La terza sezione del TAR Catania si pronuncia nella sentenza riprodotta in calce escludendo la necessità di una nuova notifica del decreto ingiuntivo – già notificato con formula di provvisoria esecutività – dopo l’apposizione della formula di definitiva esecutività.
Secondo il collegio, infatti, la disposizione di cui al secondo comma dell’art. 654 c.p.c., che esclude la necessità di una nuova notificazione, non va applicata nei casi di esecuzione nei confronti di una P.A. (nei quali prevale, infatti, la norma speciale di cui all’art. 14, d.l. 31 dicembre 1996 n. 669). Tuttavia, ciò vale solo nel caso in cui la P.A. non abbia mai ricevuto alcuna notifica già esecutiva del titolo; nel caso in questione, invece, all’Amministrazione era stato in precedenza notificato il decreto ingiuntivo con formula di provvisoria esecutività.
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TAR Catania, Sezione III
Sentenza n. 1169 del 18 giugno 2009
(Presidente Ferlisi – Relatore Milana)
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Diritto
Sotto il profilo del rito, va osservato che il D.I. in epigrafe è stato notificato al Comune di Catania con formula di provvisoria esecutività in data 24/6/2008.
Non avendo, il Comune, adempiuto all’obbligo scaturente dal D.I predetto, la ricorrente, in data 3/7/2008, ha notificato al medesimo Comune un atto di messa in mora e di diffida di pagare, entro trenta giorni dalla notifica, le somme indicate nel D.I. oltre gli interessi nel tempo maturati. In tale atto di diffida veniva specificamente dichiarato che il D.I. era stato frattanto dichiarato definitivamente esecutivo con decreto del 15/5/2008.
Ad avviso del Collegio, quest’ultima indicazione soddisfa la condizione prevista dall’art. 654, comma 2, c.p.c. secondo cui, nell’ipotesi in cui sia disposta la provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo, non occorre, ai fini dell’ esecuzione, una nuova notificazione del medesimo decreto una volta che lo stesso sia dichiarato definitivamente esecutivo, purché nel precetto si faccia “menzione” del provvedimento che ha disposto l’esecutorietà (la Corte di Cassazione, ha chiarito che la mancanza nel precetto di tale “menzione” determina la nullità del precetto stesso per effetto dell’art. 480, in relazione all’art. 479 c.p.c., in quanto tale adempimento sostituisce la formalità di una nuova notificazione del titolo in forma esecutiva e integra la precedente notifica del decreto non avente ancora efficacia esecutiva; cfr. Cassazione civile, sez. III, 04 giugno 1980, n. 3624).
Come puntualizzato dal T.A.R. Molise, Campobasso, con sentenza n. 272 del 5 aprile 2002, il decreto ingiuntivo notificato all’intimato al fine di far decorrere il termine per l’opposizione non deve essere notificato quale titolo esecutivo, essendo sufficiente la menzione nel precetto (o nell’atto di messa in mora ex art. 90, R.D. 17 agosto 1907 n. 642) del provvedimento che ha disposto l’esecutorietà del decreto stesso, nonché l’avvenuta apposizione della formula esecutiva, trattandosi di elementi formali la cui semplice menzione sostituisce il titolo esecutivo (cfr., ivi i richiami a Cass. civ., SS.UU., 13 maggio 1994 n. 4661; a Cons. Stato, IV Sez., 16 maggio 1992 n. 535; a T.A.R. Lazio, III Sez., 31 maggio 2000 n. 4493).
E’ pur vero che secondo un certo orientamento giurisprudenziale (cfr. T.A.R. Lazio Latina, 18 ottobre 2004, n. 995), nelle ipotesi di esecuzione nei confronti dell’amministrazione non è applicabile il principio giurisprudenziale in base al quale, nel caso di omessa opposizione al decreto ingiuntivo, va ritenuta applicabile estensivamente la disposizione di cui all’art. 654 comma 2, c.p.c., che esclude la necessità di una nuova notificazione del decreto esecutivo (ciò in quanto prevarrebbe la norma speciale di cui all’art. 14, d.l. 31 dicembre 1996 n. 669, conv. con modificazioni con l. 28 febbraio 1997 n. 30, nella versione risultante dalle modifiche introdotte con l’art. 147, l. 23 dicembre 2000 n. 388 e dall’art. 44, d.l. 30 settembre 2003 n. 269, conv. con modificazioni con l. 24 novembre 2003 n. 326, che presuppone espressamente la notificazione del titolo esecutivo), ma tale conclusione, ad avviso del Collegio, si giustifica allorché l’Amministrazione non abbia mai ricevuto la notifica di una intimazione di pagamento espressamente “esecutiva” e comunque non abbia mai avuto certezza delle definitività del titolo, mentre nella specie, come si è detto, il decreto ingiuntivo è stato notificato a suo tempo già munito della provvisoria esecutività; indi, nella successiva diffida ad adempiere, è stata fatta espressa menzione del decreto che aveva frattanto concesso la definitiva esecutività del titolo, sicché il Comune è stato posto nelle condizioni di conoscere espressamente la conseguita definitività del titolo vantato dalla odierna ricorrente.
Quest’ultima conclusione, di natura sostanzialistica (perché basata anche su un evidente principio di economia dei mezzi processuali, inteso ad evitare una doppia notifica del medesimo titolo), appare oggi maggiormente praticabile anche sul piano teorico e sistematico, alla luce delle innovazioni introdotte dalla L. n. 205/2000 che ha esteso l’esperibilità del giudizio di ottemperanza, ex art. 27 R.D. 26 giugno 1924, n. 1054, a provvedimenti che non costituiscono giudicato in senso formale come le sentenze di primo grado non sospese dal giudice d’appello (art. 33 L. n. n. 1034/71, modificato dalla L. n. 205 cit.) e le stesse ordinanze cautelari (art. 21, comma 13, L. n. 1034/71, anch’esso modificato dalla L. n. 205 cit.).
In punto di merito, il Collegio ritiene di dover fare applicazione nella fattispecie del principio normativo secondo il quale i fatti estintivi, modificativi ed impeditivi di diritti vanno provati da chi ha interesse ad eccepirli, ai sensi dell’art. 2697 del codice civile.
Avendo la parte ricorrente fornito la prova del fatto costitutivo del credito vantato, incombeva all’Amministrazione inadempiente (e/o all’Organo di vigilanza cui è stato dato avviso del presente ricorso ex art. 91 R.D. n. 642/1907) l’onere di provare l’inefficacia di tali fatti per il prodursi delle condizioni volute dall’art. 2697, comma 2, del codice civile.
La sussistenza dell’obbligo di eseguire il giudicato va affermata, sia per quanto riguarda la sorte capitale che per gli interessi e gli oneri accessori.
In particolare va ribadito che in sede di giudizio di ottemperanza può riconoscersi l’obbligo di corresponsione alla parte ricorrente degli interessi sulle somme liquidate in sentenza e su quelle relative alle spese accessorie (Cons. St. IV, 26.9.1980 n. 958).
L’Amministrazione dovrà, quindi, porre in essere i necessari atti per adempiere integralmente al D.I, entro un congruo termine, che sembra equo fissare in giorni novanta dalla data di notifica o di comunicazione in forma amministrativa della presente sentenza.
Decorso infruttuosamente tale termine ai medesimi adempimenti provvederà, sostitutivamente, un Commissario ad acta che sembra opportuno al Collegio nominare nella persona del sig. Prefetto di Catania o funzionario da esso delegato, avente, possibilmente, adeguata competenza in materia contabile.
Alla scadenza del termine sopra detto il Commissario provvederà entro il successivo termine di giorni 90 sotto la sua personale responsabilità, adottando (nel rispetto del procedimento disciplinato dall’art. 113 comma 4 bis. del D. l.vo 25 febbraio 1995 n. 77, nel testo modificato dall’art. 9 del D. l.vo 11 giugno 1996 n. 336) ogni provvedimento utile (ivi compresi variazioni di bilancio, accensioni di mutui nei limiti della normativa vigente, revoca di impegni di spesa non obbligatoria posti in essere successivamente alla comunicazione della presente sentenza, ecc.).
Le spese del giudizio è giusto che seguano la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
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