Il TAR Catania ha ritenuto nella sentenza in calce riportata che in relazione ai concorsi per la selezione di avvocati da impiegare nell’avvocatura di un ente pubblico ‘ai fini del raggiungimento dell’anzianità quinquennale, va pure tenuto conto del periodo di c.d. praticantato (anche protrattosi oltre il previsto biennio ed anche senza ammissione al patrocinio), comportando lo stesso lo svolgimento di attività proprie della professione di avvocato’.
Peraltro osserva il TAR Catania che l’attività dell’avvocato non si concretizza unicamente nello svolgimento di un’attività defensionale, ma anche di quella di carattere ‘stragiudiziale o preliminare a quella strettamente forense (predisposizione e redazione di atti processuali, stesura di pareri pro-veritate, risposte a quesiti, ricerche e studio di questioni giuridiche e proposte di soluzione, ecc.), che ben possono costituire oggetto dell’attività, oltre che del professionista, anche di un collaboratore di uno studio legale (ivi compreso il praticante presso lo stesso), pur non iscritto all’albo, e che certamente rientrano nella nozione di attività “analoga” a quella di un appartenente all’avvocatura di un ente pubblico’.
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T.A.R. Catania, Sez. IV n. 1361, 21 luglio 2009
(Pres. Campanella – Est. Leggio)
[…]
Con i ricorsi in decisione l’avv. B. C. ha impugnato i provvedimenti con i quali l’Azienda resistente ha disposto prima l’esclusione della ricorrente dal concorso a n. 2 posti di dirigente avvocato e, successivamente, la revoca del concorso stesso, nonché, ancora, con successivo atto, la ridefinizione dell’assetto organizzativo e la rimodulazione della dotazione organica dell’Ente con la soppressione dei due posti di dirigente avvocato.
Con il primo di tali ricorsi, il N. RG. 1851 del 2003, l’avv. B. ha censurato la delibera con la quale l’Azienda ospedaliera ha annullato in autotutela l’ammissione della ricorrente stessa al concorso, sull’assunto che la stessa fosse sprovvista, al pari di altri concorrenti parimenti esclusi, del requisito specifico dell’anzianità di iscrizione all’Albo degli Avvocati da almeno cinque anni.
La ricorrente ha lamentato che l’Amministrazione l’avrebbe erroneamente ritenuta priva del requisito specifico di ammissione consistente nello svolgimento per almeno un quinquennio dell’attività corrispondente alla professionalità di avvocato: l’Azienda, infatti, ha interpretato detto requisito come necessità che i candidati fossero iscritti da almeno cinque anni, alla data di scadenza della presentazione delle domande di ammissione al concorso, all’Albo degli Avvocati, senza tuttavia considerare che anche il periodo di iscrizione all’albo dei praticanti avvocati soddisfa il requisito in argomento, per come richiesto dal bando di concorso e dall’art. 26 del D.L.vo n. 29/1993.
La censura è pienamente fondata.
Ritiene il Collegio di confermare al riguardo la statuizione assunta in sede di delibazione cautelare, condividendo le argomentazioni svolte dalla ricorrente in ordine alla rilevanza dell’attività di praticantato ai fini dell’ammissione al concorso de quo.
Il bando di concorso richiede ai numeri 1, 2 e 4, rispettivamente: – diploma di laurea in giurisprudenza, – titolo di avvocato, – iscrizione all’ordine professionale, attestata da certificato in data non anteriore a sei mesi rispetto a quella di scadenza del bando; – ai numeri 3 e 5 riproduce il primo comma dell’art. 26 del D.L.vo n. 29/1993, nel testo novellato dall’art. 45 del D.L.vo n. 80/1998, prescrivendo rispettivamente: “anzianità di cinque anni di servizio effettivo corrispondente alla medesima professionalità, prestato in enti del Servizio sanitario nazionale nella posizione funzionale di settimo e ottavo livello, ovvero in qualifiche funzionali di settimo, ottavo e nono livello di altre pubbliche amministrazioni” (punto 3); “possesso di esperienze lavorative con rapporto di lavoro libero-professionale o di attività coordinata e continuata presso enti o pubbliche amministrazioni, ovvero di attività documentate presso studi professionali privati, società o istituti di ricerca, aventi contenuto analogo a quello previsto per il profilo professionale di avvocato” (punto 5).
Ebbene, come esattamente evidenziato nel ricorso, il bando di concorso, così come l’art. 26 D.lgs n. 29/93, non richiede né che l’attività effettivamente svolta debba essere identica a quella di avvocato, né richiede il requisito dell’iscrizione all’albo degli avvocati e/o all’elenco speciale di tale albo da almeno cinque anni alla scadenza della presentazione delle domande di ammissione al concorso.
Ciò che invece è richiesto in ordine al requisito dell’attività presso studi professionali privati, oltre all’iscrizione all’ordine professionale, è un’esperienza lavorativa consistente in attività che abbiano “contenuto analogo” a quello previsto per corrispondenti profili del ruolo professionale; l’attività richiesta non deve, pertanto, necessariamente coincidere con quella professionale dell’avvocato, essendo sufficiente, invece, che si tratti di attività avente contenuti giuridico-legali (cfr. in tal senso C.G.A.R.S. 4 novembre 2008, n. 884 che riforma TAR Palermo n. 541/2007; cfr. altresì C.G.A.R.S. 23 luglio 2007, n. 678).
In secondo luogo va osservato che, ai fini del raggiungimento dell’anzianità quinquennale, va pure tenuto conto del periodo di c.d. praticantato (anche protrattosi oltre il previsto biennio ed anche senza ammissione al patrocinio), comportando lo stesso lo svolgimento di attività proprie della professione di avvocato (cfr., T.A.R. Lazio, Sez. III, 28 marzo 2000 n. 2392 e Sez. II, 10.4.2001 n. 3098; Corte Cost. 25 marzo 1997 n. 87 e 18 gennaio 1999 n. 5; Consiglio di Stato, sez. VI, 27 novembre 2001 n. 6102).
Come affermato dalla giurisprudenza (cfr. TAR Sicilia, Palermo, sez. II, 13 settembre 2002, n. 2406) “l’attività professionale dell’avvocato non si concretizza in via esclusiva in quella defensionale, consentita, come tale, solo a seguito dell’iscrizione all’albo o, almeno in parte, dopo l’abilitazione al patrocinio. Essa, viceversa, si estende ad una serie di attività professionali tipiche della professione legale, anche di carattere stragiudiziale o preliminare a quella strettamente forense (predisposizione e redazione di atti processuali, stesura di pareri pro-veritate, risposte a quesiti, ricerche e studio di questioni giuridiche e proposte di soluzione, ecc.), che ben possono costituire oggetto dell’attività, oltre che del professionista, anche di un collaboratore di uno studio legale (ivi compreso il praticante presso lo stesso), pur non iscritto all’albo, e che certamente rientrano nella nozione di attività “analoga” a quella di un appartenente all’avvocatura di un ente pubblico”.
Nel caso di specie la ricorrente ha dimostrato di essere in possesso di un’esperienza di oltre cinque anni di attività analoga a quella del profilo professionale di avvocato, in quanto iscritta all’albo dei praticanti dal 19.09.1992 ed all’albo degli avvocati dal 10.02.1996; pertanto la stessa, in possesso del requisito specifico di ammissione richiesto dal bando, non poteva essere esclusa dal concorso de quo.
Sono fondati per carenza di istruttoria e di motivazione i primi motivi aggiunti al ricorso n. 1554 del 2005, proposti avverso la deliberazione n. 647 del 28.02.2005, con la quale l’Azienda ha revocato il concorso pubblico di cui si discute, ed altresì i secondi motivi aggiunti proposti avverso la delibera n. 111 del 10.03.2006, con la quale, in sede di ridefinizione dell’assetto organizzativo e rimodulazione della dotazione organica dell’Ente, l’Azienda ha disposto la soppressione dei due posti di dirigente avvocato.
L’Azienda resistente ha giustificato entrambi i provvedimenti citati con ragioni di contenimento della spesa, consistenti, quanto alla revoca del concorso, nella convenienza ad affidare gli incarichi legali a professionisti esterni, “in funzione del volume quali/quantitativo del contenzioso dell’Azienda” che non giustificherebbe “la spesa inerente gli emolumenti dei posti messi a concorso”, ritenuta di gran lunga superiore a quella da sopportare nel caso di affidamento degli incarichi legali all’esterno (Euro 91.257,00 iniziali per i due legali interni, a fronte di Euro 75.000,00 spesi nel 2004 per pagamenti a legali esterni); quanto alla soppressione dei due posti di dirigente avvocato, nell’esigenza di contenere la spesa complessiva per il personale entro i vincoli della finanza pubblica, in particolare apportando una riduzione non inferiore al 5% della spesa complessiva relativa al numero dei posti in organico.
Ebbene, con riferimento alla deliberazione di revoca del concorso, dall’esame degli atti di causa non risulta alcuna analisi costi-benefici da cui poter evincere le ragioni indicate dall’Azienda a giustificazione della revoca della procedura di concorso già avviata, né risulta che l’Azienda abbia allegato altre e diverse giustificazioni della revoca medesima.
L’impugnata deliberazione n. 647, dunque, non solo non è supportata da elementi atti a giustificarla, ma le ragioni in essa esposte sembrano essere clamorosamente smentite dalla determina del Direttore Generale della stessa Azienda n. 264 dell’11 aprile 2007, prodotta dalla ricorrente in data 15 aprile 2009, dalla quale risulta una determinazione del budget economico 2007 per spese legali e spese per liti arbitraggi e risarcimenti che, ancorchè provvisorio, ammonta ad oltre 700.000,00 Euro, senza, peraltro, alcuna contestazione di tali dati da parte dell’Azienda resistente, e senza elementi probatori a difesa dell’operato dell’Azienda stessa.
Del resto, non può condividersi l’argomentazione di parte resistente per cui, trattandosi di scelte discrezionali dell’Azienda, esse sarebbero in quanto tali insindacabili da parte del Giudice Amministrativo.
Le scelte tecnico discrezionali compiute dall’Amministrazione sono infatti sindacabili per vizi logici, errore di fatto, difetto di istruttoria e di adeguata motivazione, manifesta incongruenza, che è situazione che ricorre certamente nel caso di contraddittorietà tra più atti della stessa pubblica amministrazione, adottati nell’esercizio di un medesimo potere e finalizzati alla cura di un medesimo interesse; così come avviene nel caso di specie, dove la determina relativa al budget economico 2007 per spese legali è logicamente incompatibile con le motivazioni poste a base della revoca del concorso.
Nel caso di specie, pertanto, la deliberazione n. 647 del 28.02.2005 dell’Azienda ospedaliera intimata risulta viziata sotto il profilo della incongruità della motivazione e del difetto di istruttoria, in quanto la scelta della revoca del concorso non appare ragionevolmente supportata dalle ragioni dichiaratamente poste a base di tale scelta.
Sono infine fondati anche i motivi aggiunti proposti avverso la delibera n. 111 del 10.03.2006 di ridefinizione dell’assetto organizzativo e rimodulazione della dotazione organica dell’Ente, nella parte in cui l’Azienda ha disposto la soppressione dei due posti di dirigente avvocato.
Il Collegio ritiene di dover condividere la censura di eccesso di potere per difetto di istruttoria, nonché per sviamento, atteso che la deliberazione di rideterminazione della pianta organica dell’Azienda, ai fini della riduzione del 5% della spesa complessiva relativa al numero dei posti in organico del personale dell’area amministrativa, tecnica e professionale, assume a riferimento una dotazione organica risalente al 1996 (approvata con deliberazione n. 1344 del 7 giugno 1996), che non prevedeva i due posti di dirigente avvocato che qui interessano, dichiarando però che trattasi dell’attuale dotazione organica dell’Ente.
In realtà, la dotazione organica dell’Azienda al momento dell’adozione dell’impugnata delibera n. 111/2006 è quella che risulta, invece, dalla deliberazione n. 1218 del 6 maggio 2005, in atti, che prevede i due posti di dirigente avvocato; l’Azienda, in sostanza, non ha tenuto conto delle successive modifiche ed integrazioni della pianta organica adottata nel 1996 – in verità numerose -, di cui alle deliberazioni dettagliatamente indicate nella citata delibera ricognitiva della pianta organica n. 1218 del 6.5.2005 (vi si trovano indicate ben 41 delibere di modifica della pianta organica del 1996).
La deliberazione in argomento non è inoltre supportata da adeguata motivazione in ordine al risparmio di spesa asseritamente derivante dalla soppressione dei due posti di dirigente avvocato, anche alla luce delle considerazioni già svolte a proposito della delibera di revoca del concorso per cui è causa.
In conclusione, alla luce delle esposte considerazioni, va accolto il ricorso n. 1851 del 2003; vanno accolti i motivi aggiunti avverso la revoca del concorso ed altresì quelli avverso la rideterminazione della pianta organica, con assorbimento dei motivi non esaminati e conseguente annullamento delle deliberazioni dell’Azienda n. 148 del 06.02.2003, n. 647 del 2005 e n. 111 del 2006, quest’ultima nei limiti dell’interesse, e facendo salvi gli ulteriori legittimi provvedimenti dell’autorità amministrativa.