Controllo analogo e societa’ mista posseduta da una pluralita’ di enti pubblici

Il requisito del controllo analogo non sottende una
logica ‘dominicale’, rivelando piuttosto una dimensione ‘funzionale’:
affinché il controllo sussista anche nel caso di una pluralità di
soggetti pubblici partecipanti al capitale della società affidataria
non è dunque indispensabile che ad esso corrisponda simmetricamente un ‘controllo’ della governance societaria.

L’attività delle società-organo, come quelle affidatarie in house
di servizi pubblici, rimane un’attività ‘funzionalizzata’, rispetto
alla quale la ‘forma’ degli strumenti giuridici utilizzati non rileva
in sé, risultando invece finalizzata al miglior conseguimento degli
scopi legali dell’amministrazione (che, nella fattispecie, consistono
nell’esercizio associato di un servizio pubblico).

. . . . . .

Consiglio di Stato, V sezione

Sentenza 9 marzo 2009 numero 1365

(presidente La Medica, relatore Carlotti)

(riforma Tar Campania, Napoli, sez. I, n. 8055 del 13 settembre 2006)

(…)

Fatto e Diritto

1. – Vengono in decisione i ricorsi in appello distintamente interposti dal Comune di Meta e dalla Penisola Verde S.p.a. (in prosieguo solo “Penisola Verde”) avverso la sentenza, di estremi specificati in epigrafe, con la quale il T.a.r. della Campania, sede di Napoli, ebbe a dichiarare inammissibile il ricorso introduttivo proposto dalla Demetra Service S.r.l. (d’ora innanzi soltanto “Demetra Service”) ad accogliere i motivi aggiunti formulati dalla stessa ricorrente, annullando per l’effetto, la deliberazione del Consiglio comunale di Meta n. 14 del 3 marzo 2006.

2. – Giova premettere alla successiva esposizione una succinta ricostruzione dei fatti rilevanti della controversia.

3. – Con deliberazione consiliare n. 5 del 12 gennaio 2006 il Comune di Meta entrò nel capitale sociale della Penisola Verde, società mista in via di trasformazione in società a capitale interamente pubblico, acquistando il 24% del pacchetto azionario e approvandone lo schema di statuto.

Il provvedimento costituiva attuazione della volontà del Comune di Meta di gestire il servizio di igiene urbana mediante il sistema del c.d. “in house providing”, secondo l’intendimento già espresso nella deliberazione di Consiglio n. 71 del 22 novembre 2005, con la quale furono dettate le opportune direttive per attuare tale scelta gestionale.

La Penisola Verde fu quindi trasformata in società a totale partecipazione pubblica, essendone divenuti unici proprietari, oltre al Comune di Sorrento, originario socio pubblico, i Comuni di Meta e di Piano di Sorrento, acquirenti ciascuno della metà del capitale privato residuo (pari al 48%) rilevato dalla società Hera s.p.a..

Onde ottenere l’annullamento di tali provvedimenti la Demetra Service, in qualità di soggetto gestore del servizio di igiene urbana nel Comune di Meta (in regime di proroga fino al 31 marzo 2006), propose ricorso al T.a.r. della Campania.

In particolare, la ricorrente contestò che tra la Penisola Verde, società pubblica affidataria in house del servizio, ed il Comune di Meta, socio al 24%, intercorresse un rapporto di “controllo analogo”, siccome prescritto dall’art 113, comma 5, lett. c), del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267; ad avviso della Demetra Service, il Comune di Meta non disponeva, all’interno della Penisola Verde, dell’autonomia e dei poteri necessari ad esercitare nei confronti della medesima società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e ciò a causa della posizione di netta supremazia spettante al Comune di Sorrento, quale socio di maggioranza, in ragione della composizione e del funzionamento degli organi sociali.

Dedusse ancora la Demetra Service che, nella fattispecie, la scelta del sistema di “in house providing” era illegittima dal momento che il Comune non avrebbe potuto affidare alla Penisola Verde anche il servizio di raccolta differenziata, in quanto attribuito ex lege, ossia ai sensi dell’art 5, primo comma, del D.L. 30 novembre 2005, n. 245, ai consorzi di bacino.

Con successiva deliberazione consiliare n. 14/06, pubblicata il 9 marzo 2006, il Comune di Meta, stante l’esigenza di avviare il servizio a decorrere dal 1° aprile 2006 (giorno successivo alla scadenza del rapporto con la Demetra Service), approvò lo schema di convenzione, tra i comuni proprietari del pacchetto azionario della Penisola Verde, volta a regolare le modalità dell’esercizio, nei confronti della società di gestione di servizi pubblici locali, dei poteri di “controllo analogo”, nonché il disciplinare dei servizi e lo schema di contratto di servizio.

Avverso siffatta deliberazione la Demetra Service propose motivi aggiunti.

Tali ulteriori censure, in parte sovrapponibili a quelle già formulate, s’incentrarono sull’affermazione dell’assoluta inidoneità del regolamento convenzionale a configurare il requisito del controllo analogo, non potendo al riguardo essere considerata sufficiente l’istituzione di una Assemblea dei Sindaci dei tre Comuni, giacché a tale organo, peraltro esterno alla società, risultava unicamente attribuito il compito di deliberare, seppure in via preventiva e all’unanimità, soltanto in ordine a limitati aspetti della gestione del complessivo servizio affidato alla Penisola Verde.

4. – Il T.a.r. ha dapprima esaminato le eccezioni di difetto di legittimazione attiva e di interesse a ricorrere della Demetra Service sollevate sia dalla difesa del Comune di Meta sia dalla Penisola Verde.

Sul punto il primo Giudice ha ritenuto che le eccezioni fossero meritevoli di accoglimento riguardo agli atti con i quali il Comune di Meta di Sorrento aveva acquistato le azioni della Penisola Verde, trattandosi di vicende del tutto estranee e indifferenti rispetto agli interessi della società ricorrente. Il T.a.r. ha invece disatteso le medesime eccezioni con riferimento alle scelte dell’ente comunale relative all’affidamento del servizio di igiene urbana alla Penisola Verde, sostenendo che in tale ambito sussistesse l’interesse e la legittimazione a ricorrere della Demetra Service.

Di qui la pronuncia di inammissibilità circoscritta al solo ricorso.

Rispetto al merito della controversia la principale contestazione della originaria ricorrente si era focalizzata, come accennato, sulla pretesa insussistenza nel caso di specie del requisito del “controllo analogo sui propri servizi” che, ai sensi dell’art 113, comma 5, lett. c), del D.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, deve sussistere tra l’ente titolare del capitale sociale e la società affidataria in house.

Al riguardo il T.a.r., dopo aver sviluppato alcune premesse di carattere generale sull’istituto comunitario dell’affidamento in house (concepito quale deroga alla regola fondamentale dell’affidamento tramite gara), ha osservato sul piano metodologico che, secondo una lettura conforme ai principi nazionali e comunitari, il problema del controllo analogo non può risolversi in termini astratti, dovendosi piuttosto verificare, caso per caso, l’esistenza di una relazione di tendenziale immedesimazione tra la società diretta affidataria e l’ente pubblico titolare della partecipazione totalitaria, tenendo conto sia della specifica articolazione organizzativa e gestionale della società sia, in presenza di più enti pubblici soci, della natura dei rapporti intercorrenti tra gli stessi e dei poteri loro spettanti in ordine alla gestione societaria.

Calato il principio al caso di specie, il T.a.r. ha tuttavia ritenuto di escludere che, nel rapporto tra il Comune di Meta e la società Penisola Verde, ricorressero i presupposti necessari a configurare il requisito del controllo analogo.

Il Tribunale invero ha reputato del tutto insoddisfacente e inadeguato a tali fini l’assetto degli organi societari; in particolare, ha negato che l’Assemblea dei Sindaci, così come delineata nello schema di convenzione approvato, fosse, non ostante il previsto meccanismo del voto unanime, un’istanza idonea all’efficace finalizzazione delle varie esigenze di controllo sulla società e ciò essenzialmente perché l’art. 5 della convenzione succitata, che elenca in maniera tassativa le competenze deliberative della suddetta Assemblea, non contempla l’attività di ordinaria amministrazione.

Sotto altro aspetto il T.a.r. ha osservato che, in tale alveo, il potere di incidenza dei due Comuni titolari di partecipazioni minoritarie, ossia Meta e Piano di Sorrento, appariva estremamente ridotto, difettando un meccanismo di collegamento in grado di trasporre a livello societario le posizioni espresse da detti Comuni in seno all’Assemblea dei Sindaci, così da consentire loro di interagire direttamente ed in maniera effettiva con i centri decisionali della Penisola Verde.

Riguardo la struttura societaria, quale emergente dallo statuto, il Tribunale ha poi rilevato che il Comune di Meta era privo di qualunque reale potere di controllo sul servizio oggetto di affidamento, disponendo solo della facoltà, prevista dallo statuto, di verificare l’andamento della gestione del servizio limitatamente al proprio territorio. Secondo il T.a.r., la composizione dell’assemblea ordinaria, al cospetto di un quorum strutturale e funzionale (almeno in fase di prima convocazione) pari al 60% del capitale sociale, era tale da impedire agli enti locali, titolari di una partecipazione azionaria del 24%, di interferire sulle decisioni da assumere; inoltre il consiglio di amministrazione, essendo composto in prevalenza (tre su cinque) da consiglieri nominati dal Comune di Sorrento, quale socio di maggioranza (con il 52% del capitale), era di fatto dominato da quest’ultimo, bastando tre consiglieri per una valida costituzione dell’organo e anche per la validità delle sue deliberazioni (da prendersi a maggioranza assoluta degli intervenuti).

In aggiunta, lo statuto riservava la nomina e la revoca del Presidente del consiglio di amministrazione e dell’amministratore delegato ai soli membri espressi dal Comune socio di maggioranza, ossia ancora una volta, in via mediata, al Comune di Sorrento.

Per queste ragioni il T.a.r. è giunto alla conclusione che il Comune di Sorrento potesse gestire, in posizione dominante e di pressoché totale autonomia, tutta l’attività di ordinaria amministrazione della società in assenza di qualunque reale ingerenza da parte degli altri due Comuni e, quindi, non essendo questi ultimi titolari di un reale potere di controllo sulla gestione, nemmeno poteva configurarsi, con riferimento alla loro posizione, il requisito del controllo analogo.

In esito alla riferita traiettoria argomentativa il T.a.r., assorbita ogni altra censura, ha accolto i motivi aggiunti proposti dalla Demetra avverso la deliberazione consiliare del Comune di Meta di Sorrento n. 14 del 3 marzo 2006, avente ad oggetto l’approvazione della convenzione tra i Comuni soci della Penisola Verde, nonché del disciplinare e del relativo contratto di servizio.

5. – Contro la sentenza sono insorti in appello sia il Comune di Meta sia la Penisola Verde.

In via preliminare entrambi gli appellanti hanno eccepito, sotto vari profili, l’inammissibilità dei motivi aggiunti formulati in prime cure e, nel merito, hanno contestato la correttezza della decisione, chiedendone l’integrale riforma.

Si è costituita, in entrambi i processi, per resistere agli appelli la Demetra Service; questa ha eccepito l’inammissibilità dell’appello interposto dalla Penisola Verde; ha contrastato tutte le deduzioni avversarie e ha riproposto la censura, dichiarata assorbita dal T.a.r., relativa alla pretesa illegittimità dei provvedimenti impugnati per asserita violazione dell’art. 5, comma 1, del D.L. n. 245 del 30 novembre 2005.

E’ pure intervenuto in giudizio il Comune di Sorrento, spiegando difese sostanzialmente allineate a quelle degli appellanti.

La Demetra Service ha eccepito l’inammissibilità di siffatto intervento per carenza di interesse.

6. – Onde perimetrare con esattezza la materia del contendere devoluta in appello occorre prioritariamente osservare che la dichiarazione di inammissibilità del primitivo ricorso non è stata fatta segno di censure da parte della Demetra Service e, dunque, in questa parte la sentenza deve considerarsi passata in cosa giudicata ed ormai estranea all’oggetto del presente giudizio.

7. – Va respinta la preliminare eccezione di inammissibilità dell’appello interposto dalla Penisola Verde. La Demetra Service obietta che l’appello, ancorché notificatole in data 7 novembre 2006, sarebbe stato depositato il 27 ottobre 2006 così che il deposito avrebbe preceduto la notificazione.

Il rilievo non ha pregio. Oblitera la società appellata che l’appello è stato notificato a mezzo posta a norma della L. 21 gennaio 1994, n. 53 (Facoltà di notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati e procuratori legali). Orbene, a seguito della pronuncia della Corte costituzionale n. 477 del 26 novembre 2002, le cui statuizioni sono state poi recepite in via legislativa dall’art. 2, comma 1, lett. e), della L. 28 dicembre 2005, n. 263 (che ha aggiunto un comma all’art. 149 c.p.c.), è stato stabilmente introdotto nell’ordinamento giuridico il principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione, di guisa che per il notificante essa si intende perfezionata al momento della consegna del plico all’ufficiale giudiziario, mentre per il notificatario il perfezionamento si determina solo al prodursi della legale scienza.

E’ vero che la citata sentenza del Giudice delle leggi non ha investito direttamente anche l’art. 3 della sunnominata L. n. 53/1994 e che tale articolo è stato anche ignorato, almeno sotto questo aspetto, anche dalla L. n. 263/2005, nondimeno non è possibile accogliere l’eccezione, né vi è spazio per una rimessione della questione al vaglio della Corte costituzionale, in forza di convergenti e risolutive considerazioni. Innanzitutto va osservato che la sentenza n. 477/2002 illumina l’interpretazione di tutte le altre disposizioni del sistema, nel settore delle notificazioni civili e amministrative, e dunque ben può il giudicante trarre da quella decisione elementi a conforto di un’esegesi costituzionalmente orientata di tutte le previsioni non ancora adeguate al richiamato principio generale sulla scissione degli effetti (da cui l’eventuale inammissibilità di un ipotetico rinvio degli atti al Palazzo della Consulta). Non può d’altronde sottovalutarsi la pregnanza del rinvio, disposto dal comma 3 dell’art. 3 della L. n. 53/1994, alla L. n. 890/1982 per tutto quanto riguarda il perfezionamento della notificazione, dal momento che la Corte costituzionale, mercé la sentenza n. 140 del 30 marzo 1992, ha esteso anche ai giudizi amministrativi la regola, in precedenza vigente soltanto per il processo avanti la Corte di cassazione, sulla possibilità di eseguire il deposito del ricorso prima del ritorno dell’avviso del procedimento, regola che adattata mutatis mutandis alle diverse modalità di modifica disciplinate dalla sopravvenuta L. n. 53/1994, conduce alla quieta conclusione della piena ritualità dell’appello promosso dalla Penisola Verde.

8. – Nemmeno può trovare accoglimento l’altra eccezione, del pari sollevata dalla Demetra Service, relativa all’asserita inammissibilità dell’intervento in giudizio spiegato dal Comune di Sorrento. Sostiene la società appellata che l’ente civico intervenuto ad adiuvandum non avrebbe alcun interesse a contrastare l’annullamento di una delibera avente ad oggetto lo svolgimento del servizio di igiene urbana in un territorio rientrante nella circoscrizione amministrativa di un diverso comune.

La tesi patrocinata dall’appellata non merita condivisione. La Demetra Service invoca a sostegno del proprio argomentare la giurisprudenza del Supremo Collegio in materia di intervento in appello. E’ noto però che, nel processo amministrativo d’impugnazione che si svolge avanti al Consiglio di Stato, non si applica l’art. 344 c.p.c. (secondo cui: “(n)el giudizio di appello è ammesso soltanto l’intervento dei terzi, che potrebbero proporre opposizione a norma dell’art. 404”), ma una previsione specifica, ossia il primo comma dell’art. 37 del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, che estende la legittimazione ad intervenire, peraltro esclusivamente nella forma dell’intervento adesivo non autonomo, a chiunque abbia interesse nella contestazione. E’ altrettanto noto che questo Consesso (tra i numerosi precedenti si cita, a mero titolo di esempio, la decisione della Sezione del 29 novembre 2004, n. 7748) ha sempre interpretato estensivamente la previsione, reputando ammissibili anche interventi proposti da soggetti titolari di interessi di mero fatto (non contemplati invece dall’art. 404 c.p.c.). Ebbene, non vi è dubbio che il Comune di Sorrento sia legittimato a portare argomenti in favore dei dedotti mezzi di gravame, mirando esso a conservare alla Penisola Verde, della quale è socio di maggioranza, un servizio rientrante nell’oggetto sociale.

9. – La piena fondatezza degli appelli esonera il Collegio dall’esame delle eccezioni di inammissibilità dell’originario ricorso per motivi aggiunti, dedotta sotto vari aspetti da entrambi i ricorrenti.

10. – Sgombrato il campo dalle questioni preliminari, giova osservare che la principale questione sottoposta al giudizio della Sezione investe un rilevante profilo disciplinare dell’istituto dell’affidamento in house.

Prevalenti esigenze di economia motivazionale non consentono al Collegio di ripercorrere, in questa sede, le complesse vicende dell’in house providing fin dalla sua prima teorizzazione da parte della Corte di giustizia delle Comunità europee. Non può tuttavia ignorarsi un dato di assoluta importanza esegetica. Si allude alla circostanza che, per l’appunto, la dottrina giurisprudenziale dell’in house providing, intesa quale eccezione alla regola generale dell’affidamento tramite gara dei servizi (ove pure si tratti di servizi in concessione; v. art. 30 del D.Lgs. n. 163/2006), riviene una precisa matrice comunitaria nei pronunciati della Corte di Lussemburgo. L’interpretazione della normativa interna (art. 113, comma 5, lett. c), del D.Lgs. n. 267/2000 e s.m.i.) va dunque condotta sul filo di quei vincolanti precedenti, come accade ogniqualvolta il giudice nazionale si trovi a dover fare applicazione di nozioni forgiate in ambito sovranazionale.

11. – Esaurita la doverosa premessa ermeneutica, può ora approfondirsi l’esame della questione al centro del contendere. Essa può riassumersi in un interrogativo: segnatamente il quesito di diritto rivolto dalle parti alla Sezione riguarda la possibilità di concepire il requisito del “controllo analogo” come risultato dell’intermediazione delle regole civilistiche sulla governance societaria. Detto altrimenti, si chiede alla Sezione se in una società compartecipata – ancorché in via totalitaria – da più enti pubblici, che sia anche diretta affidataria di un servizio pubblico locale, il “controllo analogo”, inteso nei sensi della “dottrina Teckal”, postuli necessariamente anche il “controllo”, da parte del socio pubblico, sulla società e, in via consequenziale, su tutta l’attività, sia straordinaria sia ordinaria, da essa posta in essere.

12. – Sul tema del controllo analogo di società partecipate da più enti pubblici si agita da tempo un vivace dibattito dottrinale e giurisprudenziale. Recentemente è pervenuta una chiara risposta del Giudice comunitario.

Si allude alla sentenza del 13 novembre 2008, in causa C-324-07, sulla vicenda “Coditel Brabant SA”. Il Consiglio di Stato del Regno del Belgio ha difatti sottoposto alla Corte di giustizia due questioni pregiudiziali pienamente conferenti rispetto all’oggetto del presente contenzioso. In dettaglio, l’omologo Istituto belga è stato investito dal ricorso promosso da una società, per l’appunto la Coditel Brabant SA, avverso la decisione del Comune di Uccle di associarsi ad una società cooperativa di soli comuni (“Brutélé”) e di affidare direttamente a quest’ultima la gestione della rete di teledistribuzione. Il Consiglio di Stato belga, dopo aver premesso che le decisioni della Brutélé erano prese, a maggioranza, dagli organi statutari composti da rappresentanti delle autorità pubbliche associate, ha dunque chiesto alla Corte europea:

“2) se i poteri … esercitati, tramite organi statutari, da tutti i cooperatori, o da una parte di questi nel caso di settori o sottosettori di gestione, sulle decisioni della società cooperativa possano essere considerati tali da consentire loro di esercitare sulla detta società un controllo analogo a quello esercitato sui loro propri servizi.

3) Se tali poteri e tale controllo, per poter essere qualificati analoghi, debbano essere esercitati individualmente da ciascun associato o se sia comunque sufficiente che vengano esercitati dalla maggioranza degli associati”.

La Corte di giustizia ha risposto con le seguenti statuizioni di principio.

Con riferimento al primo quesito (sopra contrassegnato dal numero 2), il Giudice comunitario ha affermato che: “28. Per valutare se un’autorità pubblica concedente eserciti sull’ente concessionario un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi è necessario tener conto di tutte le disposizioni normative e delle circostanze pertinenti. Da quest’esame deve risultare che l’ente concessionario è soggetto a un controllo che consente all’autorità pubblica concedente di influenzarne le decisioni. Deve trattarsi di una possibilità di influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti di detto ente (v., in tal senso, sentenze Parking Brixen, cit., punto 65, e 11 maggio 2006, causa C 340/04, Carbotermo e Consorzio Alisei, Racc. pag. I 4137, punto 36). … 34. La circostanza che gli organi decisionali della Brutélé siano composti di delegati delle autorità pubbliche ad essa associate indica che queste ultime controllano gli organi decisionali dell’ente di cui trattasi e sono dunque in grado di esercitare un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti della Brutélé.”.

Onde risolvere il problema posto dal Consiglio di Stato belga la Corte di giustizia ha quindi enunciato il seguente principio: “42. … – Con riserva di verifica da parte del giudice del rinvio dei fatti attinenti al margine di autonomia di cui fruisce la società in causa, in circostanze come quelle di cui alla causa principale, ove le decisioni relative alle attività di una società cooperativa intercomunale detenuta esclusivamente da autorità pubbliche sono adottate da organi statutari di detta società composti da rappresentanti delle autorità pubbliche associate, il controllo esercitato su tali decisioni dalle autorità pubbliche in parola può essere considerato tale da consentire loro di esercitare sulla società di cui trattasi un controllo analogo a quello che esercitano sui propri servizi.”.

Sull’altro quesito, relativo alla possibilità di considerare “controllo analogo” ai sensi della dottrina Teckal anche il controllo esercitato, non individualmente, ma congiuntamente da parte di più autorità socie, deliberando, se del caso, a maggioranza, la Corte ha ricordato che la sua giurisprudenza “impone che il controllo esercitato sull’ente concessionario da un’autorità pubblica concedente sia analogo a quello che la medesima autorità esercita sui propri servizi, ma non identico ad esso in ogni elemento (v., in tal senso, sentenza Parking Brixen, cit., punto 62). L’importante è che il controllo esercitato sull’ente concessionario sia effettivo, pur non risultando indispensabile che sia individuale.”.

La Corte, offrendo anche un’interpretazione autentica dei suoi precedenti in materia (con precipuo riferimento alle sentenze “Corame” e “Asemfo” le cui statuizioni si presentavano prima facie difficilmente conciliabili), ha poi chiarito che:

– allorquando “47. … varie autorità pubbliche scelgono di svolgere le loro missioni di servizio pubblico facendo ricorso ad un ente concessionario comune, è di norma escluso che una di tali autorità, salvo che detenga una partecipazione maggioritaria nell’ente in questione, eserciti da sola un controllo determinante sulle decisioni di tale ente. Richiedere che il controllo esercitato da un’autorità pubblica in un caso del genere sia individuale avrebbe la conseguenza d’imporre una gara di appalto nella maggior parte dei casi in cui un’autorità pubblica intendesse associarsi ad un gruppo formato da altre autorità pubbliche, come una società cooperativa intercomunale.”;

– “48. … un risultato del genere non sarebbe conforme al sistema di norme comunitarie in materia di appalti pubblici e concessioni. Si riconosce, infatti, che un’autorità pubblica ha la possibilità di adempiere ai compiti di interesse pubblico ad essa incombenti mediante propri strumenti, amministrativi, tecnici e di altro tipo, senza essere obbligata a far ricorso ad entità esterne non appartenenti ai propri servizi (sentenza Stadt Halle e RPL Lochau, cit., punto 48). 49. Detta possibilità per le autorità pubbliche di ricorrere ai propri strumenti per adempiere alle loro missioni di servizio pubblico può essere utilizzata in collaborazione con altre autorità pubbliche (v., in tal senso, sentenza Asemfo, cit., punto 65).”;

– pertanto, “50. Occorre quindi riconoscere che, nel caso in cui varie autorità pubbliche detengano un ente concessionario cui affidano l’adempimento di una delle loro missioni di servizio pubblico, il controllo che dette autorità pubbliche esercitano sull’ente in parola può venire da loro esercitato congiuntamente.”;

– inoltre “51. Trattandosi di un organo collegiale, la procedura utilizzata per adottare la decisione, segnatamente il ricorso alla maggioranza, non incide.”;

– “52. Siffatta conclusione non è inficiata dalla citata sentenza Coname. Di sicuro la Corte ha ivi considerato che una partecipazione dello 0,97% è talmente esigua da non consentire ad un comune di esercitare il controllo su un concessionario che gestisce un servizio pubblico (v. sentenza Coname, cit., punto 24). Tuttavia, in questo stralcio della sentenza considerata, la Corte non affrontava la questione se un siffatto controllo potesse essere esercitato in maniera congiunta.”;

– “53. Del resto, in una sentenza successiva, cioè la citata sentenza Asemfo (punti 56 61), la Corte ha dichiarato che, in talune circostanze, la condizione relativa al controllo esercitato dall’autorità pubblica poteva essere soddisfatta nel caso in cui tale autorità detenesse solamente lo 0,25% del capitale di un’impresa pubblica.”.

Il Giudice di Lussemburgo ha quindi risolto la questione, così statuendo: “qualora un’autorità pubblica si associ ad una società cooperativa intercomunale i cui soci sono tutti autorità pubbliche, al fine di trasferirle la gestione di un servizio pubblico, il controllo che le autorità associate a detta società esercitano su quest’ultima, per poter essere qualificato come analogo al controllo che esse esercitano sui propri servizi, può essere esercitato congiuntamente dalle stesse, deliberando, eventualmente, a maggioranza.”.

13. – I principi di diritto enunciati nel caso “Coditel Brabant SA” smentiscono dunque la tesi “commercialistica” seguita dal T.a.r. della Campania. Invero, l’intero argomentare del Tribunale, in sé intrinsecamente coerente, poggia sull’inespressa premessa teorica della necessità, ai fini della configurabilità di un “controllo analogo”, della ricorrenza, in capo ad un socio pubblico, di un potere di controllo sulla società-organo assimilabile a quello, individuale, delineato dai primi due commi dell’art. 2359 c.c..

La diversa linea tracciata dalla Corte di giustizia, alla quale il Collegio ovviamente aderisce, è invece nel senso dell’esigenza che il controllo della mano pubblica sull’ente affidatario sia effettivo, ancorché esercitato congiuntamente e, deliberando a maggioranza, dai singoli enti pubblici associati.

14. – D’altronde l’impostazione del Giudice europeo trova riscontro nelle esperienze positive di molti Stati membri e, per quel che qui interessa, anche nel diritto amministrativo italiano che annovera diverse forme associative tra enti pubblici, anche per finalità di gestione in comune di pubblici servizi (si considerino, ad esempio, i consorzi di cui all’art. 31 del D.Lgs. n. 267/2000), in cui il controllo da parte del singolo ente sull’attività svolta, nell’interesse comune, dalla specifica forma associativa non è “individuale”, ma intermediato e, quindi, inevitabilmente attenuato dall’applicazione delle regole sul funzionamento interno dell’istanza associativa.

15. – Muovendo da quanto testé osservato e provando a calare nella concreta fattispecie in esame gli insegnamenti della Corte di giustizia, il compito del Collegio consiste unicamente nel verificare se il meccanismo di controllo congegnato dai Comuni soci della Penisola Verde sia effettivo.

16. – La risposta è sicuramente di segno positivo. Merita infatti adeguata valorizzazione la circostanza che, attraverso l’istituzione di un organo, denominato Assemblea dei Sindaci, i Comuni soci si siano riservati, oltre a rafforzati poteri di controllo sulla gestione, il potere, ad esercizio necessariamente congiunto (stante il metodo di voto all’unanimità), di approvare in via preventiva tutti gli atti più rilevanti della società, ovverosia, tra le altre, tutte le deliberazioni da sottoporre all’assemblea straordinaria, quelle in materia di acquisti e cessioni di beni e partecipazioni, quelle relative alle modifiche dei contratti di servizio, quelle in tema di nomina degli organi e quelle in ordine al piano industriale.

E’ evidente che, in questo quadro, la mancata considerazione della sola gestione ordinaria non esclude la sussistenza di un controllo analogo concreto e reale, posto che gli atti di ordinaria amministrazione non potranno discostarsi dalle determinazioni preventivamente assunte dall’Assemblea dei Sindaci in ordine a tutte le questioni più rilevanti. Diversamente opinando, ovvero portando il ragionamento sviluppato dal T.a.r. alle sue estreme conseguenze logiche, potrebbe anche dubitarsi che gli organi supremi di un ente locale, seppure investiti di poteri di indirizzo, esercitino un effettivo controllo sulla gestione delle rispettive strutture burocratiche, visto che questa, fin dal 1993, è ormai affidata all’autonomia decisionale dei dirigenti. E, a ben vedere, lo schema della scissione tra indirizzo e controllo, da un lato, e gestione dall’altro, è esattamente quello seguito dai tre Comuni soci della Penisola Verde, essendo stato previsto un organo che, quantunque esterno alla società operativa, è sicuramente in grado di determinarne i fondamentali orientamenti gestionali. Né appare seriamente contestabile che il potere di veto sulle decisioni dell’Assemblea dei Sindaci, riconosciuto a ciascun socio della Penisola Verde, attribuisca ad ogni Comune un altrettanto forte potere di controllo.

Guardando alla vicenda dalla prospettiva della ridotta autonomia della società affidataria si presentano poi recessivi gli altri argomenti incentrati sulla disamina del concreto atteggiarsi degli organi statutari. Infatti, secondo il modulo organizzativo prescelto dai soci della Penisola Verde (che non è l’unico compatibile con i principi affermati dal Giudice europeo), il controllo analogo effettivo è esercitato ab externo e dunque, le regole sui quorum, strutturali e funzionali, rivestono comunque una rilevanza secondaria, purché non risulti esclusa in maniera radicale (ma tale evenienza non ricorre nella fattispecie) la possibilità per ciascun ente associato di prendere parte attiva alla formazione delle decisioni della società. E’ invero una contingenza, non interferente con il piano dei principi enunciati, che il capitale sociale nel caso in esame sia tripartito secondo le percentuali del 52%, del 24% e del 24%, visto che la Corte di giustizia ha ammesso l’affidamento diretto anche qualora l’ente affidatario sia partecipato soltanto nella misura dello 0,25% (v., sul punto, il caso “Asemfo”).

17. – In sintesi, il requisito del controllo analogo non sottende una logica “dominicale”, rivelando piuttosto una dimensione “funzionale”: affinché il controllo sussista anche nel caso di una plurità di soggetti pubblici partecipanti al capitale della società affidataria non è dunque indispensabile che ad esso corrisponda simmetricamente un “controllo” della governance societaria. La tesi contraria, sostenuta nella fattispecie dal T.a.r. della Campania, si imbatte d’altronde in alcune insuperabili aporie, conducendo, da un lato, all’inevitabile illegittimità, in ipotesi, di tutti gli affidamenti diretti da parte degli enti pubblici che non siano – o, si badi bene, non siano più – soci di maggioranza (con l’ulteriore conseguenza che, per gli tutti gli altri affidamenti, i soci di minoranza dovrebbero comunque procedere ad indire gare pubbliche) e risolvendosi, dall’altro lato, in una non condivisibile lettura del fenomeno della privatizzazione dell’attività amministrativa, ossia del ricorso, per finalità pubbliche, agli istituti del diritto privato; al riguardo, non può invero obliterarsi che l’attività delle società-organo, come quelle affidatarie in house di servizi pubblici, rimane un’attività “funzionalizzata”, rispetto alla quale la “forma” degli strumenti giuridici utilizzati non rileva in sé, risultando invece finalizzata al miglior conseguimento degli scopi legali dell’amministrazione (che, nella fattispecie, consistono nell’esercizio associato di un servizio pubblico).

18. – Le precedenti considerazioni non portano direttamente all’accoglimento degli appelli, dal momento che in secondo grado è stato riproposto dalla Demetra Service il motivo assorbito dal primo Decidente, relativo alla violazione dell’art. 5, comma 1, del D.L. n. 245 del 30 novembre 2005 (Misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania ed ulteriori disposizioni in materia di protezione civile).

La disposizione in discorso, rubricata “Misure per la raccolta differenziata”, come modificata dalla legge di conversione 27 gennaio 2006, n. 21, recita: “Al fine di garantire il raggiungimento degli obiettivi della raccolta differenziata previsti dalla normativa vigente e per il superamento dell’attuale contesto emergenziale, fino al termine di cui all’articolo 1, comma 6, il Commissario delegato provvede, entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ad attribuire ai consorzi costituiti nei bacini identificati con la legge della regione Campania 10 febbraio 1993, n. 10, il compito di effettuare la raccolta differenziata degli imballaggi primari, ed eventualmente della frazione organica, dei rifiuti ingombranti, nonché della frazione valorizzabile di carta, plastica, vetro, legno, metalli ferrosi e non ferrosi, utilizzando i lavoratori assunti in base all’ordinanza del Ministro dell’interno delegato al coordinamento della protezione civile n. 2948 del 25 febbraio 1999, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 50 del 2 marzo 1999.”.

A detta della Demetra Service la previsione testé riportata, sottraendo alla disponibilità degli enti locali la gestione dell’affidamento del servizio della raccolta differenziata (per attribuirla ai Consorzi di bacino), segnalerebbe l’illogicità e la conseguente illegittimità del procedimento valutativo conclusosi nel giudizio di economicità e di migliore efficienza del servizio affidato in house.

E’ opinione del Collegio che la società appellata non abbia alcun interesse all’accoglimento del motivo, peraltro infondato nel merito.

L’infondatezza discende dalla circostanza – pacificamente ammessa anche dalla Demetra Service – che la raccolta differenziata costituisce soltanto una parte della complessiva gamma di servizi affidati alla Penisola Verde e, dunque, è controvertibile che, in mancanza della raccolta differenziata, il Comune di Meta opterebbe sicuramente per l’abbandono del modello in house.

Quel che più rileva è però il fatto che la Demetra Service si è limitata ad allegare che l’ideale esclusione della raccolta differenziata priverebbe di convenienza l’affidamento in house alla Penisola Verde: tale allegazione non è tuttavia corredata da alcun riferimento quantitativo che consenta al Collegio di sindacare la correttezza della deduzione.

In disparte l’inadempimento, da parte dell’appellata, dell’onere del principio di prova, non è poi necessario andare alla ricerca di elementi di conferma delle riferite denunce di illogicità del giudizio valutativo, difettando manifestamente in capo alla Demetra Service qualunque interesse all’accoglimento della censura, anche volendo tener conto a tal fine della natura strumentale dell’impugnativa – strumentalità pervero labilissima – ravvisata dal T.a.r..

All’evidenza infatti la Demetra Service non potrebbe ricevere alcuna utilità dall’accoglimento del motivo e, pertanto, esso deve reputarsi unicamente diretto a far valere una pretesa illegittimità dell’affidamento. Ma il mero interesse alla legalità non trova tutela nel processo amministrativo, perché tale protezione si porrebbe in contrasto con la natura propria di tale giudizio (in quanto processo di parti e non di diritto oggettivo) e pure con la fisionomia strutturale del relativo ordinamento magistratuale (che non contempla, diversamente dal processo avanti al Supremo Collegio, la figura di un pubblico ministero, “parte imparziale” con poteri di impugnazione nel solo interesse della legge).

19. – In conclusione, gli appelli riuniti meritano accoglimento e, per l’effetto, la sentenza impugnata va riformata nel senso del rigetto dei motivi aggiunti proposti in prime cure dalla società appellata.

20. – La complessità delle questioni trattate giustifica la compensazione integrale, tra le parti costituite, delle spese processuali del doppio grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti indicati in epigrafe, accoglie gli appelli e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge i motivi aggiunti proposti in primo grado dalla Demetra Service s.r.l..

Compensa integralmente tra le parti costituite le spese del doppio grado del giudizio. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa. Così deciso in Roma dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, nella camera di consiglio del 3 febbraio 2009. Depositata il 9 marzo 2009.

Redazione

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