Una società mista, con partecipazione maggioritaria dell’ente locale, costituita ai sensi dell’art. 113 del testo unico degli enti locali n. 267 del 2000, è, sì, una società di diritto privato, ma è anche una società che svolge (esclusivamente o prevalentemente) uno o più servizi pubblici locali: è, in altre parole, una modalità alternativa ad altre (economia, azienda speciale, appalto, istituzione) per la gestione di servizi pubblici locali, e le modalità con cui vengono svolti tali servizi pubblici locali non può non ricadere nell’ambito dei poteri di cognizione del consigliere comunale.
Certamente, si pongono delicati problemi in cui interferiscono le norme di diritto civile, nel senso che la richiesta va più correttamente diretta all’Amministrazione comunale, che poi dovrà provvedere alle conseguenti operazioni per far pervenire al consigliere interessato la documentazione richiesta, ma ciò è solo una modalità operativa che non può certamente portare al diniego di accesso, sulla base delle considerazioni di cui al provvedimento impugnato.
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Consiglio di Stato
(sezione Quinta)
Sentenza 23 settembre 2010 numero 7083
(presidente Piscitello, relatore Mele)
(…)
FATTO
Appella la società mista indicata in epigrafe ed impugna la sentenza con la quale il Tribunale amministrativo regionale del Piemonte, ha accolto un ricorso un materia di accesso di un consigliere comunale relativamente ad alcuni documenti della stessa società mista, incaricata di svolgere alcuni servizi pubblici locali.
Avverso la suddetta sentenza, l’appellante rileva che l’accesso in parola non poteva essere consentito, in quanto si trattava di una società di diritto privato, con la partecipazione comunale maggioritaria ma non totalitaria, per cui non essendo la medesima né un’azienda speciale (ex municipalizzata) né una società “in house”, risulta evidente che la stessa società mista si pone al di fuori del contesto dell’art. 43 del testo unico degli enti locali (d. lgs. n. 267 del 2000) che consente l’accesso del consigliere comunale, oltre che agli atti del Comune, anche a quelli di aziende ed enti dipendenti dal Comune stesso; in ogni caso, non può obliterarsi che la natura privatistica della società appellante coinvolge evidentemente le norme del codice civile in materia,ove la riservatezza delle notizie aziendali è priorità assoluta.
Infine, l’appellante fa presente che comunque l’istanza del consigliere comunale non avrebbe potuto comunque essere accolto, a causa della sua genericità.
Non costituiti in giudizio il soggetto appellato, la causa passa in decisione all’udienza camerale del 22 giugno 2010.
DIRITTO
L’appello è infondato.
Va rilevato, infatti, che il Consigliere comunale, eletto dalla collettività locale, svolge la sua funzione a tutela della collettività stessa e, strumentalmente, al fine di poter adempiere al proprio ufficio, deve essere messo a conoscenza di ogni attività che riguarda la pubblica amministrazione, titolare primaria del soddisfacimento degli interessi pubblici della collettività di riferimento.
Così stando le cose, è fuori discussione che tutto ciò che concerne l’attività della pubblica amministrazione in cui è incardinato il Consigliere comunale non può non essere messa a sua disposizione, potendo solo in casi eccezionali essere rinviato l’accesso ma mai negato in via definitiva.
Ora, una società mista, con partecipazione maggioritaria dell’ente locale, costituita ai sensi dell’art. 113 del testo unico degli enti locali n. 267 del 2000, è, sì, una società di diritto privato, ma è anche una società che svolge (esclusivamente o prevalentemente) uno o più servizi pubblici locali: è, in altre parole, una modalità alternativa ad altre (economia, azienda speciale, appalto, istituzione) per la gestione di servizi pubblici locali, e le modalità con cui vengono svolti tali servizi pubblici locali non può non ricadere nell’ambito dei poteri di cognizione del consigliere comunale.
Certamente, si pongono delicati problemi in cui interferiscono le norme di diritto civile, nel senso che la richiesta va più correttamente diretta all’Amministrazione comunale, che poi dovrà provvedere alle conseguenti operazioni per far pervenire al consigliere interessato la documentazione richiesta, ma ciò è solo una modalità operativa che non può certamente portare al diniego di accesso, sulla base delle considerazioni di cui al provvedimento impugnato.
Anche la pretesa genericità della domanda, non è di per se stessa motivo di diniego definitivo, ma solo di precisazione della genericità, con invito alla precisazione dei documenti di cui si chiede l’accesso.
L’appello è, conseguentemente, infondato e va respinto.
Nulla per le spese, per non essersi costituito in giudizio il soggetto appellato.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. V), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, lo rigetta.
Nulla per le spese. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 giugno 2010. Depositata il 23/09/2010