“I privati sono titolari, in presenza delle condizioni di legge, di un
vero e proprio diritto soggettivo essendo al riguardo la p.a. priva di
ogni potestà discrezionale, sia con riguardo all’entità della somma che
con riguardo ai presupposti per la erogabilità, anche ove si dovesse
ritenere che l’accertamento di tali presupposti abbia carattere non
semplicemente ricognitivo, ma valutativo”
. . . . . .
Cassazione civile, sezioni unite
Sentenza 29 agosto 2008 n. 21927
(presidente Carbone, relatore Salmè)
(…)
Fatto
Con sentenza del 6 aprile 2002 il t.a.r. Puglia, sezione staccata di Lecce, accogliendo il ricorso proposto da V.S., E. e R.L., rispettivamente, coniuge e figli di R.A., rimasto vittima di omicidio nel corso di una rapina tentata nel suo esercizio commerciale il (OMISSIS), ha annullato la deliberazione con la quale il Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso in data 2 agosto 2001 ha respinto l’istanza dei ricorrenti volta ad ottenere, ai sensi della L. n. 512 del 1999, la liquidazione di somme corrispondenti a quelle liquidate a titolo di provvisionale e di spese processuali in loro favore nel processo penale definito con sentenza n. 272/2000 di questa Corte. Il provvedimento annullato era motivato con il rilievo che gli imputati erano stati condannati per tentata rapina e omicidio e pertanto per delitti diversi da quelli indicati nella citata L. n. 512 del 1999, art. 4, comma 1, (delitto di cui all’art. 416 bis c.p., ovvero avvalendosi delle condizioni di cui alla stessa norma o, ancora, al fine di agevolare l’attività di associazioni di tipo mafioso). Con sentenza del 6 novembre 2003 lo stesso t.a.r., adito per l’ottemperanza della precedente sentenza, ha ordinato all’amministrazione di accogliere l’istanza dei ricorrenti.
Con decisione del 3 maggio 2005, il Consiglio di Stato ha accolto le impugnazioni proposte dalle amministrazioni e ha annullato le sentenze del t.a.r. Puglia. Il Consiglio di Stato ha osservato che, con disposizione tassativa, la L. n. 412 del 1999, art. 4, comma 1, richiede come presupposto necessario per l’accesso al fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso il definitivo accertamento dei fatti previsti dalle lett. a), b) ed c) della stessa disposizione e cioè la condanna per il delitto di cui all’art. 416 bis c.p., o per delitti commessi avvalendosi delle condizioni di cui alla medesima norma, o per delitti commessi per agevolare l’attività delle associazioni di tipo mafioso. Il che vale quanto dire che la condanna deve riguardare fatti per i quali sia stata contestata l’aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7, convertito in L. n. 203 del 1991, contestazione che nella specie non era stata effettuata. Il Comitato di solidarietà non ha il potere di apprezzare autonomamente i fatti rispetto a quanto contestato e accertato dal Giudice penale e, pertanto, correttamente aveva escluso l’ammissione ai benefici economici avendo constatato, attraverso un’attenta lettura delle sentenze penali, che la condanna era stata pronunciata per delitti diversi da quelli indicati dalla L. n. 412 del 1999, art. 4, comma 1, lett. a), b) ed c), e avendo sufficientemente motivato il provvedimento negativo.
Avverso la decisione del Consiglio di Stato V.S., E. e R.L. hanno proposto ricorso per cassazione, fondato su un unico motivo, chiedendo che sia annullata l’impugnata sentenza ed affermata la giurisdizione del Giudice ordinario, segnatamente del Tribunale di Lecce. Il Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipi mafioso ed il Ministero dell’Interno hanno resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno presentato memorie.
Diritto
1. I ricorrenti censurano la decisione impugnata sostenendo che, analogamente a quanto previsto con la L. n. 302 del 1990, l’accertamento dei requisiti soggettivi ed oggettivi per accedere ai benefici per le vittime dei reati di criminalità organizzata non consente all’amministrazione alcun margine di discrezionalità, come peraltro le stesse amministrazioni hanno affermato nel giudizio amministrativo, negando che il Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso avesse un potere di apprezzamento autonomo dei fatti rispetto a come sono stati contestati e accertati dal giudice penale.
2. Il ricorso è ammissibile perchè, contrariamente a quanto sostengono le amministrazioni controricorrenti, la questione di giurisdizione non è preclusa dalla formazione di un giudicato implicito per la mancata impugnazione con appello incidentale della pronuncia di merito del t.a.r.. Il Giudice amministrativo di primo grado non ha pronunciato esplicitamente in ordine alla propria giurisdizione e, pertanto, le parti private vittoriose nel merito non avevano alcun onere di proporre impugnazione incidentale, sia pure condizionata. Nè avendo le stesse parti private sollevato obiezioni sulla giurisdizione del t.a.r. le stesse avevano l’onere di riproporre le tesi non accolte (ex art. 346 c.p.c.).
3. Nel merito il ricorso è fondato.
Queste sezioni unite (sentenze nn. 26626/2007, 1377/2003) con riferimento all’erogazione della speciale indennità prevista dalla L. 20 ottobre 1990, n. 302 per le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata hanno affermato che i privati sono titolari, in presenza delle condizioni di legge, di un vero e proprio diritto soggettivo essendo al riguardo la p.a. priva di ogni potestà discrezionale, sia con riguardo all’entità della somma che con riguardo ai presupposti per la erogabilità, anche ove si dovesse ritenere che l’accertamento di tali presupposti abbia carattere non semplicemente ricognitivo, ma valutativo (in senso conforme v. anche Cons. di Stato, sez. 4^, 7 marzo 2001 n. 1320 e sez. 6^ 14 marzo 2006, n. 1338). Tale orientamento merita di essere confermato anche con riferimento all’accesso al fondo di rotazione alle vittime dei reati di tipo mafioso, di cui alla L. n. 512 del 1999, che l’art. 4 qualifica espressamente come “diritto”.
D’altra parte il dubbio che, in via del tutto ipotetica e comunque con effetti espressamente dichiarati irrilevanti ai fini della qualificazione giuridica della situazione soggettiva del privato – le sentenze 26626/2007 e 1377/2003 prospettano in ordine all’eventuale carattere valutativo dell’accertamento dei presupposti dell’elargizione prevista dalla L. n. 302 del 1990, (in relazione alla lettera dell’art. 7 secondo cui “i competenti organi amministrativi decidono sul conferimento dei benefici…sulla base di quanto attestato in sede giurisdizionale…”) neppure potrebbe sorgere a fronte della più restrittiva formulazione della L. n. 512 del 1999, art. 4, (“Hanno diritto di accesso al Fondo., le persone fisiche a cui favore è stata emessa sentenza definitiva di condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali, nonchè alla rifusione delle spese e degli onorari di costituzione e difesa, a carico di soggetti imputati, anche in concorso, dei seguenti reati…”) che, come le stesse amministrazioni controricorrenti ammettono, esclude ogni potere di valutazione autonoma dei presupposti oggettivi dell’accesso fondo di solidarietà.
La decisione impugnata deve essere pertanto cassata e le parti vanno rimesse davanti al tribunale di Lecce. Sussistono giusti motivi per compensare le spese di questo giudizio.
P.Q.M.
La corte accoglie il ricorso, cassa la decisione del Giudice amministrativo e rimette le parti davanti al tribunale di Lecce. Spese compensate. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 4 marzo 2008.
Depositato in Cancelleria il 29 agosto 2008