L’Agenzia delle Entrate ha diramato la Circolare numero 51 del 2008, sui motivi di ricorso relativi all’attività dell’agente della riscossione.
In sintesi, si osserva che:
1. Per la gestione delle controversie nelle quali sia stata chiamata in
causa soltanto l’Agenzia delle entrate per questioni concernenti
esclusivamente la regolarità e la validità degli atti dell’agente della
riscossione, l’ufficio eccepisce in via preliminare il difetto di
legittimazione passiva, in quanto trattasi di vizi imputabili
all’attività riscossiva e, successivamente, chiama in causa lo stesso
agente della riscossione.
2. Nel caso in cui il ricorrente evochi in giudizio esclusivamente
l’agente della riscossione, rilevando l’esistenza di vizi riferibili
alla pretesa tributaria, è onere dell’agente della riscossione chiamare
in causa l’ufficio competente, al fine di evitare gli effetti
pregiudizievoli di una condanna.
3. Per la gestione delle controversie nelle quali sia stata chiamata in
causa sia l’Agenzia delle entrate sia l’agente della riscossione, per
vizi imputabili solo a quest’ultimo, l’ufficio può limitarsi ad
eccepire il proprio difetto di legittimazione passiva.
4. Nei casi in cui il ricorrente faccia valere sia vizi ascrivibili
all’agente della riscossione sia questioni relative all’esercizio del
potere impositivo dell’Amministrazione, l’ufficio legittimato passivo
predispone adeguate controdeduzioni con riferimento agli atti di
propria competenza.
5. Inoltre, gli uffici dovranno prestare particolare attenzione alla
individuazione della commissione tributaria provinciale nei confronti
della quale il contribuente ha proposto ricorso, in particolare quando
l’ufficio e l’agente della riscossione hanno sede in due ambiti
territoriali differenti.
Di seguito, il testo della Circolare.
. . . . . .
Agenzia delle Entrate
Direzione Centrale Normativa e Contenzioso
Circolare n. 51/E del 2008
“Legittimazione processuale – motivi di ricorso concernenti l’attività dell’agente della riscossione – istruzioni operative”
1. Premessa
La Corte di cassazione a sezioni unite, con sentenza n. 16412 del 25 luglio 2007, si è espressa sulla individuazione del soggetto (agente della riscossione ovvero ente creditore) legittimato passivo in caso di impugnazione di avviso di mora non preceduto da cartella di pagamento.
Con la presente circolare, tenuto conto dei principi contenuti nella predetta sentenza n. 16412 del 2007, si forniscono istruzioni in ordine alla gestione delle controversie relative alle questioni attinenti all’individuazione del soggetto legittimato passivo nei giudizi aventi ad oggetto atti dell’agente della riscossione.
2. La sentenza della Corte di cassazione, sezioni unite, n. 16412 del 25 luglio 2007
I giudici di legittimità, chiamati a pronunciarsi su una controversia avente ad oggetto la contestazione di un avviso di mora non preceduto dalla notificazione della cartella di pagamento e recante somme derivanti dalla liquidazione della dichiarazione dei redditi, hanno affermato che “l’azione (del contribuente per la contestazione della pretesa tributaria) può essere svolta dal contribuente indifferentemente nei confronti dell’ente creditore o del concessionario e senza che tra costoro si realizzi una ipotesi dì litisconsorzio necessario, essendo rimessa alla sola volontà del concessionario, evocato in giudizio, la facoltà di chiamare in causa l’ente creditore”.
In particolare, la Cassazione, sulla base di quanto disposto dall’articolo 39 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112 (disposizione precedentemente contenuta nell’articolo 40 del decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1988, n. 43), secondo cui “il concessionario, nelle liti promosse contro di lui che non riguardano esclusivamente la regolarità o la validità degli atti esecutivi, deve chiamare in causa l’ente creditore interessato; in mancanza, risponde delle conseguenze della lite”, ha precisato che “se l’azione del contribuente per la contestazione della pretesa tributaria a mezzo dell’impugnazione dell’avviso di mora è svolta direttamente nei confronti dell’ente creditore, il concessionario è vincolato alla decisione del giudice nella sua qualità di adiectus solutionis causa (vd. Cass. n. 21222 del 2006); mentre se la medesima azione è svolta nei confronti del concessionario, questi, se non vuole rispondere dell’esito eventualmente sfavorevole della lite, deve chiamare in causa l’ente titolare del diritto di credito”.
In ogni caso, continua la Suprema Corte, “l’aver il contribuente individuato nell’uno o nell’altro il legittimato passivo nei cui confronti dirigere la propria impugnazione non determina l’inammissibilità della domanda, ma può comportare la chiamata in causa dell’ente creditore nell’ipotesi di azione svolta avverso il concessionario, onere che, tuttavia, grava su quest’ultimo, senza che il giudice adito debba ordinare l’integrazione del contraddittorio. La risposta non può essere diversa per il caso in cui il contribuente, a fondamento dell’impugnazione dell’atto consequenziale, abbia dedotto l’omessa notificazione dell’atto presupposto”.
Il termine “indifferentemente” utilizzato dalle sezioni unite induce ad una riflessione sul soggetto legittimato a resistere in giudizio e sulle possibili complicazioni derivanti da una indiscriminata chiamata in causa da parte del contribuente dei soggetti (ente creditore e agente della riscossione) che partecipano a vario titolo al procedimento di riscossione delle somme derivanti dagli atti impositivi.
3. La posizione della giurisprudenza ante pronuncia della Corte di cassazione n. 16412 del 2007
La prevalente giurisprudenza della Corte di cassazione (sez. V, n. 14669 del 12 luglio 2005 e n. 6450 del 6 maggio 2002) aveva affermato che, in caso di impugnazione di cartella di pagamento, la legittimazione passiva del concessionario del servizio di riscossione dei tributi (ora agente della riscossione) sussiste solo se l’impugnazione concerne vizi dell’attività allo stesso direttamente riferibili, mentre va esclusa per i motivi di ricorso relativi alla debenza del tributo.
Tale posizione era stata recentemente confermata dalla sezione tributaria della Cassazione con la sentenza n. 3242 del 14 febbraio 2007, con la quale viene affermato che “il concessionario del servizio di riscossione è parte del processo tributario (non ogni volta che sia impugnato un atto da lui formato, ma solo) quando oggetto della controversia sia l’impugnazione di atti viziati da errori a lui direttamente imputabili, ossia solo nel caso di vizi propri della cartella di pagamento e dell’avviso di mora (vd., per tutte, Cass. n. 11667 del 2001, secondo la quale “il ricorso avverso l’avviso di mora, qualora tale atto venga impugnato esclusivamente per vizi propri, deve essere proposto nei confronti del concessionario per la riscossione dei tributi, senza che sia necessario integrare il contraddittorio, ai sensi dell’art. 14 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nei confronti dell’ente impositore”)”.
La medesima pronuncia n. 3242 del 2007 evidenzia che i casi in cui l’errore dell’atto contestato è direttamente ed esclusivamente ascrivibile all’agente della riscossione (con la conseguenza che solo nei suoi confronti andrà attivata la tutela giurisdizionale) sono estremamente ridotti e che tra questi “sono state individuate alcune ipotesi – che potremmo definire di scuola -, tra le quali rientra quella dell’avviso di mora che, come ipotizzato nella specie, non sia stato preceduto da (rituale) notifica della cartella esattoriale”.
Il citato orientamento della sezione tributaria della Corte di cassazione annovera una ulteriore recente sentenza (n. 18972 del 10 settembre 2007, depositata successivamente alla pronuncia a sezioni unite n. 16412 del 2007) secondo cui “in tema di contenzioso tributario, ai sensi dell’art. 10 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 il ricorso avverso l’avviso di mora, qualora tale atto venga impugnato esclusivamente per vizi propri, deve essere proposto nei confronti del Concessionario per la riscossione dei tributi, senza che sia necessario integrare il contraddittorio, ai sensi dell’art. 14 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nei confronti dell’ente impositore (cfr., Cass. civ., sent. n. 11667 del 2001), sussiste, infatti, la legittimazione del concessionario del servizio di riscossione dei tributi se l’impugnazione concerne vizi propri di tale atto del procedimento esecutivo, mentre va esclusa qualora i motivi di ricorso attengano alla debenza del tributo”.
Tale orientamento trova supporto nella circostanza che la fase della riscossione si articola in due sottofasi, la prima delle quali – che si conclude con la consegna dei ruoli – compete all’ente creditore, mentre la seconda – che inizia con la formazione della cartella di pagamento – è attribuita all’agente della riscossione.
La suddivisione comporta, sul piano processuale, la necessità della corretta individuazione, da parte del ricorrente, della controparte. La regola secondo cui la domanda deve essere proposta nei confronti del soggetto di cui si censura l’operato fa sì che il giudizio tributario debba essere instaurato nei confronti dell’agente della riscossione ogniqualvolta il ricorrente deduca esclusivamente vizi imputabili all’attività svolta da quest’ultimo.
4. La posizione della giurisprudenza a seguito della pronuncia della Corte di cassazione n. 16412 del 2007
A seguito della recente sentenza delle sezioni unite n. 16412 del 2007, la sezione tributaria si è pronunciata sulla individuazione del soggetto legittimato passivo in ordine ai ricorsi nei quali siano eccepiti vizi attinenti all’attività di riscossione.
In particolare, con la sentenza n. 22529 del 26 ottobre 2007, i giudici di legittimità, richiamando i principi di diritto enunciati nella citata sentenza n. 16412 del 2007, hanno affermato che il contribuente che impugni l’avviso di mora sostenendo il venir meno del debito tributario per prescrizione ben può notificare il ricorso esclusivamente all’Amministrazione, senza coinvolgere l’agente della riscossione.
5. Gestione delle controversie
In via preliminare, si precisa che, nel caso in cui l’atto dell’Amministrazione finanziaria posto a fondamento della pretesa tributaria sia stato notificato, la mancata impugnazione dello stesso nei termini di legge preclude ogni possibilità di contestazione del debito fiscale, determinandone la definitività. Da ciò deriva, da un lato, l’incontestabilità della pretesa tributaria e, dall’altro, la possibilità per il contribuente di far valere i vizi relativi alla formazione e al contenuto dei ruoli di cui all’articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, oltre ai vizi relativi alla emissione e alla notificazione della cartella di pagamento.
Passando all’esame dei principi contenuti nella pronuncia a sezioni unite n. 16412 del 2007, essi vanno interpretati in maniera logico-sistematica, anche sulla scorta del parere reso dall’Avvocatura generale dello Stato con nota partenza n. 65100P del 14 maggio 2008.
In particolare, si evidenzia che le sezioni unite hanno affermato che il vizio relativo alla nullità dell’atto impugnato per mancata notifica dell’atto presupposto (vizio che costituiva oggetto della controversia esaminata dalla Suprema Corte) “non può essere ridotto alla mera dimensione di vizio proprio dell’atto… non trattandosi nella specie di uno dei vizi che riguardano esclusivamente la regolarità o validità degli atti esecutivi”.
Secondo l’orientamento dei giudici di legittimità, sussiste la legittimazione passiva dell’ufficio anche quando l’atto presupposto, non notificato, non sia stato impugnato attraverso l’atto consequenziale (dell’agente della riscossione), poiché tale vizio procedurale “incidendo sulla sequenza procedimentale stabilita dalla legge a garanzia del contribuente determina la illegittimità dell’intero processo di formazione della pretesa tributaria, la cui correttezza è assicurata mediante il rispetto dell’ordinato progredire delle notificazioni degli atti” e, pertanto, “ridonda sulla stessa sussistenza della pretesa tributaria, potendone determinare la eventuale decadenza”.
A tal riguardo, l’Organo legale nel citato parere del 14 maggio 2008 ha evidenziato che la sentenza n. 16412 del 2007 può essere interpretata nel senso che “la … affermata “indifferenza” nella individuazione del destinatario del ricorso del contribuente – e quindi la ammissibilità del ricorso stesso pur se notificato al solo ufficio – si configuri unicamente nel caso di impugnativa di atto consequenziale del concessionario che sia fondata sulla allegazione della mancata notifica dell’atto presupposto costituente esercizio del potere impositivo dell’Amministrazione (quale che sia la domanda in concreto proposta, e cioè sia di chiesto annullamento in sé dell’atto del concessionario per effetto del predetto vizio “procedurale”, sia in impugnativa anche dell’atto presupposto non notificato).
Mentre in ogni altro caso di lite che riguardi esclusivamente, e quindi sotto profili diversi da quello or indicato, la regolarità, o la validità degli atti esecutivi del concessionario, legittimato passivo deve ritenersi solo il concessionario stesso (art. 10 d.lgs. n. 546/1992 e art. 39 d.lgs n. 112/1999, e prima art. 40 D.P.R. n. 43/1988)”.
Ciò premesso, gli uffici si uniformeranno alle seguenti istruzioni per la gestione delle controversie incardinate innanzi alle commissioni tributarie:
– per la gestione delle controversie nelle quali sia stata chiamata in causa soltanto l’Agenzia delle entrate per questioni concernenti esclusivamente la regolarità e la validità degli atti dell’agente della riscossione, l’ufficio eccepisce in via preliminare il difetto di legittimazione passiva, in quanto trattasi di vizi imputabili all’attività riscossiva e, successivamente, chiama in causa lo stesso agente della riscossione. Al riguardo si ricorda che la Corte di cassazione ha affermato che la chiamata di terzi nel processo tributario può essere effettuata dal resistente con l’atto di costituzione in giudizio, a pena di decadenza, entro il termine di sessanta giorni dalla notifica del ricorso (Cass., sez. trib., n. 24563 del 26 novembre 2007; n. 16119 del 20 luglio 2007; n. 7329 del 13 maggio 2003; Circ. n. 98/E del 23 aprile 1996, a commento dell’articolo 23 del decreto legislativo n. 546 del 1992);
– nel caso in cui il ricorrente evochi in giudizio esclusivamente l’agente della riscossione, rilevando l’esistenza di vizi riferibili alla pretesa tributaria, è onere dell’agente della riscossione chiamare in causa l’ufficio competente ai sensi dell’articolo 39 del decreto legislativo n. 112 del 1999, al fine di evitare gli effetti pregiudizievoli di una condanna;
– per la gestione delle controversie nelle quali sia stata chiamata in causa sia l’Agenzia delle entrate sia l’agente della riscossione, per vizi imputabili solo a quest’ultimo, l’ufficio può limitarsi ad eccepire il proprio difetto di legittimazione passiva;
– nei casi in cui il ricorrente faccia valere sia vizi ascrivibili all’agente della riscossione sia questioni relative all’esercizio del potere impositivo dell’Amministrazione, l’ufficio legittimato passivo predispone adeguate controdeduzioni con riferimento agli atti di propria competenza.
Inoltre, gli uffici dovranno prestare particolare attenzione alla individuazione della commissione tributaria provinciale nei confronti della quale il contribuente ha proposto ricorso, in particolare quando l’ufficio e l’agente della riscossione hanno sede in due ambiti territoriali differenti.
Al riguardo si rappresenta che, qualora il contribuente faccia valere esclusivamente vizi inerenti alla pretesa erariale e proponga ricorso nei confronti dell’ufficio che ha formato il ruolo, la commissione tributaria provinciale competente si determina, ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo n. 546 del 1992, con riferimento alla sede dell’ufficio impositore e non alla sede dell’agente della riscossione che ha notificato la cartella di pagamento contenente il ruolo. In tal caso, qualora la commissione tributaria provinciale dinanzi alla quale sia stato incardinato il ricorso venga individuata con riferimento alla sede dell’agente della riscossione che ha notificato la cartella di pagamento, l’ufficio che ha formato il ruolo eccepisce il difetto di competenza della commissione adita, secondo quanto previsto dall’articolo 5 del decreto legislativo n. 546 del 1992. Al riguardo, si ricorda che le sezioni unite della Corte di Cassazione, 16 gennaio 1986, n. 211, con riferimento ad un fattispecie analoga, hanno affermato che nel caso di contestazione di vizi concernenti l’iscrizione a ruolo, “la competenza spetta alla Commissione di …, nella cui circoscrizione ha sede l’ufficio fiscale che ha emesso il detto provvedimento”.
Per contro, nella diversa ipotesi in cui il contribuente presenti ricorso lamentando esclusivamente vizi relativi al procedimento di emissione e notificazione della cartella di pagamento, la commissione tributaria provinciale competente va individuata in quella nella cui circoscrizione ha sede l’agente della riscossione. Pertanto, qualora il contribuente abbia proposto ricorso alla commissione tributaria provinciale nella cui circoscrizione ha sede l’ufficio che ha iscritto a ruolo, quest’ultimo, nell’ipotesi in cui sia destinatario del ricorso, eccepisce l’incompetenza della commissione tributaria adita dal contribuente, oltre che il proprio difetto di legittimazione passiva.
In ultimo, con riferimento al caso in cui il contribuente impugni l’iscrizione di ipoteca di cui all’articolo 77 del DPR n. 602 del 1973 ovvero il fermo di beni mobili registrati di cui all’articolo 86 del citato decreto sulla riscossione – inclusi tra gli atti impugnabili di cui all’articolo 19 del decreto legislativo n. 546 del 1992 dal decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248 – l’ufficio segue le istruzioni contenute nei punti precedenti, eccependo, in particolare, il difetto di legittimazione passiva qualora non vengano fatti valere vizi che si riflettono sulla debenza del credito posto in riscossione.
Le Direzioni regionali vigileranno affinché le istruzioni fornite e i principi enunciati con la presente circolare vengano puntualmente osservati dagli uffici.
Roma, 17 luglio 2008