Il Senato ha approvato oggi in via definitiva il disegno di legge che introduce la soglia di sbarramento del 4 per cento per l’elezione al Parlamento europeo.
Il provvedimento è stato approvato con larga maggioranza, avendo ottenuto 230 voti a favore, 15 no e 11 astensioni.
Di seguito, la relazione della I commissione permanente del Senato, a firma dei senatori Ceccante (PD) e Malan (PDL), con in calce il testo di legge approvato.
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“Onorevoli Senatori.-
Con questo disegno di legge, frutto di un’intesa tra la grande maggioranza delle forze politiche, e` stata inserita, nella legge elettorale per l’elezione del Parlamento europeo, per la quota spettante all’Italia, la soglia di sbarramento del 4 per cento.
Concretamente cio` si e` tradotto nell’inserimento di un numero 1-bis) alla lettera a) del primo comma dell’articolo 21 della legge 24 gennaio 1979, n. 18, e nell’introduzione del richiamo a tale numero nel successivo numero 2). Per il resto, il numero 2) rimane inalterato, compreso l’ultimo periodo che si pone come norma di chiusura anche dopo l’introduzione dello sbarramento al 4 per cento. Infatti, non essendo il numero di seggi spettanti all’Italia inserito nella legge, che opera un rinvio alle fonti europee (attualmente il rinvio e` al Trattato di Nizza), in via meramente astratta, a sbarramento invariato, potrebbe essere ipotizzabile una diminuzione del numero dei rappresentanti italiani al di sotto dei venticinque. In tal caso, in assenza dell’ultimo periodo, vi sarebbe il rischio di ritenere escluse all’assegnazione dei resti anche liste che avrebbero superato lo sbarramento, ma che non avrebbero raggiunto il quoziente elettorale nazionale, che in quel caso sarebbe superiore al 4 per cento (se i seggi fossero, ad esempio, venti, il quoziente sarebbe del 5 per cento).
Quanto alla richiesta di approfondimento meritoriamente posta dal dossier n. 97 del Servizio studi del Senato, relativa alle liste espressione di minoranze linguistiche (meritoriamente perche´ i lavori preparatori devono sciogliere la piu` grande quantita` di dubbi interpretativi), la questione appare in realta` piuttosto semplice giacche´, oltre alle norme citate da tale dossier (articolo 12 della legge n. 18 del 1979 sulla facolta` di apparentamento e articolo 22 sulla riserva di seggio nel riparto circoscrizionale), ve n’e` anche un’altra, all’articolo 21, primo comma: essa chiarisce che la cifra elettorale nazionale, in tal caso, e` data dalla somma tra le liste apparentate ed e` su essa che si applica lo sbarramento.
Purtroppo, mentre alcuni ordini del giorno presentati alla Camera risolvono comunque alcuni problemi legati alla presentazione delle liste per alcune tipologie di forze minori, che potrebbero essere favorite dal cambiamento delle norme ad alcuni mesi dal voto, invece il tempo a disposizione non sembra consentire, almeno in questa sede, di correggere altri elementi, quali il numero delle circoscrizioni rendendole piu` piccole in modo da avvicinare eletti ed elettori, dando anche rappresentanza a realta` penalizzate come la Sardegna), il cosiddetto slittamento di seggi da una circoscrizione all’altra (per il quale i seggi assegnati in prima istanza a ciascuna circoscrizione vengono ad essere poi nell’effettiva assegnazione molti di piu` o molti di meno, dipendendo dai voti validi delle liste in ogni circoscrizione),
un piu` incisivo rispetto del principio di pari opportunita` secondo l’articolo 51 della Costituzione, novellato nel 2003, e di riflettere sulla questione dei rimborsi elettorali. Infatti, a seguito di questa innovazione, per le europee la soglia della formula elettorale verrebbe di fatto a coincidere con quella per accedere al rimborso, dato che il vincolo di ottenere almeno un seggio previsto dalla legge 10 dicembre 1993, n. 515, non e` conseguibile senza arrivare al 4 per cento dei voti validi.
Una scelta su cui occorrera` meditare, anche in relazione alla normativa vigente per le elezioni politiche dove, com’e` noto, lo sbarramento per i rimborsi (1 per cento) e` sensibilmente minore di quello previsto per ottenere seggi.
Su tutti questi aspetti sarebbe opportuno riprendere il discorso in Commissione, in modo sempre aperto e condiviso, all’indomani del voto, anche con l’ausilio di esperti, per esaminare il rendimento effettivo del sistema cosı` modificato e per ragionare sulle ulteriori modifiche senza alcun affanno immediato.
Erano dieci anni, dalla riforma costituzionale del 1999 sull’elezione diretta dei Presidenti delle regioni (legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1), che non si approvavano nuove regole condivise. Sul piano strettamente elettorale, dopo le scelte condivise del 1993 per comuni, province e Parlamento nazionale, l’ultima occasione colta fu quella del 1995 con la riforma elettorale regionale, la legge 23 febbraio 1995, n. 43.
In tutti quei casi, come quello odierno, furono anche la necessita` e l’urgenza delle riforme a favorire la larga condivisione, con tempi ristretti rispetto alla concreta operativita`, che in astratto sarebbero da evitare, ma che talora in concreto appaiono preferibili, purche´ vi sia largo consenso, ad uno status quo negativo. In particolare, al di la` degli intervalli piu` fisiologici tra le leggi Mattarella (leggi 4 agosto 1993, n. 276 e n. 277) e il rinnovo del Parlamento (sette mesi, dall’agosto 1993 al marzo 1994) e tra la riforma costituzionale regionale e il voto (cinque mesi, novembre 1999 – aprile 2000), la legge comunale e provinciale fu modificata nel marzo 1993 (legge 25 marzo 1993, n. 81) per le elezioni del successivo giugno, mentre un intervallo ancora piu` ristretto separo` la citata riforma elettorale regionale del febbraio 1995 dal voto nel successivo aprile.
Poi era stata una sequenza di riforme a maggioranza, da quella del titolo V della parte seconda della Costituzione nel 2001 (legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), alla legge elettorale nazionale nel 2005 (legge 21 dicembre 2005, n. 270) e alla riforma costituzionale del centro-destra dello stesso anno, bocciata dal referendum, ora fortunatamente interrotta. E` un ritorno importante, pur nella sua parzialita`, alla distinzione tra collaborazione sulle regole e alternativita` sulle politiche dentro quelle regole.
E` l’unica strada feconda.
In tutte le recenti legislature si era cercato, anche fino alle ultime settimane utili, di cambiare quelle regole per renderle piu` moderne, piu` europee. Il dossier del Servizio studi della Camera n. 42/2008, e ora quello del Senato, lo dimostrano chiaramente e dettagliatamente sin dalla legislatura 1996-2001, ma ci sono importanti tracce precedenti, come il progetto di legge di Augusto Barbera e Guido Bodrato (n. 3309 del 4 novembre 1993).
La regola fuori d’Italia, com’e` noto dal dossier e dai lavori della Camera dei deputati, e` da molti anni, a prescindere dalle formule elettorali utilizzate per l’elezione dei Parlamenti nazionali, la proporzionale con significativi sbarramenti: esistenti in via di fatto, dove i seggi da assegnare sono pochi, o formalmente previsti, nei Paesi piu` grandi.
Questo perche´, anche in elezioni dove non si esprime un Governo, vi e` comunque l’esigenza di non frammentare le rappresentanze di un grande Paese con conseguenze successive negative per il peso degli eletti in Italia, nei gruppi piu` rappresentativi, che hanno effetti di non poco rilievo anche sulle responsabilita` istituzionali nel Parlamento e nelle ulteriori istituzioni. Se fino ad oggi questo non si era potuto attuare era solo per i veti di forze restie ad aggregarsi, dall’interno delle coalizioni di Governo, cosa che in questa legislatura non e` possibile.
Dal 1993 in poi le regole della transizione sono state strabiche: per un verso, hanno spinto al bipolarismo, ma per altro verso hanno anche incentivato la frammentazione.
Con le politiche del 2008 le regole sono state curvate politicamente nella direzione di un superamento di questo strabismo.
Ridurre la frammentazione, al di la` di obiettivi di governabilita` ed efficienza, e` un requisito fondamentale affinche´ i partiti possano svolgere quel ruolo di sintesi degli interessi (a tutti i livelli) che la Costituzione assegna loro, non solo quando c’e` da scegliere un Governo, perche´ tale requisito rende possibile quel ruolo di cerniera fra Stato e societa` che i partiti sono chiamati a svolgere e riduce i micro-personalismi che spingono invece a lasciare da parte la tutela degli interessi generali.
Solo cosı` i partiti possono davvero essere quegli strumenti a cui l’articolo 49 della Costituzione assegna l’alto ruolo di consentire ai cittadini di determinare la politica nazionale”.
(13 febbraio 2009, Ceccanti e Malan, relatori)
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Senato
Disegno di legge n. 1360 AS (approvato definitivamente il 18 febbraio 2009)
Modifiche alla legge 24 gennaio 1979, n. 18, concernente l’elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia
(già approvato dalla Camera dei deputati il 3 febbraio 2009)
Art. 1.
1. Al primo comma dell’articolo 21 della legge 24 gennaio 1979, n. 18, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo il numero 1) è inserito il seguente:
«1-bis) individua le liste che abbiano conseguito sul piano nazionale almeno il 4 per cento dei voti validi espressi»;
b) il numero 2) è sostituito dal seguente:
«2) procede al riparto dei seggi tra le liste di cui al numero 1-bis) in base alla cifra elettorale nazionale di ciascuna lista. A tal fine divide il totale delle cifre elettorali nazionali delle liste ammesse alla ripartizione dei seggi per il numero dei seggi da attribuire, ottenendo così il quoziente elettorale nazionale. Nell’effettuare la divisione trascura l’eventuale parte frazionaria del quoziente. Divide, poi, la cifra elettorale nazionale di ciascuna lista per tale quoziente. Attribuisce quindi ad ogni lista tanti seggi quante volte il quoziente elettorale nazionale risulti contenuto nella cifra elettorale nazionale di ciascuna lista. I seggi che rimangono ancora da attribuire sono rispettivamente assegnati alle liste per le quali le ultime divisioni hanno dato maggiori resti e, in caso di parità di resti, a quelle liste che abbiano avuto la maggiore cifra elettorale nazionale; a parità di cifra elettorale nazionale si procede per sorteggio. Si considerano resti anche le cifre elettorali nazionali delle liste che non hanno raggiunto il quoziente elettorale nazionale».
2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.