Sul divieto di costituire nuove società pubbliche

Il rapporto tra la norma posta dall’art. 14, comma 32 del D. L. 78/10 e la norma dell’art. 23 bis, comma 8 lett. a) del D.L. 112/08 deve essere ricostruito in termini di specialità in quanto mentre la prima ha ad oggetto, indistintamente, tutti gli enti societari partecipati dai Comuni, la seconda si riferisce alle sole società in house affidatarie di servizi pubblici locali.



Questa la tesi della Corte dei conti, sezione controllo per la Puglia, chiamata a pronunziarsi sulla corretta applicazione dell’art. 14, comma 32 del Decreto Legge 78/2010 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita’ economica), che così prevede:



32. Fermo quanto previsto dall’art. 3, commi 27, 28 e 29, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, i comuni con popolazione inferiore a 30.000 abitanti non possono costituire societa’. Entro il 31 dicembre 2011 i comuni mettono in liquidazione le societa’ gia’ costituite alla data di entrata in vigore del presente decreto, ovvero ne cedono le partecipazioni. La disposizione di cui al presente comma non si applica alle societa’, con partecipazione paritaria ovvero con partecipazione proporzionale al numero degli abitanti, costituite da piu’ comuni la cui popolazione complessiva superi i 30.000 abitanti; i comuni con popolazione compresa tra 30.000 e 50.000 abitanti possono detenere la partecipazione di una sola societa’; entro il 31 dicembre 2011 i predetto comuni

mettono in liquidazione le altre societa’ gia’ costituite. Con decreto del Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze e per le riforme per il federalismo, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono determinate le modalita’ attuative del presente comma nonche’ ulteriori ipotesi di esclusione dal relativo ambito di applicazione.

. . . . . .

Corte dei conti

Sezione Regionale di Controllo per la Puglia



Deliberazione n. 56/PAR/2010



(presidente Lomazzi, relatore Di Marco)



(…)



Considerato in

FATTO

Il comune di San Giorgio Jonico (LE), con la nota indicata in epigrafe, ha formulato, ai sensi dell’articolo 7, comma 8, della legge n. 131 del 2003, richiesta di parere inerente la corretta applicazione dell’art. 14, comma 32 del Decreto Legge 78/2010.

Il Comune di San Giorgio Jonico detiene l’intero capitale di un ente societario che gestisce il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani all’intero del territorio comunale in forza di affidamento in house.

Premesso quanto sopra, il Comune chiede di sapere se l’art. 14, comma 32 del D. L. 78/10 – ai sensi del quale i Comuni con popolazione inferiore a 30.000 abitanti non possono costituire nuove società pubbliche e devono procedere alla liquidazione di quelle già costituite entro il 31.12.2010 – si applichi solo alle società commerciali costituite o partecipate dagli enti locali per il raggiungimento dei fini istituzionali soggette alle disposizioni di cui all’art. 3, comma 27 e ss. della Legge 244/07, ovvero anche alle società che svolgono servizi pubblici locali soggette alla disciplina dell’art. 23 bis del D. L. 112/08.

DIRITTO



1. La funzione consultiva delle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti è prevista dall’art. 7, comma 8, della Legge n. 131/2003 che dispone che le regioni, i comuni, le province e le città metropolitane possono chiedere alle dette Sezioni regionali di controllo pareri in materia di contabilità pubblica. Preliminarmente occorre verificare la sussistenza dei requisiti soggettivi e oggettivi di ammissibilità della richiesta di parere.

2. Sotto il profilo soggettivo la richiesta di parere in esame è stata formalizzata dal sindaco del Comune e quindi dall’organo che ai sensi dell’art. 50 del TUEL ha la rappresentanza legale dell’ente ed è pertanto ammissibile sotto il profilo soggettivo.

Non può al riguardo ritenersi di ostacolo a detta ricevibilità la mancanza nella Regione Puglia del Consiglio delle Autonomie Locali, organo di consultazione tra la Regione stessa e gli Enti locali – previsto dall’art. 123 della Costituzione, come modificato dalla Legge Costituzionale n. 3 del 18/10/2001 – con funzione di filtro per le richieste di parere da sottoporre alle Sezioni Regionali di controllo dal momento che tale organo, pur se istituito nella Regione Puglia ai sensi della L. R. n. 29 del 26 ottobre 2007 non risulta ancora operante.

3. Sotto il profilo oggettivo si rileva innanzitutto che i quesiti posti non sono riferiti a provvedimenti già adottati e non interferiscono con altre funzioni intestate alla Corte, né con eventuali giudizi in corso ovvero con scelte gestionali di esclusiva competenza degli amministratori.

Occorre peraltro verificare se le questioni afferiscano alla materia della “contabilità pubblica” atteso che l’esercizio della funzione consultiva della Corte, ai sensi dell’art. 7, comma 7 della L. 131/03 può esercitarsi soltanto entro i limiti della predetta “materia”.

Alla luce dei principi enucleati dalla Sezione Autonomie con l’atto di indirizzo del 27 aprile 2004 e con la deliberazione n. 5/2006 si deve ritenere che la questione in esame rientra nell’ambito della contabilità pubblica poiché le operazioni di dismissione da parte degli enti locali delle partecipazioni al capitale di società pubbliche non soltanto incidono in modo significativo sul patrimonio degli enti proprietari, ma costituiscono anche un efficace strumento ai fini del contenimento della spesa corrente e del conseguente miglioramento dei saldi di bilancio.

Inoltre, poiché l’obiettivo del contenimento della spesa pubblica corrente rientra nella finalità generale del coordinamento finanziario – cui la Corte dei Conti partecipa anche mediante l’elaborazione di un rapporto annuale sul coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell’art. 3, comma 65 della Legge 244/07 – i quesiti inerenti la corretta applicazione delle disposizioni di legge attraverso cui, concretamente, lo Stato realizza tale coordinamento possono costituire oggetto di richiesta di parere ai sensi dell’art. 7, comma 8 della L. 131/03.

4. L’art. 14, comma 32 del D. L. 78/10 – in corso di conversione – stabilisce, nella parte che qui interessa che “Fermo restando quanto previsto dall’art. 3, commi 27, 28 e 29 della Legge 24 dicembre 2007, n. 244, i comuni con popolazione inferiore a 30.000 abitanti non possono costituire società. Entro il 31 dicembre 20010 i comuni mettono in liquidazione le società già costituite alla data di entrata in vigore del presente decreto, ovvero ne cedono le partecipazioni.”

Ai sensi della norma in esame i Comuni con popolazione inferiore a 30.000 abitanti devono provvedere alla messa in liquidazione delle società partecipate ovvero alla cessione delle quote detenute entro la data del 31 dicembre 2010.

L’ambito oggettivo della norma si presenta immediatamente di portata molto ampia perché si rivolge indistintamente a tutte le società partecipate, senza alcuna distinzione in relazione al settore di attività in cui operano ovvero alla circostanza che esse abbiano proceduto all’emissione di strumenti finanziari quotati su mercati regolamentati. Da ciò derivano problemi di coordinamento con le precedenti disposizioni normative in tema di dismissioni societarie con particolare riferimento, in relazione all’oggetto del presente quesito, all’art. 23 bis del D.L. 112/08 introdotto dalla legge di conversione 6 agosto 2008, n. 133.

Infatti il comma 8, lettera a), dell’art. 23 bis, nel disciplinare il regime transitorio degli affidamenti dei servizi pubblici locali non conformi alla nuova disciplina generale, stabilisce che le gestioni in essere alla data del 22 agosto 2008 affidate conformemente ai principi comunitari in materia di cosiddetta “in house” cessano, improrogabilmente e senza necessità di deliberazione alla data del 31.12.2011 ovvero alla scadenza prevista dal contratto di servizio a condizione che entro la data del 31.12.2011 sia stato ceduto almeno il 40% del capitale sociale mediante procedura competitiva ad evidenza pubblica.

Pertanto le società in house che intendono proseguire lo svolgimento dei servizi di cui sono affidatarie fino alla data di scadenza del contratto di servizio devono avviare le procedure per la cessione del 40% del capitale sociale entro il 31.12.2011.

Decorso infruttuosamente tale termine le gestioni cessano ipso iure.

L’antinomia tra la scadenza del 31.12.2010 (fissata dall’art. 14 del D.L. 78/10) e quella del 31.12.2011 (fissata dall’art. 23 bis del D.L. 112/08) deve essere risolta facendo applicazione dei tradizionali criteri ermeneutici che regolano il rapporto tra fonti normative di pari grado.

Tale rapporto è normalmente regolato in base al criterio cronologico in base al quale lex posterior derogat priori, salvo che la relazione tra le norme in conflitto sia di specialità poiché in questi casi trova sempre applicazione la norma speciale conformemente al brocardo lex specialis derogat legi generali.

La norma si definisce speciale quando contiene, oltre agli elementi compresi nelle fattispecie generale, anche degli ulteriori elementi c.d. specializzanti, così da porsi rispetto alla norma generale in relazione di specie a genere.

Il rapporto tra la norma posta dall’art. 14, comma 32 del D. L. 78/10 e la norma dell’art. 23 bis, comma 8 lett. a) del D.L. 112/08 deve essere ricostruito in termini di specialità in quanto mentre la prima ha ad oggetto, indistintamente, tutti gli enti societari partecipati dai Comuni, la seconda si riferisce alle sole società in house affidatarie di servizi pubblici locali.

Pertanto in applicazione del principio di specialità il Collegio ritiene che le società in house che gestiscono servizi pubblici locali rimangono soggette al regime transitorio stabilito dall’art. 8, lettera a) del D.L. 112/08 e conseguentemente, qualora intendano conservare l’affidamento fino alla data di naturale scadenza del contratto di servizio, devono avviare le procedure per la cessione del 40% del capitale sociale entro il 31.12.2011.

Tale conclusione, che comporta l’applicazione alle società in house di una disciplina delle dismissioni diversa rispetto a quella delle altre società partecipate, trova peraltro conferma nella differente ratio legis che ha ispirato il legislatore del Decreto 78/10.

Infatti, nella materia dei servizi pubblici locali la cessione delle quote societarie è finalizzata, così come esplicitamente enunciato dall’art. 23 bis, a favorire la più ampia diffusione dei principi comunitari di concorrenza, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi di tutti gli operatori economici, ed a garantire il diritto di tutti gli utenti alla universalità ed accessibilità dei servizi pubblici locali ed al livello essenziale delle prestazioni, ai sensi dell’ articolo 117, secondo comma, lettere e) e m), della Costituzione, assicurando un adeguato livello di tutela degli utenti, secondo i principi di sussidiarietà, proporzionalità e leale cooperazione.

Ne deriva che la disciplina dei servizi pubblici locali (ed il relativo regime transitorio che introduce – per gli affidamenti in house – l’obbligo di cessione del 40% del capitale entro il 31.12.2011) è il risultato del contemperamento tra i principi in materia di concorrenza e mercato, e le esigenze di tutela degli utenti–consumatori a cui devono essere garantiti l’universalità e l’accessibilità dei servizi pubblici nonché il livello minimo essenziale delle prestazioni tutte le volte in cui tali servizi afferiscono al godimento dei fondamentali diritti civili e sociali.

Diversamente, le norme introdotte dal D.L. 78/2010 recante “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”, così come desumibile anche dalla loro collocazione sistematica all’interno dell’art. 14 dedicato al patto di stabilità di stabilità e ad altre misure di carattere finanziario, perseguono esclusivamente obiettivi finanziari individuabili nel contenimento delle spese pubbliche e nel conseguente miglioramento dei saldi di bilancio.

P.Q.M.

nei termini di cui in motivazione è il parere della Corte dei Conti, Sezione regionale di controllo per la Regione Puglia.

Così deliberato in Bari, nella Camera di Consiglio del 7 e 8 luglio 2010. Depositata in segreteria l’8 luglio 2010

Redazione

Lo studio legale Giurdanella & Partners dedica, tutti i giorni, una piccola parte del proprio tempo all'aggiornamento del sito web della rivista. E' un'attività iniziata quasi per gioco agli albori di internet e che non cessa mai di entusiasmarci. E' anche l'occasione per restituire alla rete una parte di tutto quello che essa ci ha dato in questi anni. I giovani bravi sono sempre i benvenuti nel nostro studio legale. Per uno stage o per iniziare la pratica professionale presso lo studio, scriveteci o mandate il vostro cv a segreteria@giurdanella.it