E’ in vigore dal 17 settembre il decreto legge recante interventi urgenti in materia di funzionalita’ del sistema giudiziario. Riscritti gli articoli sui trasferimenti d’ufficio dei magistrati, in particolare per la copertura delle “sedi disagiate”, cioè le sedi giudiziarie rimaste
vacanti all’esito delle ordinarie procedure di trasferimento
predisposte annualmente dal Consiglio superiore della magistratura.
Recita la relazione illustrativa al disegno di legge di conversione, presentato in Senato (n.1018 AS):
“L’intervento normativo proposto con il presente decreto è dettato dall’esigenza di sopperire alla scopertura dell’organico del personale di magistratura nelle cosiddette «sedi disagiate», intendendosi come tali le sedi giudiziarie rimaste vacanti all’esito delle ordinarie procedure di trasferimento predisposte annualmente dal Consiglio superiore della magistratura.
La tradizionale difficoltà di copertura di alcune sedi giudiziarie (ubicate prevalentemente nelle regioni con più alto tasso di criminalità organizzata) è stata fino ad oggi affrontata dal Consiglio superiore della magistratura destinando in tali sedi i giovani magistrati all’atto del conferimento delle funzioni giudiziarie.
Il legislatore, a sua volta, ha predisposto nel corso degli anni una serie di interventi normativi volti ad incentivare il trasferimento e la permanenza dei magistrati nelle sedi giudiziarie disagiate, mediante la concessione di benefici economici e di carriera, riconosciuti ai magistrati che dichiarano la propria disponibilità al trasferimento d’ufficio ad un sede disagiata e agli uditori giudiziari destinati ad una sede disagiata all’atto del conferimento delle funzioni (legge 16 ottobre 1991, n. 321; decreto-legge 9 settembre 1991, n. 292, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 1991, n. 356; legge 4 maggio 1998, n. 133).
Il quadro normativo di riferimento è mutato radicalmente con l’entrata in vigore della legge 30 luglio 2007, n. 111, recante modifiche alle norme sull’ordinamento giudiziario.
L’articolo 13, comma 2, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, come modificato dall’articolo 2, comma 4, della citata legge n. 111 del 2007, stabilisce infatti che i magistrati ordinari al termine del tirocinio non possono essere destinati a svolgere le funzioni requirenti, le funzioni giudicanti monocratiche penali, quelle di giudice per le indagini preliminari o di giudice dell’udienza preliminare. Tali funzioni possono essere svolte soltanto da magistrati che abbiano conseguito la prima valutazione di professionalità a cui il magistrato è sottoposto dopo quattro anni dalla nomina.
In forza di tale disposizione la copertura degli uffici di procura rimasti vacanti, per mancanza di aspiranti, all’esito delle ordinarie procedure di trasferimento non può più essere assicurata destinando a quegli uffici i giovani magistrati al termine del tirocinio (come avvenuto fino ad oggi), ma solo attraverso l’impiego di magistrati che abbiano maturato l’anzianità di servizio minima prevista dalla legge.
Considerazioni analoghe valgono per la copertura della pianta organica degli uffici giudicanti, al fine di assicurare l’esercizio delle funzioni penali diverse da quelle collegiali.
Ora, l’esperienza di questi anni dimostra come il meccanismo di incentivi previsto dalla citata legge n. 133 del 1998 abbia trovato applicazione, prevalentemente, nei confronti degli uditori giudiziari destinati d’ufficio ad una sede disagiata all’atto del conferimento delle funzioni giudiziarie.
I benefici attualmente previsti, infatti, non incentivano un adeguato numero di magistrati a trasferirsi dalla propria sede di servizio ad una sede disagiata, principalmente in ragione dei costi che tale trasferimento comporta (necessità abitative; spese di viaggio per fare periodicamente ritorno nella propria città di origine; eccetera).
Tenuto conto della necessità di adibire all’esercizio delle funzioni requirenti e delle funzioni giudicanti penali monocratiche esclusivamente magistrati che abbiano conseguito la prima valutazione di professionalità, è dunque indispensabile modificare il regime di benefici attualmente in vigore, escludendo dal suo ambito di applicazione i magistrati destinati alle sedi di servizio al termine del tirocinio (non più utilizzabili per lo svolgimento di quelle funzioni) e potenziando, soprattutto sotto il profilo economico, gli incentivi riconosciuti ai magistrati che danno il proprio consenso o la propria disponibilità al trasferimento d’ufficio in una sede disagiata.
Occorre, in secondo luogo, modificare la vigente disciplina dei trasferimenti d’ufficio – regolata, oltre che dalla legge n. 133 del 1998, dalla legge 16 ottobre 1991, n. 321 – nel rispetto dei limiti costituzionali derivanti dal principio di inamovibilità dei magistrati (articolo 107, primo comma, della Costituzione).
L’intervento normativo proposto riveste carattere di urgenza, essendo necessario coprire – almeno in parte – l’elevato numero di posti in organico attualmente vacanti in sedi giudiziarie nelle quali si sta verificando una progressiva paralisi dell’attività d’indagine e dell’intera giurisdizione penale (come segnalato anche dal Consiglio superiore della magistratura con nota del 31 luglio 2008).
Numerose sedi giudiziarie – non solo nelle regioni meridionali – presentano una scopertura di organico superiore al 30 per cento, con punte dell’80 per cento (Procura della Repubblica di Lucera), del 75 per cento (Procura della Repubblica di Enna), del 60 per cento (Procure della Repubblica di Gela, Nicosia, Piacenza), del 50 per cento (Procure della Repubblica di Modica, Ragusa, Sant’Angelo dei Lombardi, Lanusei, Tempio Pausania).
Ammonta complessivamente ad ottanta il numero dei posti vacanti nei soli uffici requirenti di primo grado ubicati in Sicilia, Calabria e Campania.
Tali dati numerici sono destinati ad aumentare nei prossimi mesi – come segnalato dallo stesso Consiglio superiore della magistratura – allorquando saranno definite le procedure di trasferimento ordinario in corso (con delibera del 9 giugno 2008 è stata disposta la pubblicazione di 336 posti, che determinerà verosimilmente un esodo di magistrati dalle sedi giudiziarie disagiate, dove attualmente prestano servizio, verso sedi più ambite).
Il decreto-legge si compone di 4 articoli.
L’articolo 1, comma 1, apporta una serie di modifiche alla legge 4 maggio 1998, n. 133, recante incentivi ai magistrati trasferiti o destinati d’ufficio a sedi disagiate e introduzione delle tabelle infradistrettuali, in appresso indicate:
a) viene modificato il titolo della legge, sopprimendo le parole: «o destinati»; pertanto il nuovo titolo della legge n. 133 del 1998 sarà il seguente: «Incentivi ai magistrati trasferiti d’ufficio a sedi disagiate e introduzione delle tabelle infradistrettuali»;
b) viene sostituito in primo luogo l’articolo 1 della citata legge n. 133 del 1998.
Pur conservando l’attuale nozione di trasferimento d’ufficio (quale tramutamento dall’attuale sede di servizio ad una sede disagiata, per la quale il magistrato non abbia proposto domanda, limitandosi a manifestare il consenso o la disponibilità ad esservi trasferito d’ufficio), si esclude espressamente l’applicabilità dei benefici nei confronti dei magistrati destinati d’ufficio alla prima sede di servizio al termine del tirocinio, nei confronti dei magistrati trasferiti d’ufficio per incompatibilità ambientale e di quelli per i quali sia stato disposto il trasferimento d’ufficio per motivi disciplinari, prevedendo che possano essere destinati d’ufficio alle sedi disagiate i magistrati, provenienti da sedi non disagiate, che abbiano conseguito almeno la prima valutazione di professionalità.
Sono stati introdotti nuovi criteri per l’individuazione delle sedi disagiate (mancata copertura del posto messo a concorso nell’ultima pubblicazione curata dal Consiglio superiore della magistratura; percentuale di posti vacanti superiore alla media nazionale della scopertura; possibilità di individuare le sedi disagiate nell’intero territorio nazionale) e si è ridotta a 100 chilometri la distanza minima – tra la sede di provenienza e la sede disagiata di destinazione – richiesta per il riconoscimento dei benefici previsti dalla legge (si intende in tal modo incentivare un maggior numero di magistrati ad offrire la propria disponibilità al trasferimento d’ufficio).
È stato previsto che il Consiglio superiore della magistratura, su proposta del Ministro della giustizia, individui, con delibera, un numero di sedi disagiate non superiore a sessanta, a cui potranno essere trasferiti d’ufficio, complessivamente, fino ad un massimo di cento magistrati. Il procedimento di individuazione delle sedi disagiate, fermi restando i limiti sopra indicati, è effettuato annualmente, al fine di consentire il costante aggiornamento della lista alle esigenze del momento. Il provvedimento, quindi, consente di destinare non più di cento magistrati, in totale, a sedi disagiate. Nell’ambito delle sedi disagiate il Consiglio provvede altresì ad indicare, in misura non superiore a dieci, quali tra di esse devono ritenersi a copertura immediata, individuandole tra quelle rimaste vacanti dopo due successive pubblicazioni;
c) dopo l’articolo 1 della legge n. 133 del 1998 viene inserito l’articolo 1-bis, che disciplina il trasferimento d’ufficio nelle sedi a copertura immediata.
A queste sedi potranno essere destinati i magistrati che da oltre dieci anni svolgono le medesime funzioni o, comunque, si trovano nella stessa posizione tabellare o nel medesimo gruppo di lavoro nell’ambito delle stesse funzioni e che non hanno presentato domanda di trasferimento ad altra funzione all’interno dell’ufficio o di trasferimento ad altro ufficio (si ricorda che ai sensi dell’articolo 19 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, i magistrati che esercitano funzioni di primo e secondo grado possono esercitare le medesime funzioni all’interno dello stesso ufficio per un periodo non superiore a dieci anni). Si prevede che, anche in deroga alla predetta norma – che consente al Consiglio superiore della magistratura di individuare il periodo di permanenza massima nella funzione in una «forbice» compresa tra i cinque e i dieci anni (e la relativa decorrenza) – la procedura per il trasferimento d’ufficio nelle sedi a copertura immediata possa avere luogo in ogni caso, fermi i presupposti in generale previsti dal presente provvedimento per l’azionamento della procedura stessa. Si chiarisce peraltro che restano fermi i divieti di passaggio dalle funzioni requirenti a quelle giudicanti, e viceversa, posti dalle vigenti disposizioni dell’ordinamento giudiziario.
Il trasferimento d’ufficio in una sede a copertura immediata non presuppone – a differenza del trasferimento d’ufficio regolato dall’articolo 1 della legge n. 133 del 1998 – una manifestazione di consenso o disponibilità del magistrato ad essere trasferito d’ufficio. Si esclude peraltro che possano essere trasferiti d’ufficio i magistrati che prestano servizio presso sedi disagiate o presso uffici in cui si determinerebbero, in conseguenza del trasferimento, vacanze superiori al 20 per cento dell’organico.
L’articolo 1-bis contiene, quindi, una compiuta disciplina dei criteri che presiedono alla individuazione delle sedi definite a copertura immediata e alla scelta dei magistrati da trasferire indipendentemente dal loro consenso.
Sulla possibilità di prevedere e regolamentare per legge casi di trasferimento d’ufficio di magistrati senza collidere con la previsione di cui all’articolo 107 della Costituzione non vi sono dubbi, specie dopo la sentenza n. 172 del 1982 della Corte costituzionale, che ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale di una disposizione di legge che, sancendo direttamente l’obbligatorietà del trasferimento, il giudice remittente riteneva contrastare con l’articolo 107, primo comma, della Costituzione, reputando che sottraesse al Consiglio superiore della magistratura il potere di valutare l’opportunità del trasferimento stesso. La Corte ha chiarito che la norma di riferimento indicata (articolo 107 della Costituzione) attribuisce al Consiglio superiore della magistratura soltanto la competenza a pronunciare il provvedimento di trasferimento ad altra sede, ma non prescrive che la valutazione dei motivi debba essere necessariamente rimessa caso per caso alla discrezionalità dello stesso Consiglio e non possa, invece, essere fatta direttamente dalla legge con una disposizione generale.
Va peraltro evidenziato che la norma in parola reca innovazioni per ciò che riguarda l’individuazione dei magistrati assoggettabili al trasferimento d’ufficio, mentre per il resto è in larga parte mutuata dall’articolo 4 della legge 16 ottobre 1991, n. 321 (che viene contestualmente abrogato quasi per intero), che attualmente regola il trasferimento d’ufficio dei magistrati nelle sedi rimaste vacanti dopo due successive pubblicazioni, disposizione in vigore da più di sedici anni, della cui conformità a Costituzione non si dubita;
d) viene modificato l’articolo 2 della legge n. 133 del 1998, che disciplina il regime dei benefici economici riconosciuti ai magistrati trasferiti d’ufficio.
Al magistrato trasferito d’ufficio ai sensi degli articoli 1 e 1-bis della legge n. 133 del 1998 viene riconosciuta una indennità mensile (determinata in misura pari all’importo mensile dello stipendio tabellare previsto per il magistrato ordinario con tre anni di anzianità) ed una indennità fissa corrisposta all’atto del trasferimento e finalizzata a compensare i costi del mutamento di sede: cosiddetta «indennità di prima sistemazione».
Si prevede, al riguardo, che l’indennità mensile venga erogata per un massimo di quattro anni di effettivo servizio prestato nella sede disagiata, escludendo dal periodo di servizio effettivo i periodi di congedo straordinario, di aspettativa, di sospensione dal servizio, di astensione facoltativa di cui agli articoli 32 e 47 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (la ratio di tale esclusione – analoga a quella già prevista dall’articolo 3 della legge 19 febbraio 1981, n. 27, in materia di cosiddetta «indennità giudiziaria» riconosciuta al personale della magistratura – risiede nel fatto che l’indennità mensile non è una componente dello stipendio del magistrato, ma un beneficio economico finalizzato ad incentivare lo svolgimento effettivo delle funzioni giudiziarie in una sede di servizio dichiarata disagiata);
e) viene modificato l’articolo 5 della legge n. 133 del 1998, che disciplina il regime dei benefici di carriera riconosciuti ai magistrati trasferiti d’ufficio.
Al magistrato trasferito d’ufficio ai sensi degli articoli 1 e 1-bis della legge n. 133 del 1998 viene riconosciuta un’anzianità di servizio in misura doppia per ogni anno di effettivo servizio prestato nella sede disagiata, fino al sesto anno di permanenza in quella sede.
Inoltre, se l’effettivo servizio prestato presso la sede disagiata supera i quattro anni, il magistrato ha diritto ad essere riassegnato alla sede di provenienza, con le precedenti funzioni, anche in soprannumero rispetto ai posti in organico.
A tali benefici si aggiunge la facoltà – già prevista dal vigente articolo 3 della legge n. 133 del 1998 – di ottenere il trasferimento del coniuge dipendente statale;
f) dopo l’articolo 5 della legge n. 133 del 1998 viene inserito l’articolo 5-bis, che disciplina la valutazione dei servizi prestati nelle sedi disagiate dai magistrati applicati ad una di tali sedi ai sensi dell’articolo 110 dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12.
Tale disciplina è mutuata dal vigente articolo 5 della legge n. 133 del 1998, ma si è deciso di farla confluire in un articolo separato, in quando si tratta di benefici di carriera che hanno contenuti e presupposti diversi rispetto ai benefici riconosciuti ai magistrati trasferiti d’ufficio.
Il comma 2 dell’articolo 1 reca l’abrogazione dell’articolo 3, dei commi da 1 a 8 dell’articolo 4 e dell’articolo 4-bis della legge 16 ottobre 1991, n. 321 (che disciplinano il trasferimento d’ufficio nelle sedi rimaste vacanti per difetto di aspiranti dopo due successive pubblicazioni) in conseguenza della nuova regolamentazione della materia da parte del decreto-legge.
I commi da 3 a 6 recano la disciplina transitoria.
Si prevede in primo luogo che disposizioni di cui all’articolo 1 della legge 4 maggio 1998, n. 133, come sostituito dall’articolo 1, comma 1, lettera b), del decreto-legge (concernenti l’individuazione delle sedi disagiate e il procedimento di trasferimento) si applichino esclusivamente ai procedimenti di trasferimento d’ufficio a sedi disagiate avviati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto-legge (comma 3).
Al comma 4 si specifica che le disposizioni di cui all’articolo 2 della legge 4 maggio 1998, n. 133, come sostituito dal comma 1, lettera d), dello stesso articolo del decreto, si applicano esclusivamente ai magistrati trasferiti d’ufficio a sedi disagiate successivamente alla data di entrata in vigore del decreto-legge. Nei confronti dei magistrati precedentemente trasferiti, assegnati o destinati a sedi disagiate continuano ad applicarsi le suddette disposizioni nel testo vigente anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge.
Al comma 5, quanto alla disposizione di cui all’articolo 5, comma 2, della legge 4 maggio 1998, n. 133, si prevede che continui a trovare applicazione il testo antecedente alle modifiche apportate dal decreto legge, nei confronti dei magistrati i quali, alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono già stati trasferiti, assegnati o destinati a sedi disagiate; si limita tuttavia il diritto di essere preferiti a tutti gli altri aspiranti al 50 per cento dei posti, di pari grado, messi a concorso nell’ambito di ciascun ufficio. Nel caso in cui i posti messi a concorso siano di numero dispari, si prevede che il diritto di preferenza non operi, altresì, in relazione al posto eccedente il 50 per cento. In tale modo si intendono contemperare le esigenze dei magistrati provenienti dalle sedi disagiate, che vantano un diritto alla prescelta, con quelle degli altri magistrati, spesso con notevole anzianità di servizio, che per effetto del regime di prescelta assoluta accordata ai primi vedono da molto tempo frustrate le proprie legittime aspettative di scelta della sede di servizio.
Ai magistrati che sono attualmente in servizio presso sedi disagiate non si applicano altresì le disposizioni di cui all’articolo 5, comma 1, della legge 4 maggio 1998, n. 133, così come modificato dal presente decreto-legge (comma 6). Per i medesimi l’anzianità di servizio continua ad essere calcolata, ai soli fini del primo tramutamento successivo a quello di ufficio e con i limiti di cui all’articolo 5, comma 3, della citata 4 maggio 1998, n. 133, così come modificato dal decreto-legge, in misura doppia per ogni anno di effettivo servizio prestato nella sede dopo il primo biennio di permanenza.
Il comma 7 contiene una disposizione transitoria, in base alla quale le disposizioni sul trasferimento d’ufficio dei magistrati che abbiano superato il termine decennale di permanenza nelle medesime funzioni non si applicano a coloro che, entro un anno dalla data di entrata in vigore del provvedimento, presentano domanda di trasferimento ad altra funzione o ad altro gruppo di lavoro all’interno dell’ufficio ovvero ad altro ufficio, senza revocarla prima della definizione della relativa procedura.
Il comma 8 dispone la soppressione del secondo periodo del terzo comma dell’articolo 192 dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, il quale stabiliva che le domande di tramutamento ad altra sede conservavano validità fino alla revoca, da effettuarsi con successiva dichiarazione o con altra domanda.
La gestione delle pratiche relative ai trasferimenti dei magistrati ordinari è diventata nel tempo estremamente complessa e farraginosa, in ragione dell’enorme numero delle domande che il Consiglio superiore della magistratura è chiamato ad esaminare.
Una delle ragioni che determina la formazione di questa amplissima massa di domande è costituita dalla vigente disciplina dell’articolo 192, comma 3, dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12.
Tale disposizione, infatti, impone al Consiglio superiore della magistratura di esaminare anche le domande pendenti da anni, benché non più reiterate dal magistrato che le ha presentate (alcune domande di trasferimento risalgono al 1999).
La norma in oggetto, modificando l’articolo 192, terzo comma, dell’ordinamento giudiziario, è quindi finalizzata ad evitare un inutile aggravio di lavoro per il Consiglio (chiamato ad esaminare domande presentate da magistrati che – a distanza di anni – non hanno verosimilmente più interesse al trasferimento richiesto a suo tempo), consentendo al Consiglio di esaminare le sole domande che corrispondono ad un interesse concreto ed attuale del magistrato al trasferimento.
La norma non comporta nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.
L’articolo 2 reca la disciplina per il funzionamento del Fondo unico giustizia.
Con la norma in commento si introduce una più puntuale regolamentazione delle previsioni contenute nell’articolo 61, comma 23, del decreto-legge 25 giugno 2008 n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n.133, al fine di dare concreta attuazione alla disciplina ivi contenuta.
L’articolo 61, comma 23, del decreto-legge citato prevede che le somme di denaro sequestrate nell’ambito di procedimenti penali, nonché i proventi derivanti dai beni confiscati, affluiscono ad un unico Fondo, destinato ad essere gestito dalla società di cui all’articolo 1, comma 367, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008).
La norma in commento prevede che affluiscono al Fondo, denominato: «Fondo unico giustizia», tutte le somme sopra indicate e specifica la tipologia dei beni ricompresi nel Fondo stesso, estendendone l’ambito di operatività alle varie «attività finanziarie a contenuto patrimoniale o monetario», quali, a titolo esemplificativo, i titoli al portatore, i libretti di deposito, i conti correnti, i conti di deposito titoli ed altri crediti pecuniari.
L’amministrazione del Fondo unico giustizia è affidata ad Equitalia Giustizia S.p.A, che dovrà operare secondo le prescrizioni contenute nel decreto di attuazione, da emanarsi ai sensi del predetto articolo 61, comma 23; il medesimo decreto stabilirà, altresì, la remunerazione spettante ad Equitalia Giustizia S.p.A, nonché la natura e l’entità delle risorse che la stessa deve riservare alle eventuali restituzioni disposte dal giudice dell’esecuzione.
Al fine di dare concreta attuazione alla previsione normativa, si stabilisce che entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, Poste Italiane S.p.A e le altre banche depositarie intestino al Fondo i titoli, i valori, i libretti ed i conti riferiti alle somme sequestrate e confiscate, trasmettendo contestualmente ad Equitalia Giustizia S.p.A. tutti gli elementi e le informazioni utili per la corretta ed agevole amministrazione dei beni intestati al Fondo stesso.
La norma infine prevede che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri siano stabilite le quote delle risorse intestate al Fondo da devolvere rispettivamente al Ministero dell’interno, al Ministero della giustizia ed allo stato di previsione dell’entrata del bilancio dello Stato, per le finalità ivi indicate.
L’articolo 3 reca la norma di copertura finanziaria dell’intervento.
Si prevede in particolare che agli oneri derivanti dall’articolo 1, comma 1, lettera d), valutati complessivamente in euro 5.137.296 per l’anno 2009 e in euro 4.785.678 a decorrere dall’anno 2010 si provveda:
a) quanto a euro 5.137.296 per l’anno 2009, mediante corrispondente riduzione delle proiezioni, per il medesimo anno, dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri;
b) quanto a euro 4.785.678 a decorrere dall’anno 2010, mediante utilizzo del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.
Ai sensi del comma 2, il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.
Il successivo comma 3 stabilisce che il Ministro dell’economia e delle finanze provvede al monitoraggio dell’attuazione del decreto-legge, anche ai fini dell’applicazione dell’articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n 468, e successive modificazioni, e trasmette alle Camere, corredati da apposita relazione, i decreti che, in presenza dei presupposti richiesti dalla legge, dispongano l’utilizzo del Fondo di cui all’articolo 7 della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.
L’articolo 4 disciplina l’entrata in vigore del decreto-legge”.
Di seguito, il testo del decreto legge.
. . . . .
Decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143
Interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario
(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 217 del 16 settembre 2008)
Il Presidente della Repubblica;
Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;
Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni per assicurare la funzionalità del sistema giudiziario con particolare riguardo alla esigenza di copertura delle sedi disagiate rimaste vacanti per difetto di aspiranti;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione dell’11 settembre 2008;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro della giustizia e del Ministro dell’economia e delle finanze;
emana
il seguente decreto-legge:
Articolo 1.
(Modifiche alla legge 4 maggio 1998, n. 133)
1. Alla legge 4 maggio 1998, n. 133, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) nel titolo le parole: «o destinati» sono soppresse;
b) l’articolo 1 è sostituito dal seguente:
«Art. 1. – (Trasferimento d’ufficio). –
1. Ai fini della presente legge, per trasferimento d’ufficio si intende ogni tramutamento dalla sede di servizio per il quale non sia stata proposta domanda dal magistrato, ancorché egli abbia manifestato il consenso o la disponibilità, e che determini lo spostamento in una delle sedi disagiate di cui al comma 2, comportando una distanza superiore ai 100 chilometri dalla sede ove il magistrato presta servizio. La presente legge non si applica alle assegnazioni di sede dei magistrati al termine del tirocinio, ai trasferimenti di cui all’articolo 2, secondo comma, del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, e successive modificazioni, e ai trasferimenti di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109.
2. Per sede disagiata si intende l’ufficio giudiziario per il quale ricorrono congiuntamente i seguenti requisiti:
a) mancata copertura del posto messo a concorso nell’ultima pubblicazione;
b) quota di posti vacanti superiore alla media nazionale della scopertura.
3. Il Consiglio superiore della magistratura, con delibera, su proposta del Ministro della giustizia, individua annualmente le sedi disagiate, in numero non superiore a sessanta, ed indica tra le stesse le sedi a copertura immediata, in misura non superiore a dieci, individuate tra quelle rimaste vacanti per difetto di aspiranti dopo due successive pubblicazioni.
4. Alle sedi disagiate possono essere destinati d’ufficio magistrati provenienti da sedi non disagiate, che abbiano conseguito almeno la prima valutazione di professionalità, in numero non superiore a cento unità.
5. Il Consiglio superiore della magistratura, accertati il consenso o la disponibilità dei magistrati, delibera con priorità in ordine al trasferimento d’ufficio nelle sedi disagiate.»;
c) dopo l’articolo 1 è inserito il seguente:
«Art. 1-bis. – (Trasferimento d’ufficio nelle sedi a copertura immediata). –
1. Per le sedi a copertura immediata rimaste vacanti per difetto di aspiranti e per le quali non siano intervenute dichiarazioni di disponibilità o manifestazioni di consenso al trasferimento, il Consiglio superiore della magistratura provvede, anche in deroga a quanto previsto dall’articolo 19 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, e successive modificazioni, con il trasferimento d’ufficio dei magistrati che svolgono da oltre dieci anni le stesse funzioni o, comunque, si trovano nella stessa posizione tabellare o nel medesimo gruppo di lavoro nell’ambito delle stesse funzioni e che alla scadenza del periodo massimo di permanenza non hanno presentato domanda di trasferimento ad altra funzione o ad altro gruppo di lavoro all’interno dell’ufficio ovvero ad altro ufficio, o che tale domanda abbiano successivamente revocato. Resta fermo quanto disposto dall’articolo 13 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, e successive modificazioni, in ordine al passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa.
2. Non possono essere trasferiti magistrati in servizio presso uffici in cui si determinerebbero vacanze superiori al 20 per cento dell’organico. Non possono essere altresì trasferiti i magistrati in servizio presso altre sedi disagiate.
3. La percentuale di cui al comma 2 è calcolata per eccesso o per difetto a seconda che lo scarto decimale sia superiore o inferiore allo 0,5; se lo scarto decimale è pari allo 0,5 l’arrotondamento avviene per difetto.
4. Le condizioni per il trasferimento d’ufficio devono sussistere alla data di pubblicazione della delibera di cui all’articolo 1, comma 3.
5. Il trasferimento di ufficio è disposto nei confronti dei magistrati di cui al comma 1 che prestano servizio nel distretto nel quale sono compresi i posti da coprire, ovvero, se ciò non è possibile, nei distretti limitrofi. Per il distretto di Cagliari si considerano limitrofi i distretti di Genova, Firenze, Roma, Napoli e Palermo; per il distretto di Messina anche quello di Reggio Calabria e per il distretto di Reggio Calabria anche quelli di Messina e Catania.
6. Nel caso di pluralità di distretti limitrofi viene dapprima preso in considerazione il distretto il cui capoluogo ha la minore distanza chilometrica ferroviaria, e se del caso marittima, con il capoluogo del distretto presso il quale il trasferimento deve avere esecuzione.
7. Nell’ambito dello stesso distretto, l’ufficio da cui operare i trasferimenti è individuato con riferimento alla minore percentuale di scopertura dell’organico; in caso di pari percentuale, il trasferimento è operato dall’ufficio con organico più ampio. Nell’ambito dello stesso ufficio è trasferito il magistrato con minore anzianità nel ruolo.»;
d) l’articolo 2 è sostituito dal seguente:
«Art. 2. – (Indennità in caso di trasferimento d’ufficio). –
1. Al magistrato trasferito d’ufficio ai sensi degli articoli 1 e 1-bis è attribuita, per il periodo di effettivo servizio nelle sedi disagiate e per un massimo di quattro anni, un’indennità mensile determinata in misura pari all’importo mensile dello stipendio tabellare previsto per il magistrato ordinario con tre anni di anzianità. L’effettivo servizio non include i periodi di congedo straordinario, di aspettativa per qualsiasi causa, di astensione facoltativa previsti dagli articoli 32 e 47, commi 1 e 2, del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, e di sospensione dal servizio per qualsiasi causa.
2. L’indennità di cui al comma 1 non è cumulabile con quella prevista dal primo e dal secondo comma dell’articolo 13 della legge 2 aprile 1979, n. 97, come sostituito dall’articolo 6 della legge 19 febbraio 1981, n. 27.
3. Al magistrato trasferito d’ufficio ai sensi degli articoli 1 e 1-bis l’aumento previsto dal secondo comma dell’articolo 12 della legge 26 luglio 1978, n. 417, compete in misura pari a nove volte l’ammontare della indennità integrativa speciale in godimento.»;
e) l’articolo 5 è sostituito dal seguente:
«Art 5. – (Valutazione dei servizi prestati nelle sedi disagiate a seguito di trasferimento d’ufficio). –
1. Per i magistrati trasferiti d’ufficio a sedi disagiate ai sensi degli articoli 1 e 1-bis l’anzianità di servizio è calcolata, ai soli fini del primo tramutamento per un posto di grado pari a quello occupato in precedenza, in misura doppia per ogni anno di effettivo servizio prestato nella sede, fino al sesto anno di permanenza. L’effettivo servizio è computato ai sensi del comma 1 dell’articolo 2.
2. Se la permanenza in effettivo servizio presso la sede disagiata supera i quattro anni, il magistrato ha diritto ad essere riassegnato, a domanda, alla sede di provenienza, con le precedenti funzioni, anche in soprannumero da riassorbire con le successive vacanze.
3. La disposizione di cui al comma 1 non si applica ai trasferimenti che prevedono il conferimento di incarichi direttivi o semidirettivi ovvero di funzioni di legittimità. La disposizione di cui al comma 2 non si applica ai trasferimenti che prevedono il conferimento di incarichi direttivi o semidirettivi.»;
f) dopo l’articolo 5 è inserito il seguente:
«Art. 5-bis. – (Valutazione dei servizi prestati nelle sedi disagiate a seguito di applicazione). –
1. Fermo restando quanto previsto dal comma 3 dell’articolo 5, per i magistrati applicati in sedi disagiate l’anzianità di servizio è calcolata, ai soli fini del primo tramutamento successivo, con l’aumento della metà per ogni mese di servizio trascorso nella sede. Le frazioni di servizio inferiori al mese non sono considerate.».
2. L’articolo 3, i commi da 1 a 8 dell’articolo 4 e l’articolo 4-bis della legge 16 ottobre 1991, n. 321, sono abrogati.
3. Le disposizioni di cui all’articolo 1 della legge 4 maggio 1998, n. 133, come sostituito dal comma 1, lettera b), si applicano esclusivamente ai procedimenti di trasferimento d’ufficio a sedi disagiate avviati successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto.
4. Le disposizioni di cui all’articolo 2 della legge 4 maggio 1998, n. 133, come sostituito dal comma 1, lettera d), si applicano esclusivamente ai magistrati trasferiti d’ufficio a sedi disagiate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto. Nei confronti dei magistrati precedentemente trasferiti, assegnati o destinati a sedi disagiate continuano ad applicarsi le suddette disposizioni nel testo vigente anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto.
5. La disposizione di cui all’articolo 5, comma 2, della legge 4 maggio 1998, n. 133, nel testo antecedente alle modifiche apportate dalla lettera e) del comma 1, continua a trovare applicazione nei confronti dei magistrati i quali, alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono già stati trasferiti, assegnati o destinati a sedi disagiate, ma il diritto di essere preferiti a tutti gli altri aspiranti opera limitatamente al 50 per cento dei posti, di pari grado, messi a concorso nell’ambito di ciascun ufficio. Nel caso in cui i posti messi a concorso siano di numero dispari, il diritto di preferenza non opera, altresì, in relazione al posto eccedente il 50 per cento.
6. Le disposizioni di cui all’articolo 5, comma 1, della legge 4 maggio 1998, n. 133, così come modificato dal presente decreto, non si applicano ai magistrati indicati al comma 5. Per i medesimi l’anzianità di servizio continua ad essere calcolata, ai soli fini del primo tramutamento successivo a quello di ufficio e con i limiti di cui all’articolo 5, comma 3, della citata legge 4 maggio 1998, n. 133, così come modificato dal presente decreto, in misura doppia per ogni anno di effettivo servizio prestato nella sede dopo il primo biennio di permanenza.
7. Le disposizioni di cui all’articolo 1-bis della legge 4 maggio 1998, n. 133, come introdotto dal comma 1, lettera c), non si applicano ai magistrati che entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto presentino domanda di trasferimento ad altra funzione o ad altro gruppo di lavoro all’interno dell’ufficio ovvero ad altro ufficio, senza revocarla prima della definizione della relativa procedura.
8. Al terzo comma dell’articolo 192 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, il secondo periodo è soppresso.
Articolo 2.
(Fondo unico giustizia)
1. Il Fondo di cui all’articolo 61, comma 23, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, denominato: «Fondo unico giustizia», è gestito da Equitalia Giustizia S.p.A. con le modalità stabilite con il decreto di cui al predetto articolo 61, comma 23.
2. Rientrano nel «Fondo unico giustizia», con i relativi interessi, le somme di denaro ovvero i proventi:
a) di cui al medesimo articolo 61, comma 23;
b) di cui all’articolo 262, comma 3-bis, del codice di procedura penale;
c) relativi a titoli al portatore, a quelli emessi o garantiti dallo Stato anche se non al portatore, ai valori di bollo, ai crediti pecuniari, ai conti correnti, ai conti di deposito titoli, ai libretti di deposito e ad ogni altra attività finanziaria a contenuto monetario o patrimoniale oggetto di provvedimenti di sequestro nell’ambito di procedimenti penali o per l’applicazione di misure di prevenzione di cui alla legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, o di irrogazione di sanzioni amministrative, inclusi quelli di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.
3. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, Poste Italiane S.p.A., le banche e gli altri operatori finanziari, depositari delle somme di denaro, dei proventi, dei crediti, nonché dei beni di cui al comma 2, intestano «Fondo unico giustizia» i titoli, i valori, i crediti, i conti, i libretti, nonché le attività di cui alla lettera c) del comma 2. Entro lo stesso termine Poste Italiane S.p.A., le banche e gli altri operatori finanziari trasmettono a Equitalia Giustizia S.p.A., con modalità telematica e nel formato elettronico reso disponibile dalla medesima società sul proprio sito internet all’indirizzo www.equitaliagiustizia.it, le informazioni individuate con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministero della giustizia, da emanarsi entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. A decorrere dalla data di intestazione di cui al primo periodo, Equitalia Giustizia S.p.A. provvede, se non già eseguite alla medesima data da Poste Italiane S.p.A., dalle banche ovvero dagli altri operatori finanziari, alle restituzioni delle somme sequestrate disposte anteriormente alla predetta data dal giudice dell’esecuzione ai sensi dell’articolo 676, comma 1, del codice di procedura penale.
4. Sono altresì intestati «Fondo unico giustizia» tutti i conti correnti ed i conti di deposito che Equitalia Giustizia S.p.A., successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, intrattiene per farvi affluire le ulteriori risorse derivanti dall’applicazione dell’articolo 61, comma 23, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, dell’articolo 262, comma 3-bis, del codice di procedura penale, i relativi utili di gestione, nonché i controvalori degli atti di disposizione dei beni confiscati di cui al predetto articolo 61, comma 23.
5. Equitalia Giustizia S.p.A. versa in conto entrate al bilancio dello Stato per essere riassegnate, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, alle unità previsionali di base dello stato di previsione della spesa del Ministero della giustizia concernenti le spese di investimento di cui all’articolo 2, comma 614, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, le somme di denaro per le quali, anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto, ai sensi dell’articolo 676, comma 1, del codice di procedura penale, è stata decisa dal giudice dell’esecuzione ma non ancora eseguita la devoluzione allo Stato delle somme medesime.
6. Con il decreto di cui all’articolo 61, comma 23, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, è determinata altresì la remunerazione massima spettante a titolo di aggio nei cui limiti il Ministro dell’economia e delle finanze stabilisce con proprio decreto quella dovuta a Equitalia Giustizia S.p.A. per la gestione delle risorse intestate «Fondo unico giustizia». Con il decreto di cui al predetto articolo 61, comma 23, sono inoltre stabilite le modalità di controllo e di rendicontazione delle somme gestite da Equitalia Giustizia S.p.A., nonché la natura delle risorse utilizzabili ai sensi del comma 7, i criteri e le modalità da adottare nella gestione del Fondo in modo che venga garantita la pronta disponibilità delle somme necessarie per eseguire le restituzioni eventualmente disposte dal giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’articolo 676, comma 1, del codice di procedura penale. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della giustizia e con il Ministro dell’interno, può essere rideterminata annualmente la misura massima dell’aggio spettante a Equitalia Giustizia S.p.A.
7. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della giustizia e con il Ministro dell’interno, sono stabilite, fermo quanto disposto dal comma 5, previa verifica dei presupposti del relativo incameramento, nonché della compatibilità e ammissibilità finanziaria delle relative utilizzazioni, le quote delle risorse intestate «Fondo unico giustizia», anche frutto di utili della loro gestione finanziaria:
a) da devolvere al Ministero dell’interno per la tutela della sicurezza pubblica e del soccorso pubblico, fatta salva l’alimentazione del Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive di cui all’articolo 18, comma 1, lettera c), della legge 23 febbraio 1999, n. 44, e del Fondo di rotazione per la solidarietà delle vittime dei reati di tipo mafioso di cui all’articolo 1 della legge 22 dicembre 1999, n. 512;
b) da devolvere al potenziamento dei servizi istituzionali del Ministero della giustizia;
c) da acquisire all’entrata del bilancio dello Stato.
8. Il comma 24 dell’articolo 61 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, è abrogato.
9. All’articolo 676, comma 1, del codice di procedura penale, come modificato dall’articolo 2, comma 613, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, le parole: «o alla devoluzione allo Stato delle somme di denaro sequestrate ai sensi del comma 3-bis dell’articolo 262» sono soppresse.
10. Dalla gestione del «Fondo unico giustizia», non devono derivare oneri, né obblighi giuridici a carico della finanza pubblica.
Articolo 3.
(Norma di copertura finanziaria)
1. Agli oneri derivanti dall’articolo 1, comma 1, lettera d), valutati complessivamente in euro 5.137.296 per l’anno 2009 e in euro 4.785.678 a decorrere dall’anno 2010, si provvede:
a) quanto a euro 5.137.296 per l’anno 2009, mediante corrispondente riduzione delle proiezioni, per il medesimo anno, dello stanziamento del Fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri;
b) quanto a euro 4.785.678 a decorrere dall’anno 2010, mediante utilizzo del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.
2. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
3. Il Ministro dell’economia e delle finanze provvede al monitoraggio dell’attuazione del presente decreto, anche ai fini dell’applicazione dell’articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n 468, e successive modificazioni, e trasmette alle Camere, corredati da apposita relazione, i decreti che, in presenza dei presupposti richiesti dalla legge, dispongano l’utilizzo del Fondo di cui all’articolo 7 della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.
Articolo 4.
(Entrata in vigore)
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.