Le partecipazioni in societa’ ed altri organismi da parte di Comuni e Province


La Corte dei Conti, Sezione delle autonomie, con deliberazione n. 14/2010, ha approvato la nuova indagine sul “fenomeno delle partecipazioni in società ed altri organismi da parte di Comuni e Province”.

La relazione conferma – recita il comunicato stampa della stessa Corte – quanto già evidenziato dalla Corte dei conti, sia in sede centrale che regionale, in merito agli aspetti maggiormente critici del fenomeno della partecipazione in organismi da parte degli enti locali, alle ragioni effettive che spesso sottostanno alla sua espansione ed agli effetti sui bilanci degli enti delle inefficienze gestorie frequentemente collegate al fenomeno stesso.

La considerazione di tali aspetti induce, infatti, a ritenere la costituzione e la partecipazione in società quale strumento spesso utilizzato per forzare le regole poste a tutela della concorrenza e sovente finalizzato ad eludere i vincoli di finanza pubblica imposti agli enti locali: argomenti che indubbiamente sottostanno al rigore imposto dal legislatore con la manovra finanziaria per il 2010, oggetto del d.l. 31 maggio 2010, n.78 (art.14, comma 32), da cui sembra derivare, nei confronti delle partecipazioni societarie detenute dai Comuni piccoli e medio- piccoli, che vengono vietate quasi completamente, un ridimensionamento ancora più marcato rispetto a quello già previsto dal vigente quadro normativo (i Comuni interessati dalla norma sono 7797 con popolazione inferiore a 30.000 abitanti e 160 con popolazione tra 30.000 e 50.000 …)

Al di là degli effetti delle ultime disposizioni, che potrebbero essere modificate in sede di conversione, va comunque rilevata la ricaduta in termini di responsabilità organizzative, gestionali, contabili, economiche e finanziarie che investe gli enti locali di maggiori dimensioni, per effetto del rinnovato ruolo che essi rivestono nel territorio.

La funzione di regolatore nel settore dei servizi pubblici non può più intendersi limitata, per l’ente locale, alla verifica dell’economicità nella resa del servizio (peraltro, spesso carente) ma deve ritenersi anche estesa all’accertamento della compatibilità del sistema locale con un quadro normativo di riferimento articolato e stringente.

E’ pertanto necessario che l’ente predisponga strumenti di direzione e controllo del fenomeno adeguati anche a garantire il costante rispetto della legge, a partire dall’affidamento e gestione del servizio, la cui disciplina (almeno per quanto riguarda i servizi pubblici locali a rilevanza economica) appare ormai quasi del tutto definita”.

I dati presi in considerazione nell’indagine sono riferiti all’arco temporale 2005/2008.

Si riportano di seguito le considerazioni conclusive e di sintesi (il testo integrale è disponibile qui, mentre il testo della precedente relazione, approvata con delibera 13/2008 è reperibile qui).

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Corte dei Conti

Sezione delle Autonomie

Delibera 30 giugno 2010 n. 14/2010

(Pres. T. Lazzaro – Rel. C. Barisano)



Indagine sul fenomeno delle partecipazioni in società ed altri organismi da parte di comuni e province

(…)

Considerazioni conclusive e di sintesi



Trova qui ulteriore conferma- e non necessita di essere ribadito – quanto già evidenziato nella precedente relazione del 2008 e quanto la Corte dei conti ha già esposto in occasione dell’Audizione al Parlamento sulla finanza locale del 20 gennaio 2010 in merito agli aspetti maggiormente critici del fenomeno della partecipazione in organismi da parte degli enti locali, alle ragioni effettive che spesso sottostanno alla sua espansione ed agli effetti sui bilanci degli enti delle inefficienze gestorie frequentemente collegate al fenomeno stesso.

Ed é proprio in considerazione di tali aspetti, che inducono a ritenere la costituzione e la partecipazione in società quale strumento spesso utilizzato per forzare le regole poste a tutela della concorrenza e sovente finalizzato ad eludere i vincoli di finanza pubblica imposti agli enti locali, che il legislatore, con la manovra finanziaria per il 2010, oggetto del d.l. 31 maggio 2010, n.78, sembra avere, tra l’altro, imposto al fenomeno delle partecipazioni societarie detenute dai Comuni un ridimensionamento ancora più marcato rispetto a quello già previsto dal vigente quadro normativo12, soprattutto con riferimento ai Comuni piccoli e medio-piccoli.

Rimane, comunque, di grande rilevanza, e non può non essere sottolineata, la ricaduta in termini di responsabilità organizzative, gestionali, contabili, economiche e finanziarie che investe gli enti locali di maggiori dimensioni (Province e Comuni grandi e medio-grandi), per effetto del rinnovato ruolo che essi rivestono nel territorio. Quali centri di governo del sistema delle partecipazioni, tali enti locali rappresentano il punto di riferimento e di garanzia del rispetto delle regole che governano il sistema stesso, ed in detta veste devono essere in grado di operare.

Il ruolo di regolatore nel settore dei servizi pubblici non può più intendersi limitato, per l’ente locale, alla verifica dell’economicità nella resa del servizio (peraltro, spesso carente) ma deve ritenersi esteso all’accertamento della compatibilità del sistema locale con un quadro normativo di riferimento articolato e stringente.

Se, infatti, all’ente locale da un lato la collettività chiede servizi svolti secondo parametri di efficacia ed efficienza, dall’altro il legislatore chiede il rispetto di vincoli ben precisi, che attengono sia all’attività dell’ente locale (obbligo dell’inerenza dell’oggetto dell’organismo societario alle proprie finalità istituzionali od all’interesse generale, obbligo di assicurare l’adeguatezza dell’assetto strutturale societario) che alla sfera d’azione e funzionamento dell’organismo societario (vincoli alle società strumentali, limiti finanziari e quantitativi ai componenti dei consigli d’amministrazione, obblighi nel reclutamento del personale e nel conferimento di incarichi, divieti o limitazioni alle assunzioni di personale, sottoposizione alla normativa pubblicistica in materia di costo del personale ed in materia di consulenze, assoggettamento al patto di stabilità).

Il sistema di governance del fenomeno delle partecipazioni societarie adottato dagli enti locali va certamente inteso in senso ampio, dovendo l’ente rispondere alla richiesta di servizi pubblici tanto in termini di efficacia ed efficienza quanto di regolarità, correttezza e legalità.

È pertanto necessario che l’ente predisponga strumenti di direzione e controllo del fenomeno adeguati anche a garantire il costante rispetto della legge, a partire dall’affidamento e gestione del servizio, la cui disciplina (almeno per quanto riguarda i servizi pubblici locali a rilevanza economica) appare ormai quasi del tutto definita.

Peraltro, disegni di legge in corso prevedono che il sistema dei controlli interni all’ente locale sia totalmente riformato sia sotto il profilo complessivo che con specifico riferimento ai controlli sulle società partecipate.

Se, come si auspica, l’iter formativo delle leggi in questione avrà esito positivo, l’ente locale interessato avrà l’obbligo di definire preventivamente gli obiettivi gestionali a cui devono tendere le società partecipate e di organizzare sistemi informativi adeguati a rilevare l’intera attività finanziaria, organizzativa, gestionale e contabile delle società che consentano il monitoraggio periodico sul loro andamento.

A questo si affiancherà un nuovo controllo sulla qualità dei servizi erogati sia direttamente che indirettamente dall’ente.

Sembrerebbe, così, recepito l’assunto che la verifica dell’efficacia ed efficienza delle società pubbliche non possa che inquadrarsi all’interno della politica di programmazione posta in essere dal socio pubblico, di cui le società costituiscono uno strumento di attuazione.

E, peraltro, un coerente sistema informativo e di controllo è necessario al fine di rendere più trasparente e flessibile lo strumento societario stesso, anche in funzione dell’accrescimento della soddisfazione dell’utenza e della comunicazione con i cittadini.

Ma l’approdo fondamentale della normativa in itinere, destinato ad imprimere una svolta essenziale al sistema delle relazioni contabili tra ente locale e società partecipate, è rappresentato dalla previsione, nella normativa in corso, dell’obbligo per le Province e per i Comuni con più di 5000 abitanti dell’adozione del bilancio consolidato da redigere secondo il modello contabile di competenza economica.

Secondo quanto più volte richiesto dalla Corte dei conti, il bilancio consolidato non sarà più oggetto di mera facoltà, come già previsto nel TUEL, bensì di un preciso obbligo imposto in via normativa all’ente locale.

L’adozione di forme di consolidamento dei conti genera implicazioni fondamentali in due ambiti ben precisi: quello dei sistemi contabili e quello della documentazione e informazione.

Va da subito messo in chiara evidenza che l’effettiva realizzabilità del consolidamento dei conti non può andare disgiunta da una revisione complessiva del sistema contabile locale, improntata a consentire una significativa scomponibilità degli aggregati, essendo sostanzialmente impossibile cogliere dai bilanci degli enti locali informazioni disaggregate (e quindi consolidabili) sulla gestione degli organismi partecipati.

Come è illustrato nel testo, le maggiori difficoltà di lettura si riscontrano quando le norme concernenti le unità elementari e gli aggregati di bilancio fanno riferimento a contenitori generici, comportando un più frequente ricorso a voci di bilancio non specifiche o residuali (es. proventi diversi, trasferimenti, ecc.). Laddove, invece, il dettato normativo appare più preciso (es. utili netti delle aziende speciali e partecipate e dividendi di società), l’allocazione in bilancio è di regola abbastanza omogenea e la lettura più immediata.

A legislazione vigente, è pertanto essenziale che, quanto meno, sia rispettato quanto dispone il TUEL e quanto previsto nei principi contabili per gli enti locali circa gli obblighi informativi sulle partecipazioni.

E’ noto che uno degli ostacoli più difficili da superare nel consolidamento dei conti è dato dalla coesistenza all’interno del “gruppo ente locale” (ente-società partecipate) di sistemi contabili differenti: finanziario ed economico.

Di fatto tale situazione impedisce sia una lettura analitica che complessiva delle gestioni, una loro rendicontazione efficace ed una adeguata confrontabilità.

A questi fini, di grande ausilio sarebbe l’adozione di un piano dei conti unico costruito in modo da mettere in evidenza le caratteristiche distintive delle categorie contabili, in particolare di quelle che maggiormente richiamano l’attenzione del legislatore, soprattutto con riferimento ai vincoli di spesa (consulenze, personale, compensi, debito, perdite), e da rendere confrontabili e significative anche le numerose voci di spesa di carattere complessivo e residuale, riscontrabili sia nel rendiconto che nel conto economico.

Anche l’eventuale previsione di documenti di contabilità finanziaria nella gestione societaria attenuerebbe le difficoltà derivanti dalla coesistenza di sistemi contabili diversi all’interno del gruppo ente locale. Pur se è generalmente riconosciuta la maggiore adeguatezza del modello di contabilità generale a rispondere alle esigenze di accountability, non può non essere considerata l’ulteriore valenza informativa che caratterizza i documenti contabili di tipo finanziario adottati in ambito pubblico.

Estendere anche alle società partecipate l’adozione di consuntivi finanziari renderebbe più chiaramente tracciabili i flussi finanziari all’interno del “gruppo ente locale” e faciliterebbe la verifica del rispetto dei vincoli finanziari imposti alla finanza pubblica (es. in materia di indebitamento o di patto di stabilità).

E’ su una documentazione contabile esaustiva e chiara e su un’adeguata circolazione di informazioni che deve fondarsi il sistema di governo del “gruppo ente locale”.

E se i documenti contabili dell’ente locale non risultano sufficientemente analitici e dovrebbero essere opportunamente ripensati, anche quelli societari meritano senz’altro qualche riflessione. Non sembra, in particolare, che l’utilizzo del bilancio in forma abbreviata nelle società partecipate risponda in maniera idonea alle esigenze di consolidamento di conti e di adeguatezza informativa. La ragione che ne giustifica l’esistenza in ambito civilistico diventa recessiva quando socio è una pubblica amministrazione, ente esponenziale di una determinata collettività.

A prescindere dalle dimensioni societarie, il mancato coinvolgimento nella gestione dei principali stakeholder (i cittadini) lascia disattesa l’esigenza di un’informazione completa e trasparente, che non è sufficientemente soddisfatta da forme abbreviate di bilancio.

Risulterebbe anche particolarmente utile prevedere l’adozione da parte societaria di documenti previsionali e programmatici. Questi, che potrebbero affiancarsi al budget o costituirne uno specifico sviluppo, costituirebbero uno strumento essenziale per la conoscenza su base prospettica delle scelte economiche e per la valutazione della loro sostenibilità, soprattutto utile quando la separazione gestionale tra soci e amministratori è più netta, come nelle società per azioni.

Redazione

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