L’attuazione delle pronunce del Giudice Ordinario

Si riporta di seguito uno stralcio dell’interessante intervento dal titolo ‘Lavoro e giurisdizioni’, tenuto da Laura Renda, giudice della sezione Lavoro della Corte d’Appello di Catania, ad un recente convegno su ‘Il riparto di giurisdizione’.



Sommario


1. Premessa.

2. La pluralità di giurisdizioni.

3. La translatio iudicii nei rapporti tra giudice ordinario e giudice speciale

4. La giurisdizione dell’AGO ed il pubblico impiego privatizzato

5. Procedure concorsuali ed assunzioni; conferimento e revoca di incarichi dirigenziali; questioni di diritto transitorio: cenni

6. L’attuazione delle pronunce del G.O.

7. Conclusioni.



(…)

6. L’attuazione delle pronunce del G.O.



Un ultimo spunto di riflessione in tema di attuazione della riconosciuta tutela, poiché va – oserei dire storicamente – riconosciuto che il puncutm dolens della tematica in esame emerge nel momento della esecuzione delle pronunce del giudice .

Si è a lungo disquisito, pertanto, sulla opportunità di ricorrere al giudizio di ottemperanza, potendo per il tramite del commissario ad acta perseguirsi e raggiungersi l’obiettivo della effettività della tutela; sicchè il giudizio di ottemperanza avrebbe la funzione di completare la tutela offerta dal giudice ordinario, rivestendo il ruolo di modalità principale di tutela quale risarcimento in forma specifica, e rimanendo la tutela risarcitoria per equivalente un’utilità sussidiaria e residuale.

Altri hanno giustamente posto in evidenza che la conservazione dell’esecuzione nella forma del giudizio di ottemperanza significherebbe che il G.O. avrebbe parola solo sul primo frammento della controversia, restando tuttavia l’ultima parola al giudice amministrativo in ipotesi di resistenza dell’amministrazione.

La considerazione invece della scelta del legislatore di precisare che nei rapporti con il dipendente la P.A. opera con i poteri propri del datore di lavoro privato e l’attribuzione, con le limitate eccezioni previste, della giurisdizione al G.O. della materia del pubblico impiego privatizzato fanno propendere per lo più nel senso che gli strumenti esecutivi siano quelli propri del libro terzo del codice civile, non mancando posizioni intermedie, anche della giurisprudenza, alla ricerca del risultato finale concretatesi nella effettività della tutela.

Peraltro la scelta dello strumento dell’attuazione è evidente che determina conseguenze anche sul soggetto in concreto demandato all’esecuzione, da individuarsi nel commissario ad acta nel caso di ricorso al giudizio di ottemperanza, e piuttosto in un ausiliario del giudice, di volta in volta individuabile in considerazione della peculiarità della fattispecie concreta (delle volte designato in persona del segretario comunale o dell’ufficiale giudiziario) in caso di ricorso agli ordinari mezzi di esecuzione.

In ultimo è stato opportunamente evidenziato che a fronte di pronunce di disapplicazione di atti di macro-organizzazione, con ritenuta conseguente perdita di effetti degli atti di gestione correlati, “sembra prefigurarsi la nascita, per via giurisprudenziale, di una sorta di tutela reintegratoria specifica per il pubblico dirigente, limitata alla durata dell’incarico ancora da eseguire e dedotto il periodo dell’illegittima sottrazione, la quale si fonderebbe su una pronuncia incidentale in ordine alla legittimità, o non, del provvedimento di organizzazione e non più sulla qualificazione, pubblica o privata, dell’atto stesso”.

(…)

Il testo integrale dell’intervento è pubblicato nel sito della Giustizia Amministrativa, all’indirizzo:

http://www.giustizia-amministrativa.it/documentazione/studi_contributi/2010_4_Renda_Lavoro_e_giurisdizioni.htm

Redazione

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