La Circolare di de Lise sul Codice del Processo Amministrativo

Presidente del Consiglio di Stato

Nota del 27 settembre 2010 n. 19508 di protocollo



Oggetto: Codice del processo amministrativo

Ai signori Presidenti delle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato

Al Signor Presidente del Consiglio di giustizia amministrativa della Regione siciliana

Ai Signori Presidenti dei Tribunali amministrativi regionali e Loro Sezioni staccate

Mi sono state segnalate alcune prime difficoltà interpretative riguardanti disposizioni contenute nel Codice del processo amministrativo.

Al riguardo, pur essendo evidente che la relativa soluzione è demandata alla competenza degli organi giudicanti, ritengo comunque utile far conoscere taluni possibili orientamenti ermeneutici.

Una prima questione – evidenziata dalla Società italiana e dalla Associazione veneta degli avvocati amministrativisti – riguarda la disposizione transitoria dettata dell’art. 2 dell’all.to 3 al d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, la quale prevede che per i termini che sono in corso alla data di entrata in vigore del Codice del processo amministrativo continuano a trovare applicazione le norme previgenti.

E’ stato rilevato che il problema potrebbe presentarsi per i termini che si calcolano a ritroso e, in particolare, per quelli relativi al deposito di documenti, memorie e repliche per i quali l’art. 73, comma 1, c.p.a., mutando la previgente disciplina ha previsto che si possono produrre documenti fino a quaranta giorni liberi prima dell’udienza, memorie fino a trenta giorni liberi e repliche fino a venti giorni liberi.

Al fine di risolvere la questione prospettata occorre tener conto che nel processo amministrativo documenti, memorie e repliche fanno parte di un’unica sequenza procedimentale, con la conseguenza che i relativi depositi devono essere soggetti ad una disciplina unitaria. Corollario obbligato di tale premessa è che per individuare quali sono i “termini in corso” è necessario fare riferimento al primo elemento di tale segmento.

In merito la soluzione più plausibile sembra quella di applicare la nuova disciplina introdotta dal Codice del processo amministrativo con riferimento al deposito dei documenti relativi a ricorsi la cui udienza di merito è stata fissata ad una data tale che l’intervallo temporale tra la data di avviso e la dati di udienza ricomprenda l’intero termine di quaranta giorni, previsto dal Codice per il deposito, rispettivamente, delle memorie e delle repliche. Tale intervallo temporale altro non è che quello di sessanta giorni previsto dall’art. 71, comma 5, del Codice, da calcolare a decorrere dalla data di entrata in vigore del Codice. Dunque, per le udienze celebrate dopo il 16 settembre 2010, ma prima dello scadere dei sessanta giorni decorrenti dalla predetta data, continua a trovare applicazione la pregressa disciplina e, quindi, i termini di venti e dieci giorni per il deposito, rispettivamente, dei documenti e delle memorie e con esclusione della possibilità di presentare le repliche, non previste nella pregressa disciplina.

Detta conclusione si estende a tutti i riti speciali con termini dimezzati, computando naturalmente trenta giorni, in luogo dei sessanta, con decorrenza dal 16 settembre 2010.

Non sembra, peraltro, che l’applicazione di questa regola trovi ostacolo nella circostanza che, in relazione alle udienze fissate con decreto anteriore alla data di entrata in vigore del Codice, potrebbero essere stati trasmessi dalle Segreterie avvisi di fissazione contenenti l’indicazione dei termini previsti dall’art. 23, comma 4, l. 6 dicembre 1971, n. 1034.

Deve infatti ritenersi che l’unica deroga all’entrata in vigore, il 16 settembre 2010, delle nuove disposizioni introdotte dal c.p.a. È dettata dall’art. 2 dell’all.to 3 al d.lgs. n. 104 del 2010 (salvo, naturalmente, quanto previsto per il giudizio di appello dal successivo art. 3) e non è consentito all’interprete di aggiungere ad essa l’ipotesi di una comunicazione di Segreteria che, in quanto inviata prima del 16 settembre 2010, riporti prestampato l’indicazione dei termini relativi alla pregressa disciplina.

Aggiungasi che ove detta (erronea) indicazione ingenerasse equivoci per i difensori delle parti, il Collegio ben potrà valutare l’applicazione dell’istituto dell’errore scusabile ex art. 37 c.p.a..

Una seconda questione riguarda la portata del comma 2 dell’art. 5 dell’all.to 2 al d.lgs. n. 104 del 2010.

In merito, ritengo, in primo luogo, che il riferimento al termine “atti”, in contrapposizione a quello di “atti” e “documenti” utilizzato nei commi 1 e 4 della stessa norma, renda evidente che il richiesto deposito in numero di copie corrispondente ai componenti del collegio e alle altre parti costituite non si estenda anche ai documenti, ma attenga solo al ricorso (principale e incidentale) ai motivi aggiunti e a tutti gli altri scritti difensivi.

Sembra altresì che la produzione di un numeri di copie inferiore a quelle prescritte dalla citata norma non possa essere intesa a pena di inammissibilità o irricevibilità dello scritto, ma dovrà essere di volta in volta valutata dal Collegio giudicante nella sua saggezza, come possibile motivo di rinvio della trattazione della causa. Deve infatti essere in ogni caso garantita a tutte le parti la possibilità di espletare il contraddittorio sugli scritti in questione.

Essendo la valutazione delle conseguenze da riconnettere all’omessa osservanza di quanto prescritto dal comma 2 del citato art. 5 rimessa, come ho detto, al Collegio giudicante, le Segreterie dovranno in ogni caso accettare il deposito degli atti, seppure effettuato in numero inferiore a quello prescritto, salvo far risultare tale circostanza nel fascicolo di causa.

Nel ribadire che gli elementi interpretativi contenuti nella presente nota lasciano ovviamente ferma la totale autonomia dei collegi giudicanti, colgo l’occasione per porgere i più cordiali saluti.

Pasquale de Lise

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Il testo originale – in formato PDF – è reperibile, nel sito della Giustizia Amministrativa, cliccando qui

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