Il ricorso del Commissario dello Stato contro la legge trasparenza

“Ingiustificata deroga al principio del pubblico concorso e di uguaglianza dei cittadini nell’accesso al pubblico impiego laddove prevede l’automatica copertura del 50% dei posti disponibili nella dotazione organica con personale precario che abbia maturato almeno 4 anni di servizio senza il ricorso ad alcuna procedura selettiva.

La facoltà del legislatore di introdurre deroghe al principio del concorso pubblico deve essere delimitata in modo rigoroso e simili deroghe possono considerarsi legittime solo quando funzionali esse stesse alle esigenze di buon andamento dell’amministrazione e ove ricorrono straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle.

E’ infine escluso che ragioni giustificative della deroga al concorso pubblico possano essere ricollegate ad un particolare interesse degli stessi dipendenti beneficiari della norma o ad esigenze strumentali dell’amministrazione connesse alla gestione del personale”.

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Il Commissario dello Stato, con ricorso del 28 marzo scorso, ha impugnato l’articolo 23 del disegno di legge recante “Disposizioni per la trasparenza, la semplificazione, l’efficienza, l’informatizzazione della pubblica amministrazione e l’agevolazione delle iniziative economiche. Disposizioni per il contrasto alla corruzione ed alla criminalità organizzata di stampo mafioso. Disposizioni per il riordino e la semplificazione della legislazione regionale“.

La disposizione contestata prevedeva una straordinaria “trasformazione dei contratti a tempo parziale in contratti a tempo pieno, se relativi a rapporti di lavoro costituiti alla data del 31 dicembre 2010″.

Non sono state invece contestate le modifiche apportate alle legge regionale 10 del 1991 (che ha recepito in Sicilia la legge nazionale 241 del 1990), che dunque divengono definitive.

Di seguito, il testo del ricorso presentato alla Corte Costituzionale.

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ECC.MA CORTE COSTITUZIONALE

R O M A



L’Assemblea Regionale Siciliana, nella seduta del 23 marzo 2011, ha approvato il disegno di legge n. 520 – 144 bis/A dal titolo “Disposizioni per la trasparenza, la semplificazione, l’efficienza, l’informatizzazione della pubblica amministrazione e l’agevolazione delle iniziative economiche. Disposizioni per il contrasto alla corruzione ed alla criminalità organizzata di stampo mafioso. Disposizioni per il riordino e la semplificazione della legislazione regionale”, pervenuto a questo Commissariato dello Stato, ai sensi e per gli effetti dell’art. 28 dello Statuto speciale, il successivo 25 marzo 2011.

L’articolo 23, che di seguito si trascrive, introdotto nel corso del dibattito parlamentare con un emendamento aggiuntivo, avulso “ratione materiae” dall’originario contesto normativo, dà adito a censura per violazione degli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione.

Art. 23.

Norme relative al Consorzio per le autostrade siciliane

1. Il Consorzio per le Autostrade siciliane assume natura di “ente pubblico economico” mantenendo le proprie finalità istituzionali.

2. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il consorzio provvede alle conseguenti modifiche dello Statuto e del regolamento di organizzazione.

3. Il trattamento giuridico ed economico del personale dipendente del Consorzio continua ad essere disciplinato dai contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL) applicati alla data di costituzione dei singoli rapporti di lavoro e dalle successive modifiche ed integrazioni degli predetti contratti, nel rispetto dell’articolo 2103 del codice civile. Analogo trattamento si applica al personale dipendente dal Consorzio all’esito di procedure di mobilità concluse alla data del 31 dicembre 2010.

4. E’ autorizzata, senza alcun onere aggiuntivo per la Regione, la trasformazione dei contratti a tempo parziale in contratti a tempo pieno, se relativi a rapporti di lavoro costituiti alla data del 31 dicembre 2010.

5. Ove il Consorzio proceda alla copertura dei posti della dotazione organica che risultino vacanti dopo la definizione dei provvedimenti di cui al comma 4, il 50 per cento dei posti disponibili è coperto da personale che sia stato assunto dal Consorzio mediante contratto di lavoro a tempo determinato, cumulando un periodo di lavoro non inferiore a quattro anni, anche per periodi non consecutivi.

Oggetto dell’intervento legislativo è il Consorzio Autostrade Siciliane (C.A.S.) ente pubblico non economico, sottoposto al controllo della Regione che ha come scopo sociale l’esercizio della rete autostradale assentita in concessione dall’ANAS. Concessione questa in atto revocata a seguito del decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti di concerto con il Ministro delle Economie e delle Finanze del 5 luglio 2010, protocollo 457, che ha dichiarato la decadenza del Consorzio Autostrade Siciliane.

Tale decreto e il suo contenuto in quanto riferiti da tutti gli organi di stampa ed ampiamente conosciuti, soprattutto in Sicilia, possono considerarsi fatti notori e, come tali, essere utilizzati a sostegno della censura prospettata sulla norma de qua.

Si è dell’avviso, infatti, che l’intervenuta decadenza dalla concessione, a suo tempo rilasciata dall’ANAS, renda la norma contenuta nel 1° comma affetta da intrinseca irragionevolezza in quanto dispone la trasformazione in ente pubblico economico di un consorzio ormai sostanzialmente privo di scopo sociale, essendo le sue attività ridotte in atto, e comunque solo interinalmente, all’amministrazione ordinaria dell’esercizio delle autostrade e delle relative pertinenze.

Codesta Corte ha affermato nella sentenza n. 123 del 1968 che il controllo sulla conformità all’articolo 97 della Costituzione di singole norme è ammissibile quando il legislatore non prende in esame le necessità concrete dell’amministrazione ma intende piuttosto porre rimedio ad una situazione creata da irregolarità amministrative quale appare essere quella attuale del Consorzio Autostrade Siciliane.

Costituisce fatto notorio, per l’ampio risalto dato sulla stampa locale, che la gestione del personale del consorzio sia stato oggetto di ispezioni amministrative, indagini ed esposti, alcuni dei quali anche indirizzati a questo Commissariato, e che siano state rilevate numerose irregolarità sull’applicazione dei trattamenti economici al personale in servizio, anche a seguito di procedure di mobilità, non conformi al contratto collettivo di lavoro di pertinenza, tali da indurre l’amministrazione regionale a chiedere parere prima all’Ufficio legislativo e legale della Presidenza e successivamente al Consiglio di Giustizia Amministrativa.

Sia l’Ufficio legislativo e legale della Presidenza della Regione, con parere protocollo n. 11986 del 23 aprile 2010, sia il Consiglio di Giustizia Amministrativa con il parere n. 841/10 del 1° settembre 2010 (All. 1) hanno ritenuto che al personale del Consorzio Autostrade Siciliane avrebbero dovuto applicarsi gli articoli 13 e 24 della L.R. 10/2000 e che avrebbe dovuto cessare dalla data di entrata in vigore della cennata legge (ovverossia il 17 maggio 2000), ogni ultrattività della “singolare più favorevole (per il personale, non invece per la finanza regionale) disciplina autorizzata” da una delibera di Giunta del 1984.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa inoltre, considerando illegittima la perdurata applicazione al personale dirigente del C.A.S. del contratto collettivo di diritto comune relativo ai dirigenti di azienda privata, nonché al residuo personale di una contrattazione diversa da quella prescritta per tutti i dipendenti della Regione dall’articolo 24 L.R. 10/2000, ha trasmesso gli atti alla Procura regionale della Corte dei Conti.

Da quanto premesso appare evidente che il fine perseguito dal legislatore con il combinato disposto dei commi 1 e 3 della norma censurata è quello di sanare l’illegittimità degli atti adottati dal consorzio e, soprattutto, di prevenire e/o paralizzare il giudizio di responsabilità a carico degli amministratori, eventualmente già avviato dalla Corte dei Conti.

E’ pur vero che non sono rari i casi in cui il legislatore, per ragioni socialmente necessitate, procede a sanatorie e condoni con norme di carattere generale ed astratto ma non, in ogni caso, per far venire meno l’illegittimità di ben individuabili atti e/o comportamenti come nella fattispecie in esame.

Dettare una disposizione come quella censurata significa, invero, promuovere la sanatoria di singole fattispecie di illegittimità e conseguenti responsabilità patrimoniali.

Inoltre, come codesta eccellentissima Corte ha chiarito con costante giurisprudenza, le leggi di sanatoria non sono costituzionalmente precluse in via di principio ma, trattandosi di ipotesi eccezionali, la loro giustificazione deve essere sottoposta ad uno scrutinio di costituzionalità estremamente rigoroso.

L’intervento legislativo in sanatoria, infatti, può essere ragionevolmente giustificato soltanto dallo stretto collegamento con le specifiche peculiarità del caso “tali da escludere che possa risultare arbitraria la sostituzione della disciplina generale con quella eccezionale” (sentenze n. 100/1987; 402/1993 e 474/1988).

Più in particolare, siffatto scrutinio deve essere svolto sotto il profilo del rispetto del principio costituzionale di parità di trattamento nonché della salvaguardia da indebite interferenze nei confronti dell’esercizio della funzione giurisdizionale (sentenza C.C. 346/1991).

Orbene, non solo sotto entrambi i profili la disposizione censurata si rileva manchevole, ma la stessa non è sostenuta da interessi pubblici, legislativamente rilevanti di preminente importanza generale, rinvenibili nei lavori parlamentari e nei chiarimenti forniti ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. 488/1969, che giustifichino il perdurare di trattamenti economici non conformi a quelli previsti per la generalità dei dipendenti regionali.

La norma risulta, invero, volta a fornire una copertura legale successiva alle decisioni degli organi del consorzio difformi dalla previa disciplina legislativa e, come tale, sembra essere diretta unicamente ad esonerare questi ultimi da eventuali responsabilità di ordine giuridico.

Il comma 4, inoltre, nell’autorizzare ope legis la trasformazione dei contratti a tempo parziale, costituiti alla data del 31 dicembre 2010, in contratti a tempo pieno appare lesiva del principio di cui all’articolo 97 della Costituzione in quanto non tiene nel debito conto le ormai ridotte attività del consorzio e della necessaria conseguente rideterminazione della dotazione organica privilegiando piuttosto le aspettative dei lavoratori.

Del pari censurabile per violazione degli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione è infine la disposizione del 5° comma che costituisce una ingiustificata deroga al principio del pubblico concorso e di uguaglianza dei cittadini nell’accesso al pubblico impiego laddove prevede l’automatica copertura del 50% dei posti disponibili nella dotazione organica con personale precario che abbia maturato almeno 4 anni di servizio senza il ricorso ad alcuna procedura selettiva.

Al riguardo codesta Corte ha più volte affermato che la facoltà del legislatore di introdurre deroghe al principio del concorso pubblico deve essere delimitata in modo rigoroso (fra le più recenti, sentenza n. 9 e n. 100 del 2010) e che simili deroghe possono considerarsi legittime solo quando funzionali esse stesse alle esigenze di buon andamento dell’amministrazione e ove ricorrono straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle, che nel caso in questione non sono invero rinvenibili.

Codesta eccellentissima Corte ha, infine, escluso (sentenza 195/2010) che ragioni giustificative della deroga al concorso pubblico possano essere ricollegate ad un particolare interesse degli stessi dipendenti beneficiari della norma o ad esigenze strumentali dell’amministrazione connesse alla gestione del personale come quelle eventualmente rinvenibili nella fattispecie in questione.

PER I MOTIVI SUESPOSTI



e con riserva di presentazione di memorie illustrative nei termini di legge, il sottoscritto prefetto Carmelo Aronica, Commissario dello Stato per la Regione Siciliana, ai sensi dell’art. 28 dello Statuto Speciale, con il presente atto



I M P U G N A

L’articolo 23 del disegno di legge n. 520 – 144 bis/A dal titolo “Disposizioni per la trasparenza, la semplificazione, l’efficienza, l’informatizzazione della pubblica amministrazione e l’agevolazione delle iniziative economiche. Disposizioni per il contrasto alla corruzione ed alla criminalità organizzata di stampo mafioso. Disposizioni per il riordino e la semplificazione della legislazione regionale” approvato dall’Assemblea regionale siciliana per violazione degli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione.

Palermo 28 marzo 2011

Il Commissario dello Stato

per la Regione Siciliana

(Prefetto Carmelo Aronica)

Redazione

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