Parere n. 61 del 07/05/2009

In via preliminare deve essere esaminata l’eccezione di inammissibilità della procedura di precontenzioso
sollevata dalla Comunità Montana Grand Combin, secondo la quale la logica deflattiva del contenzioso
giurisdizionale propria di tale strumento, disciplinato dall’art. 6, comma 7, lett. n), del D.Lgs. n. 163/2006,
sarebbe stravolta per il fatto stesso che sulle medesime censure sottoposte all’esame di questa Autorità
dall’istante SICEA S.p.A. sono già intervenute due pronunce negative del TAR Valle d’Aosta (sentenza n. 8
del 10 dicembre 2008 e sentenza n. 35 del 18 febbraio 2009).

Si evidenzia, al riguardo, che tale eccezione non può essere accolta, atteso che le questioni sollevate davanti
al TAR Valle d’Aosta, ancorché identiche dal punto di vista dei profili giuridici dibattuti, riguardano
procedure di gara diverse da quella oggetto del presente procedimento, indette, rispettivamente,
dall’Associazione dei Comuni “L’EVE” e dalla Comunità Montana Monte Cervino.
Passando al merito delle censure mosse dall’istante SICEA S.p.A., il punto nodale delle questioni
prospettate, sul quale occorre focalizzare l’attenzione e incentrare la trattazione, è la possibilità o meno per la
ISECO S.p.A. di agire nel libero mercato, partecipando a gare per lo svolgimento di prestazioni, rientranti nel
suo oggetto sociale, a favore di soggetti pubblici o privati, considerato quanto stabilito dall’art. 13, comma 1,
del D.L. n. 223/2006 (c.d. Decreto Bersani), come convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, applicabile
ratione temporis al caso in esame, secondo il quale: “Al fine di evitare alterazioni o distorsioni della
concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli operatori, le società a capitale interamente pubblico
o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e
servizi strumentali all’attività di tali enti in funzione della loro attività, con esclusione dei servizi pubblici locali,
nonché, nei casi consentiti dalla legge, per lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di loro
competenza, devono operare esclusivamente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti, non possono
svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, né in affidamento diretto né con gara, e non
possono partecipare ad altre società o enti. Le società che svolgono l’attività di intermediazione finanziaria
prevista dal testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, sono escluse dal divieto di
partecipazione ad altre società o enti”.

Questa Autorità si è già occupata di alcune problematiche relative all’applicazione della citata disposizione e,
in particolare, con la deliberazione n. 135/2007, di specifico rilievo nel caso in esame, ha esteso il divieto di
svolgere attività extra moenia, espressamente previsto per le società costituite o partecipate dalle
amministrazioni pubbliche regionali e locali, anche alle ipotesi in cui la partecipazione di tali soggetti pubblici
alla società sia meramente indiretta, al fine di evitare che l’applicazione del divieto alle sole partecipazioni
dirette rappresenti un facile strumento di elusione della norma mediante meccanismi di partecipazioni
societarie mediate (in tal senso, cfr. anche parere n. 213 del 31 luglio 2008).
Tale orientamento, peraltro, è condiviso anche dall’interpretazione giurisprudenziale secondo cui le limitazioni
alla capacità di agire operano sia nell’ipotesi di partecipazione diretta sia in quella di partecipazione indiretta
degli enti pubblici a società, non potendosi consentire che attraverso lo schermo della creazione di una società
di secondo grado vengano sostanzialmente elusi i limiti derivanti dalla vigente legislazione (Cons. di Stato,
Sez. VI, sentenza 7 ottobre 2008, n. 4829; TAR Lombardia, Milano, 31 gennaio 2007, n. 140).

Significativa, altresì, è la successiva estensione dell’originario divieto posto alle amministrazioni pubbliche
regionali e locali dal D.L. n. 223/2006 a tutte le amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, operata dal Legislatore con l’art. 3, comma 27, L. 24 dicembre
2007, n. 244 (legge finanziaria 2008), a mezzo del quale è stato rafforzato sia lo sfavor nei confronti del
fenomeno della proliferazione di società pubbliche o miste, già espresso dalla Sezione consultiva del Consiglio
di Stato con parere n. 322 del 25 settembre 2007, sia l’orientamento restrittivo del raggio d’azione delle
società costituite o partecipate dalle amministrazioni regionali e locali, fatta eccezione per i servizi di interesse
generale.

La fattispecie in esame, pertanto, deve essere trattata tenendo conto del quadro normativo applicabile ratione
temporis, nonché dell’orientamento giurisprudenziale e dei precedenti di questa Autorità sopra richiamati,
partendo dall’analisi della peculiare struttura societaria di ISECO S.p.A. nonché del suo oggetto sociale.

Nello specifico, occorre evidenziare che l’applicabilità nel caso in discussione del divieto sancito dal più volte
citato art. 13, comma 1 del D.L. n. 223/2006 non è esclusa dalla circostanza che la ISECO S.p.A. è solo
indirettamente partecipata, nella misura del 20%, dalla Regione Valle d’Aosta tramite la società finanziaria
regionale FINAOSTA S.p.A..

Si deve rilevare, al riguardo, che, l’analisi della Legge Regionale n. 7 del 16 marzo 2006, che detta nuove
disposizioni concernenti la società finanziaria regionale FINAOSTA S.p.A., (istituita ai sensi della Legge
Regionale 28 giugno 1982, n. 16), evidenzia, con riferimento alla sua natura e al suo oggetto sociale, che tale
società finanziaria della Regione Valle d’Aosta “agisce, in considerazione delle finalità perseguite, in qualità di
ente strumentale della Regione” (art. 2, comma 1), “alla Regione è riservata la proprietà del 75 per cento
delle azioni di FINAOSTA S.p.A..” (art. 2, comma 3) e “ha lo scopo di concorrere, nel quadro di una
politica di programmazione regionale, a promuovere e a compiere tutte quelle attività o porre in essere tutti
quegli interventi che, direttamente o indirettamente, favoriscano lo sviluppo socio-economico del territorio
regionale, in armonia con le direttive della Regione” (art. 3, comma 1). Inoltre, con specifico riguardo agli
interventi che la predetta società finanziaria è chiamata a realizzare, dalle disposizioni della citata Legge
Regionale n. 7/2006 emerge che, nell’ambito della gestione ordinaria, ossia relativa ad interventi che la
società pone in essere con mezzi finanziari propri, la stessa può, tra l’altro “d) assumere incarichi di studio, di
consulenza, di assistenza e di gestione, affidati dalla Regione” (art. 5, comma 1, lett. d), e nell’ambito della
gestione speciale, ossia la gestione relativa ad interventi effettuati per conto della Regione, detti interventi
“conseguono ad appositi incarichi conferiti dalla Regione o dagli altri enti senza alcun rischio per FINAOSTA
S.p.A., salvi quelli connessi alla diligenza del mandatario nello svolgimento dell’incarico affidato” (art. 6,
comma 2).

Risulta evidente, pertanto, che la fattispecie oggetto di trattazione assume una particolare connotazione
proprio in considerazione dell’esistenza di una norma di legge che prescrive che l’amministrazione regionale
sia proprietaria, per altro in parte consistente (75%), della FINAOSTA S.p.A., per cui gli interventi posti in
essere dalla società medesima non costituiscono un’attività che l’amministrazione regionale decide liberamente
di assumere, ma un compito che gli viene attribuito per legge, e quindi un’attività propria di tale soggetto
pubblico.

In considerazione di tutto quanto sopra evidenziato, la FINAOSTA S.p.A. rientra in quella categoria di
società a partecipazione pubblica, di cui all’art. 13, comma 1, del D.L. n. 223/2006 “strumentali” alle
amministrazioni pubbliche regionali e locali – ad oggetto sociale esclusivo perché costituite o partecipate da
tali amministrazioni per lo svolgimento di un’attività alle stesse funzionale – delle quali le amministrazioni
medesime potranno avvalersi “direttamente”, senza attivare alcune procedura ad evidenza pubblica.

Ne consegue allora che, nonostante la disamina dello Statuto della ISECO S.p.A. metta in luce l’assenza di
disposizioni da cui possa ricavarsi che tale società non sia destinata ad operare nel mercato in concorrenza,
sia perché il suo oggetto sociale non contiene lo svolgimento di attività di produzione di beni e servizi
strumentali alle attività di amministrazioni pubbliche regionali e locali né lo svolgimento esternalizzato di
funzioni amministrative di loro competenza, sia perché non risulta che tale società riceva affidamenti diretti da
pubbliche amministrazioni, è la circostanza stessa della partecipazione al suo capitale sociale di FINAOSTA
S.p.A., rientrante nel disposto dell’art. 13, comma 1, del D.L. n. 223/2006, a determinare l’applicabilità
anche alla partecipata ISECO S.p.A. dei divieti previsti da detta disposizione del decreto medesimo.

Occorre, infatti, considerare che, secondo l’autorevole lettura che della norma è stata data dalla Corte
Costituzionale con la sentenza del 30 luglio 2008, n. 326, l’art. 13, comma 1, del D.L. n. 223/2006 mira ad
evitare che la medesima società, “che svolge attività amministrativa, eserciti allo stesso tempo attività di
impresa, beneficiando dei privilegi dei quali può godere in quanto pubblica amministrazione. Non è negata né
limitata la libertà di iniziativa economica degli enti territoriali, ma è imposto loro di esercitarla distintamente
dalle proprie funzioni amministrative, rimediando a una frequente commistione, che il legislatore statale ha
reputato distorsiva della concorrenza.”.

Al riguardo, una recentissima pronuncia del Giudice Amministrativo (TAR Sicilia, Palermo, Sez. I, sentenza 7
aprile 2009, n. 785) ha altresì evidenziato che “La norma in questione intende evitare che la medesima società
possa assumere, in forza di affidamenti diretti, servizi rientranti nel disposto del primo comma e, in forza della
partecipazione a pubbliche gare, svolgere altre attività. Tale commistione può essere evitata anche con la
creazione di una diversa società che svolga esclusivamente la produzione di beni e servizi non strumentali
all’attività dell’ente pubblico che ne detiene in tutto o in parte la proprietà, senza fruire di alcun affidamento
diretto, ma non con la creazione di una società di secondo grado che continui a cumulare le due diverse
attività che la norma ha inteso separare”.

Alla luce della ricostruzione proposta, la FINAOSTA S.p.A. rientra nel disposto dell’art. 13 del D.L. n.
223/2006, in quanto società partecipata da amministrazione regionale e creata per lo svolgimento di compiti
propri di tale amministrazione, e, quindi, strumentali all’attività dell’amministrazione stessa. Gli stessi limiti
operativi, proprio per evitare che FINAOSTA S.p.A. eserciti, al tempo stesso, attività amministrativa in
regime protetto e attività di impresa sul libero mercato, non possono non valere anche per la ISECO S.p.A.,
in quanto partecipata dalla FINAOSTA S.p.A.. Conseguentemente, alla ISECO S.p.A. sono applicabili gli
stessi divieti sanciti dal più volte citato art. 13, comma 1 del D.L. n. 223/2006 e la prevista sanzione della
nullità per i contratti conclusi in violazione di detti divieti.
Si rende necessario, peraltro, rilevare che la previsione dell’art. 13, comma 1, ultimo periodo, invocata dalla
controinteressata ISECO S.p.A., secondo la quale “Le società che svolgono l’attività di intermediazione
finanziaria prevista dal testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, sono escluse dal
divieto di partecipazione ad altre società o enti”, comporta solo che alla FINAOSTA S.p.A., in quanto
intermediario finanziario, non è vietato di detenere partecipazioni in altre società o enti, ma non che non siano
applicabili alla stessa, in quanto società partecipata da amministrazione regionale e creata per lo svolgimento
di attività strumentali alla stessa, gli altri divieti previsti dal predetto art. 13 e che gli stessi limiti operativi
valgano, conseguentemente, anche per la partecipata ISECO S.p.A.
Nemmeno può sostenersi, come al contrario ritiene ISECO S.p.A., che il citato art. 13 sia inapplicabile alla
specie perché l’attività svolta dalla controinteressata ha natura di servizio pubblico locale; una tale
qualificazione presuppone infatti una scelta politico-amministrativa da parte di un ente locale circa l’assunzione
di quella attività al fine di soddisfare in modo continuativo obiettive esigenze della collettività (Cons. di Stato,
Sez. V, 3 dicembre 2006, n. 7369), scelta che, come sostenuto anche dalle recenti sentenze del TAR Valle
d’Aosta (sentenza n. 8 del 10 dicembre 2008 e sentenza n. 35 del 18 febbraio 2009) non è ravvisabile nel
caso in esame con riguardo ad alcuna delle attività indicate nell’oggetto sociale di ISECO S.p.A., (in
particolare: gestione di centri di essiccamento del siero latteo; gestione del sistema di trasporto e di raccolta
del siero; commercializzazione della polvere di siero essiccato e di prodotti intermedi; valorizzazione delle
esperienze acquisite nell’esercizio di tali attività; realizzazione di produzioni alternative; costruzione gestione e
manutenzione di impianti per la depurazione di acque reflue e per la depurazione di acque primarie;
laboratorio di analisi e di processo per il trattamento delle acque; gestione del ciclo integrale delle acque;
attività riguardanti servizi idrici integrati; costruzione di centrali idrauliche; costruzione e gestione di impianti
per il trattamento dei liquami urbani e industriali, dei fanghi, dei rifiuti solidi e liquidi urbani, costruzione e
gestione di impianti industriali per l’ecologia).

E’, invece, inconferente il richiamo, da parte dell’istante SICEA S.p.A. all’obbligo per le società miste di
scegliere il socio operativo con procedura ad evidenza pubblica; si tratta infatti di un profilo che attiene al
rapporto interno tra ente locale e socio privato e alle modalità di costituzione della società mista e non al
diverso profilo dei limiti funzionali imposti dall’art. 13 del D.L. n. 223/2006.
Parimenti inconferenti sono: – sia la lamentata violazione dell’art. 3, comma 27 della legge finanziaria 2008, in
quanto, se è vero che tale disposizione introduce il nuovo limite della “necessarietà” dell’attività rispetto al
perseguimento delle finalità istituzionali degli enti partecipanti, la stessa riconosce però che “è sempre
ammessa la costituzione di società che producono servizi di interesse generale” quali sono i servizi elencati
nell’oggetto sociale di ISECO S.p.A.; – sia la paventata violazione dell’art. 23bis del D.L. n. 112/2008,
poiché la predetta società, come già evidenziato, non gestisce né è costituita per gestire servizi pubblici locali;
– sia la presunta violazione degli artt. 81, 87 e 88 del Trattato CE, perché la ISECO S.p.A. ha regolarmente
partecipato alla procedura ad evidenza pubblica di cui trattasi e, in ogni caso, deve escludersi che la stazione
appaltante debba effettuare, in sede di aggiudicazione, provvisoria o definitiva, un controllo sulla sussistenza di
eventuali illeciti anticoncorrenziali, trattandosi di un compito che la normativa di settore affida esclusivamente
all’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato e alle Corti d’Appello territoriali.

E’ infondato, infine, anche il motivo con cui l’istante SICEA S.p.A. lamenta l’illegittimità dell’intera procedura
di gara perché il bando e gli altri documenti di gara non hanno disciplinato tutte le ipotesi di impossibilità per
alcuni soggetti di partecipare alle procedure ad evidenza pubblica in considerazione della loro natura o del
loro oggetto sociale. Infatti, sebbene un richiamo nel bando delle disposizioni ad esse relative sarebbe stato
senz’altro opportuno, le censurate cause di esclusione, in quanto puntualmente definite dal legislatore,
operano indipendentemente dal loro inserimento negli atti di gara.
In base a quanto sopra considerato

Il Consiglio

ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che la partecipazione della ISECO S.p.A. alla procedura di gara per
l’affidamento del servizio di gestione degli impianti di depurazione acque reflue dei comuni comprensorio
Comunità Montana Grand Combin non è conforme ai principi della libera concorrenza e della parità di
trattamento, di cui all’art. 2, comma 1, del D.Lgs. n. 163/2006.

Redazione

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