Il ruolo dell’Autorita’ per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture



Il Presidente dell’AVCP, Luigi Giampaolino, è stato ascoltato alla Camera presso la Commissione affari costituzionali nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle Autorità indipendenti.

In merito al precontenzioso, Giampaolino ha ricordato che con il recente decreto Legislativo n. 53/2010 (in vigore dal 27 aprile) di recepimento della Direttiva cd Ricorsi (2007/66/CE dell’1 dicembre 2007), nell’informativa in ordine all’intento di proporre ricorso giurisdizionale è stato previsto il termine di 15 giorni per l’adozione di atti da parte della stazione appaltante.

Secondo Giampaolino “il legislatore ha introdotto una chiara mancanza di coordinamento tra la nuova disciplina e quanto previsto all’art. 6 del Codice dei contratti, che ha istituito il procedimento precontenzioso di fronte all’Autorità.”

“Va da sé che il termine per adire l’Amministrazione così ridotto finisce per incidere negativamente sulla valutazione dell’operatore di adire l’Autorità per ottenere il parere di precontenzioso che spesso – ha concluso il Presidente –risulta idoneo ad evitare il sorgere stesso di una controversia, in ragione dell’alta percentuale di adeguamento riscontrata”.

Di seguito, il testo integrale dell’intervento.

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Commissione Affari costituzionali della Camera dei Deputati

Indagine conoscitiva sulle Autorità indipendenti

Audizione del Presidente dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture

Roma, 21 aprile 2010



Sommario

1. Brevi cenni sulla genesi ed evoluzione dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture.

2. Le Autorità amministrative indipendenti.

3. La natura dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici.

4. Organizzazione dell’Autorità:

a) gli organi.


b) il personale.

c) le risorse finanziarie.

5. Rapporti tra l’Autorità e il Parlamento, il Governo, le Regioni e il mercato.

6. Linee evolutive: l’Autorità come banca dati e strumento di semplificazione della disciplina del mercato.

“Onorevole Presidente, Onorevoli Deputati,

il mio ringraziamento per l’audizione odierna in questa indagine conoscitiva su un tema che da anni è al centro di un dibattito complesso e non ancora concluso, in parte anche a causa della continua evoluzione della materia.

Ritengo che un breve cenno sull’origine dell’Autorità che rappresento, sul suo evolversi a seguito dell’investitura comunitaria e delle indicazioni provenienti dall’OCSE, possano offrire utili spunti per le vostre indagini.

Esso, infatti, offre elementi di giudizio all’analisi delle posizioni delle Autorità indipendenti nel sistema istituzionale, della loro ragion d’essere e del loro ruolo, del loro fondamento comunitario, dei rapporti con il Governo e il Parlamento.

Intendo, poi, affrontare un’analisi più in generale di tutto il sistema senza, però, ripetere quanto già illustrato dai Presidenti delle Autorità che mi hanno preceduto in questa sede, così da poter offrire risposte puntuali agli interrogativi posti nel programma di questa indagine conoscitiva.

Infine, vorrei offrirvi una sintetica rappresentazione del mercato vigilato, delle attuali funzioni dell’Autorità, del loro svolgimento e delle linee evolutive della sua azione.



1. Brevi cenni sulla genesi ed evoluzione dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture.

L’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, si contraddistingue per i suoi connotati tipici che vanno ricercati nella sua genesi, diversa da quella di tutte le altre, perché diverso è stato il contesto storico – ambientale in cui essa è stata concepita.

L’Autorità, nella sua attuale configurazione, è, infatti, organismo ben diverso da quello che fu istituito con la legge n. 109/94: allora il Legislatore intendeva mettere ordine in un settore che, più di ogni altro, appariva caratterizzato, oltre che da endemiche disfunzioni, da gravi episodi di corruzione.

Più che nell’esercizio dell’azione penale, si scelse di individuare il rimedio a tali problemi in un’opera di riforma organizzativa e funzionale dell’intero settore, con l’obiettivo di ridare vigore e dignità all’amministrazione, ricostituendo quelle istanze e quelle misure che l’avrebbero resa capace di trovare al suo interno rimedi e sanzioni alle sue disfunzioni (come si ricava dalla relazione al disegno di legge dell’On.le Merloni).

Si voleva, cioè, realizzare “una riabilitazione della struttura amministrativa preposta all’esecuzione dei lavori pubblici, seguendo, peraltro, le indicazioni che da tempo erano state formulate anche a livello parlamentare” (rapporto Giannini sui problemi dell’amministrazione pubblica). Ed allo scopo, si riteneva opportuno valorizzare, “a mezzo di apposita Autorità, la funzione di imparzialità della pubblica amministrazione insieme alle attività di vigilanza, di ispezione, e di verifica”. Con ciò, peraltro, si anticipava, addirittura, la sollecitazione della Commissione della Comunità europea che, nel successivo libro verde sui lavori pubblici (Comunicazione adottata dalla Commissione il 27 novembre 1996, su proposta del Commissario M. Monti – punto 3.44), avrebbe invitato tutti gli Stati della Comunità, all’istituzione nell’ambito dei rispettivi ordinamenti, di Autorità indipendenti in materia di lavori pubblici.

Oggi, infatti, l’Autorità affonda le sue radici proprio all’interno del tessuto normativo comunitario (art. 82 della dir. n. 18/2004 e art. 71 della dir. n. 17/2004) e la sua missione, specie a seguito delle norme comunitarie e del loro recepimento nell’ordinamento interno, si esplica soprattutto nel mercato, con un’azione volta a garantire, in questo, la concorrenza e la trasparenza dell’azione amministrativa, affinché la prima possa realizzarsi al meglio, specie attraverso la garanzia del corretto svolgimento della seconda.

Con il recepimento delle direttive comunitarie n. 17 e n. 18 del 2004, l’Autorità, oltre a vigilare sulla regolarità e la trasparenza delle procedure contrattuali delle amministrazioni, è stata chiamata a garantire l’applicazione delle norme comunitarie di settore e, conseguentemente, ad interpretare un nuovo ruolo a garanzia di una “effettiva concorrenza”, così come più volte indicato nelle richiamate direttive. Un concetto di concorrenza, quindi, inteso non solo in senso statico, come garanzia di interventi di regolazione e di ripristino, ma anche dinamico, per l’adozione di misure pubbliche volte allo sviluppo del mercato e ad instaurare assetti concorrenziali.

In un ambito più vasto di quello propriamente comunitario, l’OCSE individua nella trasparenza e responsabilità, unitamente alla cosiddetta “efficienza amministrativa” e ad un’effettiva concorrenza, gli elementi chiave nella prevenzione dei fenomeni corruttivi del settore.

L’OCSE segnala una particolare vulnerabilità delle “zone grigie” – individuate nelle fasi pre e post gara (dalla valutazione dei bisogni alla gestione dei contratti e dei pagamenti) e nelle esclusioni, per ragioni di urgenza o di esiguo valore del contratto, da procedure di evidenza pubblica – poiché poco soggette a requisiti di trasparenza. Inoltre, sia l’OCSE che le istituzioni europee, individuano anche nella formazione sistematica, deputata ad innalzare il livello di professionalità negli appalti pubblici, uno strumento funzionale ad un’applicazione coerente delle norme e, conseguentemente, al raggiungimento degli obiettivi di maggior trasparenza e prevenzione della corruzione. Anche nel convincimento della nostra Autorità un’alta professionalità è ritenuta, di norma, la prima difesa per la eticità dello svolgimento di una funzione; a tal fine, l’Autorità promuove e supporta specifici corsi di formazione.

La natura sovrannazionale dei principi di trasparenza e concorrenza nel mercato degli appalti pubblici e la diretta discendenza dell’Autorità italiana dalla normativa nazionale e dalle direttive europee, impongono una costante proiezione europea della relativa attività verso cui già da alcuni anni l’Autorità orienta l’azione complessiva.

Difatti, in linea con gli orientamenti dell’OCSE e con le indicazioni dalle istituzioni europee sull’importanza dello scambio di buone pratiche nel settore, l’Autorità, nel giugno 2009, in collaborazione con il Dipartimento per il coordinamento delle Politiche Comunitarie, ha assunto la presidenza del PPN (Public Procurement Network), la rete europea degli appalti pubblici, rilanciandone le attività ed accentuandone il ruolo di strumento di cooperazione internazionale di settore, così da contribuire alla costituzione di una piattaforma funzionale all’armonizzazione e all’implementazione della normativa, per rispondere all’esigenza di intensificare la condivisione delle modalità di applicazione del quadro legislativo comunitario. A tal fine, il programma della Presidenza italiana ha individuato, fra le proprie priorità, il rafforzamento sia della cooperazione tra Paesi partecipanti, nell’ambito dello scambio di informazioni e buone pratiche nella concreta applicazione della normativa sugli appalti, sia della collaborazione con la Commissione Europea nel contesto del Comitato Consultivo Appalti Pubblici.



2. Le Autorità amministrative indipendenti.

In via generale, la dottrina – che per prima si occupò del fenomeno – era solita sottolineare che, con l’istituzione delle Autorità indipendenti, nasceva un “rapporto nuovo” tra lo Stato e la Società, con il superamento della nozione tradizionale di “interesse pubblico” e il tendere ad una nozione di “interesse collettivo o generale”.

L’elemento distintivo caratterizzante le Autorità veniva individuato nell'”indipendenza” dal potere di indirizzo politico-amministrativo del Governo, ed anche nella “neutralità”, cioè nell’indifferenza rispetto agli interessi in gioco (principio, pertanto, diverso da quello di imparzialità e buon andamento della P.A.) e, dunque, elemento di garanzia per i cittadini e gli utenti: il che vale a qualificare le Autorità indipendenti quali organismi dotati del carattere di “terzietà”, “che li avvicina ai modelli tipici di esercizio della funzione giurisdizionale”.

Accanto a tali caratteristiche, se ne riscontra un’altra: l’essere le Autorità dotate di elevata expertise tecnica: esistono diverse amministrazioni, infatti, che svolgono funzioni che necessitano di tecnicità, come le agenzie, ma, nel caso delle Autorità indipendenti, le norme e la prassi richiedono che la expertise sia particolarmente elevata e che ne siano muniti non solo gli uffici ma anche gli organi di vertice.

Certamente, l’esperienza delle Autorità indipendenti ha avuto nel nostro Paese un andamento discontinuo, non privo di elementi di occasionale proliferazione; e a tutt’oggi, non si è prodotto un disegno organico per un segmento invero importante nella governance del sistema paese.

Alla base di ogni valutazione, sta la constatazione che le Autorità sono diverse, hanno natura diversa, missioni diverse, ruoli diversi, operano in condizioni diverse. È difficile pensare che si possano o sia necessario costruire regole generali applicabili indifferentemente a tutte, data questa marcata diversità.

Tutte queste Autorità sono state spesso distinte fra Autorità di garanzia, poste a tutela dell’esercizio di diritti fondamentali, ed Autorità di regolazione, chiamate ad assicurare la parità delle armi nel mercato. Queste ultime, in particolare, sono preposte a garantire il contraddittorio economico e paritario nel mercato a tutela degli utenti e dei consumatori.

Per queste ultime, si è individuata, come copertura giuridica, una norma programmatica di natura costituzionale, contenuta nell’articolo 41 Cost., in ragione della quale è sancito il principio della libertà di iniziativa economica: affinché tale principio sia concretamente ed effettivamente attuato, la stessa Carta Costituzionale contempla la necessità di predisporre un sistema di controlli e norme. Tali regole non devono però essere intese come limiti all’esercizio di tale fondamentale diritto ma, piuttosto, come un’imprescindibile garanzia senza la quale potrebbero verificarsi abusi da parte di operatori pubblici o privati.

In entrambi i casi, come occorre l’indipendenza e la terzietà di un giudice per garantire il contraddittorio tra le parti nel processo, così sono necessarie amministrazioni dotate di uno status indipendente per garantire il contraddittorio in tema di esercizio dei diritti fondamentali ovvero il contraddittorio nel mercato.

In questo processo, con riferimento all’intero genus, non va sottaciuta la spinta proveniente dagli ordinamenti sopranazionali.

L’Unione europea, in determinati settori, ha più volte imposto, altre volte indicato, come via maestra quella dell’indipendenza delle Autorità nazionali, specie di regolazione, favorendo regolazioni indipendenti, al fine di contrastare i tentativi dei governi e, quindi, delle politiche nazionali, di resistere all’instaurazione di un quadro comune, di un quadro unico, di un mercato interno.

Si può, quindi, condividere l’opinione di chi sostiene che le Autorità indipendenti in senso proprio siano tutte quelle che hanno un radicamento in normative dell’Unione europea e che hanno la comune specificità di rappresentare un raccordo fra i sistemi nazionali e quello europeo, il che rende ragione della loro caratteristica di essere Autorità indipendenti. L’indipendenza è, infatti, un elemento essenziale per consentire all’Unione europea di contare su tali Autorità anche in un’attività di stimolo, promozione e vigilanza in ordine all’attività statuale di attuazione delle direttive di armonizzazione.



3. La natura dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici.

Le considerazioni fin qui esposte, valgono in modo particolare per l’Autorità che oggi rappresento.

Non vi è dubbio, infatti, che essa – come vedremo successivamente esaminando sia le disposizioni inerenti lo status dei componenti sia i profili relativi all’organizzazione ed il finanziamento – sia fortemente caratterizzata nei suoi profili costitutivi e funzionali, dall’elemento dell’indipendenza e dell’autonomia rispetto agli interessi in gioco nel settore di mercato sul quale esplica la propria funzione di regolazione e vigilanza. Altresì indubbia è la necessità che non solo gli uffici ma anche gli organi di vertice godano di una expertise di livello particolarmente elevato.

Inoltre, come abbiamo visto, l’istituzione di un’Autorità preposta alla tutela dalla correttezza e concorrenzialità del mercato dei contratti pubblici è postulata come necessaria da disposizioni non solo di matrice comunitaria ma anche di derivazione internazionale.

Infine, seppure è vero che anche l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, come tutte quelle preposte alla regolazione del mercato o di un suo settore specifico, caratterizzato dalla particolare sensibilità e rilevanza costituzionale degli interessi ivi rappresentati, trovi la legittimazione costituzionale nell’art. 41 Cost., è altresì vero che essa, da sola, abbia un’ulteriore stella polare che orienta costituzionalmente la propria azione, nell’art. 97 Cost., a servizio non solo del buon andamento ed efficienza dell’azione pubblica ma altresì della sua trasparenza e correttezza a tutela dell’intera collettività.

Queste peculiarità dell’Autorità hanno spesso ingenerato l’interrogativo inerente il genus nel quale inquadrarla: Autorità di vigilanza o di regolazione? L’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici è, forse, l’unica Autorità che ricomprende tutte e due le funzioni.

La scelta operata dal Legislatore della legge quadro 109/94 di voler prevedere l’istituzione di un’amministrazione indipendente rispondeva all’obiettivo di contemperare una pluralità di interessi pubblici e privati, spesso conflittuali, che coinvolgevano e tutt’oggi coinvolgono il settore dei lavori pubblici, mediante un’azione regolativa e di controllo della correttezza delle procedure amministrative. Il modello prescelto, infatti, permetteva di controllare efficacemente le procedure di affidamento e di esecuzione dei lavori, al di fuori delle ingerenze politico-amministrative, che invece un apparato ministeriale di tipo tradizionale inevitabilmente implicava. Inoltre, ostava all’attribuzione di poteri di vigilanza in capo ad un’amministrazione la circostanza che la quasi totalità delle stazioni appaltanti rivestissero la qualità di pubbliche amministrazioni.

La funzione più pregnante assegnata fin da principio all’Autorità, conformemente del resto alla sua originaria denominazione, era, quindi, quella della vigilanza, con compiti generalmente ispettivi e talvolta sanzionatori. Peraltro, tale vigilanza non è mai stata fine a se stessa, ma ha, nel tempo, sempre più assunto le caratteristiche di una vigilanza funzionale, al fine di garantire il conseguimento delle finalità considerate dalla legge come l’obiettivo primario del settore: qualità, economicità, efficienza, trasparenza. Per questo è stato dall’Autorità sempre sostenuto che la “nostra” vigilanza ha un valore di vigilanza – diagnostica.

In coerenza con questa ricostruzione, l’Autorità ha avuto – e detiene attualmente – il compito di assicurare il corretto esercizio della funzione pubblica in materia di lavori pubblici prima e oggi dei contratti pubblici, e non già quello, più specifico, di accertare se l’attività posta in essere dalle stazioni appaltanti, ad esempio, sia coerente e rispettosa della disciplina positiva stabilita dal Legislatore.

Come in altre occasioni ho avuto modo di affermare, se si volesse sintetizzare oggi l’Autorità, le sue funzioni e la sua attività, in un’unica locuzione, questa potrebbe essere quella di “centro unitario di tutela dei valori della concorrenza, della correttezza e della trasparenza degli operatori pubblici, tra vigilanza e regolazione”, dove l’endiadi «vigilanza-regolazione» non esprime una perplessità o una transizione, ma una sommatoria di attività tendenti ad un’armonica sintesi.

La contemporanea sussistenza delle due attività, seppur latamente presente sin dall’inizio della concreta azione dell’Autorità, si è posta con forza ed evidenza solo negli ultimi anni, a seguito di un mutato quadro normativo che ha sussunto organicamente la materia nel più ampio scenario europeo; sicché l’oggetto dell’attività si è spostato dall’amministrazione – ovvero dalle amministrazioni – al mercato.

Cambia, in tal modo, tutto il ruolo dell’organo: non più soggetto preposto al regolare funzionamento di un settore dell’ordinamento, di impronta essenzialmente pubblicistica, ma soggetto garante di un settore del mercato. Il settore, cioè, interessato, come si è detto, dalla domanda pubblica, particolarmente rilevante nelle materie dei lavori, delle forniture e dei servizi.

Agli originari beni del corretto agire della pubblica amministrazione e della regolare gestione delle pubbliche risorse, si affianca, con una nuova valenza, quello della concorrenza, in un libero mercato che non deve essere alterato dal non trasparente o non del tutto regolare funzionamento della richiesta di origine pubblica. La concorrenza rispetto al mercato va considerata nel duplice profilo di concorrenza per il mercato e concorrenza nel mercato (Corte cost. 23 novembre 2007 n. 401 – punto 6.7), comportando la prima l’obbligo che il contraente venga scelto mediante procedure di garanzia che assicurino il rispetto dei valori comunitari e costituzionali della concorrenza e la seconda che la concorrenza stessa sia assicurata attraverso la liberalizzazione dei mercati stessi, che si realizza mediante l’eliminazione di diritti speciali o esclusivi concessi alle imprese.

Ciò solo un’Autorità, nel significato che questo termine ha assunto nel nostro ordinamento, può garantirlo. Con la presenza di una Autorità nel settore tutti i soggetti possono rapportarsi ad un’unica Autorità decidente nel settore degli appalti. Inoltre, vi è necessità di un’Autorità specialistica, dal momento che il mercato dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture è un mercato assai diversificato, pur presentando pregnanti analogie, con particolare riferimento alle esigenze di investimenti con pianificazioni a lungo termine, programmazione a breve termine, studi di fattibilità, analisi costi/benefici, procedure di affidamento, progettazioni, realizzazioni, controlli di tempi/costi/qualità, collaudi, manutenzioni.



4. Organizzazione dell’Autorità:

a) gli organi.

Ma veniamo alla disamina delle specifiche domande postulate dalla Commissione iniziando da quelle più propriamente inerenti l’organizzazione dell’Autorità che rappresento. L’Autorità è organo collegiale (art. 6, 2° e 3° co. del Codice dei contratti pubblici) costituito da sette membri, la cui nomina spetta alla determinazione adottata di concerto dai Presidenti di Camera e Senato senza alcuna proposta da parte del Governo o alcun parere preventivo. Il Presidente, invece, viene scelto al suo interno, dai componenti stessi.

La durata della carica, stabilita in un primo tempo in cinque anni, è stata aumentata, con il terzo correttivo al Codice dei contratti, in sette anni equiparandola con le altre Autorità. L’incarico non è soggetto a rinnovo.

I componenti devono essere scelti tra personalità che operano in settori tecnici, economici e giuridici con riconosciuta professionalità. La norma, come essa stessa afferma, vuole assicurare che nel collegio sia garantita la pluralità delle esperienze e delle conoscenze necessarie al buon funzionamento dell’Autorità stessa, le cui competenze sono certamente interdisciplinari. Per garantire la loro neutralità i componenti sono sottoposti – durante l’espletamento dell’incarico – a un rigoroso sistema di incompatibilità. A pena di decadenza, infatti, essi non possono esercitare alcuna attività professionale o di consulenza, non possono essere amministratori o dipendenti di enti pubblici (se ne provengono sono collocati fuori ruolo o in aspettativa) o privati, né possono ricoprire altri uffici pubblici di qualsiasi natura, né possono rivestire cariche pubbliche elettive o cariche nei partiti politici.

Laddove l’incompatibilità sorga o sia resa nota in corso di espletamento dell’incarico, il collegio deve fissare un termine non inferiore a trenta giorni entro cui il componente interessato è obbligato a eliminare la causa di incompatibilità. Decorso inutilmente tale termine, il Presidente del collegio ha l’obbligo di informare i Presidenti delle Camere (artt. 3 e 5 del Regolamento di organizzazione dell’Autorità).

La norma non specifica il periodo di tempo in cui vige il regime di incompatibilità. Nel silenzio della legge, tale periodo si ritiene riferito esclusivamente alla durata in carica dei componenti, la cui cessazione produce il venir meno del regime speciale. Ne deriva che i componenti l’organo collegiale, dopo la scadenza dell’incarico, potrebbero accettare qualsiasi altra carica o incarico, anche da parte dei soggetti prima vigilati. È questo un vuoto normativo che andrebbe colmato anche al fine di allineare il trattamento dei membri di quest’Autorità, dopo la scadenza del loro mandato, a quello delle altre Autorità (es. Antitrust, Agcom).

Peraltro un altro elemento di discrasia con gli altri membri di collegi delle Autorità attiene al trattamento economico riservato ai medesimi, laddove va rilevato che tali trattamenti incidono sul bilancio della relativa struttura in maniera più incisiva. I compensi attribuiti ai membri del collegio, come sotto riportati mostrano le differenze retributive tra le diverse Autorità.

Il regolamento di organizzazione, prevede una bipartizione tra “organi’ – individuati nel Presidente e nel Consiglio – e “strutture e uffici ausiliari” tra cui la Camera Arbitrale, il Nucleo di valutazione, la Commissione di controllo di regolarità amministrativo-contabile.

Il Consiglio, dunque, rappresenta l’organo collegiale istituzionale primario dell’Autorità.

Il Presidente, scelto tra i propri componenti, rappresenta l’Autorità; convoca le riunioni del Consiglio e ne dirige i lavori; adotta gli atti e i provvedimenti necessari all’esecuzione delle delibere del Consiglio e vigila sulla corretta attuazione da parte del Segretario Generale degli indirizzi deliberati dal Consiglio e sulle altre attività di cui lo stesso risponde al Consiglio. È nei poteri presidenziali quello di adottare provvedimenti di necessità ed urgenza, i quali debbono essere sottoposti a ratifica dal Consiglio nella prima riunione successiva alla loro adozione. In caso di assenza o di impedimento del Presidente, le sue funzioni sono assunte temporaneamente da uno dei componenti del Consiglio, secondo l’ordine deliberato dal Consiglio all’inizio di ogni anno.

b) il personale.



Al personale dell’Autorità si applica, pur tenendo conto dei principi di autonomia organizzativa riconosciuti dall’art. 8, comma 2, del decreto legislativo n. 163/2006 (Codice dei Contratti), il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Pertanto la disciplina applicabile a detto personale è quella che il decreto in parola detta per la generalità dei dipendenti di pubbliche amministrazioni, nonostante che l’Autorità non figuri fra quelle alle quali detto decreto si riferisce.

Ciò determina per i dipendenti dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, come si evince dalla tabella che segue, un trattamento differenziato in pejus rispetto a quello dei dipendenti delle altre Autorità indipendenti, in quanto l’art. 253, comma 4, lettera a) del Codice dei contratti prevede che “fino all’entrata in vigore del nuovo trattamento giuridico ed economico, ai dipendenti dell’Autorità è attribuito lo stesso trattamento giuridico ed economico del personale di ruolo della Presidenza del Consiglio dei Ministri”.

Conseguentemente, a differenza di quanto previsto per le altre Autorità indipendenti, all’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici è stato, e continua ad applicarsi, il C.C.N.L. del comparto Presidenza del Consiglio dei Ministri. Vero è, come in premessa richiamato, che il citato art. 8, se da una parte, al comma 8, rinvia al d.lgs 165 del 2001, contestualmente impone di tener conto dei principi di autonomia organizzativa che il precedente comma 2, riconosce all’Autorità, la quale, nell’ambito di tale autonomia, “disciplina con uno o più regolamenti la propria organizzazione e il proprio funzionamento, i bilanci e i rendiconti e la gestione delle spese nei limiti delle proprie risorse, anche in deroga alle disposizioni sulla contabilità generale dello Stato”.

c) le risorse finanziarie.



Passiamo ad analizzare alcuni profili organizzativi relativi a risorse finanziarie,

Il sistema di finanziamento dell’Autorità è un sistema che si basa esclusivamente sul settore di riferimento, stante che il contributo minimo ancora a carico dello Stato è pari all’1,4% del totale delle entrate del bilancio (solo nel 2008 ammontavano all’8,4 %).

Infatti, anche per l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici è stata introdotta, tramite l’art. 1, comma 65, L. 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per l’anno 2006), la previsione che, con decorrenza 2007, le spese di funzionamento siano finanziate dal mercato di competenza secondo modalità previste dalla normativa vigente ed entità di contribuzione determinate con propria deliberazione, nel rispetto dei limiti massimi previsti per legge, versate direttamente alla medesima Autorità. Dalla stessa legge è stata, inoltre, prevista la possibilità di “autofinanziarsi tramite l’erogabilità di alcuni servizi a titolo oneroso, secondo tariffe determinate sulla base effettiva del costo” cosicchè “all’attuazione dei nuovi compiti previsti dagli artt. 6, 7, e 8, l’Autorità fa fronte senza nuovi e maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato”.

Con deliberazione del 1 marzo 2009 sono determinate, con decorrenza dalla stessa data dell’approvazione, l’ammontare delle contribuzioni dovute dai soggetti, pubblici e privati, sottoposti alla vigilanza, ai fini della copertura dei costi relativi al proprio funzionamento.

E’ ivi stabilito che sono tenuti a versare un contributo a favore dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, nell’entità e con le modalità previste dal presente provvedimento, le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori (articoli 32 e 207 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163), gli operatori economici che intendono partecipare a procedure di scelta del contraente, gli organismi di attestazione (Art. 40, comma 3, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163).

Un tale sistema di finanziamento che, con qualche correttivo ha dimostrato di poter funzionare, costituisce un importante indice di indipendenza, svincolando l’Autorità da decisioni governative e parlamentari che si esprimono attraverso la legge finanziaria.

Com’è noto, però, la legge finanziaria 2010 ha introdotto alcune rilevanti modifiche al sistema di finanziamento delle Autorità indipendenti per il triennio 2010-2012. Da un lato, sono stati ridefiniti gli stanziamenti a carico dello Stato per il funzionamento di alcune Autorità; dall’altro, si è disposto un trasferimento verso alcune Autorità di una parte delle risorse proprie di altre. Il contributo di questa Autorità al finanziamento di altre è pari a 9,3 milioni di euro nel 2010, con previsione di uno stanziamento di 13,4 milioni di euro, rispettivamente per il 2011 e 2012, con una riduzione delle entrate da contribuzione pari a 25,48% per il 2010 e 36,71 per i due anni successivi. Si è passati da una condizione che ha visto l’Autorità, negli anni scorsi, rendersi praticamente indipendente dal finanziamento statale, ad una che ha visto il Governo interferire con i criteri di finanziamento tra le diverse Autorità. Così concepita tale disposizione ha tre effetti negativi: priva le Autorità di indipendenza amministrativa e funzionale, in contrasto anche con le più recenti normative comunitarie; opera una distorsione per la quale alcuni soggetti vigilati, quali ad esempio le PMI che partecipano a gare pubbliche, finiscono per contribuire al funzionamento di altri organismi con i quali queste non hanno alcun rapporto (ad es. banche vigilate da CONSOB, oppure grandi imprese vigilate da Antitrust); non risolve il problema dello squilibrio finanziario di alcune Autorità, anzi propaga alle altre l’effetto di squilibrio obbligandole alla fine ad intervenire a loro volta sulle tariffe.

L’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici ritiene, invece, che la strada maestra per risolvere il problema dei disavanzi di alcune Autorità sia quella di stabilire una stretta corrispondenza, per ogni singola Autorità, tra tariffe e servizi di vigilanza, garanzia e regolazione erogati e quindi operare una ristrutturazione del sistema tariffario attraverso una corretta calibratura che tenga conto non solo della platea dei vigilati ma anche (con peso minore) di tutta la platea dei beneficiari dell’attività di vigilanza e controllo.

L’Autorità, inoltre, ha avuto modo di segnalare come la disposizione finisce penalizzare proprio le Autorità che, al fine di garantire investimenti indispensabili, programmati per questo e i prossimi anni, hanno finora contenuto le spese (ed in particolare i costi del personale, oggi molto inferiori a quelli delle altre Autorità), proprio a beneficio di quelle che hanno seguito in tale campo politiche del tutto diverse. In particolare, le tabelle sopra indicate, che si riferiscono ai costi comparati relativi agli emolumenti corrisposti ai Componenti i diversi Collegi nonché quelli relativi al personale, mostrano come paradossalmente l’Autorità meno favorita per quanto attiene al trattamento economico delle persone che in essa operano, finisce per essere la più gravata dalla disposizione. Inoltre, non può sottacersi la circostanza che una simile normativa, se non modificata, finirà col comportare ingenti disavanzi di gestione nel bilancio dell’Autorità.



5. Rapporti tra l’Autorità e il Parlamento, il Governo, le Regioni e il mercato.

Come si è già detto, l’Autorità è un organo collegiale costituito da sette membri, nominati con determinazione adottata d’intesa dai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato.

Tale caratteristica strutturale costituisce il tratto caratterizzante il rapporto tra l’Autorità ed il Parlamento nonché, al tempo stesso, uno degli elementi costitutivi dell’indipendenza ed autonomia della stessa, in quanto chiaro segno della sua diretta derivazione dallo Stato-ordinamento.

In ossequio a tale suo carattere costitutivo, l’Autorità segnala al Parlamento ed al Governo, con apposita comunicazione, fenomeni particolarmente gravi di inosservanza o di applicazione distorta della normativa sui contratti pubblici; predispone e invia al Parlamento ed al Governo una relazione annuale nella quale si evidenziano le disfunzioni riscontrate nel settore dei contratti pubblici, con particolare riferimento alla frequenza del ricorso a procedure non concorsuali, alla inadeguatezza della pubblicità degli atti, allo scostamento dei costi standardizzati, alla frequenza del ricorso a sospensioni dell’esecuzione o a varianti in corso di esecuzione, al mancato o tardivo adempimento degli obblighi nei confronti dei concessionari e degli appaltatori e allo sviluppo anomalo del contenzioso.

In tali occasioni, l’Autorità ha da sempre segnalato la necessità di mantenere l’unitarietà del corpus delle disposizioni legislative e, quindi, di mantenere le modifiche e le nuove previsioni legislative che riguardano i contratti pubblici all’interno del codice dei contratti. In tal senso, opportuna ne appare la consultazione ogni qualvolta ci si appresta ad introdurre innovazioni o modifiche all’interno di tale contesto.

Peraltro, la nuova legge di contabilità e finanza pubblica, la legge sul federalismo fiscale e il codice dell’amministrazione digitale, riconoscendo e confermando il ruolo dell’Autorità come banca-dati sui contratti pubblici, la pongono in rapporto con Governo e Parlamento come soggetto terzo fornitore di dati rilevanti sulla spesa pubblica.

Come più volte ricordato, l’Autorità è connotata da indipendenza funzionale, di giudizio e di valutazione e da autonomia organizzativa. Ciò premesso, i rapporti dell’Autorità con il Governo possono essere di quattro tipi.

In primo luogo, l’Autorità può interloquire con il Governo nella sua veste di protagonista dell’attività Legislativa. In tale ambito, l’Autorità può altresì formulare al Governo proposte in ordine alle modifiche occorrenti alla legislazione che disciplina i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture nonché inviare al Ministro delle Infrastrutture e Trasporti proposte per la revisione del relativo regolamento.

Il Governo, poi, è il soggetto che può influire sul finanziamento dell’Autorità, attraverso la legge finanziaria e il bilancio dello Stato. Inoltre, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’Economia e delle Finanze, il Governo determina il trattamento economico spettante ai membri dell’Autorità.

Infine, il Governo assume lo status di soggetto vigilato dall’Autorità ogni qualvolta assume la veste di stazione appaltante.

L’Autorità verifica l’aderenza e la compatibilità della normativa regionale con il codice dei contratti e segnala gli eventuali scostamenti.

Le Regioni e le Province autonome – nonché tutti gli altri enti locali – assumono lo status di soggetti vigilati dall’Autorità quando divengono stazioni appaltanti.

Una peculiarità dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, assente nella struttura delle altre simili Autorità, è costituita dall’articolazione dell’Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, il quale si compone di una sezione centrale e di sezioni regionali aventi sede presso le Regioni e le province autonome. Tale peculiarità organizzativa, oltre a consentire un’efficace presenza dell’Autorità sul territorio, favorisce momenti di confronto, sintesi e mutua collaborazione tra l’Autorità e le realtà regionali.

In tal senso, si può dire che l’Autorità ha salde e forti radici nel tessuto comunitario, con propagini addirittura in campo internazionale, ma produce frutti concreti soprattutto in ambito nazionale non solo centrale ma locale, sia attraverso il continuo e proficuo rapporto con le migliaia di stazione appaltanti pubbliche, sia, per l’appunto, attraverso le sezioni dell’Osservatorio.

Ma, quel che, soprattutto, vuole sottolinearsi è che nell’Autorità di vigilanza, al pari di altre Autorità, si riscontra quella caratteristica, ritenuta anch’essa come propria dell’Istituzione-Autorità, vale a dire quella di essere un centro unitario di riferimento, in un sistema pluriistituzionale, per beni e valori che l’ordinamento intende particolarmente tutelare.

Infine, last but not least, elemento finale dell’accountability dell’Autorità è il mercato.

Volendo offrire un quadro più aggiornato – rispetto a quello reso in occasione dell’ultima relazione annuale, tenutasi al Senato della Repubblica – del mercato nel suo complesso, nel quale si inserisce quello dei lavori pubblici, si può dire che nel corso del 2009 sono state attivate dalle stazioni appaltanti 51.021 gare per un ammontare complessivo posto a base d’asta pari a 79.364 milioni di euro, corrispondente a circa il 6% del PIL dello stesso anno.

La domanda complessiva attivata dai contratti pubblici nel 2009 è cresciuta del 4,8% rispetto all’anno precedente (in termini assoluti è passata da 75.742 milioni di euro a 79.364 milioni di euro). Tale risultato è dovuto esclusivamente agli appalti afferenti ai Settori Speciali che sono aumentati del 23% (in valore assoluto passati da 16.987 milioni di euro a 20.890 milioni di euro) mentre si è registrata una sostanziale stabilità degli appalti banditi nei Settori Ordinari, ridotti solo dello 0,5% (passati da 58.755 milioni di euro a 58.474 milioni di euro).

La distribuzione dell’ammontare per tipologia di contratto evidenzia che la quota relativa agli appalti di Lavori è pari al 40% (24.021 milioni di euro), quella relativa ai Servizi al 33,5% (20.107 milioni di euro) e quella relativa alle Forniture al 25,7% (15.429 milioni di euro).(1)

Nel periodo gennaio – settembre 2009 la domanda complessiva attivata dai contratti pubblici, espressa dall’importo totale delle procedure perfezionate, è cresciuta del 4,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (in termini assoluti è passata da 57.561 milioni di euro a 59.979 milioni di euro). Circostanza che si spiega con il possibile effetto anticiclico degli appalti, con particolare riferimento ai lavori, che sono caratterizzati da una programmazione pluriennale. Tale risultato è dovuto, peraltro, anche agli appalti afferenti ai Settori Speciali incrementati del 21,1% (in valore assoluto passati da 7.793 milioni di euro a 9.437 milioni di euro) mentre gli appalti afferenti ai Settori Ordinari si rileva un aumento dell’1,6% (passati da 49.768 milioni di euro a 50.542 milioni di euro).

In linea teorica, si può dire che il mercato vigilato è pari al complesso della spesa pubblica, dedotto quanto corrisposto per stipendi, trattamenti previdenziali ed interessi: in una parola l’insieme della spesa pubblica per investimenti in lavori, servizi e forniture.

Se si passa ad analizzare l’andamento del fenomeno rispetto alle singole tipologie di contratto (Lavori, Servizi e Forniture) sia nei Settori Ordinari che nei Settori Speciali è opportuno sottolineare che l’incremento complessivo (+4,2%) registrato nei primi nove mesi del 2009 rispetto all’analogo periodo del 2008 è imputabile in gran parte ai Lavori per i quali si rileva un aumento del 10,1% (in termini assoluti di 2.207 milioni di euro), mentre per le Forniture la crescita è stata solo del 2% e per i Servizi non vi è stata una sostanziale variazione, essendo diminuiti dello 0,4%.

All’interno dei Settori Ordinari la domanda generata dagli appalti di Lavori ha registrato un incremento del 6,6% (in valore assoluto pari a 1.346 milioni di euro), confermando l’effetto anticiclico degli appalti di lavori innanzi accennato.

Viceversa si è registrata una diminuzione del 3,4% (-545 milioni di euro) nelle procedure di selezione attinenti i Servizi ed una sostanziale stabilità nelle Forniture per le quali vi è stata una lievissima riduzione dello 0,1% (-16 milioni di euro).

Per quanto riguarda i Settori Speciali nei primi nove mesi del 2009 si è registrata, rispetto allo stesso periodo del 2008, una forte crescita della domanda generata dagli appalti di Lavori aumentati del 62,8%, un incremento pari all’11,2% per i Servizi e pari al 14% per le Forniture.

Le stazioni appaltanti che hanno attivato gare nel corso degli anni risultano essere 13.321, sono localizzate sull’intero territorio nazionale e la maggior parte di esse è di piccole e medie dimensioni.

Relativamente agli aspetti connessi all’offerta di contratti pubblici, occorre effettuare una distinzione con riferimento alle tre tipologie contrattuali di lavori servizi e forniture. In particolare, per lavori pubblici di importo superiore a 150.000 euro la normativa prevede la qualificazione obbligatoria delle imprese di costruzione effettuata ex ante da soggetti privati denominati Società Organismo di Attestazione (SOA). L’intero sistema è vigilato dall’Autorità che tra l’altro autorizza le SOA all’esercizio dell’attività di certificazione. Il numero di SOA attive è attualmente di 33 e nel corso degli anni si è ridotto a seguito di revoche effettuate dall’Autorità e di fusioni tra società. Le imprese qualificate dalle SOA e presenti nel Casellario Informatico dell’Osservatorio sono circa 37.000 imprese.

Con tale mercato l’Autorità è in costante contatto, contatto che si istituzionalizza nel momento in cui, nell’esercizio del suo potere regolatorio ed in funzione di semplificazione del quadro normativo, l’Autorità adotta i suoi atti di regolazione.



6. Linee evolutive: l’Autorità come banca dati e strumento di semplificazione della disciplina del mercato.

Come si è visto, l’Autorità ha una genesi variegata e composita, frutto di diverse esigenze, nazionali, comunitarie ed internazionali, cui essa ha sempre cercato di dare risposte concrete, ricomponendo in un sistema armonico le distinte funzioni che le venivano via via assegnate.

La linea evolutiva che può tracciarsi dall’esame dell’attività dell’Autorità è quella di favorire l’integrazione tra vigilanza e regolazione, accanto alle ulteriori attività di risoluzione del contenzioso e rappresentazione analitica del mercato, delle sue esigenze e delle sue anomalie, così da realizzare un sistema integro e completo, che trovi nell’Autorità il suo punto di equilibrio, con funzioni di soggetto propulsore e facilitatore del sistema, centro di servizi per le imprese e le stazioni appaltanti; tutte le predette finalità poggiano, in ultima analisi, sui due principi fondativi che si possono riassumere nell’espressione “sviluppo della concorrenza attraverso il mantenimento della correttezza”.

In tal senso, l’Autorità ritiene strategico il potenziamento e l’integrazione delle attività dell’Osservatorio. L’Osservatorio assurgerà sempre più ad un ruolo fondamentale all’interno dell’amministrazione, al fine di renderlo fulcro e motore principale della sua azione, anche con riferimento ai rapporti con l’esterno, anche attraverso un miglioramento del sistema di raccolta dei dati disponibili presso altre amministrazioni e organizzazioni dello Stato o Regioni e l’individuazione dei criteri e dei processi di validazione degli stessi, anche attraverso l’incrocio sistematico con banche dati pubbliche.

Ci si propone, quindi, di impostare una strategia di analisi dei dati, così raccolti e validati, che consenta sia di fornire elementi certi di valutazione da parte di tutti gli operatori sia di approfondire studi su fenomeni di particolare interesse nell’ambito del mercato dei contratti pubblici e di evidenziare, in un’ottica di piena trasparenza ed accessibilità, eventuali attività distorsive, al fine di elaborare proposte di soluzione; consolidare una più stretta integrazione e collaborazione fra le strutture dell’Osservatorio e delle Direzioni vigilanza al fine di far sì che i risultati delle attività delle une siano reciprocamente posti a base delle attività delle altre; sviluppare un sistema di correlazioni permanenti fra l’attività di regolazione e quella di analisi e studio dei mercati e del loro funzionamento, sotto gli aspetti economico statistici e strutturali; assicurare prioritariamente, anche attraverso una raccolta di dati mirata, il monitoraggio costante dei contratti relativi alle grandi infrastrutture strategiche individuate dalla legge obiettivo, al fine di consentire all’Autorità di rappresentare, per il Parlamento e le altre istituzioni interessate, il principale interlocutore di riferimento per la verifica sulla loro realizzazione.

In considerazione del fatto che i flussi informativi che caratterizzano il lavoro dell’Autorità sono sempre più il frutto di interazioni in tempo reale con il mondo esterno, l’Autorità sta sempre più enfatizzando il proprio ruolo di Autorità ‘connessa’ attraverso il canale WEB e la cooperazione applicativa con il mondo delle imprese e delle stazioni appaltanti. In tale contesto, si sta consolidando ed accrescendo la capacità dell’Autorità di offrire Servizi innovativi al mercato, alla Pubblica Amministrazione ed ai cittadini, quali ad esempio un sempre migliore servizio di accesso tramite il portale web alle pronunce dell’Autorità nonché alle principali pronunce giurisprudenziali in materia di contratti pubblici, anche attraverso un sistema di classificazione e massimazione delle stesse, che ne garantisca il facile reperimento ed utilizzo nonché l’esaltazione della funzione di garanzia e trasparenza assegnata al casellario informatico dell’Autorità, anche alla luce della normativa comunitaria e della più recente giurisprudenza, garantendo la massima conoscibilità delle informazioni ivi contenute da parte dei soggetti interessati. Inoltre, particolare rilievo viene attribuito all’implementazione delle informazioni ivi contenute, con particolare riferimento ai criteri reputazionali delle imprese, anche in vista della costruzione di sistemi di misurazione del grado di affidabilità degli operatori, anche in un’ottica di miglioramento dell’attuale sistema di qualificazione.

In definitiva, l’Autorità, in qualità di organismo istituzionalmente preposto a vigilare sulla corretta applicazione della normativa, ad irrogare sanzioni e a formulare segnalazioni al Parlamento e al Governo, deva assurgere al ruolo di polo trainante per la diffusione della conoscenza e della corretta applicazione della normativa di settore, delle complesse tematiche del mondo dei contratti pubblici sempre in continua evoluzione, per assicurare la trasparenza nelle relazioni finanziarie fra soggetti pubblici e privati.

Una diversa linea evolutiva che caratterizza l’attività dell’Autorità è quella che nasce dal riscontro circa l’esistenza di due criticità sistemiche che caratterizzano il mercato interno: la iper regolamentazione a monte, l’invasività giudiziaria a valle e da una anomalia ricorrente, costituita dalla legislazione di emergenza.

Riguardo alla citata anomalia ricorrente si fa riferimento ad una preoccupante e variegate legiferazione di emergenza che tramite Ordinanze contingibili e urgenti permettono alle stazioni appaltanti di operare in deroga a numerose disposizioni comprese quelle del Codice degli appalti relative all’Autorità e all’Osservatorio dei contratti pubblici.

E’ il caso questo non solo di calamità naturali, quali quelle del recente sisma d’Abruzzo, ma anche della normativa inerente l’organizzazione di eventi in cui non appare ravvisabile alcuna urgenza, quali i mondiali di nuoto 2009 o l’Expo 2015.

Al riguardo l’Autorità si è già espressa segnalando al Governo l’anomalia (Atto di segnalazione del 2 aprile 2008 – relativamente ai Mondiali di nuoto) e stigmatizzando che tale attività può essere ipotizzata, con opportune cautele, esclusivamente per fronteggiare con poteri straordinari calamità, catastrofi o altri eventi di eccezionale natura. In ogni caso, come evidenziato anche nell’atto di segnalazione, non appare ammissibile la deroga alle disposizioni codicistiche sull’Autorità, in quanto la stessa Autorità, da un lato, non ostacola quelle che sono le finalità sottese dalle ordinanze volte allo snellimento delle procedure di appalto, ma garantisce il rispetto dei principi generali dell’ordinamento che non possono in alcun caso essere derogati e, dall’altro, dall’altro, evita che si creino lacune nel sistema informativo a tutela delle imprese e delle stazioni appaltanti.

La iper-regolamentazione determina un irrigidimento e un’eccessiva burocratizzazione della materia, in un settore – quello dei contratti pubblici – caratterizzato, invece, da un mercato dinamico che richiede, pertanto, strumenti normativi snelli e di agevole applicabilità. Un problema al quale l’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, proprio in quanto organismo di gestione di regole per il mercato, si è dimostrata sensibile, richiamando su di esso, in più di un’occasione, l’attenzione del Governo e del Parlamento. Anche a tal fine, l’Autorità privilegia l’utilizzo dello strumento della regolazione come modalità di completamento dell’ordinamento e risoluzione delle sue criticità.

In considerazione delle peculiarità del mercato e della necessità di stimolarne le spinte dinamiche, appare necessario un arretramento della esorbitante normazione primaria, a vantaggio di disposizioni regolatorie più flessibili; tale opzione regolatoria andrebbe, peraltro, accompagnata da un aumento della potestà sanzionatoria attribuita in capo a questa Autorità. A tal proposito, non può non evidenziarsi come la quasi totale assenza di simili poteri sanzionatori (concessi, invece, con quella che potrebbe configurarsi come un’aporia sistemica, al giudice amministrativo dall’art. 11 dal D.Lgs. 20 marzo 2010, n. 53, di recepimento della cd direttiva ricorsi Direttiva 2007/66/CE) renda oltremodo difficile l’esercizio, da parte dell’Autorità, delle funzioni di vigilanza e regolazione, relegandone la capacità di incidere sul mercato alla categoria delal moral suasion.

Parimenti, l’Autorità ha spesso avuto modo di osservare come l’esistenza dell’enorme contenzioso che le procedure di affidamento e di esecuzione delle opere pubbliche sono solite generare, cui si affianca l’ineludibile e pregiudizievole lentezza del sistema giudiziario, gravi pesantemente sul mercato dei contratti pubblici, aumentandone notevolmente i costi, influendo sui tempi di esecuzione del contratto e, quel che è più rimarchevole, condizionando il modo stesso di essere delle imprese. È questo un segnale preoccupante dal momento che sembra potersi affermare che lo stesso conformarsi dell’impresa ne viene a soffrire frustrando uno dei principali scopi della concorrenza che è quello di favorire l’innovazione, di industriarsi cioè sull’elemento dell’innovazione si che da esso possa derivare la migliore offerta. Invece, l’approdo al quasi immancabile contenzioso, e specie a quello arbitrale, offre un eventuale se non quasi certo salvataggio dall’offerta non congrua.

Medesime considerazioni devono svolgersi per quanto attiene a quella particolare forma di risoluzione delle controversie costituita dall’arbitrato.

I dati elaborati dall’Autorità nel corso degli anni hanno mostrato un maggior costo complessivo delle opere pari al 30%, come conseguenza del contenzioso. Inoltre, in caso di contenzioso, la durata dei lavori, normalmente notevolmente superiore a quella preventivata, aumenta dell’11%.

A tal proposito, l’Autorità ha rilevato che le controversie di maggior valore sono state nella gran parte dei casi decise da collegi arbitrali “liberi” anziché in arbitrati amministrati. Per quanto riguarda l’anno concluso, il 2009, i lodi adottati ammontano a 175: in esito a procedure amministrate sono stati 39, mentre i lodi depositati in esito ad arbitrati liberi sono stati 136.

Da una analisi compiuta su un campione di 60 procedure arbitrali concluse nel medesimo anno l’Autorità ha rilevato, che le controversie di maggior valore sono state nella gran parte dei casi decise da collegi arbitrali “liberi” anziché in arbitrati amministrati. L’entità delle singole controversie è oscillata da un minimo di € 77.000,00 ad un massimo di € 10.000.000,00 negli arbitrati amministrati, mentre negli arbitrati liberi è oscillata da un minimo di € 25.422,00 ad un massimo di € 280.000.000,00.

Per quanto riguarda la soccombenza, la percentuale di soccombenza delle stazioni appaltanti per le spese di funzionamento del collegio è risultata del 66,67% e l’entità della condanna nel merito delle Stazioni appaltanti, esclusi i compensi agli arbitri, le spese legali, CTU e generali, ammonta ad € 111.655.319,00. Sempre da questo campione emerge che la percentuale media della condanna nel merito delle stazioni appaltanti è risultata pari al 31,88% così determinando l’entità della condanna generale delle ad € 115.407.675,00.

Infine, la durata degli arbitrati liberi è in media doppia di quella degli arbitrati amministrati.

Sui compensi degli arbitri l’Autorità aveva suggerito di promuovere una riduzione della spesa mediante riconduzione di tutte le procedure sotto l’egida della Camera arbitrale per i contratti pubblici. La nuova previsione del Decreto legislativo n. 53 citato, ora vede un tetto massimo complessivo di 100mila euro a collegio.

A tal fine, da sempre, l’Autorità è impegnata nell’implementazione e diffusione di due agili strumenti di risoluzione delle controversie nati e sviluppatisi proprio al suo interno: l’arbitrato amministrato ed il c.d. precontenzioso.

In particolare, in più sedi e tra l’altro anche in quella di Audizione presso questa Camera dei Deputati, relativamente al decreto legislativo di recepimento della cd direttiva ricorsi Direttiva 2007/66/CE, l’Autorità aveva chiesto una riflessione sull’opportunità di razionalizzare e rafforzare il “doppio binario” – giudiziario e stragiudiziale–, rendendo più completo e solido il secondo e stabilendo, ove necessario, delle nuove norme di coordinamento fra i due.

In particolare, le proposte in più sedi avanzate dall’Autorità riguardano: l’introduzione, per determinati tipi di contratto o per determinati tipi di progetti, dell’obbligo per le parti (Amministrazione ed impresa) di adire in prima istanza l’Autorità, conferendo ad essa il potere di emettere una decisione vincolante (ex art. 6, comma 7, lett. n) del Codice, ovviamente da modificare) circa le controversie insorte prima dell’aggiudicazione definitiva, nel rispetto del principio del contraddittorio; la decisione avrebbe dovuto essere assunta entro un termine breve, durante il quale doveva essere disposta la sospensione della possibilità di stipulare il contratto; le parti avrebbero potuto, comunque, adire la giustizia amministrativa avverso tale decisione; la soppressione dell’obbligo del versamento dell’acconto per l’avvio dell’arbitrato amministrato; la diversa composizione dell’organo arbitrale secondo l’entità o la complessità della controversia, dalla previsione di un solo arbitro (da nominarsi ovviamente dalla Camera arbitrale) per le controversie di modesta entità, sino a prevedere una composizione di cinque membri per gli arbitrati più complessi, non escludendo la presenza di tecnici nello stesso collegio; una nuova disciplina della Camera arbitrale sempre garantita nella sua autonomia come struttura dell’Autorità, ma chiamando a far parte di essa, oltre che rappresentanti delle istituzioni, i rappresentanti degli altri interessi in gioco, sia pubblici (si pensi al Ministero dell’Economia, alle Regioni, agli Enti locali), sia privati (si pensi ai vari protagonisti dei mercati interessati)”.

Roma, 21 aprile 2010

Luigi Giampaolino

Redazione

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