L’intera disciplina delle procedure
ad evidenza pubblica è riconducibile alla tutela della concorrenza, con
la conseguente titolarità della potestà legislativa, in via esclusiva,
allo Stato.
Non assume rilievo a tal fine la distinzione tra contratti
sopra-soglia e sotto-soglia, perché la materia della concorrenza prescinde dal valore economico dell’appalto.
Alle Regioni non è consentito adottare una
disciplina relativa alle procedure ad evidenza pubblica, neppure quando
essa miri a garantire un livello di concorrenza più elevato rispetto a
quello statale (con effetti dunque pro-concorrenziali), a meno che essa: a) vanti un
autonomo titolo di legittimazione e b) tali
effetti siano indiretti e marginali e non si pongano in contrasto con
gli obiettivi posti dalle norme statali che tutelano e promuovono la
concorrenza.
. . . . .
Corte Costituzionale
Sentenza 6 novembre 2009 numero 283
(presidente Amirante, relatore Cassese)
(…)
Considerato in diritto
1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questione di legittimità costituzionale dell’articolo 5, comma 2, e degli articoli 6, 7, 8 e 16 della legge della Regione Puglia 10 giugno 2008, n. 14 (Misure a sostegno della qualità delle opere di architettura e di trasformazione del territorio), per contrasto con gli artt. 114 e 117, secondo comma, lettere e) e l), della Costituzione.
Ad avviso del ricorrente, le disposizioni impugnate, ricadendo negli ambiti materiali della tutela della concorrenza e dell’ordinamento civile, riconducibili alla potestà legislativa esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, lettere e) e l), Cost.), non avrebbero potuto essere adottate dalla Regione, esulando dalla sua potestà legislativa.
2. – Le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 2, e degli artt. 6, 7 e 8 della legge della Regione Puglia n. 14 del 2008 sono fondate.
3. – Le disposizioni della legge regionale sui concorsi di idee e di progettazione concernenti i contratti sotto-soglia – che sono oggetto della prima questione – ricadono nell’ambito materiale della tutela della concorrenza.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’intera disciplina delle procedure ad evidenza pubblica è riconducibile alla tutela della concorrenza, con la conseguente titolarità della potestà legislativa, in via esclusiva, allo Stato. Al fine dell’individuazione dell’ambito materiale della tutela della concorrenza, non ha rilievo la distinzione tra contratti sopra-soglia e sotto-soglia, perché tale materia «trascende ogni rigida e aprioristica applicazione di regole predeterminate dal solo riferimento, come nella specie, al valore economico dell’appalto», sicché «anche un appalto che si pone al di sotto della rilevanza comunitaria può giustificare un intervento unitario da parte del legislatore statale» (sentenze n. 160 del 2009 e n. 401 del 2007).
Né si può sostenere che la Regione sia legittimata ad adottare disposizioni legislative con effetti pro-concorrenziali, volte ad elevare la protezione della concorrenza. Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il legislatore regionale può legittimamente adottare, in ordine alle procedure ad evidenza pubblica, disposizioni con effetti pro-concorrenziali esclusivamente nelle ipotesi – diverse dal caso in esame – in cui esso possa vantare un autonomo titolo di legittimazione (sentenza n. 160 del 2009) e «tali effetti siano indiretti e marginali e non si pongano in contrasto con gli obiettivi posti dalle norme statali che tutelano e promuovono la concorrenza» (sentenza n. 431 del 2007).
L’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. ha conferito allo Stato, in via esclusiva, il compito di regolare la concorrenza al fine di assicurare una disciplina uniforme su tutto il territorio nazionale. L’uniformità rappresenta un valore in sé perché differenti normative regionali sono suscettibili di creare dislivelli di regolazione, produttivi di barriere territoriali. La tutela della concorrenza non può essere fatta per zone: essa, «per sua natura, non può tollerare differenziazioni territoriali, che finirebbero per limitare, o addirittura neutralizzare, gli effetti delle norme di garanzia» (sentenza n. 443 del 2007).
Da quanto sin qui rilevato deriva che alle Regioni non è consentito adottare una disciplina relativa alle procedure ad evidenza pubblica, neppure quando essa miri a garantire un livello di concorrenza più elevato rispetto a quello statale.
Va dichiarata, quindi, l’illegittimità costituzionale degli artt. 5, comma 2, 6 e 7 della legge della Regione Puglia n. 14 del 2008.
4. – Quanto alla seconda questione, relativa ai concorsi di progettazione banditi da privati, non può essere condivisa la tesi che la disciplina dettata dall’art. 8 della legge regionale abbia carattere premiale ed incentivante e non investa la materia dell’ordinamento civile.
L’art. 8, comma 1, della legge della Regione Puglia n. 14 del 2008 non incentiva, ma obbliga. Esso infatti stabilisce che «ai concorsi di progettazione banditi da privati, o comunque da soggetti non tenuti al rispetto della legislazione statale in materia di contratti pubblici di lavori e servizi, oltre alle disposizioni di cui agli artt. 5 e 6, si applicano le ulteriori prescrizioni di cui al presente articolo». I privati quindi non hanno la possibilità di aderire volontariamente alla procedura prevista, ma sono obbligati a far uso della stessa, nel rispetto di tutte le prescrizioni poste dalla disposizione censurata. Né vi è un collegamento tra la procedura di cui all’art. 8 della legge regionale ed il meccanismo premiale di cui al successivo art. 10. Ne consegue che tale normativa introduce una limitazione dell’autonomia privata.
La disciplina dettata dalla citata disposizione della legge regionale, dunque, invade la competenza legislativa esclusiva statale nell’ambito materiale dell’ordinamento civile.
Va dichiarata, pertanto, l’illegittimità costituzionale dell’art. 8 della legge della Regione Puglia n. 14 del 2008.
5. – La questione relativa all’art. 16 della legge regionale non è fondata.
Ben può la Regione esercitare la potestà regolamentare per attuare le disposizioni della propria legge, dopo la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 5, comma 2, e degli artt. 6, 7 e 8 di cui alla presente sentenza.
PQM
La Corte Costituzionale
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 5, comma 2, e degli articoli 6, 7 e 8 della legge della Regione Puglia 10 giugno 2008, n. 14 (Misure a sostegno della qualità delle opere di architettura e di trasformazione del territorio);
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 16 della legge della Regione Puglia n. 14 del 2008 promossa, in riferimento agli artt. 114 e 117, secondo comma, lettere e) e l) della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 novembre 2009. Depositata in Cancelleria il 6 novembre 2009.