Il ricorso del Governo contro la legge regionale appalti, 16/2010

Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’1 settembre il testo del ricorso presentato dal Commissario dello Stato contro l’approvazione da parte dell’Assemblea Regionale Siciliana, il 13 luglio scorso, del disegno di legge n. 568 dal titolo «Modifiche ed integrazioni alla normativa regionale in materia di appalti»

Impugnati, in particolare, l’art. 3, comma 1, lett. d), e), f) e g) e l’art. 4, commi 5, 6, 7 e 8 del disegno di legge per violazione dell’art. 14, lett. g) dello Statuto Speciale e dell’art. 117, secondo comma, lett. e) della Costituzione (competenza legislativa statale esclusiva in materia di concorrenza).

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Ricorso per questione di legittimità costituzionale
depositato in cancelleria il 27 luglio 2010
(del Commissario dello Stato per la
Regione Siciliana)

L’Assemblea Regionale Siciliana, nella seduta del 13 luglio 2010,
ha approvato il disegno di legge n. 568 dal titolo «Modifiche ed
integrazioni alla normativa regionale in materia di appalti»,
pervenuto a questo Commissariato dello Stato, ai sensi e per gli
effetti dell’art. 28 dello Statuto speciale, il 16 luglio 2010.

Il provvedimento legislativo, che adegua la disciplina degli
appalti di opere pubbliche alle disposizioni di principio del Codice
dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006,
n. 163, contiene all’articolo 3, comma 1, lett. d), e), f) e g) e
all’art. 4, commi 5, 6, 7 e 8 norme che danno adito a censure di
costituzionalita’.

Prima di prospettare i singoli rilievi si ritiene necessario
delineare, alla luce di quanto affermato da codesta Eccellentissima
Corte, con le sentenze n. 45 e n. 221 del 2010, le linee fondamentali
del riparto delle competenze legislative nel settore degli appalti
pubblici tra Stato e Regione siciliana.

L’art. 14, lett. g) dello Statuto Speciale, approvato con R.D.L. 15 maggio 1946 n. 455 convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, attribuisce alla Regione siciliana competenza esclusiva
in materia di «lavori pubblici, eccettuate le grandi opere pubbliche
di interesse nazionale».

In presenza di siffatta specifica attribuzione, deve pertanto
ritenersi che, non contemplando il novellato Titolo V della parte II
della Costituzione la materia «lavori pubblici» trova applicazione,
in base all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3
recante «Modifiche al Titolo V della parte II della Costituzione», la
previsione statutaria prima citata.

Cio’, tuttavia, come costantemente affermato da codesta Corte (ex
plurimis sentenze n. 431/2007, n. 322/2008 e n. 411/2008), non
comporta che – in relazione alla disciplina dei contratti di appalto
che incidono nel territorio della Regione – la legislazione regionale
sia libera di esplicarsi senza alcun vincolo e che non trovano
applicazione le disposizioni di principio contenute nel prima
menzionato «Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi
e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE».

Il primo comma del medesimo articolo 14 dello Statuto Speciale
sopra citato prevede, infatti, che la competenza esclusiva della
Regione deve essere esercitata nei limiti delle leggi costituzionali
e senza pregiudizio delle riforme economico-sociali.

In questa prospettiva vengono in rilievo in primo luogo i limiti
derivanti dal rispetto dei principi della tutela della concorrenza,
strumentali ad assicurare le liberta’ comunitarie, e quindi le
disposizioni contenute nel Codice degli appalti pubblici che
costituiscono diretta attuazione delle prescrizioni poste a livello
dell’Unione Europea.

Peraltro la Regione siciliana e’ indubbiamente vincolata in base
all’art. 117, 1° comma della Costituzione al rispetto degli obblighi
internazionali ai quali sono riconducibili i principi generali del
diritto comunitario e delle disposizioni contenute nel Trattato del
25 marzo 1957 istitutivo della Comunita’ Europea, ora ridenominato,
dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, Trattato sul
funzionamento dell’Unione Europea, e, in particolare, di quelle che
tutelano la concorrenza (sentenza C.C. n. 45/2010).

Codesta Corte ha altresi’ precisato che la nozione di concorrenza
di cui al secondo comma, lett. e) dell’art. 117 della Costituzione
«non puo’ che riflettere quella operante in ambito comunitario»
(sentenza n. 401 del 2007).

Avuto riguardo al diritto comunitario, devono essere ricomprese
in tale nozione «le disposizioni legislative che perseguono il fine
di assicurare procedure concorsuali di garanzia mediante la
strutturazione di tali procedure in modo da assicurare ”la piu’
ampia apertura del mercato a tutti gli operatori economici”»
(sentenza n. 401/2007).

Nello specifico settore degli appalti vengono altresi’ in rilievo
tutte le disposizioni che «disciplinando la fase prodomica alla
stipulazione del contratto si qualificano per le finalita’ perseguite
di assicurare la concorrenza «per» il mercato e che tendono a
tutelare essenzialmente i principi della libera circolazione delle
merci, della liberta’ di stabilimento e della libera prestazione di
servizi (artt. da 28 a 32, da 34 a 37, da 45 a 54, da 56 a 66 del
Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea)» (sentenza n. 45 del
2010).

Sul punto quindi la Regione siciliana nel dettare norme in
materia di lavori pubblici di interesse regionale, pur esercitando
una competenza esclusiva specificamente attribuita dallo Statuto di
autonomia «deve non di meno rispettare, con riferimento soprattutto
alla disciplina della fase del procedimento amministrativo di
evidenza pubblica, i principi della tutela della concorrenza
strumentali ad assicurare le liberta’ comunitarie e dunque le
disposizioni contenute nel Codice degli appalti che costituiscono
diretta attuazione delle prescrizioni poste al livello europeo» e che
sono espressione dei principi dell’ordinamento giuridico della
Repubblica e delle norme di riforme economico-sociale (sentenza n.
45/2010).

Codesta Corte, inoltre, ha avuto modo di chiarire nella piu’
volte citata sentenza n. 45 del 2010 che al Codice degli appalti
pubblici deve essere riconosciuto il carattere sostanziale di norma
fondamentale di riforma economico‑sociale in quanto ha comportato una
complessiva e profonda innovazion normativa in un settore che assume
importanza nazionale e che richiede l’attuazione di principi uniformi
su tutto il territorio del Paese. «Tali principi comportano, tra
l’altro, l’omogeneita’ e la trasparenza delle procedure, l’uniforme
qualificazione dei soggetti, la libera concorrenza degli operatori in
un mercato senza restrizioni regionali».

Le norme del predetto Codice che attengono, da un lato alla
scelta del contraente (alla procedura di affidamento) e, dall’altro,
al perfezionamento del vincolo negoziale e alla correlata sua
esecuzione, costituiscono un legittimo limite all’esplicarsi della
potesta’ legislativa esclusiva della Regione. Questa quindi si
ritiene non possa adottare, per quanto riguarda la tutela della
concorrenza, una disciplina con contenuti difformi da quella
assicurata dal legislatore statale con il decreto legislativo n. 163
del 2006, in attuazione delle prescrizioni poste dall’U.E. (sentenza
C.C. n. 221/2010).

Codesta Corte ha altresi’ ulteriormente precisato che la
disciplina delle procedure di gara e dei criteri di aggiudicazione
sono riconducibili all’ambito della tutela della concorrenza ex art.
117, secondo comma lett. e) della Costituzione, di esclusiva
competenza dello Stato. «L’esclusivita’ di siffatta competenza si esprime
nell’ammissibilita’ della formulazione da parte del legislatore
statale di una disciplina integrale e dettagliata della richiamata
procedura e nell’inderogabilita’ delle relative disposizioni»
(sentenza n. 431 del 2007).

Alla luce delle suesposte considerazioni, le disposizioni
contenute nell’art. 3, comma 1 lett. d), e), f) e g), e nell’art. 4,
commi 5, 6, 7 e 8 si ritengono costituzionalmente illegittime per
violazione dell’art. 14, lett. g) dello Statuto Speciale e dell’art.
117, comma 2, lett. e) della Costituzione in quanto incidono sulle
procedure di selezione dei concorrenti e di affidamento stabilendo
una disciplina autonoma, in taluni casi anche difforme, da quella
nazionale, cui avrebbero dovuto adeguarsi in materia di tutela della
concorrenza, intervenendo in un settore estraneo alla competenza
legislativa regionale e riservato viceversa, allo Stato.

L’art. 3, comma 1, lett. d) ed f), infatti nel prevedere che non
e’ soggetto a ribasso d’asta il costo del lavoro e nell’escludere
giustificazioni ai fini di quanto disposto dal comma 1-bis 2 inerenti
allo stesso si pone in evidente contrasto con quanto previsto
dall’art. 87, comma 2, lett. g) del Codice degli appalti, che
considera il suddetto costo oggetto di eventuale giustificazione da
parte dell’offerente in caso di offerte anormalmente basse.

Cosi’ come l’art. 3, comma 1, lett. e), palesemente contrasta con
l’art. 86 del Codice degli appalti e con l’art. 55 della Direttiva
europea 2004/18/CE in quanto stabilisce in tema di valutazione
dell’anomalia delle offerte che le giustificazioni siano presentate
dai concorrenti gia’ in sede di gara.

Articoli questi del decreto legislativo n. 163 del 2006 ritenuti
da codesta Corte espressamente vincolanti per le Regioni con le
sentenze n. 431/2007 e n. 322 del 2008.

Infine le disposizioni contenute nell’art. 3, comma 1, lett. g) e
nell’art. 4, commi 5, 6, 7 e 8, sebbene riproducano sostanzialmente
le corrispondenti norme statali di cui all’art. 7, comma 1, lett. e)
del d.P.R. n. 34/2000 e all’art. 11, commi 9, 10, 10-bis e 10-ter del
d.lgs. n. 163 del 2006, cosi’ come modificato dall’art. 1 del d.lgs.
n. 53/2010 in tema rispettivamente di qualificazione e di
aggiudicazione, vertendo entrambi in materia riconducibile alla
concorrenza, cosi’ come chiarito da codesta Corte, sono da ritenersi
di esclusiva competenza dello Stato e precluse a qualsiasi forma
d’intervento del legislatore regionale.

Non puo’ invero ritenersi ammissibile che il legislatore
regionale, privo della competenza nella materia «de qua» per le
ragioni prima esposte, possa operare un sostanziale recepimento delle
disposizioni statali senza pero’ prevedere al contempo che il
recepimento stesso disponga l’indispensabile rinvio dinamico alla
eventuale legislazione nazionale successivamente introdotta, e cio’
al fine di evitare che in tale ipotesi possano essere in vigore
normative difformi «medio tempore» in attesa del necessario
adeguamento alla nuova disciplina.

P. Q. M.

Impugna l’art. 3, comma 1, lett. d), e), f) e g) e l’art. 4,
commi 5, 6, 7 e 8 del disegno di legge n. 568 dal titolo «Modifiche
ed integrazioni alla normativa regionale in materia di appalti»
approvato dall’Assemblea Regionale Siciliana il 13 luglio 2010 per
violazione dell’art. 14, lett. g) dello Statuto Speciale e dell’art.
117, secondo comma, lett. e) della Costituzione.

Palermo, addi’ 21 luglio 2010

Il Commissario dello Stato per la Regione Siciliana:

Lepri Gallerano

Redazione

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