Quali regole per la pubblicita’ dei professionisti ?

La pubblicità informativa dei professionisti: lo stato dell’arte.



Il Tar Bologna, lo scorso 12 gennaio, ha depositato un’interessante sentenza sulla pubblicità informativa dei professionisti e delle associazioni professionali e sul sistema di controlli oggi vigente in materia, a distanza ormai di più di tre anni dal decreto Bersani.

Di seguito, alcuni passaggi salienti e, in calce, il testo integrale della sentenza.

Ordini professionali e Autority: le differenze.

Si legge, in sentenza, che:

“Gli Ordini professionali non svolgono, per previsione normativa, una funzione indipendente ed imparziale a tutela di interessi di grande rilevanza e propri dell’intera collettività generale, assimilabile a quella delle Autority, istituite in tempi successivi e relativamente recenti, a partire dalla metà degli anni ‘80 nel quadro di un nuovo modello di organizzazione amministrativa, e sottratti da ogni forma di vigilanza o controllo, per quanto concerne la propria attività istituzionale, da parte dell’amministrazione governativa e che si esprimono in posizione di terzietà, equidistanza e neutralità rispetto a tutti gli interessi coinvolti”.



Il decreto Bersani, l’abrogazione del divieto di svolgere pubblicità informativa ed il ruolo degli Ordini professionali
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Sul decreto Bersani ed il residuo ruolo rimasto in capo agli Ordini:

“L’art. 2, lettera b) del cosiddetto decreto Bersani ossia il D. L. 223/2006, convertito in legge 248/2006, in conformità al principio comunitario di libera concorrenza ed a quello di libertà di circolazione delle persone e dei servizi, nonche’ al fine di assicurare agli utenti un’effettiva facoltà di scelta nell’esercizio dei propri diritti e di comparazione delle prestazioni offerte sul mercato, ha abrogato, dalla data di sua entrata in vigore, le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono, con riferimento alle attività libero professionali e intellettuali, “il divieto, anche parziale, di svolgere pubblicità informativa circa i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto, nonchè il prezzo e i costi complessivi delle prestazioni secondo criteri di trasparenza e veridicità del messaggio il cui rispetto è verificato dall’Ordine”.

Ciò ha comportato l’abrogazione delle disposizioni legislative e regolamentari che prevedono, con riferimento alle attività libero professionali e intellettuali, tra l’altro, il divieto di svolgere pubblicità informativa (Cassazione civile , sez. III, 15 gennaio 2007 , n. 652) tra cui anche la legge L. n. 175 del 1992 che in precedenza disciplinava la pubblicità concernente l’esercizio delle professioni sanitarie (Cassazione civile , sez. III, 30 novembre 2006 , n. 25494).

All’Ordine professionale, pertanto, residua soltanto un potere di verifica della veridicità del contenuto della pubblicità al fine di effettuare eventuali segnalazioni agli organi competenti in proposito”.



La pubblicità dei singoli professionisti e delle associazioni professionali. Il regime e i controlli.

Infine, sulla esistenza di un vuoto normativo di tutela, in ordine alla pubblicità delle associazioni professionali:

“Non è possibile differenziare, sotto il profilo della pubblicità, l’attività dei singoli professionisti, ai quali sarebbe consentita la pubblicità, e quella delle attività professionali svolte in forma societaria, oggi consentita, per le quali rimarrebbe il divieto di pubblicità ed il potere inibitorio dell’Ordine professionale.

Tale differenziazione non sussiste nel quadro normativo vigente e non è prevista dal D. L. 223/2006, convertito in legge 248/2006, e sarebbe in contrasto proprio con il principio comunitario di libera concorrenza al fine di assicurare agli utenti un’effettiva facoltà di scelta nell’esercizio dei propri diritti e di comparazione delle prestazioni offerte sul mercato che costituiscono le finalità della recente normativa sopra indicata.

Ciò non determina alcun vuoto normativo di tutela poiché i decreti legislativi n. 145/2007 e 146/2007 che recepiscono le direttive comunitarie 2006/114/CE e 2005/29/CE, e che introducono una nuova disciplina della pubblicità ingannevole e comparativa (modificando il decreto legislativo n. 206/2005 – Codice del consumo) e delle pratiche commerciali sleali affidano all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato il potere di avviare i procedimenti ispettivi, su segnalazione ed anche d’ufficio, e di adottare i conseguenti provvedimenti sanzionatori.



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Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna, Sezione Seconda



Sentenza del 12 gennaio 2010 n. 16



(presidente Mozzarelli, relatore Di Benedetto)

(…)

FATTO e DIRITTO



1. La società ricorrente ha impugnato il provvedimento in epigrafe indicato con il quale l’Ordine dei medici di Bologna ha intimato la cessazione della pubblicità della propria attività professionale concernente la propria attività ambulatoriale monospecialistica di odontoiatria, deducendone l’illegittimità.

Si è costituito in giudizio l’Ordine dei Medici di Bologna intimato che ha contro dedotto alle avverse doglianze e concluso per il rigetto del ricorso.

L’istanza cautelare è stata accolta con ordinanza 262/2009 e la causa è stata trattenuta in decisione all’odierna udienza.

2. Il provvedimento impugnato richiama, a fondamento del proprio potere inibitorio della pubblicità l’articolo 2, comma 1°, lettera b) del D.L. 223/2006, convertito in legge 248/2006 nonché il Codice di deontologia medica, le relative guide in merito di pubblicità informativa sanitaria e delle relative note esplicative elaborate dall’Ordine stesso e ritiene che la pubblicità dell’attività sanitaria sia “non conforme alle disposizioni di legge ed alle regole e principi sanciti dalla disciplina deontologica”.

3. Va preliminarmente respinta l’eccezione di tardività del deposito del ricorso, avvenuta il 29° giorno dalla notificazione stessa, rilevata dalla difesa dell’Amministrazione intimata la quale sostiene che l’Ordine dei Medici costituisca un’Autorità Indipendente, con conseguente dimidiazione dei termini per il deposito del ricorso in caso d’impugnativa dei propri atti.

3.1. Infatti, gli Ordini professionali costituiscono degli Enti esponenziali degli interessi di categoria, ancorchè dotati di una propria autonomia gestionale e decisionale, che operano sotto la vigilanza del Ministero della Salute. Essi sono stati istituiti dal Governo Giolitti, con legge n.455 del 10 luglio 1910, e ricostituiti dall’Assemblea Costituente con D.L.C.P.S. del 13 settembre 1946, n.233 il cui regolamento di esecuzione è stato approvato con D.P.R. n.221 del 5 aprile 1950, e svolgono importanti funzioni nei confronti dei propri iscritti.

Gli Ordini dei Medici , tuttavia, non svolgono, per previsione normativa, una funzione indipendente ed imparziale a tutela di interessi di grande rilevanza e propri dell’intera collettività generale, assimilabile a quella delle Autority, istituite in tempi successivi e relativamente recenti, a partire dalla metà degli anni ‘80 nel quadro di un nuovo modello di organizzazione amministrativa, e sottratti da ogni forma di vigilanza o controllo, per quanto concerne la propria attività istituzionale, da parte dell’amministrazione governativa e che si esprimono in posizione di terzietà, equidistanza e neutralità rispetto a tutti gli interessi coinvolti.

3.2.L’impugnativa degli atti degli ordini professionali, pertanto,segue il rito ordinario.

4.Ciò premesso nel merito il ricorso è fondato con particolare riferimento alla prima censura dedotta.

Infatti, l’art. 2, lettera b) del cosiddetto decreto Bersani ossia il D. L. 223/2006, convertito in legge 248/2006, in conformità al principio comunitario di libera concorrenza ed a quello di libertà di circolazione delle persone e dei servizi, nonche’ al fine di assicurare agli utenti un’effettiva facoltà di scelta nell’esercizio dei propri diritti e di comparazione delle prestazioni offerte sul mercato, ha abrogato, dalla data di sua entrata in vigore, le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono, con riferimento alle attività libero professionali e intellettuali, “il divieto, anche parziale, di svolgere pubblicità informativa circa i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto, nonchè il prezzo e i costi complessivi delle prestazioni secondo criteri di trasparenza e veridicità del messaggio il cui rispetto è verificato dall’Ordine”.

Ciò ha comportato l’abrogazione delle disposizioni legislative e regolamentari che prevedono, con riferimento alle attività libero professionali e intellettuali, tra l’altro, il divieto di svolgere pubblicità informativa (Cassazione civile , sez. III, 15 gennaio 2007 , n. 652) tra cui anche la legge L. n. 175 del 1992 che in precedenza disciplinava la pubblicità concernente l’esercizio delle professioni sanitarie (Cassazione civile , sez. III, 30 novembre 2006 , n. 25494).

All’Ordine professionale, pertanto, residua soltanto un potere di verifica della veridicità del contenuto della pubblicità, non contestata nel provvedimento impugnato, al fine di effettuare eventuali segnalazioni agli organi competenti in proposito.

4.1. Né è condivisibile l’interpretazione della difesa dell’ordine professionale che intende differenziare, sotto il profilo della pubblicità, l’attività dei singoli professionisti, ai quali sarebbe consentita la pubblicità, e quella delle attività professionali svolte in forma societaria, oggi consentita, per le quali rimarrebbe il divieto di pubblicità ed il potere inibitorio dell’Ordine dei Medici.

Tale differenziazione non sussiste nel quadro normativo vigente e non è prevista dal D. L. 223/2006, convertito in legge 248/2006, e sarebbe in contrasto proprio con il principio comunitario di libera concorrenza al fine di assicurare agli utenti un’effettiva facoltà di scelta nell’esercizio dei propri diritti e di comparazione delle prestazioni offerte sul mercato che costituiscono le finalità della recente normativa sopra indicata.

5. Ciò non determina alcun vuoto normativo di tutela poiché i decreti legislativi n. 145/2007 e 146/2007 che recepiscono le direttive comunitarie 2006/114/CE e 2005/29/CE, e che introducono una nuova disciplina della pubblicità ingannevole e comparativa (modificando il decreto legislativo n. 206/2005 – Codice del consumo) e delle pratiche commerciali sleali affidano all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato il potere di avviare i procedimenti ispettivi, su segnalazione ed anche d’ufficio, e di adottare i conseguenti provvedimenti sanzionatori.

6. Per tali ragioni il ricorso va accolto e, per l’effetto, va annullato il provvedimento impugnato.

7. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.



Il Tribunale Amministrativo per l’Emilia-Romagna, Sezione II, accoglie il ricorso in epigrafe indicato e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Condanna l’Ordine dei Medici di Bologna intimato al pagamento delle spese di causa in favore della Società ricorrente che si liquidano in complessivi euro 3.500 (tremilacinquecento), oltre C.P.A. ed I.V.A..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Bologna nella camera di consiglio del giorno 10/12/2009. Depositata il 12 gennaio 2010.

Redazione

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