizione;

h) l’organizzazione di orari di lavoro appropriati, con adeguati

periodi di riposo;

i) la fornitura, ai lavoratori esposti, di indumenti per la

protezione dal freddo e dall’umidita’.

2. Se, nonostante le misure adottate, il valore limite di

esposizione e’ stato superato, il datore di lavoro prende misure

immediate per riportare l’esposizione al di sotto di tale valore,

individua le cause del superamento e adatta, di conseguenza, le

misure di prevenzione e protezione per evitare un nuovo superamento.

Art. 204.

Sorveglianza sanitaria



1. I lavoratori esposti a livelli di vibrazioni superiori ai valori

d’azione sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria. La sorveglianza

viene effettuata periodicamente, di norma una volta l’anno o con

periodicita’ diversa decisa dal medico competente con adeguata

motivazione riportata nel documento di valutazione dei rischi e resa

nota ai rappresentanti per la sicurezza dei lavoratori in funzione

della valutazione del rischio. L’organo di vigilanza, con

provvedimento motivato, puo’ disporre contenuti e periodicita’ della

sorveglianza diversi rispetto a quelli forniti dal medico competente.

2. I lavoratori esposti a vibrazioni sono altresi’ sottoposti alla

sorveglianza sanitaria quando, secondo il medico competente, si

verificano una o piu’ delle seguenti condizioni: l’esposizione dei

lavoratori alle vibrazioni e’ tale da rendere possibile

l’individuazione di un nesso tra l’esposizione in questione e una

malattia identificabile o ad effetti nocivi per la salute ed e’

probabile che la malattia o gli effetti sopraggiungano nelle

particolari condizioni di lavoro del lavoratore ed esistono tecniche

sperimentate che consentono di individuare la malattia o gli effetti

nocivi per la salute.

Art. 205.

Deroghe



1. Nei settori della navigazione marittima e aerea, il datore di

lavoro, in circostanze debitamente giustificate, puo’ richiedere la

deroga, limitatamente al rispetto dei valori limite di esposizione

per il corpo intero qualora, tenuto conto della tecnica e delle

caratteristiche specifiche dei luoghi di lavoro, non sia possibile

rispettare tale valore limite nonostante le misure tecniche e

organizzative messe in atto.

2. Nel caso di attivita’ lavorative in cui l’esposizione di un

lavoratore a vibrazioni meccaniche e’ abitualmente inferiore ai

valori di azione, ma puo’ occasionalmente superare il valore limite

di esposizione, il datore di lavoro puo’ richiedere la deroga al

rispetto dei valori limite a condizione che il valore medio

dell’esposizione calcolata su un periodo di 40 ore sia inferiore al

valore limite di esposizione e dimostri, con elementi probanti, che i

rischi derivanti dal tipo di esposizione cui e’ sottoposto il

lavoratore sono inferiori a quelli derivanti dal livello di

esposizione corrispondente al valore limite.

3. Le deroghe di cui ai commi 1 e 2 sono concesse, per un periodo

massimo di quattro anni, dall’organo di vigilanza territorialmente

competente che provvede anche a darne comunicazione, specificando le

ragioni e le circostanze che hanno consentito la concessione delle

stesse, al Ministero del lavoro e della previdenza sociale. Le

deroghe sono rinnovabili e possono essere revocate quando vengono

meno le circostanze che le hanno giustificate.

4. La concessione delle deroghe di cui ai commi 1 e 2 e’

condizionata all’intensificazione della sorveglianza sanitaria e da

condizioni che garantiscano, tenuto conto delle particolari

circostanze, che i rischi derivanti siano ridotti al minimo. Il

datore di lavoro assicura l’intensificazione della sorveglianza

sanitaria ed il rispetto delle condizioni indicate nelle deroghe.

5. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale trasmette

ogni quattro anni alla Commissione della Unione europea un prospetto

dal quale emergano circostanze e motivi delle deroghe concesse ai

sensi del presente articolo.

Capo IV

Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a campi

elettromagnetici



Art. 206.

Campo di applicazione



1. Il presente capo determina i requisiti minimi per la protezione

dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza derivanti

dall’esposizione ai campi elettromagnetici (da 0 Hz a 300 GHz), come

definiti dall’articolo 207, durante il lavoro. Le disposizioni

riguardano la protezione dai rischi per la salute e la sicurezza dei

lavoratori dovuti agli effetti nocivi a breve termine conosciuti nel

corpo umano derivanti dalla circolazione di correnti indotte e

dall’assorbimento di energia, e da correnti di contatto.

2. Il presente capo non riguarda la protezione da eventuali effetti

a lungo termine e i rischi risultanti dal contatto con i conduttori

in tensione.

Art. 207.

Definizioni



1. Agli effetti delle disposizioni del presente capo si intendono

per:

a) campi elettromagnetici: campi magnetici statici e campi

elettrici, magnetici ed elettromagnetici variabili nel tempo di

frequenza inferiore o pari a 300 GHz;

b) valori limite di esposizione: limiti all’esposizione a campi

elettromagnetici che sono basati direttamente sugli effetti sulla

salute accertati e su considerazioni biologiche. Il rispetto di

questi limiti garantisce che i lavoratori esposti ai campi

elettromagnetici sono protetti contro tutti gli effetti nocivi a

breve termine per la salute conosciuti;

c) valori di azione: l’entita’ dei parametri direttamente

misurabili, espressi in termini di intensita’ di campo elettrico (E),

intensita’ di campo magnetico (H), induzione magnetica (B) e densita’

di potenza (S), che determina l’obbligo di adottare una o piu’ delle

misure specificate nel presente capo. Il rispetto di questi valori

assicura il rispetto dei pertinenti valori limite di esposizione.

Art. 208.

Valori limite di esposizione e valori d’azione



1. I valori limite di esposizione sono riportati nell’allegato

XXXVI, lettera A, tabella 1.

2. I valori di azione sono riportati nell’allegato XXXVI, lettera

B, tabella 2.

Art. 209.

Identificazione dell’esposizione e valutazione dei rischi



1. Nell’ambito della valutazione dei rischi di cui

all’articolo 181, il datore di lavoro valuta e, quando necessario,

misura o calcola i livelli dei campi elettromagnetici ai quali sono

esposti i lavoratori. La valutazione, la misurazione e il calcolo

devono essere effettuati in conformita’ alle norme europee

standardizzate del Comitato europeo di normalizzazione elettrotecnica

(CENELEC). Finche’ le citate norme non avranno contemplato tutte le

pertinenti situazioni per quanto riguarda la valutazione, misurazione

e calcolo dell’esposizione dei lavoratori ai campi elettromagnetici,

il datore di lavoro adotta le specifiche linee guida individuate od

emanate dalla Commissione consultiva permanente per la prevenzione

degli infortuni e per l’igiene del lavoro, o, in alternativa, quelle

del Comitato Elettrotecnico Italiano (CEI), tenendo conto, se

necessario, dei livelli di emissione indicati dai fabbricanti delle

attrezzature.

2. A seguito della valutazione dei livelli dei campi

elettromagnetici effettuata in conformita’ al comma 1, qualora

risulti che siano superati i valori di azione di cui

all’articolo 208, il datore di lavoro valuta e, quando necessario,

calcola se i valori limite di esposizione sono stati superati.

3. La valutazione, la misurazione e il calcolo di cui ai commi 1 e

2 non devono necessariamente essere effettuati in luoghi di lavoro

accessibili al pubblico, purche’ si sia gia’ proceduto ad una

valutazione conformemente alle disposizioni relative alla limitazione

dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici da 0 Hz

a 300 GHz e risultino rispettate per i lavoratori le restrizioni

previste dalla raccomandazione 1999/519/CE del Consiglio, del

12 luglio 1999, e siano esclusi rischi relativi alla sicurezza.

4. Nell’ambito della valutazione del rischio di cui

all’articolo 181, il datore di lavoro presta particolare attenzione

ai seguenti elementi:

a) il livello, lo spettro di frequenza, la durata e il tipo

dell’esposizione;

b) i valori limite di esposizione e i valori di azione di cui

all’articolo 208;

c) tutti gli effetti sulla salute e sulla sicurezza dei

lavoratori particolarmente sensibili al rischio;

d) qualsiasi effetto indiretto quale:

1) interferenza con attrezzature e dispositivi medici

elettronici (compresi stimolatori cardiaci e altri dispositivi

impiantati);

2) rischio propulsivo di oggetti ferromagnetici in campi

magnetici statici con induzione magnetica superiore a 3 mT;

3) innesco di dispositivi elettro-esplosivi (detonatori);

4) incendi ed esplosioni dovuti all’accensione di materiali

infiammabili provocata da scintille prodotte da campi indotti,

correnti di contatto o scariche elettriche;

e) l’esistenza di attrezzature di lavoro alternative progettate

per ridurre i livelli di esposizione ai campi elettromagnetici;

f) la disponibilita’ di azioni di risanamento volte a minimizzare

i livelli di esposizione ai campi elettromagnetici;

g) per quanto possibile, informazioni adeguate raccolte nel corso

della sorveglianza sanitaria, comprese le informazioni reperibili in

pubblicazioni scientifiche;

h) sorgenti multiple di esposizione;

i) esposizione simultanea a campi di frequenze diverse.

5. Il datore di lavoro nel documento di valutazione del rischio di

cui all’articolo 28 precisa le misure adottate, previste

dall’articolo 210.

Art. 210.

Misure di prevenzione e protezione



1. A seguito della valutazione dei rischi, qualora risulti che i

valori di azione di cui all’articolo 208 sono superati, il datore di

lavoro, a meno che la valutazione effettuata a norma

dell’articolo 209, comma 2, dimostri che i valori limite di

esposizione non sono superati e che possono essere esclusi rischi

relativi alla sicurezza, elabora ed applica un programma d’azione che

comprenda misure tecniche e organizzative intese a prevenire

esposizioni superiori ai valori limite di esposizione, tenendo conto

in particolare:

a) di altri metodi di lavoro che implicano una minore esposizione

ai campi elettromagnetici;

b) della scelta di attrezzature che emettano campi

elettromagnetici di intensita’ inferiore, tenuto conto del lavoro da

svolgere;

c) delle misure tecniche per ridurre l’emissione dei campi

elettromagnetici, incluso se necessario l’uso di dispositivi di

sicurezza, schermature o di analoghi meccanismi di protezione della

salute;

d) degli appropriati programmi di manutenzione delle attrezzature

di lavoro, dei luoghi e delle postazioni di lavoro;

e) della progettazione e della struttura dei luoghi e delle

postazioni di lavoro;

f) della limitazione della durata e dell’intensita’

dell’esposizione;

g) della disponibilita’ di adeguati dispositivi di protezione

individuale.

2. I luoghi di lavoro dove i lavoratori possono essere esposti a

campi elettromagnetici che superano i valori di azione devono essere

indicati con un’apposita segnaletica. Tale obbligo non sussiste nel

caso che dalla valutazione effettuata a norma dell’articolo 209,

comma 2, il datore di lavoro dimostri che i valori limite di

esposizione non sono superati e che possono essere esclusi rischi

relativi alla sicurezza. Dette aree sono inoltre identificate e

l’accesso alle stesse e’ limitato laddove cio’ sia tecnicamente

possibile e sussista il rischio di un superamento dei valori limite

di esposizione.

3. In nessun caso i lavoratori devono essere esposti a valori

superiori ai valori limite di esposizione. Allorche’, nonostante i

provvedimenti presi dal datore di lavoro in applicazione del presente

capo, i valori limite di esposizione risultino superati, il datore di

lavoro adotta misure immediate per riportare l’esposizione al di

sotto dei valori limite di esposizione, individua le cause del

superamento dei valori limite di esposizione e adegua di conseguenza

le misure di protezione e prevenzione per evitare un nuovo

superamento.

4. A norma dell’articolo 209, comma 4, lettera c), il datore di

lavoro adatta le misure di cui al presente articolo alle esigenze dei

lavoratori esposti particolarmente sensibili al rischio.

Art. 211.

Sorveglianza sanitaria



1. La sorveglianza sanitaria viene effettuata periodicamente, di

norma una volta l’anno o con periodicita’ inferiore decisa dal medico

competente con particolare riguardo ai lavoratori particolarmente

sensibili al rischio di cui all’articolo 183, tenuto conto dei

risultati della valutazione dei rischi trasmessi dal datore di

lavoro. L’organo di vigilanza, con provvedimento motivato, puo’

disporre contenuti e periodicita’ diversi da quelli forniti dal

medico competente.

2. Fermo restando il rispetto di quanto stabilito dall’articolo

182, sono tempestivamente sottoposti a controllo medico i lavoratori

per i quali e’ stata rilevata un’esposizione superiore ai valori di

azione di cui all’articolo 208, comma 2.

Art. 212.

Linee guida



1. Il Ministero della salute, avvalendosi degli organi

tecnico-scientifici del Servizio sanitario nazionale, sentita la

Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le

province autonome di Trento e di Bolzano, entro due anni dalla data

di entrata in vigore del presente decreto, elabora le linee guida per

l’applicazione del presente capo nello specifico settore

dell’utilizzo in ambito sanitario delle attrezzature di risonanza

magnetica.

Capo V

Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a radiazioni

ottiche artificiali

Art. 213.

Campo di applicazione



1. Il presente capo stabilisce prescrizioni minime di protezione

dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza che

possono derivare, dall’esposizione alle radiazioni ottiche

artificiali durante il lavoro con particolare riguardo ai rischi

dovuti agli effetti nocivi sugli occhi e sulla cute.

Art. 214.

Definizioni



1. Agli effetti delle disposizioni del presente capo si intendono

per:

a) radiazioni ottiche: tutte le radiazioni elettromagnetiche

nella gamma di lunghezza d’onda compresa tra 100 ¯Fm e 1 mm. Lo

spettro delle radiazioni ottiche si suddivide in radiazioni

ultraviolette, radiazioni visibili e radiazioni infrarosse:

1) radiazioni ultraviolette: radiazioni ottiche a lunghezza

d’onda compresa tra 100 e 400 ¯Fm. La banda degli ultravioletti e’

suddivisa in UVA (315-400 ¯Fm), UVB (280-315 ¯Fm) e UVC (100-280

¯Fm);

2) radiazioni visibili: radiazioni ottiche a lunghezza d’onda

compresa tra 380 e 780 ¯Fm;

3) radiazioni infrarosse: radiazioni ottiche a lunghezza d’onda

compresa tra 780 ¯Fm e 1 mm. La regione degli infrarossi e’ suddivisa

in IRA (780-1400 ¯Fm), IRB (1400-3000 ¯Fm) e IRC (3000 ¯Fm-1 mm);

b) laser (amplificazione di luce mediante emissione stimolata di

radiazione): qualsiasi dispositivo al quale si possa far produrre o

amplificare le radiazioni elettromagnetiche nella gamma di lunghezze

d’onda delle radiazioni ottiche, soprattutto mediante il processo di

emissione stimolata controllata;

c) radiazione laser: radiazione ottica prodotta da un laser;

d) radiazione non coerente: qualsiasi radiazione ottica diversa

dalla radiazione laser;

e) valori limite di esposizione: limiti di esposizione alle

radiazioni ottiche che sono basati direttamente sugli effetti sulla

salute accertati e su considerazioni biologiche. Il rispetto di

questi limiti garantisce che i lavoratori esposti a sorgenti

artificiali di radiazioni ottiche siano protetti contro tutti gli

effetti nocivi sugli occhi e sulla cute conosciuti;

f) irradianza (E) o densita’ di potenza: la potenza radiante

incidente per unita’ di area su una superficie espressa in watt su

metro quadrato (W m-2);

g) esposizione radiante (H): integrale nel tempo dell’irradianza

espresso in joule su metro quadrato (J m-2);

h) radianza (L): il flusso radiante o la potenza per unita’

d’angolo solido per unita’ di superficie, espressa in watt su metro

quadrato su steradiante (W m-2 sr-1);

i) livello: la combinazione di irradianza, esposizione radiante e

radianza alle quali e’ esposto un lavoratore.

Art. 215.

Valori limite di esposizione



1. I valori limite di esposizione per le radiazioni incoerenti sono

riportati nell’allegato XXXVII, parte I.

2. I valori limite di esposizione per le radiazioni laser sono

riportati nell’allegato XXXVII, parte II.

Art. 216.

Identificazione dell’esposizione e valutazione dei rischi



1. Nell’ambito della valutazione dei rischi di cui

all’articolo 181, il datore di lavoro valuta e, quando necessario,

misura e/o calcola i livelli delle radiazioni ottiche a cui possono

essere esposti i lavoratori. La metodologia seguita nella

valutazione, nella misurazione e/o nel calcolo rispetta le norme

della Commissione elettrotecnica internazionale (IEC), per quanto

riguarda le radiazioni laser, le raccomandazioni della Commissione

internazionale per l’illuminazione (CIE) e del Comitato europeo di

normazione (CEN) per quanto riguarda le radiazioni incoerenti. Nelle

situazioni di esposizione che esulano dalle suddette norme e

raccomandazioni, fino a quando non saranno disponibili norme e

raccomandazioni adeguate dell’Unione europea, il datore di lavoro

adotta le specifiche linee guida individuate od emanate dalla

Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni

e per l’igiene del lavoro o, in subordine, linee guida nazionali o

internazionali scientificamente fondate. In tutti i casi di

esposizione, la valutazione tiene conto dei dati indicati dai

fabbricanti delle attrezzature, se contemplate da pertinenti

direttive comunitarie di prodotto.

2. Il datore di lavoro, in occasione della valutazione dei rischi,

presta particolare attenzione ai seguenti elementi:

a) il livello, la gamma di lunghezze d’onda e la durata

dell’esposizione a sorgenti artificiali di radiazioni ottiche;

b) i valori limite di esposizione di cui all’articolo 215;

c) qualsiasi effetto sulla salute e sulla sicurezza dei

lavoratori appartenenti a gruppi particolarmente sensibili al

rischio;

d) qualsiasi eventuale effetto sulla salute e sulla sicurezza dei

lavoratori risultante dalle interazioni sul posto di lavoro tra le

radiazioni ottiche e le sostanze chimiche foto-sensibilizzanti;

e) qualsiasi effetto indiretto come l’accecamento temporaneo, le

esplosioni o il fuoco;

f) l’esistenza di attrezzature di lavoro alternative progettate

per ridurre i livelli di esposizione alle radiazioni ottiche

artificiali;

g) la disponibilita’ di azioni di risanamento volte a minimizzare

i livelli di esposizione alle radiazioni ottiche;

h) per quanto possibile, informazioni adeguate raccolte nel corso

della sorveglianza sanitaria, comprese le informazioni pubblicate;

i) sorgenti multiple di esposizione alle radiazioni ottiche

artificiali;

l) una classificazione dei laser stabilita conformemente alla

pertinente norma IEC e, in relazione a tutte le sorgenti artificiali

che possono arrecare danni simili a quelli di un laser della classe

3B o 4, tutte le classificazioni analoghe;

m) le informazioni fornite dai fabbricanti delle sorgenti di

radiazioni ottiche e delle relative attrezzature di lavoro in

conformita’ delle pertinenti direttive comunitarie.

3. Il datore di lavoro nel documento di valutazione dei rischi deve

precisare le misure adottate previste dagli articoli 217 e 218.

Art. 217.

Disposizioni miranti ad eliminare o a ridurre i rischi



1. Se la valutazione dei rischi di cui all’articolo 17, comma 1,

lettera a), mette in evidenza che i valori limite d’esposizione

possono essere superati, il datore di lavoro definisce e attua un

programma d’azione che comprende misure tecniche e/o organizzative

destinate ad evitare che l’esposizione superi i valori limite,

tenendo conto in particolare:

a) di altri metodi di lavoro che comportano una minore

esposizione alle radiazioni ottiche;

b) della scelta di attrezzature che emettano meno radiazioni

ottiche, tenuto conto del lavoro da svolgere;

c) delle misure tecniche per ridurre l’emissione delle radiazioni

ottiche, incluso, quando necessario, l’uso di dispositivi di

sicurezza, schermatura o analoghi meccanismi di protezione della

salute;

d) degli opportuni programmi di manutenzione delle attrezzature

di lavoro, dei luoghi e delle postazioni di lavoro;

e) della progettazione e della struttura dei luoghi e delle

postazioni di lavoro;

f) della limitazione della durata e del livello dell’esposizione;

g) della disponibilita’ di adeguati dispositivi di protezione

individuale;

h) delle istruzioni del fabbricante delle attrezzature.

2. In base alla valutazione dei rischi di cui all’articolo 216, i

luoghi di lavoro in cui i lavoratori potrebbero essere esposti a

livelli di radiazioni ottiche che superino i valori di azione devono

essere indicati con un’apposita segnaletica. Dette aree sono inoltre

identificate e l’accesso alle stesse e’ limitato, laddove cio’ sia

tecnicamente possibile.

3. Il datore di lavoro adatta le misure di cui al presente

articolo alle esigenze dei lavoratori appartenenti a gruppi

particolarmente sensibili al rischio.

Art. 218.

Sorveglianza sanitaria



1. La sorveglianza sanitaria viene effettuata periodicamente, di

norma una volta l’anno o con periodicita’ inferiore decisa dal medico

competente con particolare riguardo ai lavoratori particolarmente

sensibili al rischio, tenuto conto dei risultati della valutazione

dei rischi trasmessi dal datore di lavoro. La sorveglianza sanitaria

e’ effettuata con l’obiettivo di prevenire e scoprire tempestivamente

effetti negativi per la salute, nonche’ prevenire effetti a lungo

termine negativi per la salute e rischi di malattie croniche

derivanti dall’esposizione a radiazioni ottiche.

2. Fermo restando il rispetto di quanto stabilito dall’articolo 182

e di quanto previsto al comma 1, sono tempestivamente sottoposti a

controllo medico i lavoratori per i quali e’ stata rilevata

un’esposizione superiore ai valori limite di cui all’articolo 215.

3. Laddove i valori limite sono superati, oppure sono identificati

effetti nocivi sulla salute:

a) il medico o altra persona debitamente qualificata comunica al

lavoratore i risultati che lo riguardano. Il lavoratore riceve in

particolare le informazioni e i pareri relativi al controllo

sanitario cui dovrebbe sottoporsi dopo la fine dell’esposizione;

b) il datore di lavoro e’ informato di tutti i dati significativi

emersi dalla sorveglianza sanitaria tenendo conto del segreto

professionale.

Capo VI

Sanzioni

Art. 219.

Sanzioni a carico del datore di lavoro e del dirigente



1. Il datore di lavoro e’ punito con l’arresto da quattro a otto

mesi o con l’ammenda da 4.000 a 12.000 euro per la violazione degli

articoli 181, comma 2, 190, commi 1 e 5, 209, commi 1 e 5, 216,

comma 1.

2. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:

a) con arresto da quattro a otto mesi o con l’ammenda da 2.000 a

4.000 euro per la violazione degli articoli 182, comma 2, 184, 185,

190, commi 2 e 3, 192, comma 2, 193, comma 1, 195, 197, comma 3, 202,

203, 205, comma 4, 209, commi 2 e 4, 210, comma 1, e 217, comma 1;

b) con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da euro

1.000 a euro 4.500 per la violazione degli articoli 210, commi 2 e 3,

e 217, commi 2 e 3.

Art. 220.

Sanzioni a carico del medico competente



1. Il medico competente e’ punito con l’arresto fino tre mesi o con

l’ammenda da euro 1.000 a euro 4.000 per la violazione degli

articoli 185 e 186.



Titolo IX

Sostanze pericolose

Capo I

Protezione da agenti chimici

Art. 221.

Campo di applicazione

1. Il presente capo determina i requisiti minimi per la protezione

dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza che

derivano, o possono derivare, dagli effetti di agenti chimici

presenti sul luogo di lavoro o come risultato di ogni attivita’

lavorativa che comporti la presenza di agenti chimici.

2. I requisiti individuati dal presente capo si applicano a tutti

gli agenti chimici pericolosi che sono presenti sul luogo di lavoro,

fatte salve le disposizioni relative agli agenti chimici per i quali

valgono provvedimenti di protezione radiologica regolamentati dal

decreto legislativo del 17 marzo 1995, n. 230, e successive

modificazioni.

3. Le disposizioni del presente capo si applicano altresi’ al

trasporto di agenti chimici pericolosi, fatte salve le disposizioni

specifiche contenute nei decreti ministeriali 4 settembre 1996,

15 maggio 1997, 28 settembre 1999 e nel decreto legislativo

13 gennaio 1999, n. 41, nelle disposizioni del codice IMDG del codice

IBC e nel codice IGC, quali definite dall’articolo 2 della direttiva

93/75/CEE, del Consiglio, del 13 settembre 1993, nelle disposizioni

dell’accordo europeo relativo al trasporto internazionale di merci

pericolose per vie navigabili interne (ADN) e del regolamento per il

trasporto delle sostanze pericolose sul Reno (ADNR), quali

incorporate nella normativa comunitaria e nelle istruzioni tecniche

per il trasporto sicuro di merci pericolose emanate alla data del

25 maggio 1998.

4. Le disposizioni del presente capo non si applicano alle

attivita’ comportanti esposizione ad amianto che restano disciplinate

dalle norme contenute al capo III del presente titolo.

Art. 222.

Definizioni



1. Ai fini del presente capo si intende per:

a) agenti chimici: tutti gli elementi o composti chimici, sia da

soli sia nei loro miscugli, allo stato naturale o ottenuti,

utilizzati o smaltiti, compreso lo smaltimento come rifiuti, mediante

qualsiasi attivita’ lavorativa, siano essi prodotti intenzionalmente

o no e siano immessi o no sul mercato;

b) agenti chimici pericolosi:

1) agenti chimici classificati come sostanze pericolose ai

sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive

modificazioni, nonche’ gli agenti che corrispondono ai criteri di

classificazione come sostanze pericolose di cui al predetto decreto.

Sono escluse le sostanze pericolose solo per l’ambiente;

2) agenti chimici classificati come preparati pericolosi ai

sensi del decreto legislativo 14 marzo 2003, n. 65, e successive

modificazioni, nonche’ gli agenti che rispondono ai criteri di

classificazione come preparati pericolosi di cui al predetto decreto.

Sono esclusi i preparati pericolosi solo per l’ambiente;

3) agenti chimici che, pur non essendo classifi-cabili come

pericolosi, in base ai numeri 1) e 2), possono comportare un rischio

per la sicurezza e la salute dei lavoratori a causa di loro

proprieta’ chimico-fisiche, chimiche o tossicologiche e del modo in

cui sono utilizzati o presenti sul luogo di lavoro, compresi gli

agenti chimici cui e’ stato assegnato un valore limite di esposizione

professionale;

c) attivita’ che comporta la presenza di agenti chimici: ogni

attivita’ lavorativa in cui sono utilizzati agenti chimici, o se ne

prevede l’utilizzo, in ogni tipo di procedimento, compresi la

produzione, la manipolazione, l’immagazzinamento, il trasporto o

l’eliminazione e il trattamento dei rifiuti, o che risultino da tale

attivita’ lavorativa;

d) valore limite di esposizione professionale: se non

diversamente specificato, il limite della concentrazione media

ponderata nel tempo di un agente chimico nell’aria all’interno della

zona di respirazione di un lavoratore in relazione ad un determinato

periodo di riferimento; un primo elenco di tali valori e’ riportato

nell’allegato XXXVIII;

e) valore limite biologico: il limite della concentrazione del

relativo agente, di un suo metabolita, o di un indicatore di effetto,

nell’appropriato mezzo biologico; un primo elenco di tali valori e’

riportato nell’allegato XXXIX;

f) sorveglianza sanitaria: la valutazione dello stato di salute

del singolo lavoratore in funzione dell’esposizione ad agenti chimici

sul luogo di lavoro;

g) pericolo: la proprieta’ intrinseca di un agente chimico di

poter produrre effetti nocivi;

h) rischio: la probabilita’ che si raggiunga il potenziale nocivo

nelle condizioni di utilizzazione o esposizione.

Art. 223.

Valutazione dei rischi



1. Nella valutazione di cui all’articolo 28, il datore di lavoro

determina, preliminarmente l’eventuale presenza di agenti chimici

pericolosi sul luogo di lavoro e valuta anche i rischi per la

sicurezza e la salute dei lavoratori derivanti dalla presenza di tali

agenti, prendendo in considerazione in particolare:

a) le loro proprieta’ pericolose;

b) le informazioni sulla salute e sicurezza comunicate dal

responsabile dell’immissione sul mercato tramite la relativa scheda

di sicurezza predisposta ai sensi dei decreti legislativi 3 febbraio

1997, n. 52, e 14 marzo 2003, n. 65, e successive modifiche;

c) il livello, il tipo e la durata dell’esposizione;

d) le circostanze in cui viene svolto il lavoro in presenza di

tali agenti, compresa la quantita’ degli stessi;

e) i valori limite di esposizione professionale o i valori limite

biologici; di cui un primo elenco e’ riportato negli allegati XXXVIII

e XXXIX;

f) gli effetti delle misure preventive e protettive adottate o da

adottare;

g) se disponibili, le conclusioni tratte da eventuali azioni di

sorveglianza sanitaria gia’ intraprese.

2. Nella valutazione dei rischi il datore di lavoro indica quali

misure sono state adottate ai sensi dell’articolo 224 e, ove

applicabile, dell’articolo 225. Nella valutazione medesima devono

essere incluse le attivita’, ivi compresa la manutenzione e la

pulizia, per le quali e’ prevedibile la possibilita’ di notevole

esposizione o che, per altri motivi, possono provocare effetti nocivi

per la salute e la sicurezza, anche dopo l’adozione di tutte le

misure tecniche.

3. Nel caso di attivita’ lavorative che comportano l’esposizione a

piu’ agenti chimici pericolosi, i rischi sono valutati in base al

rischio che comporta la combinazione di tutti i suddetti agenti

chimici.

4. Fermo restando quanto previsto dai decreti legislativi

3 febbraio 1997, n. 52, e 14 marzo 2003, n. 65, e successive

modificazioni, il responsabile dell’immissione sul mercato di agenti

chimici pericolosi e’ tenuto a fornire al datore di lavoro acquirente

tutte le ulteriori informazioni necessarie per la completa

valutazione del rischio.

5. La valutazione del rischio puo’ includere la giustificazione che

la natura e l’entita’ dei rischi connessi con gli agenti chimici

pericolosi rendono non necessaria un’ulteriore valutazione

maggiormente dettagliata dei rischi.

6. Nel caso di un’attivita’ nuova che comporti la presenza di

agenti chimici pericolosi, la valutazione dei rischi che essa

presenta e l’attuazione delle misure di prevenzione sono predisposte

preventivamente. Tale attivita’ comincia solo dopo che si sia

proceduto alla valutazione dei rischi che essa presenta e

all’attuazione delle misure di prevenzione.

7. Il datore di lavoro aggiorna periodicamente la valutazione e,

comunque, in occasione di notevoli mutamenti che potrebbero averla

resa superata ovvero quando i risultati della sorveglianza medica ne

mostrino la necessita’.

Art. 224.

Misure e principi generali per la prevenzione dei rischi



1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 15, i rischi

derivanti da agenti chimici pericolosi devono essere eliminati o

ridotti al minimo mediante le seguenti misure:

a) progettazione e organizzazione dei sistemi di lavorazione sul

luogo di lavoro;

b) fornitura di attrezzature idonee per il lavoro specifico e

relative procedure di manutenzione adeguate;

c) riduzione al minimo del numero di lavoratori che sono o

potrebbero essere esposti;

d) riduzione al minimo della durata e dell’intensita’

dell’esposizione;

e) misure igieniche adeguate;

f) riduzione al minimo della quantita’ di agenti presenti sul

luogo di lavoro in funzione delle necessita’ della lavorazione;

g) metodi di lavoro appropriati comprese le disposizioni che

garantiscono la sicurezza nella manipolazione, nell’immagazzinamento

e nel trasporto sul luogo di lavoro di agenti chimici pericolosi

nonche’ dei rifiuti che contengono detti agenti chimici.

2. Se i risultati della valutazione dei rischi dimostrano che, in

relazione al tipo e alle quantita’ di un agente chimico pericoloso e

alle modalita’ e frequenza di esposizione a tale agente presente sul

luogo di lavoro, vi e’ solo un rischio basso per la sicurezza e

irrilevante per la salute dei lavoratori e che le misure di cui al

comma 1 sono sufficienti a ridurre il rischio, non si applicano le

disposizioni degli articoli 225, 226, 229, 230.

Art. 225.

Misure specifiche di protezione e di prevenzione



1. Il datore di lavoro, sulla base dell’attivita’ e della

valutazione dei rischi di cui all’articolo 223, provvede affinche’ il

rischio sia eliminato o ridotto mediante la sostituzione, qualora la

natura dell’attivita’ lo consenta, con altri agenti o processi che,

nelle condizioni di uso, non sono o sono meno pericolosi per la

salute dei lavoratori. Quando la natura dell’attivita’ non consente

di eliminare il rischio attraverso la sostituzione il datore di

lavoro garantisce che il rischio sia ridotto mediante l’applicazione

delle seguenti misure da adottarsi nel seguente ordine di priorita’:

a) progettazione di appropriati processi lavorativi e controlli

tecnici, nonche’ uso di attrezzature e materiali adeguati;

b) appropriate misure organizzative e di protezione collettive

alla fonte del rischio;

c) misure di protezione individuali, compresi i dispositivi di

protezione individuali, qualora non si riesca a prevenire con altri

mezzi l’esposizione;

d) sorveglianza sanitaria dei lavoratori a norma degli

articoli 229 e 230.

2. Salvo che possa dimostrare con altri mezzi il conseguimento di

un adeguato livello di prevenzione e di protezione, il datore di

lavoro, periodicamente ed ogni qualvolta sono modificate le

condizioni che possono influire sull’esposizione, provvede ad

effettuare la misurazione degli agenti che possono presentare un

rischio per la salute, con metodiche standardizzate di cui e’

riportato un elenco meramente indicativo nell’allegato XLI o in loro

assenza, con metodiche appropriate e con particolare riferimento ai

valori limite di esposizione professionale e per periodi

rappresentativi dell’esposizione in termini spazio temporali.

3. Quando sia stato superato un valore limite di esposizione

professionale stabilito dalla normativa vigente il datore di lavoro

identifica e rimuove le cause che hanno cagionato tale superamento

dell’evento, adottando immediatamente le misure appropriate di

prevenzione e protezione.

4. I risultati delle misurazioni di cui al comma 2 sono allegati ai

documenti di valutazione dei rischi e resi noti ai rappresentanti per

la sicurezza dei lavoratori. Il datore di lavoro tiene conto delle

misurazioni effettuate ai sensi del comma 2 per l’adempimento degli

obblighi conseguenti alla valutazione dei rischi di cui

all’articolo 223. Sulla base della valutazione dei rischi e dei

principi generali di prevenzione e protezione, il datore di lavoro

adotta le misure tecniche e organizzative adeguate alla natura delle

operazioni, compresi l’immagazzinamento, la manipolazione e

l’isolamento di agenti chimici incompatibili fra di loro; in

particolare, il datore di lavoro previene sul luogo di lavoro la

presenza di concentrazioni pericolose di sostanze infiammabili o

quantita’ pericolose di sostanze chimicamente instabili.

5. Laddove la natura dell’attivita’ lavorativa non consenta di

prevenire sul luogo di lavoro la presenza di concentrazioni

pericolose di sostanze infiammabili o quantita’ pericolose di

sostanze chimicamente instabili, il datore di lavoro deve in

particolare:

a) evitare la presenza di fonti di accensione che potrebbero dar

luogo a incendi ed esplosioni, o l’esistenza di condizioni avverse

che potrebbero provocare effetti fisici dannosi ad opera di sostanze

o miscele di sostanze chimicamente instabili;

b) limitare, anche attraverso misure procedurali ed organizzative

previste dalla normativa vigente, gli effetti pregiudizievoli sulla

salute e la sicurezza dei lavoratori in caso di incendio o di

esplosione dovuti all’accensione di sostanze infiammabili, o gli

effetti dannosi derivanti da sostanze o miscele di sostanze

chimicamente instabili.

6. Il datore di lavoro mette a disposizione attrezzature di lavoro

ed adotta sistemi di protezione collettiva ed individuale conformi

alle disposizioni legislative e regolamentari pertinenti, in

particolare per quanto riguarda l’uso dei suddetti mezzi in atmosfere

potenzialmente esplosive.

7. Il datore di lavoro adotta misure per assicurare un sufficiente

controllo degli impianti, apparecchi e macchinari, anche mettendo a

disposizione sistemi e dispositivi finalizzati alla limitazione del

rischio di esplosione o dispositivi per limitare la pressione delle

esplosioni.

8. Il datore di lavoro informa i lavoratori del superamento dei

valori limite di esposizione professionale, delle cause dell’evento e

delle misure di prevenzione e protezione adottate e ne da’

comunicazione, senza indugio, all’organo di vigilanza.

Art. 226.

Disposizioni in caso di incidenti o di emergenze



1. Ferme restando le disposizioni di cui agli articoli 43 e 44,

nonche’ quelle previste dal decreto del Ministro dell’interno in data

10 marzo 1998, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta

Ufficiale n. 81 del 7 aprile 1998, il datore di lavoro, al fine di

proteggere la salute e la sicurezza dei lavoratori dalle conseguenze

di incidenti o di emergenze derivanti dalla presenza di agenti

chimici pericolosi sul luogo di lavoro, predispone procedure di

intervento adeguate da attuarsi al verificarsi di tali eventi. Tali

misure comprendono esercitazioni di sicurezza da effettuarsi a

intervalli connessi alla tipologia di lavorazione e la messa a

disposizione di appropriati mezzi di pronto soccorso.

2. Nel caso di incidenti o di emergenza, il datore di lavoro adotta

immediate misure dirette ad attenuarne gli effetti ed in particolare,

di assistenza, di evacuazione e di soccorso e ne informa i

lavoratori. Il datore di lavoro adotta inoltre misure adeguate per

porre rimedio alla situazione quanto prima.

3. Ai lavoratori cui e’ consentito operare nell’area colpita o ai

lavoratori indispensabili all’effettuazione delle riparazioni e delle

attivita’ necessarie, sono forniti indumenti protettivi, dispositivi

di protezione individuale ed idonee attrezzature di intervento che

devono essere utilizzate sino a quando persiste la situazione

anomala.

4. Il datore di lavoro adotta le misure necessarie per approntare

sistemi d’allarme e altri sistemi di comunicazione necessari per

segnalare tempestivamente l’incidente o l’emergenza.

5. Le misure di emergenza devono essere contenute nel piano

previsto dal decreto di cui al comma 1. In particolare nel piano

vanno inserite:

a) informazioni preliminari sulle attivita’ pericolose, sugli

agenti chimici pericolosi, sulle misure per l’identificazione dei

rischi, sulle precauzioni e sulle procedure, in modo tale che servizi

competenti per le situazioni di emergenza possano mettere a punto le

proprie procedure e misure precauzionali;

b) qualunque altra informazione disponibile sui rischi specifici

derivanti o che possano derivare dal verificarsi di incidenti o

situazioni di emergenza, comprese le informazioni sulle procedure

elaborate in base al presente articolo.

6. Nel caso di incidenti o di emergenza i soggetti non protetti

devono immediatamente abbandonare la zona interessata.

Art. 227.

Informazione e formazione per i lavoratori



1. Fermo restando quanto previsto agli articoli 36 e 37, il datore

di lavoro garantisce che i lavoratori o i loro rappresentanti

dispongano di:

a) dati ottenuti attraverso la valutazione del rischio e

ulteriori informazioni ogni qualvolta modifiche importanti sul luogo

di lavoro determinino un cambiamento di tali dati;

b) informazioni sugli agenti chimici pericolosi presenti sul

luogo di lavoro, quali l’identita’ degli agenti, i rischi per la

sicurezza e la salute, i relativi valori limite di esposizione

professionale e altre disposizioni normative relative agli agenti;

c) formazione ed informazioni su precauzioni ed azioni adeguate

da intraprendere per proteggere loro stessi ed altri lavoratori sul

luogo di lavoro;

d) accesso ad ogni scheda dei dati di sicurezza messa a

disposizione dal responsabile dell’immissione sul mercato ai sensi

dei decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 14 marzo 2003, n.

65, e successive modificazioni.

2. Il datore di lavoro assicura che le informazioni siano:

a) fornite in modo adeguato al risultato della valutazione del

rischio di cui all’articolo 223. Tali informazioni possono essere

costituite da comunicazioni orali o dalla formazione e

dall’addestramento individuali con il supporto di informazioni

scritte, a seconda della natura e del grado di rischio rivelato dalla

valutazione del rischio;

b) aggiornate per tener conto del cambiamento delle circostanze.

3. Laddove i contenitori e le condutture per gli agenti chimici

pericolosi utilizzati durante il lavoro non siano contrassegnati da

segnali di sicurezza in base a quanto disposto dal titolo V, il

datore di lavoro provvede affinche’ la natura del contenuto dei

contenitori e delle condutture e gli eventuali rischi connessi siano

chiaramente identificabili.

4. Il responsabile dell’immissione sul mercato devono trasmettere

ai datori di lavoro tutte le informazioni concernenti gli agenti

chimici pericolosi prodotti o forniti secondo quanto stabilito dai

decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 14 marzo 2003, n. 65, e

successive modificazioni.

Art. 228.

Divieti



1. Sono vietate la produzione, la lavorazione e l’impiego degli

agenti chimici sul lavoro e le attivita’ indicate all’allegato XL.

2. Il divieto non si applica se un agente e’ presente in un

preparato, o quale componente di rifiuti, purche’ la concentrazione

individuale sia inferiore al limite indicato nell’allegato stesso.

3. In deroga al divieto di cui al comma 1, possono essere

effettuate, previa autorizzazione da rilasciarsi ai sensi del

comma 5, le seguenti attivita’:

a) attivita’ a fini esclusivi di ricerca e sperimentazione

scientifica, ivi comprese le analisi;

b) attivita’ volte ad eliminare gli agenti chimici che sono

presenti sotto forma di sottoprodotto o di rifiuti;

c) produzione degli agenti chimici destinati ad essere usati come

intermedi.

4. Ferme restando le disposizioni di cui al presente capo, nei casi

di cui al comma 3, lettera c), il datore di lavoro evita

l’esposizione dei lavoratori, stabilendo che la produzione e l’uso

piu’ rapido possibile degli agenti come prodotti intermedi avvenga in

un sistema chiuso dal quale gli stessi possono essere rimossi

soltanto nella misura necessaria per il controllo del processo o per

la manutenzione del sistema.

5. Il datore di lavoro che intende effettuare le attivita’ di cui

al comma 3 deve inviare una richiesta di autorizzazione al Ministero

del lavoro e della previdenza sociale che la rilascia sentito il

Ministero della salute e la regione interessata. La richiesta di

autorizzazione e’ corredata dalle seguenti informazioni:

a) i motivi della richiesta di deroga;

b) i quantitativi dell’agente da utilizzare annualmente;

c) il numero dei lavoratori addetti;

d) descrizione delle attivita’ e delle reazioni o processi;

e) misure previste per la tutela della salute e sicurezza e per

prevenire l’esposizione dei lavoratori.

Art. 229.

Sorveglianza sanitaria



1. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 224, comma 2, sono

sottoposti alla sorveglianza sanitaria di cui all’articolo 41 i

lavoratori esposti agli agenti chimici pericolosi per la salute che

rispondono ai criteri per la classificazione come molto tossici,

tossici, nocivi, sensibilizzanti, corrosivi, irritanti, tossici per

il ciclo riproduttivo, cancerogeni e mutageni di categoria 3.

2. La sorveglianza sanitaria viene effettuata:

a) prima di adibire il lavoratore alla mansione che comporta

l’esposizione;

b) periodicamente, di norma una volta l’anno o con periodicita’

diversa decisa dal medico competente con adeguata motivazione

riportata nel documento di valutazione dei rischi e resa nota ai

rappresentanti per la sicurezza dei lavoratori, in funzione della

valutazione del rischio e dei risultati della sorveglianza sanitaria;

c) all’atto della cessazione del rapporto di lavoro. In tale

occasione il medico competente deve fornire al lavoratore le

eventuali indicazioni relative alle prescrizioni mediche da

osservare.

3. Il monitoraggio biologico e’ obbligatorio per i lavoratori

esposti agli agenti per i quali e’ stato fissato un valore limite

biologico. Dei risultati di tale monitoraggio viene informato il

lavoratore interessato. I risultati di tale monitoraggio, in forma

anonima, vengono allegati al documento di valutazione dei rischi e

comunicati ai rappresentanti per la sicurezza dei lavoratori.

4. Gli accertamenti sanitari devono essere a basso rischio per il

lavoratore.

5. Il datore di lavoro, su parere conforme del medico competente,

adotta misure preventive e protettive particolari per i singoli

lavoratori sulla base delle risultanze degli esami clinici e

biologici effettuati. Le misure possono comprendere l’allontanamento

del lavoratore secondo le procedure dell’articolo 42.

6. Nel caso in cui all’atto della sorveglianza sanitaria si

evidenzi, in un lavoratore o in un gruppo di lavoratori esposti in

maniera analoga ad uno stesso agente, l’esistenza di effetti

pregiudizievoli per la salute imputabili a tale esposizione o il

superamento di un valore limite biologico, il medico competente

informa individualmente i lavoratori interessati ed il datore di

lavoro.

7. Nei casi di cui al comma 6, il datore di lavoro deve:

a) sottoporre a revisione la valutazione dei rischi effettuata a

norma dell’articolo 223;

b) sottoporre a revisione le misure predisposte per eliminare o

ridurre i rischi;

c) tenere conto del parere del medico competente nell’attuazione

delle misure necessarie per eliminare o ridurre il rischio;

d) prendere le misure affinche’ sia effettuata una visita medica

straordinaria per tutti gli altri lavoratori che hanno subito

un’esposizione simile.

8. L’organo di vigilanza, con provvedimento motivato, puo’ disporre

contenuti e periodicita’ della sorveglianza sanitaria diversi

rispetto a quelli definiti dal medico competente.

Art. 230.

Cartelle sanitarie e di rischio

1. Il medico competente, per ciascuno dei lavoratori di cui

all’articolo 229 istituisce ed aggiorna la cartella sanitaria secondo

quanto previsto dall’articolo 25, comma 1, lettera c), e fornisce al

lavoratore interessato tutte le informazioni previste dalle

lettere g) ed h) del comma 1 del medesimo articolo. Nella cartella di

rischio sono, tra l’altro, indicati i livelli di esposizione

professionale individuali forniti dal Servizio di prevenzione e

protezione.

2. Su richiesta, e’ fornita agli organi di vigilanza copia dei

documenti di cui al comma 1.

Art. 231.

Consultazione e partecipazione dei lavoratori



1. La consultazione e partecipazione dei lavoratori o dei loro

rappresentanti sono attuate ai sensi delle disposizioni di cui

all’articolo 50.

Art. 232.

Adeguamenti normativi



1. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e

della salute, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti

tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di

Bolzano, e’ istituito senza nuovi o maggiori oneri per la finanza

pubblica, un comitato consultivo per la determinazione e

l’aggiornamento dei valori limite di esposizione professionale e dei

valori limite biologici relativi agli agenti chimici. Il Comitato e’

composto da nove membri esperti nazionali di chiara fama in materia

tossicologica e sanitaria di cui tre in rappresentanza del Ministero

della salute, su proposta dell’Istituto superiore di sanita’,

dell’ISPESL e della Commissione tossicologica nazionale, tre in

rappresentanza della Conferenza dei Presidenti delle regioni e tre in

rappresentanza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale.

Il Comitato si avvale del supporto organizzativo e logistico della

Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro del

Ministero del lavoro e della previdenza sociale.

2. Con uno o piu’ decreti dei Ministri del lavoro e della

previdenza sociale e della salute d’intesa con la Conferenza

permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province

autonome, sentiti il Ministro dello sviluppo economico, il Comitato

di cui al comma 1 e le parti sociali, sono recepiti i valori di

esposizione professionale e biologici obbligatori predisposti dalla

Commissione europea, sono altresi’ stabiliti i valori limite

nazionali anche tenuto conto dei valori limite indicativi predisposti

dalla Commissione medesima e sono aggiornati gli allegati XXXVIII,

XXXIX, XL e XLI in funzione del progresso tecnico, dell’evoluzione di

normative e specifiche comunitarie o internazionali e delle

conoscenze nel settore degli agenti chimici pericolosi.

3. Con i decreti di cui al comma 2 e’ inoltre determinato il

rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute dei

lavoratori di cui all’articolo 224, comma 2, in relazione al tipo,

alle quantita’ ed alla esposizione di agenti chimici, anche tenuto

conto dei valori limite indicativi fissati dalla Unione europea e dei

parametri di sicurezza.

4. Nelle more dell’adozione dei decreti di cui al comma 2, con uno

o piu’ decreti dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e

della salute, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti

tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di

Bolzano, possono essere stabiliti, entro quarantacinque giorni dalla

data di entrata in vigore del presente decreto, i parametri per

l’individuazione del rischio basso per la sicurezza e irrilevante per

la salute dei lavoratori di cui all’articolo 224, comma 2, sulla base

di proposte delle associazioni di categoria dei datori di lavoro

interessate comparativamente rappresentative, sentite le associazioni

dei prestatori di lavoro interessate comparativamente

rappresentative. Scaduto inutilmente il termine di cui al presente

articolo, la valutazione del rischio moderato e’ comunque effettuata

dal datore di lavoro.



Capo II

Protezione da agenti cancerogeni e mutageni

Sezione I

Disposizioni generali

Art. 233.

Campo di applicazione



1. Fatto salvo quanto previsto per le attivita’ disciplinate dal

capo III e per i lavoratori esposti esclusivamente alle radiazioni

previste dal trattato che istituisce la Comunita’ europea

dell’energia atomica, le norme del presente titolo si applicano a

tutte le attivita’ nelle quali i lavoratori sono o possono essere

esposti ad agenti cancerogeni o mutageni a causa della loro attivita’

lavorativa.



Art. 234.

Definizioni



1. Agli effetti del presente decreto si intende per:

a) agente cancerogeno:

1) una sostanza che risponde ai criteri relativi alla

classificazione quali categorie cancerogene 1 o 2, stabiliti ai sensi

del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive

modificazioni;

2) un preparato contenente una o piu’ sostanze di cui al numero

1), quando la concentrazione di una o piu’ delle singole sostanze

risponde ai requisiti relativi ai limiti di concentrazione per la

classificazione di un preparato nelle categorie cancerogene 1 o 2 in

base ai criteri stabiliti dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n.

52, e 14 marzo 2003, n. 65 e successive modificazioni;

3) una sostanza, un preparato o un processo di cui all’allegato

XLII, nonche’ una sostanza od un preparato emessi durante un processo

previsto dall’allegato XLII;

b) agente mutageno:

1) una sostanza che risponde ai criteri relativi alla

classificazione nelle categorie mutagene 1 o 2, stabiliti dal decreto

legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive modificazioni;

2) un preparato contenente una o piu’ sostanze di cui al punto

1), quando la concentrazione di una o piu’ delle singole sostanze

risponde ai requisiti relativi ai limiti di concentrazione per la

classificazione di un preparato nelle categorie mutagene 1 o 2 in

base ai criteri stabiliti dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n.

52, e 14 marzo 2003, n. 65, e successive modificazioni;

c) valore limite: se non altrimenti specificato, il limite della

concentrazione media, ponderata in funzione del tempo, di un agente

cancerogeno o mutageno nell’aria, rilevabile entro la zona di

respirazione di un lavoratore, in relazione ad un periodo di

riferimento determinato stabilito nell’allegato XLIII.

Sezione II

Obblighi del datore di lavoro

Art. 235.

Sostituzione e riduzione



1. Il datore di lavoro evita o riduce l’utilizzazione di un agente

cancerogeno o mutageno sul luogo di lavoro in particolare

sostituendolo, se tecnicamente possibile, con una sostanza o un

preparato o un procedimento che nelle condizioni in cui viene

utilizzato non risulta nocivo o risulta meno nocivo per la salute e

la sicurezza dei lavoratori.

2. Se non e’ tecnicamente possibile sostituire l’agente cancerogeno

o mutageno il datore di lavoro provvede affinche’ la produzione o

l’utilizzazione dell’agente cancerogeno o mutageno avvenga in un

sistema chiuso purche’ tecnicamente possibile.

3. Se il ricorso ad un sistema chiuso non e’ tecnicamente possibile

il datore di lavoro provvede affinche’ il livello di esposizione dei

lavoratori sia ridotto al piu’ basso valore tecnicamente possibile.

L’esposizione non deve comunque superare il valore limite dell’agente

stabilito nell’allegato XLIII.

Art. 236.

Valutazione del rischio



1. Fatto salvo quanto previsto all’articolo 235, il datore di

lavoro effettua una valutazione dell’esposizione a agenti cancerogeni

o mutageni, i risultati della quale sono riportati nel documento di

cui all’articolo 17.

2. Detta valutazione tiene conto, in particolare, delle

caratteristiche delle lavorazioni, della loro durata e della loro

frequenza, dei quantitativi di agenti cancerogeni o mutageni prodotti

ovvero utilizzati, della loro concentrazione, della capacita’ degli

stessi di penetrare nell’organismo per le diverse vie di

assorbimento, anche in relazione al loro stato di aggregazione e,

qualora allo stato solido, se in massa compatta o in scaglie o in

forma polverulenta e se o meno contenuti in una matrice solida che ne

riduce o ne impedisce la fuoriuscita. La valutazione deve tener conto

di tutti i possibili modi di esposizione, compreso quello in cui vi

e’ assorbimento cutaneo.

3. Il datore di lavoro, in relazione ai risultati della valutazione

di cui al comma 1, adotta le misure preventive e protettive del

presente capo, adattandole alle particolarita’ delle situazioni

lavorative.

4. Il documento di cui all’articolo 28, comma 2, o

l’autocertificazione dell’effettuazione della valutazione dei rischi

di cui all’articolo 29, comma 5, sono integrati con i seguenti dati:

a) le attivita’ lavorative che comportano la presenza di sostanze

o preparati cancerogeni o mutageni o di processi industriali di cui

all’allegato XLII, con l’indicazione dei motivi per i quali sono

impiegati agenti cancerogeni;

b) i quantitativi di sostanze ovvero preparati cancerogeni o

mutageni prodotti ovvero utilizzati, ovvero presenti come impurita’ o

sottoprodotti;

c) il numero dei lavoratori esposti ovvero potenzialmente esposti

ad agenti cancerogeni o mutageni;

d) l’esposizione dei suddetti lavoratori, ove nota e il grado

della stessa;

e) le misure preventive e protettive applicate ed il tipo dei

dispositivi di protezione individuale utilizzati;

f) le indagini svolte per la possibile sostituzione degli agenti

cancerogeni e le sostanze e i preparati eventualmente utilizzati come

sostituti.

5. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al

comma 1 in occasione di modifiche del processo produttivo

significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in

ogni caso, trascorsi tre anni dall’ultima valutazione effettuata.

6. Il rappresentante per la sicurezza puo’ richiedere i dati di cui

al comma 4, fermo restando l’obbligo di cui all’articolo 50, comma 6.

Art. 237.

Misure tecniche, organizzative, procedurali



1. Il datore di lavoro:

a) assicura, applicando metodi e procedure di lavoro adeguati,

che nelle varie operazioni lavorative sono impiegati quantitativi di

agenti cancerogeni o mutageni non superiori alle necessita’ delle

lavorazioni e che gli agenti cancerogeni o mutageni in attesa di

impiego, in forma fisica tale da causare rischio di introduzione, non

sono accumulati sul luogo di lavoro in quantitativi superiori alle

necessita’ predette;

b) limita al minimo possibile il numero dei lavoratori esposti o

che possono essere esposti ad agenti cancerogeni o mutageni, anche

isolando le lavorazioni in aree predeterminate provviste di adeguati

segnali di avvertimento e di sicurezza, compresi i segnali «vietato

fumare», ed accessibili soltanto ai lavoratori che debbono recarvisi

per motivi connessi con la loro mansione o con la loro funzione. In

dette aree e’ fatto divieto di fumare;

c) progetta, programma e sorveglia le lavorazioni in modo che non

vi e’ emissione di agenti cancerogeni o mutageni nell’aria. Se cio’

non e’ tecnicamente possibile, l’eliminazione degli agenti

cancerogeni o mutageni deve avvenire il piu’ vicino possibile al

punto di emissione mediante aspirazione localizzata, nel rispetto

dell’articolo 18, comma 1, lettera q). L’ambiente di lavoro deve

comunque essere dotato di un adeguato sistema di ventilazione

generale;

d) provvede alla misurazione di agenti cancerogeni o mutageni per

verificare l’efficacia delle misure di cui alla lettera c) e per

individuare precocemente le esposizioni anomale causate da un evento

non prevedibile o da un incidente, con metodi di campionatura e di

misurazione conformi alle indicazioni dell’allegato XLI del presente

decreto legislativo;

e) provvede alla regolare e sistematica pulitura dei locali,

delle attrezzature e degli impianti;

f) elabora procedure per i casi di emergenza che possono

comportare esposizioni elevate;

g) assicura che gli agenti cancerogeni o mutageni sono

conservati, manipolati, trasportati in condizioni di sicurezza;

h) assicura che la raccolta e l’immagazzinamento, ai fini dello

smaltimento degli scarti e dei residui delle lavorazioni contenenti

agenti cancerogeni, avvengano in condizioni di sicurezza, in

particolare utilizzando contenitori ermetici etichettati in modo

chiaro, netto, visibile;

i) dispone, su conforme parere del medico competente, misure

protettive particolari con quelle categorie di lavoratori per i quali

l’esposizione a taluni agenti cancerogeni o mutageni presenta rischi

particolarmente elevati.

Art. 238.

Misure tecniche



1. Il datore di lavoro:

a) assicura che i lavoratori dispongano di servizi igienici

appropriati ed adeguati;

b) dispone che i lavoratori abbiano in dotazione idonei indumenti

protettivi da riporre in posti separati dagli abiti civili;

c) provvede affinche’ i dispositivi di protezione individuale

siano custoditi in luoghi determinati, controllati e puliti dopo ogni

utilizzazione, provvedendo altresi’ a far riparare o sostituire

quelli difettosi o deteriorati, prima di ogni nuova utilizzazione.

2. Nelle zone di lavoro di cui all’articolo 237, comma 1,

lettera b), e’ vietato assumere cibi e bevande, fumare, conservare

cibi destinati al consumo umano, usare pipette a bocca e applicare

cosmetici.

Art. 239.

Informazione e formazione



1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle

conoscenze disponibili, informazioni ed istruzioni, in particolare

per quanto riguarda:

a) gli agenti cancerogeni o mutageni presenti nei cicli

lavorativi, la loro dislocazione, i rischi per la salute connessi al

loro impiego, ivi compresi i rischi supplementari dovuti al fumare;

b) le precauzioni da prendere per evitare l’esposizione;

c) le misure igieniche da osservare;

d) la necessita’ di indossare e impiegare indumenti di lavoro e

protettivi e dispositivi individuali di protezione ed il loro

corretto impiego;

e) il modo di prevenire il verificarsi di incidenti e le misure

da adottare per ridurre al minimo le conseguenze.

2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione

adeguata in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.

3. L’informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono

fornite prima che i lavoratori siano adibiti alle attivita’ in

questione e vengono ripetute, con frequenza almeno quinquennale, e

comunque ogni qualvolta si verificano nelle lavorazioni cambiamenti

che influiscono sulla natura e sul grado dei rischi.

4. Il datore di lavoro provvede inoltre affinche’ gli impianti, i

contenitori, gli imballaggi contenenti agenti cancerogeni o mutageni

siano etichettati in maniera chiaramente leggibile e comprensibile. I

contrassegni utilizzati e le altre indicazioni devono essere conformi

al disposto dei decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e

14 marzo 2003, n. 65, e successive modificazioni.

Art. 240.

Esposizione non prevedibile



1. Qualora si verifichino eventi non prevedibili o incidenti che

possono comportare un’esposizione anomala dei lavoratori ad agenti

cancerogeni o mutageni, il datore di lavoro adotta quanto prima

misure appropriate per identificare e rimuovere la causa dell’evento

e ne informa i lavoratori e il rappresentante per la sicurezza.

2. I lavoratori devono abbandonare immediatamente l’area

interessata, cui possono accedere soltanto gli addetti agli

interventi di riparazione ed ad altre operazioni necessarie,

indossando idonei indumenti protettivi e dispositivi di protezione

delle vie respiratorie, messi a loro disposizione dal datore di

lavoro. In ogni caso l’uso dei dispositivi di protezione non puo’

essere permanente e la sua durata, per ogni lavoratore, e’ limitata

al tempo strettamente necessario.

3. Il datore di lavoro comunica senza indugio all’organo di

vigilanza il verificarsi degli eventi di cui al comma 1 indicando

analiticamente le misure adottate per ridurre al minimo le

conseguenze dannose o pericolose.

Art. 241.

Operazioni lavorative particolari



1. Per le operazioni lavorative, quale quella di manutenzione, per

le quali e’ prevedibile, nonostante l’adozione di tutte le misure di

prevenzione tecnicamente applicabili, un’esposizione rilevante dei

lavoratori addetti ad agenti cancerogeni o mutageni, il datore di

lavoro previa consultazione del rappresentante per la sicurezza:

a) dispone che soltanto tali lavoratori hanno accesso alle

suddette aree anche provvedendo, ove tecnicamente possibile,

all’isolamento delle stesse ed alla loro identificazione mediante

appositi contrassegni;

b) fornisce ai lavoratori speciali indumenti e dispositivi di

protezione individuale che devono essere indossati dai lavoratori

adibiti alle suddette operazioni.

2. La presenza nelle aree di cui al comma 1 dei lavoratori addetti

e’ in ogni caso ridotta al tempo strettamente necessario con

riferimento alle lavorazioni da espletare.

Sezione III

Sorveglianza sanitaria

Art. 242.

Accertamenti sanitari e norme preventive e protettive specifiche



1. I lavoratori per i quali la valutazione di cui all’articolo 236

ha evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti a

sorveglianza sanitaria.

2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente,

adotta misure preventive e protettive per i singoli lavoratori sulla

base delle risultanze degli esami clinici e biologici effettuati.

3. Le misure di cui al comma 2 possono comprendere l’allontanamento

del lavoratore secondo le procedure dell’articolo 42.

4. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei

lavoratori esposti in modo analogo ad uno stesso agente, l’esistenza

di una anomalia imputabile a tale esposizione, il medico competente

ne informa il datore di lavoro.

5. A seguito dell’informazione di cui al comma 4 il datore di

lavoro effettua:

a) una nuova valutazione del rischio in conformita’

all’articolo 236;

b) ove sia tecnicamente possibile, una misurazione della

concentrazione dell’agente in aria per verificare l’efficacia delle

misure adottate.

6. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate

informazioni sulla sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti, con

particolare riguardo all’oppor-tunita’ di sottoporsi ad accertamenti

sanitari anche dopo la cessazione dell’attivita’ lavorativa.

Art. 243.

Registro di esposizione e cartelle sanitarie



1. I lavoratori di cui all’articolo 242 sono iscritti in un

registro nel quale e’ riportata, per ciascuno di essi, l’attivita’

svolta, l’agente cancerogeno o mutageno utilizzato e, ove noto, il

valore dell’esposizione a tale agente. Detto registro e’ istituito ed

aggiornato dal datore di lavoro che ne cura la tenuta per il tramite

del medico competente. Il responsabile del servizio di prevenzione ed

i rappresentanti per la sicurezza hanno accesso a detto registro.

2. Il medico competente, per ciascuno dei lavoratori di cui

all’articolo 242, provvede ad istituire e aggiornare una cartella

sanitaria e di rischio secondo quanto previsto dall’articolo 25,

comma 1, lettera c).

3. Il datore di lavoro comunica ai lavoratori interessati, su

richiesta, le relative annotazioni individuali contenute nel registro

di cui al comma 1 e, tramite il medico competente, i dati della

cartella sanitaria e di rischio.

4. In caso di cessazione del rapporto di lavoro, il datore di

lavoro invia all’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza

sul lavoro – ISPESL la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore

interessato unitamente alle annotazioni individuali contenute nel

registro e ne consegna copia al lavoratore stesso.

5. In caso di cessazione di attivita’ dell’azienda, il datore di

lavoro consegna il registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie

e di rischio all’ISPESL.

6. Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui al

comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio sono conservate dal

datore di lavoro almeno fino a risoluzione del rapporto di lavoro e

dall’ISPESL fino a quarant’anni dalla cessazione di ogni attivita’

che espone ad agenti cangerogeni o mutageni.

7. I registri di esposizione, le annotazioni individuali e le

cartelle sanitarie e di rischio sono custoditi e trasmessi con

salvaguardia del segreto professionale e del trattamento dei dati

personali e nel rispetto del decreto legislativo 30 giugno 2003, n.

196, e successive modificazioni.

8. Il datore di lavoro, in caso di esposizione del lavoratore ad

agenti cancerogeni, oltre a quanto previsto ai commi da 1 a 7:

a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all’ISPESL ed

all’organo di vigilanza competente per territorio, e comunica loro

ogni tre anni, e comunque ogni qualvolta i medesimi ne facciano

richiesta, le variazioni intervenute;

b) consegna, a richiesta, all’Istituto superiore di sanita’ copia

del registro di cui al comma 1;

c) in caso di cessazione di attivita’ dell’azienda, consegna

copia del registro di cui al comma 1 all’organo di vigilanza

competente per territorio;

d) in caso di assunzione di lavoratori che hanno in precedenza

esercitato attivita’ con esposizione ad agenti cancerogeni, il datore

di lavoro chiede all’ISPESL copia delle annotazioni individuali

contenute nel registro di cui al comma 1, nonche’ copia della

cartella sanitaria e di rischio, qualora il lavoratore non ne sia in

possesso ai sensi del comma 4.

9. I modelli e le modalita’ di tenuta del registro e delle cartelle

sanitarie e di rischio sono determinati dal decreto del Ministro

della salute 12 luglio 2007, n. 155, ed aggiornati con decreto dello

stesso Ministro, adottato di concerto con il Ministro del lavoro e

della previdenza sociale e con il Ministro per le riforme e le

innovazioni nella pubblica amministrazione, sentita la commissione

consultiva permanente.

10. L’ISPESL trasmette annualmente al Ministero della salute dati

di sintesi relativi al contenuto dei registri di cui al comma 1 ed a

richiesta li rende disponibili alle regioni.

Art. 244.

Registrazione dei tumori



1. L’ISPESL, tramite una rete completa di Centri operativi

regionali (COR) e nei limiti delle ordinarie risorse di bilancio,

realizza sistemi di monitoraggio dei rischi occupazionali da

esposizione ad agenti chimici cancerogeni e dei danni alla salute che

ne conseguono, anche in applicazione di direttive e regolamenti

comunitari. A tale scopo raccoglie, registra, elabora ed analizza i

dati, anche a carattere nominativo, derivanti dai flussi informativi

di cui all’articolo 8 e dai sistemi di registrazione delle

esposizioni occupazionali e delle patologie comunque attivi sul

territorio nazionale, nonche’ i dati di carattere occupazionale

rilevati, nell’ambito delle rispettive attivita’ istituzionali,

dall’Istituto nazionale della previdenza sociale, dall’Istituto

nazionale di statistica, dall’Istituto nazionale contro gli infortuni

sul lavoro, e da altre amministrazioni pubbliche. I sistemi di

monitoraggio di cui al presente comma altresi’ integrano i flussi

informativi di cui all’articolo 8.

2. I medici e le strutture sanitarie pubbliche e private, nonche’

gli istituti previdenziali ed assicurativi pubblici o privati, che

identificano casi di neoplasie da loro ritenute attribuibili ad

esposizioni lavorative ad agenti cancerogeni, ne danno segnalazione

all’ISPESL, tramite i Centri operativi regionali (COR) di cui al

comma 1, trasmettendo le informazioni di cui al decreto del

Presidente del Consiglio dei Ministri 10 dicembre 2002, n. 308, che

regola le modalita’ di tenuta del registro, di raccolta e

trasmissione delle informazioni.

3. Presso l’ISPESL e’ costituito il registro nazionale dei casi di

neoplasia di sospetta origine professionale, con sezioni

rispettivamente dedicate:

a) ai casi di mesotelioma, sotto la denominazione di Registro

nazionale dei mesoteliomi (ReNaM);

b) ai casi di neoplasie delle cavita’ nasali e dei seni

paranasali, sotto la denominazione di Registro nazionale dei tumori

nasali e sinusali (ReNaTuNS);

c) ai casi di neoplasie a piu’ bassa frazione eziologia riguardo

alle quali, tuttavia, sulla base dei sistemi di elaborazione ed

analisi dei dati di cui al comma 1, siano stati identificati cluster

di casi possibilmente rilevanti ovvero eccessi di incidenza ovvero di

mortalita’ di possibile significativita’ epidemiologica in rapporto a

rischi occupazionali.

4. L’ISPESL rende disponibili al Ministero della salute, al

Ministero del lavoro e della previdenza sociale, all’INAIL ed alle

regioni e province autonome i risultati del monitoraggio con

periodicita’ annuale.

5. I contenuti, le modalita’ di tenuta, raccolta e trasmissione

delle informazioni e di realizzazione complessiva dei sistemi di

monitoraggio di cui ai commi 1 e 3 sono determinati dal Ministero

della salute, d’intesa con le regioni e province autonome.

Art. 245.

Adeguamenti normativi



1. La Commissione consultiva tossicologica nazionale individua

periodicamente le sostanze cancerogene, mutagene e tossiche per la

riproduzione che, pur non essendo classificate ai sensi del decreto

legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, rispondono ai criteri di

classificazione ivi stabiliti e fornisce consulenza ai Ministeri del

lavoro e della previdenza sociale e della salute, su richiesta, in

tema di classificazione di agenti chimici pericolosi.

2. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e

della salute, sentita la commissione consultiva permanente e la

Commissione consultiva tossicologica nazionale:

a) sono aggiornati gli allegati XLII e XLIII in funzione del

progresso tecnico, dell’evoluzione di normative e specifiche

comunitarie o internazionali e delle conoscenze nel settore degli

agenti cancerogeni o mutageni;

b) e’ pubblicato l’elenco delle sostanze in funzione

dell’individuazione effettuata ai sensi del comma 1.



Capo III

Protezione dai rischi connessi all’esposizione all’amianto

Sezione I

Disposizioni generali

Art. 246.

Campo di applicazione

1. Fermo restando quanto previsto dalla legge 27 marzo 1992, n.

257, le norme del presente decreto si applicano alle rimanenti

attivita’ lavorative che possono comportare, per i lavoratori, il

rischio di esposizione ad amianto, quali manutenzione, rimozione

dell’amianto o dei materiali contenenti amianto, smaltimento e

trattamento dei relativi rifiuti, nonche’ bonifica delle aree

interessate.

Art. 247.

Definizioni



l. Ai fini del presente capo il termine amianto designa i seguenti

silicati fibrosi:

a) l’actinolite d’amianto, n. CAS 77536-66-4;

b) la grunerite d’amianto (amosite), n. CAS 12172-73-5;

c) l’antofillite d’amianto, n. CAS 77536-67-5;

d) il crisotilo, n. CAS 12001-29-5;

e) la crocidolite, n. CAS 12001-28-4;

f) la tremolite d’amianto, n. CAS 77536-68-6.

Sezione II

Obblighi del datore di lavoro

Art. 248.

Individuazione della presenza di amianto



1. Prima di intraprendere lavori di demolizione o di manutenzione,

il datore di lavoro adotta, anche chiedendo informazioni ai

proprietari dei locali, ogni misura necessaria volta ad individuare

la presenza di materiali a potenziale contenuto d’amianto.

2. Se vi e’ il minimo dubbio sulla presenza di amianto in un

materiale o in una costruzione, si applicano le disposizioni previste

dal presente capo.

Art. 249.

Valutazione del rischio



l. Nella valutazione di cui all’articolo 28, il datore di lavoro

valuta i rischi dovuti alla polvere proveniente dall’amianto e dai

materiali contenenti amianto, al fine di stabilire la natura e il

grado dell’esposizione e le misure preventive e protettive da

attuare.

2. Nei casi di esposizioni sporadiche e di debole intensita’ e a

condizione che risulti chiaramente dalla valutazione dei rischi di

cui al comma 1 che il valore limite di esposizione all’amianto non e’

superato nell’aria dell’ambiente di lavoro, non si applicano gli

articoli 250, 259 e 260, comma 1, nelle seguenti attivita’:

a) brevi attivita’ non continuative di manutenzione durante le

quali il lavoro viene effettuato solo su materiali non friabili;

b) rimozione senza deterioramento di materiali non degradati in

cui le fibre di amianto sono fermamente legate ad una matrice;

c) incapsulamento e confinamento di materiali contenenti amianto

che si trovano in buono stato;

d) sorveglianza e controllo dell’aria e prelievo dei campioni ai

fini dell’individuazione della presenza di amianto in un determinato

materiale.

3. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione ogni

qualvolta si verifichino modifiche che possono comportare un

mutamento significativo dell’esposizione dei lavoratori alla polvere

proveniente dall’amianto o dai materiali contenenti amianto.

4. La Commissione consultiva permanente di cui all’articolo 6

provvede a definire orientamenti pratici per la determinazione delle

esposizioni sporadiche e di debole intensita’, di cui al comma 2.

Art. 250.

Notifica



1. Prima dell’inizio dei lavori di cui all’articolo 246, il datore

di lavoro presenta una notifica all’organo di vigilanza competente

per territorio.

2. La notifica di cui al comma l comprende almeno una descrizione

sintetica dei seguenti elementi:

a) ubicazione del cantiere;

b) tipi e quantitativi di amianto manipolati;

c) attivita’ e procedimenti applicati;

d) numero di lavoratori interessati;

e) data di inizio dei lavori e relativa durata;

f) misure adottate per limitare l’esposizione dei lavoratori

all’amianto.

3. Il datore di lavoro provvede affinche’ i lavoratori o i loro

rappresentanti abbiano accesso, a richiesta, alla documentazione

oggetto della notifica di cui ai commi l e 2.

4. Il datore di lavoro, ogni qualvolta una modifica delle

condizioni di lavoro possa comportare un aumento significativo

dell’esposizione alla polvere proveniente dall’amianto o da materiali

contenenti amianto, effettua una nuova notifica.

Art. 251.

Misure di prevenzione e protezione



1. In tutte le attivita’ di cui all’articolo 246, l’esposizione dei

lavoratori alla polvere proveniente dall’amianto o dai materiali

contenenti amianto nel luogo di lavoro deve essere ridotta al minimo

e, in ogni caso, al di sotto del valore limite fissato

nell’articolo 254, in particolare mediante le seguenti misure:

a) il numero dei lavoratori esposti o che possono essere esposti

alla polvere proveniente dall’amianto o da materiali contenenti

amianto deve essere limitato al numero piu’ basso possibile;

b) i lavoratori esposti devono sempre utilizzare dispositivi di

protezione individuale (DPI) delle vie respiratorie con fattore di

protezione operativo adeguato alla concentrazione di amianto

nell’aria e tale da garantire all’utilizzatore in ogni caso che

l’aria filtrata presente all’interno del DPI sia non superiore ad un

decimo del valore limite indicato all’articolo 254;

c) l’utilizzo dei DPI deve essere intervallato da periodo di

riposo adeguati all’impegno fisico richiesto dal lavoro, l’accesso

alle aree di riposo deve essere preceduto da idonea decontaminazione

di cui all’articolo 256, comma 4, lettera d);

d) per la protezione dei lavoratori addetti alle lavorazioni

previste dall’articolo 249, comma 3, si applica quanto previsto al

comma 1, lettera b), del presente articolo;

e) i processi lavorativi devono essere concepiti in modo tale da

evitare di produrre polvere di amianto o, se cio’ non e’ possibile,

da evitare emissione di polvere di amianto nell’aria;

f) tutti i locali e le attrezzature per il trattamento

dell’amianto devono poter essere sottoposti a regolare pulizia e

manutenzione;

g) l’amianto o i materiali che rilasciano polvere di amianto o

che contengono amianto devono essere stoccati e trasportati in

appositi imballaggi chiusi;

h) i rifiuti devono essere raccolti e rimossi dal luogo di lavoro

il piu’ presto possibile in appropriati imballaggi chiusi su cui

sara’ apposta un’etichettatura indicante che contengono amianto.

Detti rifiuti devono essere successivamente trattati in conformita’

alla vigente normativa in materia di rifiuti pericolosi.

Art. 252.

Misure igieniche



1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 249, comma 2, per

tutte le attivita’ di cui all’articolo 246, il datore di lavoro

adotta le misure appropriate affinche’:

a) i luoghi in cui si svolgono tali attivita’ siano:

1) chiaramente delimitati e contrassegnati da appositi

cartelli;

2) accessibili esclusivamente ai lavoratori che vi debbano

accedere a motivo del loro lavoro o della loro funzione;

3) oggetto del divieto di fumare;

b) siano predisposte aree speciali che consentano ai lavoratori

di mangiare e bere senza rischio di contaminazione da polvere di

amianto;

c) siano messi a disposizione dei lavoratori adeguati indumenti

di lavoro o adeguati dispositivi di protezione individuale;

d) detti indumenti di lavoro o protettivi restino all’interno

dell’impresa. Essi possono essere trasportati all’esterno solo per il

lavaggio in lavanderie attrezzate per questo tipo di operazioni, in

contenitori chiusi, qualora l’impresa stessa non vi provveda o in

caso di utilizzazione di indumenti monouso per lo smaltimento secondo

le vigenti disposizioni;

e) gli indumenti di lavoro o protettivi siano riposti in un luogo

separato da quello destinato agli abiti civili;

f) i lavoratori possano disporre di impianti sanitari adeguati,

provvisti di docce, in caso di operazioni in ambienti polverosi;

g) l’equipaggiamento protettivo sia custodito in locali a tale

scopo destinati e controllato e pulito dopo ogni utilizzazione: siano

prese misure per riparare o sostituire l’equipaggiamento difettoso o

deteriorato prima di ogni utilizzazione.

Art. 253.

Controllo dell’esposizione



1. Al fine di garantire il rispetto del valore limite fissato

all’articolo 254 e in funzione dei risultati della valutazione

iniziale dei rischi, il datore di lavoro effettua periodicamente la

misurazione della concentrazione di fibre di amianto nell’aria del

luogo di lavoro tranne nei casi in cui ricorrano le condizioni

previste dal comma 2 dell’articolo 249. I risultati delle misure sono

riportati nel documento di valutazione dei rischi.

2. Il campionamento deve essere rappresentativo dell’esposizione

personale del lavoratore alla polvere proveniente dall’amianto o dai

materiali contenenti amianto.

3. I campionamenti sono effettuati previa consultazione dei

lavoratori ovvero dei loro rappresentanti.

4. Il prelievo dei campioni deve essere effettuato da personale in

possesso di idonee qualifiche nell’ambito del servizio di cui

all’articolo 31. I campioni prelevati sono successivamente analizzati

ai sensi del decreto del Ministro della sanita’ in data 14 maggio

1996, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale

della Repubblica italiana n. 178 del 25 ottobre 1996.

5. La durata dei campionamenti deve essere tale da consentire di

stabilire un’esposizione rappresentativa, per un periodo di

riferimento di otto ore tramite misurazioni o calcoli ponderati nel

tempo.

6. Il conteggio delle fibre di amianto e’ effettuato di preferenza

tramite microscopia a contrasto di fase, applicando il metodo

raccomandato dall’Organizzazione mondiale della sanita’ (OMS) nel

1997 o qualsiasi altro metodo che offra risultati equivalenti.

7. Ai fini della misurazione dell’amianto nell’aria, di cui al

comma l, si prendono in considerazione unicamente le fibre che

abbiano una lunghezza superiore a cinque micrometri e una larghezza

inferiore a tre micrometri e il cui rapporto lunghezza/larghezza sia

superiore a 3:1.

Art. 254.

Valore limite



1. Il valore limite di esposizione per l’amianto e’ fissato a 0,1

fibre per centimetro cubo di aria, misurato come media ponderata nel

tempo di riferimento di otto ore. I datori di lavoro provvedono

affinche’ nessun lavoratore sia esposto a una concentrazione di

amianto nell’aria superiore al valore limite.

2. Quando il valore limite fissato al comma l viene superato, il

datore di lavoro individua le cause del superamento e adotta il piu’

presto possibile le misure appropriate per ovviare alla situazione.

Il lavoro puo’ proseguire nella zona interessata solo se vengono

prese misure adeguate per la protezione dei lavoratori interessati.

3. Per verificare l’efficacia delle misure di cui al comma 2, il

datore di lavoro procede immediatamente ad una nuova determinazione

della concentrazione di fibre di amianto nell’aria.

4. In ogni caso, se l’esposizione non puo’ essere ridotta con altri

mezzi e’ necessario l’uso di un dispositivo di protezione individuale

delle vie respiratorie con fattore di protezione operativo tale da

garantire tutte le condizioni previste dall’articolo 251, comma 1,

lettera b); l’utilizzo dei DPI deve essere intervallato da periodi di

riposo adeguati all’impegno fisico richiesto dal lavoro; l’accesso

alle aree di riposo deve essere preceduto da idonea decontaminazione

di cui all’articolo 256, comma 4, lettera d).

5. Nell’ipotesi di cui al comma 4, il datore di lavoro, previa

consultazione con i lavoratori o i loro rappresentanti, assicura i

periodi di riposo necessari, in funzione dell’impegno fisico e delle

condizioni climatiche.



Art. 255.

Operazioni lavorative particolari



1. Nel caso di determinate operazioni lavorative in cui, nonostante

l’adozione di misure tecniche preventive per limitare la

concentrazione di amianto nell’aria, e’ prevedibile che questa superi

il valore limite di cui all’articolo 254, il datore di lavoro adotta

adeguate misure per la protezione dei lavoratori addetti, ed in

particolare:

a) fornisce ai lavoratori un adeguato dispositivo di protezione

delle vie respiratorie e altri dispositivi di protezione individuali

tali da garantire le condizioni previste dall’articolo 251, comma 1,

lettera b);

b) provvede all’affissione di cartelli per segnalare che si

prevede il superamento del valore limite di esposizione;

c) adotta le misure necessarie per impedire la dispersione della

polvere al di fuori dei locali o luoghi di lavoro;

d) consulta i lavoratori o i loro rappresentanti di cui

all’articolo 46 sulle misure da adottare prima di procedere a tali

attivita’.

Art. 256.

Lavori di demolizione o rimozione dell’amianto



1. I lavori di demolizione o di rimozione dell’amianto possono

essere effettuati solo da imprese rispondenti ai requisiti di cui

all’articolo 30, comma 4, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n.

22.

2. Il datore di lavoro, prima dell’inizio di lavori di demolizione

o di rimozione dell’amianto o di materiali contenenti amianto da

edifici, strutture, apparecchi e impianti, nonche’ dai mezzi di

trasporto, predispone un piano di lavoro.

3. Il piano di cui al comma 2 prevede le misure necessarie per

garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro

e la protezione dell’ambiente esterno.

4. Il piano, in particolare, prevede e contiene informazioni sui

seguenti punti:

a) rimozione dell’amianto o dei materiali contenenti amianto

prima dell’applicazione delle tecniche di demolizione, a meno che

tale rimozione non possa costituire per i lavoratori un rischio

maggiore di quello rappresentato dal fatto che l’amianto o i

materiali contenenti amianto vengano lasciati sul posto;

b) fornitura ai lavoratori di idonei dispositivi di protezione

individuale;

c) verifica dell’assenza di rischi dovuti all’esposizione

all’amianto sul luogo di lavoro, al termine dei lavori di demolizione

o di rimozione dell’amianto;

d) adeguate misure per la protezione e la decontaminazione del

personale incaricato dei lavori;

e) adeguate misure per la protezione dei terzi e per la raccolta

e lo smaltimento dei materiali;

f) adozione, nel caso in cui sia previsto il superamento dei

valori limite di cui all’articolo 254, delle misure di cui

all’articolo 255, adattandole alle particolari esigenze del lavoro

specifico;

g) natura dei lavori e loro durata presumibile;

h) luogo ove i lavori verranno effettuati;

i) tecniche lavorative adottate per la rimozione dell’amianto;

l) caratteristiche delle attrezzature o dispositivi che si

intendono utilizzare per attuare quanto previsto dalle lettere d)

ed e).

5. Copia del piano di lavoro e’ inviata all’organo di vigilanza,

almeno 30 giorni prima dell’inizio dei lavori.

6. L’invio della documentazione di cui al comma 5 sostituisce gli

adempimenti di cui all’articolo 50.

7. Il datore di lavoro provvede affinche’ i lavoratori o i loro

rappresentanti abbiano accesso alla documentazione di cui al comma 4.

Art. 257.

Informazione dei lavoratori



1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 36, il datore di

lavoro fornisce ai lavoratori, prima che essi siano adibiti ad

attivita’ comportanti esposizione ad amianto, nonche’ ai loro

rappresentanti, informazioni su:

a) i rischi per la salute dovuti all’esposizione alla polvere

proveniente dall’amianto o dai materiali contenenti amianto;

b) le specifiche norme igieniche da osservare, ivi compresa la

necessita’ di non fumare;

c) le modalita’ di pulitura e di uso degli indumenti protettivi e

dei dispositivi di protezione individuale;

d) le misure di precauzione particolari da prendere nel ridurre

al minimo l’esposizione;

e) l’esistenza del valore limite di cui all’articolo 254 e la

necessita’ del monitoraggio ambientale.

2. Oltre a quanto previsto al comma l, qualora dai risultati delle

misurazioni della concentrazione di amianto nell’aria emergano valori

superiori al valore limite fissato dall’articolo 254, il datore di

lavoro informa il piu’ presto possibile i lavoratori interessati e i

loro rappresentanti del superamento e delle cause dello stesso e li

consulta sulle misure da adottare o, nel caso in cui ragioni di

urgenza non rendano possibile la consultazione preventiva, il datore

di lavoro informa tempestivamente i lavoratori interessati e i loro

rappresentanti delle misure adottate.

Art. 258.

Formazione dei lavoratori



1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 37, il datore di

lavoro assicura che tutti i lavoratori esposti o potenzialmente

esposti a polveri contenenti amianto ricevano una formazione

sufficiente ed adeguata, ad intervalli regolari.

2. Il contenuto della formazione deve essere facilmente

comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le

conoscenze e le competenze necessarie in materia di prevenzione e di

sicurezza, in particolare per quanto riguarda:

a) le proprieta’ dell’amianto e i suoi effetti sulla salute,

incluso l’effetto sinergico del tabagismo;

b) i tipi di prodotti o materiali che possono contenere amianto;

c) le operazioni che possono comportare un’esposizione

all’amianto e l’importanza dei controlli preventivi per ridurre al

minimo tale esposizione;

d) le procedure di lavoro sicure, i controlli e le attrezzature

di protezione;

e) la funzione, la scelta, la selezione, i limiti e la corretta

utilizzazione dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie;

f) le procedure di emergenza;

g) le procedure di decontaminazione;

h) l’eliminazione dei rifiuti;

i) la necessita’ della sorveglianza medica.

3. Possono essere addetti alla rimozione, smaltimento dell’amianto

e alla bonifica delle aree interessate i lavoratori che abbiano

frequentato i corsi di formazione professionale di cui

all’articolo 10, comma 2, lettera h), della legge 27 marzo 1992, n.

257.

Art. 259.

Sorveglianza sanitaria



1. I lavoratori addetti alle opere di manutenzione, rimozione

dell’amianto o dei materiali contenenti amianto, smaltimento e

trattamento dei relativi rifiuti, nonche’ bonifica delle aree

interessate cui all’articolo 246, prima di essere adibiti allo

svolgimento dei suddetti lavori e periodicamente, almeno una volta

ogni tre anni, o con periodicita’ fissata dal medico competente, sono

sottoposti ad un controllo sanitario volto a verificare la

possibilita’ di indossare dispositivi di protezione respiratoria

durante il lavoro.

2. I lavoratori che durante la loro attivita’ sono stati iscritti

anche una sola volta nel registro degli esposti di cui

all’articolo 243, comma 1, sono sottoposti ad una visita medica

all’atto della cessazione del rapporto di lavoro; in tale occasione

il medico competente deve fornire al lavoratore le indicazioni

relative alle prescrizioni mediche da osservare ed all’opportunita’

di sottoporsi a successivi accertamenti sanitari.

3. Gli accertamenti sanitari devono comprendere almeno l’anamnesi

individuale, l’esame clinico generale ed in particolare del torace,

nonche’ esami della funzione respiratoria.

4. Il medico competente, sulla base dell’evoluzione delle

conoscenze scientifiche e dello stato di salute del lavoratore,

valuta l’opportunita’ di effettuare altri esami quali la citologia

dell’espettorato, l’esame radiografico del torace o la

tomodensitometria.

Art. 260.

Registro di esposizione e cartelle sanitarie e di rischio

1. Il datore di lavoro, per i lavoratori di cui all’articolo 246,

che nonostante le misure di contenimento della dispersione di fibre

nell’ambiente e l’uso di idonei DPI, nella valutazione

dell’esposizione accerta che l’esposizione e’ stata superiore a

quella prevista dall’articolo 251, comma 1, lettera b), e qualora si

siano trovati nelle condizioni di cui all’articolo 240, li iscrive

nel registro di cui all’articolo 243, comma 1, e ne invia copia agli

organi di vigilanza ed all’ISPESL. L’iscrizione nel registro deve

intendersi come temporanea dovendosi perseguire l’obiettivo della non

permanente condizione di esposizione superiore a quanto indicato

all’articolo 251, comma 1, lettera b).

2. Il datore di lavoro, su richiesta, fornisce agli organi di

vigilanza e all’ISPESL copia dei documenti di cui al comma l.

3. Il datore di lavoro, in caso di cessazione del rapporto di

lavoro, trasmette all’ISPESL la cartella sanitaria e di rischio del

lavoratore interessato, unitamente alle annotazioni individuali

contenute nel registro di cui al comma 1.

4. L’ISPESL provvede a conservare i documenti di cui al comma 3 per

un periodo di quaranta anni dalla cessazione dell’esposizione.

Art. 261.

Mesoteliomi



1. Nei casi accertati di mesotelioma, trovano applicazione le

disposizioni contenute nell’articolo 244, comma 3.

Capo IV

Sanzioni

Art. 262.

Sanzioni per il datore di lavoro e il dirigente



1. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:

a) con l’arresto da quattro a otto mesi o con l’ammenda da 4.000

a 12.000 euro per la violazione degli articoli 223, commi da 1 a 3,

225, 226, 228, commi 1, 3, 4 e 5, 229, comma 7, 235, 236, comma 3,

237, 238, comma 1, 239, comma 2, 240, commi 1 e 2, 241 e 242,

commi 1, 2 e 5, lettera b), 250, commi 1, 2 e 4, 251, 253, comma 1,

254, 255, 256, commi da 1 a 4, 257, 258, 259, commi 1, 2 e 3, e 260,

comma 1;

b) con l’arresto da quattro a otto mesi o con l’ammenda da 2.000

a 4.000 euro per la violazione degli articoli 223, comma 1, 227,

commi 1, 2 e 3, 229, commi 1, 2, 3 e 5, 239, commi 1 e 4, 240,

comma 3, 248, comma 1, e 252;

c) con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda da 1.000 a 3.000

euro per la violazione degli articoli 250, comma 3, e 256, commi 5 e

7;

d) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 a 18.000

euro per la violazione degli articoli 243, commi 3, 4, 5, 6 e 8, 253,

comma 3, e 260, commi 2 e 3.

Art. 263.

Sanzioni per il preposto



1. Il preposto e’ punito nei limiti dell’attivita’ alla quale e’

tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all’articolo 19:

a) con l’arresto sino a due mesi o con l’ammenda da 400 a 1.200

euro per la violazione degli articoli 225, 226, 228, commi 1, 3, 4 e

5, 235, 236, comma 3, 237, 238, comma 1, 240, commi 1 e 2, 241, e

242, commi 1 e 2;

b) con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda da 200 a 800 euro

per la violazione degli articoli 229, commi 1, 2, 3 e 5, e 239,

commi 1 e 4.

Art. 264.

Sanzioni per il medico competente



1. Il medico competente e’ punito:

a) con l’arresto fino a due mesi o con l’ammenda da 1.000 a 4.500

euro per la violazione degli articoli 229, comma 3, primo periodo, e

comma 6, 230, e 242, comma 4;

b) con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda da 200 a 800 euro

per la violazione dell’articolo 243, comma 2.

Art. 265.

Sanzioni per i lavoratori



1. I lavoratori sono puniti con l’arresto fino a quindici giorni o

con l’ammenda da 100 a 400 euro per la violazione dell’articolo 240,

comma 2.

Titolo X

Esposizione ad agenti biologici

Capo I

Art. 266.

Campo di applicazione



1. Le norme del presente titolo si applicano a tutte le attivita’

lavorative nelle quali vi e’ rischio di esposizione ad agenti

biologici.

2. Restano ferme le disposizioni particolari di recepimento delle

norme comunitarie sull’impiego confinato di microrganismi

geneticamente modificati e sull’emissione deliberata nell’ambiente di

organismi geneticamente modificati.

Art. 267.

Definizioni



1. Ai sensi del presente titolo s’intende per:

a) agente biologico: qualsiasi microrganismo anche se

geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano

che potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni;

b) microrganismo: qualsiasi entita’ microbiologica, cellulare o

meno, in grado di riprodursi o trasferire materiale genetico;

c) coltura cellulare: il risultato della crescita in vitro di

cellule derivate da organismi pluricellulari.

Art. 268.

Classificazione degli agenti biologici



1. Gli agenti biologici sono ripartiti nei seguenti quattro gruppi

a seconda del rischio di infezione:

a) agente biologico del gruppo 1: un agente che presenta poche

probabilita’ di causare malattie in soggetti umani;

b) agente biologico del gruppo 2: un agente che puo’ causare

malattie in soggetti umani e costituire un rischio per i

lavoratori; e’ poco probabile che si propaga nella comunita’; sono di

norma disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche;

c) agente biologico del gruppo 3: un agente che puo’ causare

malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i

lavoratori; l’agente biologico puo’ propagarsi nella comunita’, ma di

norma sono disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche;

d) agente biologico del gruppo 4: un agente biologico che puo’

provocare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio

rischio per i lavoratori e puo’ presentare un elevato rischio di

propagazione nella comunita’; non sono disponibili, di norma,

efficaci misure profilattiche o terapeutiche.

2. Nel caso in cui l’agente biologico oggetto di classificazione

non puo’ essere attribuito in modo inequivocabile ad uno fra i due

gruppi sopraindicati, esso va classificato nel gruppo di rischio piu’

elevato tra le due possibilita’.

3. L’allegato XLVI riporta l’elenco degli agenti biologici

classificati nei gruppi 2, 3 e 4.

Art. 269.

Comunicazione



1. Il datore di lavoro che intende esercitare attivita’ che

comportano uso di agenti biologici dei gruppi 2 o 3, comunica

all’organo di vigilanza territorialmente competente le seguenti

informazioni, almeno trenta giorni prima dell’inizio dei lavori:

a) il nome e l’indirizzo dell’azienda e il suo titolare;

b) il documento di cui all’articolo 271, comma 5.

2. Il datore di lavoro che e’ stato autorizzato all’esercizio di

attivita’ che comporta l’utilizzazione di un agente biologico del

gruppo 4 e’ tenuto alla comunicazione di cui al comma 1.

3. Il datore di lavoro invia una nuova comunicazione ogni qualvolta

si verificano nelle lavorazioni mutamenti che comportano una

variazione significativa del rischio per la salute sul posto di

lavoro, o, comunque, ogni qualvolta si intende utilizzare un nuovo

agente classificato dal datore di lavoro in via provvisoria.

4. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso alle informazioni

di cui al comma 1.

5. Ove le attivita’ di cui al comma 1 comportano la presenza di

microrganismi geneticamente modificati, ai quali si applicano i

livelli di contenimento 2, 3 e 4 individuati all’allegato IV del

decreto legislativo 12 aprile 2001, n. 206, il documento di cui al

comma 1, lettera b), e’ sostituito da copia della documentazione

prevista per i singoli casi di specie dal predetto decreto.

6. I laboratori che forniscono un servizio diagnostico sono tenuti

alla comunicazione di cui al comma 1 anche per quanto riguarda gli

agenti biologici del gruppo 4.

Art. 270.

Autorizzazione



1. Il datore di lavoro che intende utilizzare, nell’esercizio della

propria attivita’, un agente biologico del gruppo 4 deve munirsi di

autorizzazione del Ministero della salute.

2. La richiesta di autorizzazione e’ corredata da:

a) le informazioni di cui all’articolo 269, comma 1;

b) l’elenco degli agenti che si intende utilizzare.

3. L’autorizzazione e’ rilasciata dai competenti uffici del

Ministero della salute sentito il parere dell’Istituto superiore di

sanita’. Essa ha la durata di 5 anni ed e’ rinnovabile.

L’accertamento del venir meno di una delle condizioni previste per

l’autorizzazione ne comporta la revoca.

4. Il datore di lavoro in possesso dell’autorizzazione di cui al

comma 1 informa il Ministero della salute di ogni nuovo agente

biologico del gruppo 4 utilizzato, nonche’ di ogni avvenuta

cessazione di impiego di un agente biologico del gruppo 4.

5. I laboratori che forniscono un servizio diagnostico sono

esentati dagli adempimenti di cui al comma 4.

6. Il Ministero della salute comunica all’organo di vigilanza

competente per territorio le autorizzazioni concesse e le variazioni

sopravvenute nell’utilizzazione di agenti biologici del gruppo 4. Il

Ministero della salute istituisce ed aggiorna un elenco di tutti gli

agenti biologici del gruppo 4 dei quali e’ stata comunicata

l’utilizzazione sulla base delle previsioni di cui ai commi 1 e 4.

Capo II

Obblighi del datore di lavoro

Art. 271.

Valutazione del rischio



1. Il datore di lavoro, nella valutazione del rischio di cui

all’articolo 17, comma 1, tiene conto di tutte le informazioni

disponibili relative alle caratteristiche dell’agente biologico e

delle modalita’ lavorative, ed in particolare:

a) della classificazione degli agenti biologici che presentano o

possono presentare un pericolo per la salute umana quale risultante

dall’allegato XLVI o, in assenza, di quella effettuata dal datore di

lavoro stesso sulla base delle conoscenze disponibili e seguendo i

criteri di cui all’articolo 268, commi 1 e 2;

b) dell’informazione sulle malattie che possono essere

contratte;

c) dei potenziali effetti allergici e tossici;

d) della conoscenza di una patologia della quale e’ affetto un

lavoratore, che e’ da porre in correlazione diretta all’attivita’

lavorativa svolta;

e) delle eventuali ulteriori situazioni rese note dall’autorita’

sanitaria competente che possono influire sul rischio;

f) del sinergismo dei diversi gruppi di agenti biologici

utilizzati.

2. Il datore di lavoro applica i principi di buona prassi

microbiologica, ed adotta, in relazione ai rischi accertati, le

misure protettive e preventive di cui al presente titolo, adattandole

alle particolarita’ delle situazioni lavorative.

3. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al

comma 1 in occasione di modifiche dell’attivita’ lavorativa

significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in

ogni caso, trascorsi tre anni dall’ultima valutazione effettuata.

4. Nelle attivita’, quali quelle riportate a titolo esemplificativo

nell’allegato XLIV, che, pur non comportando la deliberata intenzione

di operare con agenti biologici, possono implicare il rischio di

esposizioni dei lavoratori agli stessi, il datore di lavoro puo’

prescindere dall’applicazione delle disposizioni di cui agli

articoli 273, 274, commi 1 e 2, 275, comma 3, e 279, qualora i

risultati della valutazione dimostrano che l’attuazione di tali

misure non e’ necessaria.

5. Il documento di cui all’articolo 17 e’ integrato dai seguenti

dati:

a) le fasi del procedimento lavorativo che comportano il rischio

di esposizione ad agenti biologici;

b) il numero dei lavoratori addetti alle fasi di cui alla

lettera a);

c) le generalita’ del responsabile del servizio di prevenzione e

protezione dai rischi;

d) i metodi e le procedure lavorative adottate, nonche’ le misure

preventive e protettive applicate;

e) il programma di emergenza per la protezione dei lavoratori

contro i rischi di esposizione ad un agente biologico del gruppo 3 o

del gruppo 4, nel caso di un difetto nel contenimento fisico.

6. Il rappresentante per la sicurezza e’ consultato prima

dell’effettuazione della valutazione di cui al comma 1 ed ha accesso

anche ai dati di cui al comma 5.

Art. 272.

Misure tecniche, organizzative, procedurali



1. In tutte le attivita’ per le quali la valutazione di cui

all’articolo 271 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori il

datore di lavoro attua misure tecniche, organizzative e procedurali,

per evitare ogni esposizione degli stessi ad agenti biologici.

2. In particolare, il datore di lavoro:

a) evita l’utilizzazione di agenti biologici nocivi, se il tipo

di attivita’ lavorativa lo consente;

b) limita al minimo i lavoratori esposti, o potenzialmente

esposti, al rischio di agenti biologici;

c) progetta adeguatamente i processi lavorativi;

d) adotta misure collettive di protezione ovvero misure di

protezione individuali qualora non sia possibile evitare altrimenti

l’esposizione;

e) adotta misure igieniche per prevenire e ridurre al minimo la

propagazione accidentale di un agente biologico fuori dal luogo di

lavoro;

f) usa il segnale di rischio biologico, rappresentato

nell’allegato XLV, e altri segnali di avvertimento appropriati;

g) elabora idonee procedure per prelevare, manipolare e trattare

campioni di origine umana ed animale;

h) definisce procedure di emergenza per affrontare incidenti;

i) verifica la presenza di agenti biologici sul luogo di lavoro

al di fuori del contenimento fisico primario, se necessario o

tecnicamente realizzabile;

l) predispone i mezzi necessari per la raccolta,

l’immagazzinamento e lo smaltimento dei rifiuti in condizioni di

sicurezza, mediante l’impiego di contenitori adeguati ed

identificabili eventualmente dopo idoneo trattamento dei rifiuti

stessi;

m) concorda procedure per la manipolazione ed il trasporto in

condizioni di sicurezza di agenti biologici all’interno del luogo di

lavoro.

Art. 273.

Misure igieniche



1. In tutte le attivita’ nelle quali la valutazione di cui

all’articolo 271 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori, il

datore di lavoro assicura che:

a) i lavoratori dispongano dei servizi sanitari adeguati

provvisti di docce con acqua calda e fredda, nonche’, se del caso, di

lavaggi oculari e antisettici per la pelle;

b) i lavoratori abbiano in dotazione indumenti protettivi od

altri indumenti idonei, da riporre in posti separati dagli abiti

civili;

c) i dispositivi di protezione individuale siano controllati,

disinfettati e puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo altresi’ a

far riparare o sostituire quelli difettosi prima dell’utilizzazione

successiva;

d) gli indumenti di lavoro e protettivi che possono essere

contaminati da agenti biologici vengano tolti quando il lavoratore

lascia la zona di lavoro, conservati separatamente dagli altri

indumenti, disinfettati, puliti e, se necessario, distrutti.

2. Nelle aree di lavoro in cui c’e’ rischio di esposizione e’

vietato assumere cibi e bevande, fumare, conservare cibi destinati al

consumo umano, usare pipette a bocca e applicare cosmetici.

Art. 274.

Misure specifiche per strutture sanitarie e veterinarie



1. Il datore di lavoro, nelle strutture sanitarie e veterinarie, in

sede di valutazione dei rischi, presta particolare attenzione alla

possibile presenza di agenti biologici nell’organismo dei pazienti o

degli animali e nei relativi campioni e residui e al rischio che tale

presenza comporta in relazione al tipo di attivita’ svolta.

2. In relazione ai risultati della valutazione, il datore di lavoro

definisce e provvede a che siano applicate procedure che consentono

di manipolare, decontaminare ed eliminare senza rischi per

l’operatore e per la comunita’, i materiali ed i rifiuti contaminati.

3. Nei servizi di isolamento che ospitano pazienti od animali che

sono, o potrebbero essere, contaminati da agenti biologici del gruppo

3 o del gruppo 4, le misure di contenimento da attuare per ridurre al

minimo il rischio di infezione sono indicate nell’allegato XLVII.

Art. 275.

Misure specifiche per i laboratori e gli stabulari



1. Fatto salvo quanto specificatamente previsto all’allegato XLVI,

punto 6, nei laboratori comportanti l’uso di agenti biologici dei

gruppi 2, 3 o 4 a fini di ricerca, didattici o diagnostici, e nei

locali destinati ad animali da laboratorio deliberatamente

contaminati con tali agenti, il datore di lavoro adotta idonee misure

di contenimento in conformita’ all’allegato XLVII.

2. Il datore di lavoro assicura che l’uso di agenti biologici sia

eseguito:

a) in aree di lavoro corrispondenti almeno al secondo livello di

contenimento, se l’agente appartiene al gruppo 2;

b) in aree di lavoro corrispondenti almeno al terzo livello di

contenimento, se l’agente appartiene al gruppo 3;

c) in aree di lavoro corrispondenti almeno al quarto livello di

contenimento, se l’agente appartiene al gruppo 4.

3. Nei laboratori comportanti l’uso di materiali con possibile

contaminazione da agenti biologici patogeni per l’uomo e nei locali

destinati ad animali da esperimento, possibili portatori di tali

agenti, il datore di lavoro adotta misure corrispondenti almeno a

quelle del secondo livello di contenimento.

4. Nei luoghi di cui ai commi 1 e 3 in cui si fa uso di agenti

biologici non ancora classificati, ma il cui uso puo’ far sorgere un

rischio grave per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro

adotta misure corrispondenti almeno a quelle del terzo livello di

contenimento.

5. Per i luoghi di lavoro di cui ai commi 3 e 4, il Ministero della

salute, sentito l’Istituto superiore di sanita’, puo’ individuare

misure di contenimento piu’ elevate.

Art. 276.

Misure specifiche per i processi industriali



1. Fatto salvo quanto specificatamente previsto all’allegato XLVII,

punto 6, nei processi industriali comportanti l’uso di agenti

biologici dei gruppi 2, 3 e 4, il datore di lavoro adotta misure

opportunamente scelte tra quelle elencate nell’allegato XLVIII,

tenendo anche conto dei criteri di cui all’articolo 275.

2. Nel caso di agenti biologici non ancora classificati, il cui uso

puo’ far sorgere un rischio grave per la salute dei lavoratori, il

datore di lavoro adotta misure corrispondenti almeno a quelle del

terzo livello di contenimento.

Art. 277.

Misure di emergenza



1. Se si verificano incidenti che possono provocare la dispersione

nell’ambiente di un agente biologico appartenente ai gruppi 2, 3 o 4,

i lavoratori devono abbandonare immediatamente la zona interessata,

cui possono accedere soltanto quelli addetti ai necessari interventi,

con l’obbligo di usare gli idonei mezzi di protezione.

2. Il datore di lavoro informa al piu’ presto l’organo di vigilanza

territorialmente competente, nonche’ i lavoratori ed il

rappresentante per la sicurezza, dell’evento, delle cause che lo

hanno determinato e delle misure che intende adottare, o che ha gia’

adottato, per porre rimedio alla situazione creatasi.

3. I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al

dirigente o al preposto, qualsiasi infortunio o incidente relativo

all’uso di agenti biologici.

Art. 278.

Informazioni e formazione



1. Nelle attivita’ per le quali la valutazione di cui

all’articolo 271 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori, il

datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle conoscenze

disponibili, informazioni ed istruzioni, in particolare per quanto

riguarda:

a) i rischi per la salute dovuti agli agenti biologici

utilizzati;

b) le precauzioni da prendere per evitare l’esposizione;

c) le misure igieniche da osservare;

d) la funzione degli indumenti di lavoro e protettivi e dei

dispositivi di protezione individuale ed il loro corretto impiego;

e) le procedure da seguire per la manipolazione di agenti

biologici del gruppo 4;

f) il modo di prevenire il verificarsi di infortuni e le misure

da adottare per ridurne al minimo le conseguenze.

2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione

adeguata in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.

3. L’informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono

fornite prima che i lavoratori siano adibiti alle attivita’ in

questione, e ripetute, con frequenza almeno quinquennale, e comunque

ogni qualvolta si verificano nelle lavorazioni cambiamenti che

influiscono sulla natura e sul grado dei rischi.

4. Nel luogo di lavoro sono apposti in posizione ben visibile

cartelli su cui sono riportate le procedure da seguire in caso di

infortunio od incidente.

Capo III

Sorveglianza sanitaria

Art. 279.

Prevenzione e controllo



1. I lavoratori addetti alle attivita’ per le quali la valutazione

dei rischi ha evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti

alla sorveglianza sanitaria.

2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente,

adotta misure protettive particolari per quei lavoratori per i quali,

anche per motivi sanitari individuali, si richiedono misure speciali

di protezione, fra le quali:

a) la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei

lavoratori che non sono gia’ immuni all’agente biologico presente

nella lavorazione, da somministrare a cura del medico competente;

b) l’allontanamento temporaneo del lavoratore secondo le

procedure dell’articolo 42.

3. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei

lavoratori esposti in modo analogo ad uno stesso agente, l’esistenza

di anomalia imputabile a tale esposizione, il medico competente ne

informa il datore di lavoro.

4. A seguito dell’informazione di cui al comma 3 il datore di

lavoro effettua una nuova valutazione del rischio in conformita’

all’articolo 271.

5. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate

informazioni sul controllo sanitario cui sono sottoposti e sulla

necessita’ di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la

cessazione dell’attivita’ che comporta rischio di esposizione a

particolari agenti biologici individuati nell’allegato XLVI nonche’

sui vantaggi ed inconvenienti della vaccinazione e della non

vaccinazione.

Art. 280.

Registri degli esposti e degli eventi accidentali



1. I lavoratori addetti ad attivita’ comportanti uso di agenti del

gruppo 3 ovvero 4 sono iscritti in un registro in cui sono riportati,

per ciascuno di essi, l’attivita’ svolta, l’agente utilizzato e gli

eventuali casi di esposizione individuale.

2. Il datore di lavoro istituisce ed aggiorna il registro di cui al

comma 1 e ne cura la tenuta tramite il medico competente. Il

responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il

rappresentante per la sicurezza hanno accesso a detto registro.

3. Il datore di lavoro:

a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all’Istituto

superiore di sanita’, all’Istituto superiore per la prevenzione e

sicurezza sul lavoro e all’organo di vigilanza competente per

territorio, comunicando ad essi ogni tre anni e comunque ogni

qualvolta questi ne fanno richiesta, le variazioni intervenute;

b) comunica all’Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza

sul lavoro e all’organo di vigilanza competente per territorio la

cessazione del rapporto di lavoro, dei lavoratori di cui al comma 1,

fornendo al contempo l’aggiornamento dei dati che li riguardano e

consegna al medesimo Istituto le relative cartelle sanitarie e di

rischio;

c) in caso di cessazione di attivita’ dell’azienda, consegna

all’Istituto superiore di sanita’ e all’organo di vigilanza

competente per territorio copia del registro di cui al comma 1 ed

all’Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro

copia del medesimo registro nonche’ le cartelle sanitarie e di

rischio;

d) in caso di assunzione di lavoratori che hanno esercitato

attivita’ che comportano rischio di esposizione allo stesso agente

richiede all’ISPESL copia delle annotazioni individuali contenute nel

registro di cui al comma 1, nonche’ copia della cartella sanitaria e

di rischio;

e) tramite il medico competente comunica ai lavoratori

interessati le relative annotazioni individuali contenute nel

registro di cui al comma 1 e nella cartella sanitaria e di rischio,

ed al rappresentante per la sicurezza i dati collettivi anonimi

contenuti nel registro di cui al comma 1.

4. Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui al

comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio sono conservate dal

datore di lavoro fino a risoluzione del rapporto di lavoro e

dall’ISPESL fino a dieci anni dalla cessazione di ogni attivita’ che

espone ad agenti biologici. Nel caso di agenti per i quali e’ noto

che possono provocare infezioni consistenti o latenti o che danno

luogo a malattie con recrudescenza periodica per lungo tempo o che

possono avere gravi sequele a lungo termine tale periodo e’ di

quaranta anni.

5. La documentazione di cui ai precedenti commi e’ custodita e

trasmessa con salvaguardia del segreto professionale.

6. I modelli e le modalita’ di tenuta del registro di cui al

comma 1 e delle cartelle sanitarie e di rischio sono determinati con

decreto del Ministro della salute e del lavoro e della previdenza

sociale sentita la Commissione consultiva permanente.

7. L’ISPESL trasmette annualmente al Ministero della salute dati di

sintesi relativi alle risultanze del registro di cui al comma 1.

Art. 281.

Registro dei casi di malattia e di decesso



1. Presso l’ISPESL e’ tenuto un registro dei casi di malattia

ovvero di decesso dovuti all’esposizione ad agenti biologici.

2. I medici, nonche’ le strutture sanitarie, pubbliche o private,

che refertano i casi di malattia, ovvero di decesso di cui al

comma 1, trasmettono all’ISPESL copia della relativa documentazione

clinica.

3. Con decreto dei Ministri della salute e del lavoro e della

previdenza sociale, sentita la Commissione consultiva, sono

determinati il modello e le modalita’ di tenuta del registro di cui

al comma 1, nonche’ le modalita’ di trasmissione della documentazione

di cui al comma 2.

4. Il Ministero della salute fornisce alla Commissione CE, su

richiesta, informazioni su l’utilizzazione dei dati del registro di

cui al comma 1.

Capo IV

Sanzioni

Art. 282.

Sanzioni a carico dei datori di lavoro e dei dirigenti



1. Il datore di lavoro e i dirigenti sono puniti:

a) con l’arresto da quattro a otto mesi o con l’ammenda da 2.000

a 4.000 euro per la violazione degli articoli 269, commi 1, 2 e 3;

270, commi 1 e 4; 271, comma 2; 272; 273, comma 1; 274, commi 2 e 3;

275; 276; 277, comma 2; 278, comma 1, 2 e 4; 279, commi 1, 2, 280,

commi 1 e 2;

b) con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 3.000 a euro

18.000 per la violazione dell’articolo 280, commi 3 e 4.

Art. 283.

Sanzioni a carico dei preposti



1. Il preposto e’ punito nei limiti dell’attivita’ alla quale e’

tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all’articolo 19:

a) con l’arresto da quattro a otto mesi o con l’ammenda da 2.000

a 4.000 euro per la violazione degli articoli: 271, comma 2; 272;

273, comma 1; 274, commi 2 e 3; 275; 276; 278, commi 1 e 4; 279,

commi 1 e 2.

Art. 284.

Sanzioni a carico del medico competente



1. Il medico competente e’ punito con l’arresto fino a due mesi o

con l’ammenda da euro 1.000 a euro 4.000 per la violazione

dell’articolo 279, comma 3.

Art. 285.

Sanzioni a carico dei lavoratori



1. I lavoratori sono puniti:

a) con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda da euro 150 a

euro 600 per la violazione dell’articolo 277, comma 3;

b) con l’arresto fino a quindici giorni o con l’ammenda da euro

103 a euro 309 per la violazione dell’articolo 277, comma 1.

Art. 286.

Sanzioni concernenti il divieto di assunzione in luoghi esposti

1. Chiunque viola le disposizioni di cui all’articolo 273, comma 2,

e’ punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 500

euro.

Titolo XI

Protezione da atmosfere esplosive

Capo I

Disposizioni generali

Art. 287.

Campo di applicazione



1. Il presente titolo prescrive le misure per la tutela della

sicurezza e della salute dei lavoratori che possono essere esposti al

rischio di atmosfere esplosive come definite all’articolo 288.

2. Il presente titolo si applica anche nei lavori in sotterraneo

ove e’ presente un’area con atmosfere esplosive, oppure e’

prevedibile, sulla base di indagini geologiche, che tale area si

possa formare nell’ambiente.

3. Il presente titolo non si applica:

a) alle aree utilizzate direttamente per le cure mediche dei

pazienti, nel corso di esse;

b) all’uso di apparecchi a gas di cui al decreto del Presidente

della Repubblica 15 novembre 1996, n. 661;

c) alla produzione, alla manipolazione, all’uso, allo stoccaggio

ed al trasporto di esplosivi o di sostanze chimicamente instabili;

d) alle industrie estrattive a cui si applica il decreto

legislativo 25 novembre 1996, n. 624;

e) all’impiego di mezzi di trasporto terrestre, marittimo,

fluviale e aereo per i quali si applicano le pertinenti disposizioni

di accordi internazionali tra i quali il Regolamento per il trasporto

delle sostanze pericolose sul Reno (ADNR), l’Accordo europeo relativo

al trasporto internazionale di merci pericolose per vie navigabili

interne (ADN), l’Organizzazione per l’Aviazione civile internazionale

(ICAO), l’Organizzazione marittima internazionale (IMO), nonche’ la

normativa comunitaria che incorpora i predetti accordi. Il presente

titolo si applica invece ai veicoli destinati ad essere utilizzati in

atmosfera potenzialmente esplosiva.

Art. 288.

Definizioni



1. Ai fini del presente titolo, si intende per: «atmosfera

esplosiva» una miscela con l’aria, a condizioni atmosferiche, di

sostanze infiammabili allo stato di gas, vapori, nebbie o polveri.

Capo II

Obblighi del datore di lavoro

Art. 289.

Prevenzione e protezione contro le esplosioni



1. Ai fini della prevenzione e della protezione contro le

esplosioni, sulla base della valutazione dei rischi e dei principi

generali di tutela di cui all’articolo 15, il datore di lavoro adotta

le misure tecniche e organizzative adeguate alla natura

dell’attivita’; in particolare il datore di lavoro previene la

formazione di atmosfere esplosive.

2. Se la natura dell’attivita’ non consente di prevenire la

formazione di atmosfere esplosive, il datore di lavoro deve:

a) evitare l’accensione di atmosfere esplosive;

b) attenuare gli effetti pregiudizievoli di un’esplosione in modo

da garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori.

3. Se necessario, le misure di cui ai commi 1 e 2 sono combinate e

integrate con altre contro la propagazione delle esplosioni e sono

riesaminate periodicamente e, in ogni caso, ogniqualvolta si

verifichino cambiamenti rilevanti.

Art. 290.

Valutazione dei rischi di esplosione



1. Nell’assolvere gli obblighi stabiliti dall’articolo 17, comma 1,

il datore di lavoro valuta i rischi specifici derivanti da atmosfere

esplosive, tenendo conto almeno dei seguenti elementi:

a) probabilita’ e durata della presenza di atmosfere esplosive;

b) probabilita’ che le fonti di accensione, comprese le scariche

elettrostatiche, siano presenti e divengano attive ed efficaci;

c) caratteristiche dell’impianto, sostanze utilizzate, processi e

loro possibili interazioni;

d) entita’ degli effetti prevedibili.

2. I rischi di esplosione sono valutati complessi-vamente.

3. Nella valutazione dei rischi di esplosione vanno presi in

considerazione i luoghi che sono o possono essere in collegamento,

tramite aperture, con quelli in cui possono formarsi atmosfere

esplosive.

Art. 291.

Obblighi generali



1. Al fine di salvaguardare la sicurezza e la salute dei

lavoratori, e secondo i principi fondamentali della valutazione dei

rischi e quelli di cui all’articolo 289, il datore di lavoro prende i

provvedimenti necessari affinche’:

a) dove possono svilupparsi atmosfere esplosive in quantita’ tale

da mettere in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori o di

altri, gli ambienti di lavoro siano strutturati in modo da permettere

di svolgere il lavoro in condizioni di sicurezza;

b) negli ambienti di lavoro in cui possono svilupparsi atmosfere

esplosive in quantita’ tale da mettere in pericolo la sicurezza e la

salute dei lavoratori, sia garantito un adeguato controllo durante la

presenza dei lavoratori, in funzione della valutazione del rischio,

mediante l’utilizzo di mezzi tecnici adeguati.



Art. 292.

Coordinamento



1. Fermo restando quanto previsto dal Titolo IV per i cantieri

temporanei e mobili, qualora nello stesso luogo di lavoro operino

lavoratori di piu’ imprese, ciascun datore di lavoro e’ responsabile

per le questioni soggette al suo controllo.

2. Fermo restando la responsabilita’ individuale di ciascun datore

di lavoro e quanto previsto dall’articolo 26, il datore di lavoro che

e’ responsabile del luogo di lavoro, coordina l’attuazione di tutte

le misure riguardanti la salute e la sicurezza dei lavoratori e

specifica nel documento sulla protezione contro le esplosioni, di cui

all’articolo 294, l’obiettivo, le misure e le modalita’ di attuazione

di detto coordinamento.

Art. 293.

Aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive



1. Il datore di lavoro ripartisce in zone, a norma dell’allegato

XLIX, le aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive.

2. Il datore di lavoro assicura che per le aree di cui al comma 1

siano applicate le prescrizioni minime di cui all’allegato L.

3. Se necessario, le aree in cui possono formarsi atmosfere

esplosive in quantita’ tali da mettere in pericolo la sicurezza e la

salute dei lavoratori sono segnalate nei punti di accesso a norma

dell’allegato LI.

Art. 294.

Documento sulla protezione contro le esplosioni



1. Nell’assolvere gli obblighi stabiliti dall’articolo 290 il

datore di lavoro provvede a elaborare e a tenere aggiornato un

documento, denominato: «documento sulla protezione contro le

esplosioni».

2. Il documento di cui al comma 1, in particolare, deve precisare:

a) che i rischi di esplosione sono stati individuati e valutati;

b) che saranno prese misure adeguate per raggiungere gli

obiettivi del presente titolo;

c) quali sono i luoghi che sono stati classificati nelle zone di

cui all’allegato XLIX;

d) quali sono i luoghi in cui si applicano le prescrizioni minime

di cui all’allegato L;

e) che i luoghi e le attrezzature di lavoro, compresi i

dispositivi di allarme, sono concepiti, impiegati e mantenuti in

efficienza tenendo nel debito conto la sicurezza;

f) che, ai sensi del titolo III, sono stati adottati gli

accorgimenti per l’impiego sicuro di attrezzature di lavoro.

3. Il documento di cui al comma 1 deve essere compilato prima

dell’inizio del lavoro ed essere riveduto qualora i luoghi di lavoro,

le attrezzature o l’organizzazione del lavoro abbiano subito

modifiche, ampliamenti o trasformazioni rilevanti.

4. Il documento di cui al comma 1 e’ parte integrante del documento

di valutazione dei rischi di cui all’articolo 17, comma 1.

Art. 295.

Termini per l’adeguamento



1. Le attrezzature da utilizzare nelle aree in cui possono formarsi

atmosfere esplosive, gia’ utilizzate o a disposizione dell’impresa o

dello stabilimento per la prima volta prima del 30 giugno 2003,

devono soddisfare, a decorrere da tale data, i requisiti minimi di

cui all’allegato L, parte A, fatte salve le altre disposizioni che le

disciplinano.

2. Le attrezzature da utilizzare nelle aree in cui possono formarsi

atmosfere esplosive, che sono a disposizione dell’impresa o dello

stabilimento per la prima volta dopo il 30 giugno 2003, devono

soddisfare i requisiti minimi di cui all’allegato L, parti A e B.

3. I luoghi di lavoro che comprendono aree in cui possono formarsi

atmosfere esplosive devono soddisfare le prescrizioni minime

stabilite dal presente titolo.

Art. 296.

Verifiche



1. Il datore di lavoro provvede affinche’ le installazioni

elettriche nelle aree classificate come zone 0, 1, 20 o 21 ai sensi

dell’allegato XLIX siano sottoposte alle verifiche di cui ai capi III

e IV del decreto del Presidente della Repubblica 22 ottobre 2001, n.

462.

Capo II

Sanzioni

Art. 297.

Sanzioni a carico dei datori di lavoro e dei dirigenti



1. Il datore di lavoro e i dirigenti sono puniti con l’arresto da

tre a sei mesi o con l’ammenda da euro 2.000 a euro 10.000 per la

violazione degli articoli 289, comma 2, 291, 292, comma 2, 293,

commi 1 e 2, e 296.

Titolo XII

Disposizioni in materia penale e di procedura penale

Art. 298.

Principio di specialita’



1. Quando uno stesso fatto e’ punito da una disposizione prevista

dal titolo I e da una o piu’ disposizioni previste negli altri

titoli, si applica la disposizione speciale.

Art. 299.

Esercizio di fatto di poteri direttivi



1. Le posizioni di garanzia relative ai soggetti di cui

all’articolo 2, comma 1, lettere b), d) ed e), gravano altresi’ su

colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in

concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi

definiti.

Art. 300.

Modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231



1. L’articolo 25-septies del decreto legislativo 8 giugno 2001, n.

231, e’ sostituito dal seguente:

«Art. 25-septies (Omicidio colposo o lesioni gravi o gravissime

commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e

sicurezza sul lavoro). – 1. In relazione al delitto di cui

all’articolo 589 del codice penale, commesso con violazione

dell’articolo 55, comma 2, del decreto legislativo attuativo della

delega di cui alla legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di salute

e sicurezza sul lavoro, si applica una sanzione pecuniaria in misura

pari a 1.000 quote. Nel caso di condanna per il delitto di cui al

precedente periodo si applicano le sanzioni interdittive di cui

all’articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a tre mesi e

non superiore ad un anno.

2. Salvo quanto previsto dal comma 1, in relazione al delitto di

cui all’articolo 589 del codice penale, commesso con violazione delle

norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, si applica

una sanzione pecuniaria in misura non inferiore a 250 quote e non

superiore a 500 quote. Nel caso di condanna per il delitto di cui al

precedente periodo si applicano le sanzioni interdittive di cui

all’articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a tre mesi e

non superiore ad un anno.

3. In relazione al delitto di cui all’articolo 590, terzo comma,

del codice penale, commesso con violazione delle norme sulla tutela

della salute e sicurezza sul lavoro, si applica una sanzione

pecuniaria in misura non superiore a 250 quote. Nel caso di condanna

per il delitto di cui al precedente periodo si applicano le sanzioni

interdittive di cui all’articolo 9, comma 2, per una durata non

superiore a sei mesi.».

Art. 301.

Applicabilita’ delle disposizioni di cui agli articoli 20 e seguenti

del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758



1. Alle contravvenzioni in materia di igiene, salute e sicurezza

sul lavoro previste dal presente decreto nonche’ da altre

disposizioni aventi forza di legge, per le quali sia prevista la pena

alternativa dell’arresto o dell’ammenda, si applicano le disposizioni

in materia di prescrizione ed estinzione del reato di cui agli

articoli 20, e seguenti, del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n.

758.

Art. 302.

Definizione delle contravvenzioni punite con la sola pena

dell’arresto



1. Per le contravvenzioni previste dal presente decreto e punite

con la sola pena dell’arresto il giudice applica, in luogo

dell’arresto, la pena dell’ammenda in misura comunque non inferiore a

8.000 euro e non superiore a 24.000 euro, se entro la conclusione del

giudizio di primo grado, risultano eliminate tutte le irregolarita’,

le fonti di rischio e le eventuali conseguenze dannose del reato.

2. La sostituzione di cui al comma 1 non e’ in ogni caso

consentita:

a) quando la violazione abbia avuto un contributo causale nel

verificarsi di un infortunio sul lavoro;

b) quando il fatto e’ stato commesso da soggetto che abbia gia’

riportato condanna definitiva per la violazione di norme relative

alla prevenzione degli infortuni sul lavoro, ovvero per i reati di

cui agli articoli 589 e 590 del codice penale, limitatamente

all’ipotesi di violazione delle norme relative alla prevenzione degli

infortuni sul lavoro.

3. Nell’ipotesi prevista al comma 1, il reato si estingue decorsi

tre anni dal passaggio in giudicato della sentenza senza che

l’imputato abbia commesso ulteriori reati in materia di salute e

sicurezza sul lavoro, ovvero quelli di cui agli articoli 589 e 590

del codice penale, limitatamente all’ipotesi di violazione delle

norme relative alla prevenzione degli infortuni sul lavoro. In questo

caso si estingue ogni effetto penale della condanna.

Art. 303.

Circostanza attenuante



1. La pena per i reati previsti dal presente decreto e puniti con

la pena dell’arresto, anche in via alternativa, e’ ridotta fino ad un

terzo per il contravventore che, entro i termini di cui

all’articolo 491 del codice di procedura penale, si adopera

concretamente per la rimozione delle irregolarita’ riscontrate dagli

organi di vigilanza e delle eventuali conseguenze dannose del reato.

2. La riduzione di cui al comma 1 non si applica nei casi di

definizione del reato ai sensi dell’articolo 302.



Titolo XIII

Norme transitorie e finali

Art. 304.

Abrogazioni

1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 3, comma 3, e

dall’articolo 306, comma 2, dalla data di entrata in vigore del

presente decreto legislativo sono abrogati:

a) il decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n.

547, il decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956, n.

164, il decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n.

303, fatta eccezione per l’articolo 64, il decreto legislativo

15 agosto 1991, n. 277, il decreto legislativo 19 settembre 1994, n.

626, il decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 493, il decreto

legislativo 14 agosto 1996, n. 494, il decreto legislativo 19 agosto

2005, n. 187;

b) l’articolo 36-bis, commi 1 e 2 del decreto-legge 4 luglio

2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto

2006, n. 248;

c) gli articoli: 2, 3, 5, 6 e 7 della legge 3 agosto 2007, n.

123;

d) ogni altra disposizione legislativa e regolamentare nella

materia disciplinata dal decreto legislativo medesimo incompatibili

con lo stesso.

2. Con uno o piu’ decreti integrativi attuativi della delega

prevista dall’articolo 1, comma 6, della legge 3 agosto 2007, n. 123,

si provvede all’armonizzazione delle disposizioni del presente

decreto con quelle contenute in leggi o regolamenti che dispongono

rinvii a norme del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e

successive modificazioni, ovvero ad altre disposizioni abrogate dal

comma 1.

3. Fino all’emanazione dei decreti legislativi di cui al comma 2,

laddove disposizioni di legge o regolamentari dispongano un rinvio a

norme del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive

modificazioni, ovvero ad altre disposizioni abrogate dal comma 1,

tali rinvii si intendono riferiti alle corrispondenti norme del

presente decreto legislativo.

Art. 305.

Clausola finanziaria



1. Fatto salvo quanto disposto dall’articolo 11, commi 1 e 2,

dall’esecuzione del presente decreto, ivi compreso quanto disposto

dagli articoli 5 e 6, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a

carico della finanza pubblica. Le amministrazioni competenti

provvedono agli adempimenti derivanti dal presente decreto attraverso

una diversa allocazione delle ordinarie risorse, umane, strumentali

ed economiche, allo stato in dotazione alle medesime amministrazioni.

Art. 306.

Disposizioni finali



1. Le disposizioni contenute nel decreto del Presidente della

Repubblica 19 marzo 1956, n. 302, costituiscono integrazione di

quelle contenute nel presente decreto legislativo.

2. Le disposizioni di cui agli articoli 17, comma 1, lettera a), e

28, nonche’ le altre disposizioni in tema di valutazione dei rischi

che ad esse rinviano, ivi comprese le relative disposizioni

sanzionatorie, previste dal presente decreto, diventano efficaci

decorsi novanta giorni dalla data di pubblicazione del presente

decreto nella Gazzetta Ufficiale; fino a tale data continuano a

trovare applicazione le disposizioni previgenti.

3. Le disposizioni di cui al titolo VIII, capo IV entrano in vigore

alla data fissata dal primo comma dell’articolo 13, paragrafo 1,

della direttiva 2004/40/CE; le disposizioni di cui al capo V del

medesimo titolo VIII entrano in vigore il 26 aprile 2010.

4. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale,

di concerto con i Ministri della salute e dello sviluppo economico,

sentita la commissione consultiva permanente di cui all’articolo 6,

si da’ attuazione alle direttive in materia di sicurezza e salute dei

lavoratori sul luogo di lavoro dell’Unione europea per le parti in

cui le stesse modificano modalita’ esecutive e caratteristiche di

ordine tecnico previste dagli allegati al presente decreto, nonche’

da altre direttive gia’ recepite nell’ordinamento nazionale.

Redazione

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