Osservazioni proposte dai senatori Della Monica e D’Alia
Atti del Senato, 2° Commissione permanente, Giustizia
Roma, 17 giugno 2010
“L’articolo 2, comma 2, della legge n. 94 del 2009 (cosiddetto Pacchetto sicurezza), modificando l’articolo 5-bis del decreto legislativo n. 490 del 1994 (“Disposizioni attuative della legge 17 gennaio 1994, n. 47, in materia di comunicazioni e certificazioni previste dalla normativa antimafia”), ha ampliato l’ambito di intervento dei prefetti in materia di certificazioni e verifiche antimafia, conferendo loro il potere di disporre accessi e accertamenti nei cantieri delle imprese interessate all’esecuzione dei lavori pubblici.
In relazione a tale potere, l’articolo 5-bis (come modificato dalla legge n. 94 del 2009) ha rimesso ad un successivo regolamento governativo la disciplina delle modalità di rilascio della documentazione antimafia nei confronti delle ditte impegnate nelle attività di cantiere oggetto degli accessi in oggetto.
L’attuale sistema di disciplina delle cosiddette certificazioni antimafia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 252 del 1998 (“Regolamento recante norme per la semplificazione dei procedimenti relativi al rilascio delle comunicazioni e delle informazioni antimafia”) colloca il rilascio della documentazione antimafia – distinta in “comunicazioni/certificazioni” e “informazioni” in relazione al valore del contratto – in una fase precedente a quella della stipula del contratto stesso e della conseguente attività esecutiva della prestazione contrattuale.
La “comunicazione/certificazione” è rilasciata su richiesta di parte per gli appalti o i contratti sotto soglia comunitaria (5 milioni di euro per gli appalti; 300mila euro per i contratti di fornitura) ed è solo basata su elementi documentali, ossia sull’assenza dei precedenti penali o di prevenzione di cui all’articolo 10 della legge n. 575 del 65.
L’«informazione» antimafia si applica invece ai contratti cosiddetti sopra soglia e utilizza ulteriori dati informativi e di polizia, che giustifichino atti inibitori alla conclusione del contratto sulla base di elementi fattuali di contiguità o infiltrazione mafiosa dell’impresa.
Tutto ciò, come detto, riguarda la fase precedente alla conclusione del contratto pubblico.
Invece, la norma cui si dà attuazione con il presente regolamento è volta a disciplinare le modalità procedurali con cui i prefetti – a seguito delle risultanze dell’attività svolta dalle forze di polizia presso i cantieri – intervengono nella fase di realizzazione dei lavori, attraverso l’emanazione di provvedimenti antimafia che producono effetti novativi e/o caducatori sulla documentazione antimafia in precedenza rilasciata (e, di conseguenza, sulla prosecuzione del contratto).
Lo strumento utilizzato in questa fase non può essere, allora, che il medesimo previsto per l’«informazione» antimafia ex articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 252 del 1998, con utilizzo di tutti gli strumenti informativi possibili ed acquisiti anche attraverso l’accesso ispettivo diretto al cantiere, realizzato con Gruppi investigativi interforze.
L’articolo 1 del provvedimento individua l’oggetto e l’ambito di applicazione del regolamento: in particolare, esso disciplina le modalità di rilascio delle informazioni concernenti la sussistenza di una delle cause di decadenza, divieto o sospensione del diritto di stipulare contratti con la pubblica amministrazione, nonché le informazioni attestanti i tentativi di infiltrazione mafiosa. È importante precisare che la verifica antimafia è estesa a tutti i soggetti che intervengono, a qualsiasi titolo ed in qualunque fase, alla realizzazione dell’opera, anche con apporti solo intellettuali (es.: consulenti) e che la verifica si può compiere per qualsiasi opera, a prescindere dal valore del contratto, con ciò rendendo generale ex post il controllo più approfondito (ossia quello mutuato dal sistema dell’informazione antimafia, che – come detto – ex ante si applica solo ai contratti sopra soglia).
L’articolo 2 stabilisce che gli accessi sono disposti dal prefetto utilizzando i gruppi interforze (previsti dal decreto ministeriale 14 marzo 2003), che garantiscono la multidisciplinarietà e multicompetenza nella verifica antimafia.
Stabilisce altresì che – nell’effettuare gli accessi e gli accertamenti nei cantieri – occorre tener conto del “contesto ambientale in cui è eseguito il contratto” e che tali accertamenti sono improntati ai criteri di celerità ed efficacia dell’azione amministrativa.
Con riguardo a queste ultime previsioni, occorre segnalare: a) che l’espressione “contesto ambientale” appare atecnica e vaga, non chiarendo in particolare se il contesto ambientale debba essere considerato come una giustificazione ovvero una “aggravante” per l’impresa che si faccia infiltrare (sul punto appare necessario richiedere una riformulazione più precisa dell’inciso); b) le esigenze di celerità dell’accesso non possono essere considerate paritarie rispetto all’efficacia dell’accertamento antimafia: se è vero che l’accesso ispettivo non può bloccare l’attività di cantiere per un lasso indeterminato, o comunque troppo lungo, di tempo, è altrettanto vero che l’esigenza collettiva di evitare le infiltrazioni mafiose sia comunque prevalente, ed anche su questo punto appare necessario richiedere al Governo una riformulazione adeguata della norma.
L’articolo 3 estende il regime delle informazioni a tutte le imprese interessate alla realizzazione dei lavori, disciplinando le modalità con cui il prefetto, sulla base delle risultanze dell’accesso, dispone l’eventuale adozione del provvedimento interdittivo del diritto di contrarre con la pubblica amministrazione. In particolare, è previsto che, entro trenta giorni dall’effettuazione dell’accesso, il gruppo interforze rediga la relazione contenente i dati e le informazioni acquisite nello svolgimento dell’attività ispettiva e la trasmetta al prefetto per le conseguenti valutazioni. Sul punto, appare necessario che la norma sia precisata nel senso che il termine di trenta giorni decorra dalla fine dei complessivi accertamenti disposti dal Prefetto e non dal mero inizio dell’accesso ispettivo (e fatta comunque salva la natura assolutamente ordinatoria dei termini indicati).
Nell’ambito della procedura di accesso, è prevista anche la possibilità di procedere all’audizione dell’interessato: tale sistema, pur comprensibile nella finalità di permettere una forma di contraddittorio anticipato, appare tuttavia pericoloso, potendo permettere all’imprenditore infiltrato dalla mafia di avere contezza anticipata degli elementi nei suoi confronti e di predisporre una difesa strumentale ed artificiosa. Per tale motivo, sembra necessario richiedere la riformulazione della norma nel senso di limitare l’audizione personale a casi limitatissimi e tipizzati, senza che ciò formi oggetto di previsione generale.
Nell’ipotesi di esito positivo dell’accertamento, è previsto che il prefetto emetta, entro quindici giorni dall’acquisizione della relazione del gruppo interforze, l’informazione attestante la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa (anche in tal caso deve essere mantenuta l’assoluta ordinatorietà dei termini).
L’articolo 4 dispone , attraverso un rinvio all’articolo 11, comma 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 252 del 1998, che – per effetto del rilascio dell’informazione prefettizia attestante il tentativo di infiltrazione mafiosa – l’amministrazione interessata possa revocare le autorizzazioni e le concessioni o recedere dai contratti, fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione del rimanente. In considerazione del fatto che la norma a cui si rinvia (articolo 11, comma 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 252 del 1998) disciplina le ipotesi di accertamenti effettuati precedentemente alla stipula dei contratti, ed in particolare attribuisce, in via preventiva, alle amministrazioni una facoltà di recesso o revoca anche in assenza delle informazioni del prefetto, (decorso il termine di quarantacinque giorni dalla ricezione della richiesta, ovvero, nei casi d’urgenza, anche immediatamente dopo la richiesta), sarebbe opportuno in tale sede, e cioè nell’ipotesi di informazioni rilasciate dal Prefetto in sede di esecuzione del contratto che confermano l’infiltrazione mafiosa in atto, prevedere, invece, non più una facoltà, ma un obbligo da parte delle amministrazioni di revoca e recesso.
Infatti, mentre nelle ipotesi previste dal decreto del Presidente della Repubblica n. 252 del 1998 il potere discrezionale dell’amministrazione di recesso o revoca è attribuito in via estensiva e cautelativa persino in assenza delle informazioni del Prefetto, in tale caso, e cioè in presenza di accertate infiltrazioni, prevedere una semplice facoltà dell’amministrazione risulterebbe non solo riduttivo, ma sostanzialmente ingiustificato ed incoerente con le finalità della disciplina in oggetto.
L’articolo 5 regolamenta il procedimento per l’eventuale audizione in contraddittorio dei soggetti interessati. Per questa norma valgono le obiezioni già avanzate sulla generalizzazione dell’istituto dell’audizione personale dell’interessato.
Infine, l’articolo 6 disciplina l’inserimento dei dati acquisiti nel corso degli accessi nei cantieri nella banca dati informatica tenuta dalla D.I.A., nonché l’utilizzo di schede omogenee utilizzabili attraverso l’interconnessione telematica con le Prefetture”.