Dipendente pubblico nominato consigliere dell’Ordine

Il Consiglio di Stato, con la sentenza numero 718 del 14 febbraio scorso, si è pronunciato sul tema della legittimazione processuale degli Ordini Professionali a proporre autonoma impugnazione del parere con cui si ritenga ineleggibile un dipendente pubblico -a causa del suo rapporto di lavoro dipendente nei confronti della pubblica amministrazione- a consigliere di un Ordine professionale.

Nel caso in questione,infatti, il Collegio afferma che “ai sensi dell’art. 3 , comma 3 della legge 7.1.1976, n. 3 i dottori agronomi ed i dottori forestali dipendenti della Stato o di altre pubbliche amministrazioni possono, a loro richiesta, essere iscritti all’albo. Nei casi in cui, secondo i rispettivi ordinamenti, è vietato l’esercizio di libera professione, l’iscrizione avviene con annotazione a margine attestante il loro stato giuridico – professionale. Questi iscritti non possono esercitare la libera professione, salvi i casi previsti dagli ordinamenti loro applicabili.

L’art. 10, comma 3 della medesima legge prevede che la maggioranza dei componenti il consiglio deve essere costituita da iscritti all’albo non aventi rapporti di lavoro dipendente pubblico o privato al momento delle elezioni.

Dal complesso della disciplina illustrata si evince che il divieto di esercizio di attività libero professionale non impedisce , di per sé, l’iscrizione all’albo che avviene , in questi casi, con la specifica annotazione
“.

Di seguito, il testo della sentenza

Consiglio di Stato, Sezione quinta

Sentenza numero 718 del 14 febbraio 2012

(estensore Quadri, presidente Trovato)

(…)

DIRITTO

L’appello è fondato nei termini che seguono.

Oggetto del ricorso sono una serie di atti concernenti il divieto di presentazione della candidatura all’elezione di componente del Consiglio dell’Ordine provinciale dei dottori agronomi da parte di un dipendente della Regione Campania.

L’atto di diffida inviato al dipendente poggia sul parere fornito al Settore stato giuridico ed inquadramento della Regione , per l’adozione dei conseguenti provvedimenti disciplinari, da parte del dirigente dell’Area generale di coordinamento affari generali in data 7 ottobre 2009, anch’esso oggetto di impugnazione, con il quale si rileva l’incompatibilità tra i compiti svolti dal Presidente ed i componenti del Consiglio dell’ordine (attività dirette alla repressione esercizio abusivo della professione, designazione di rappresentanti , liquidazione di onorari) e le funzioni di pubblico dipendente regionale cui è vietato l’esercizio di attività libero professionale.

In relazione alla portata di tali atti è necessario accertare la legittimazione all’impugnazione da parte dell’Ordine provinciale in relazione alla sussistenza di un proprio interesse leso.

Questo lamenta la lesione del proprio interesse alla legittima costituzione dell’organo consiliare, impedita dal parere della regione e dagli atti che ne sono scaturiti nei confronti degli interessati.

In linea generale, vanno richiamati i principi per cui gli enti esponenziali di una categoria di soggetti, di cui hanno la rappresentanza istituzionale a tutela della professione, sono legittimati a ricorrere per la tutela di un interesse collettivo perseguito dall’associazione. La situazione tutelata è autonoma e differenziata dalle posizioni individuali ed è unitariamente imputabile all’ente.

Inoltre, gli ordini professionali, per le funzioni di autogoverno ad essi attribuite, sono legittimati ad impugnare in sede giurisdizionale gli atti lesivi della propria sfera giuridica, come soggetti di diritto (cfr. Cons. St. Sez. V, 12.8.2011, n. 4776; 8.2.2011, n. 861, 12. 7.2010, n. 4480; 2.10.2009, n. 6011; Sez. VI, 8.2.2011, n. 831).

Ritiene il Collegio che costituisca interesse autonomo e differenziato unitariamente imputabile all’ordine professionale quello alla legittima composizione dei propri organi di governo. Qualsiasi atto che impedisca l’esercizio del diritto di elettorato attivo o passivo , così provocando una alterazione della composizione degli organi elettivi, deve , pertanto, essere considerato lesivo di una situazione differenziata e qualificata dell’ente, che è legittimato a ricorrere per la tutela del proprio interesse alla legittima costituzione dei propri organi che si riflette nell’azione di autogoverno degli appartenenti alla categoria professionale di cui esso rappresenta gli interessi.

Alla luce di tale premessa, si rileva che la nota indirizzata al dott. … riguarda ,in effetti, come ritenuto dal primo giudice, esclusivamente il rapporto di lavoro tra la Regione ed i propri dipendenti, essendo prodromica all’apertura di un procedimento disciplinare, con la conseguenza che relativamente ad essa non può rinvenirsi una legittimazione ad impugnare dell’ente esponenziale, che non è legittimato ad esercitare un controllo dell’attività del pubblico impiegato (Cons. St. Sez. V, 2.10.2009, n. 6011).

Neanche sussiste un interesse all’impugnativa delle circolari in materia di autorizzazioni ai dipendenti per lo svolgimento di incarichi extraistituzionali, non contenendo esse alcun riferimento alla eleggibilità alla carica di consigliere, ma solo allo svolgimento di attività libero professionale.

Non impugnabile è poi la nota prot. n. 20894963964 del 9.11.2009, contenente una mera richiesta di indicazione dei dipendenti titolari di cariche elettive, non avente alcun effetto lesivo.

Diversamente, il parere 7 ottobre 2009, stabilendo l’ineleggibilità del dipendente regionale, in quanto titolare di lavoro alle dipendenze di una pubblica amministrazione, in seno al Consiglio dell’Ordine (preordinato ad un generale diniego di autorizzazione nei confronti di chiunque ne faccia richiesta) assume carattere direttamente lesivo dell’interesse alla legittima costituzione del proprio organo consiliare dell’ente, che è, pertanto, legittimato ad impugnarlo.

Né il ricorso può considerarsi inammissibile sotto il diverso profilo della natura endoprocedimentale dell’atto impugnato.

Secondo piani principi, gli atti endoprocedimentali non possono essere impugnati disgiuntamente dal provvedimento finale del procedimento in cui si inseriscono, in quanto atti preparatori, sforniti di autonoma capacità lesiva immediata, sicchè i relativi vizi possono essere fatti valere solo in sede di impugnativa dell’atto che li recepisca (ex multis, Cons. St. Sez. V, 11.5.2009, n. 2876).

Tuttavia, quando il parere costituisca atto terminale di un procedimento, rappresentando la conclusione negativa della determinazione dell’amministrazione, esso deve intendersi come atto munito del requisito della lesività, in relazione al quale sussiste l’interesse (e l’onere) di impugnazione. La lesività, invero, non dipende dal nomen o dalla collocazione nell’ambito del procedimento, ma dal carattere costitutivo degli effetti che vi si ricollegano (Cons. St. Sez. IV, 6.7.2009, n. 4338; 10.5.2007, n. 2183).

Nella specie, il parere ha sortito l’immediato effetto di impedire la candidatura di dipendenti regionali al Consiglio, così ledendo l’interesse dell’Ordine alla legittima composizione dell’organo consiliare.


Nel merito, i motivi riproposti dall’Ordine di violazione di legge e di regolamenti in materia di eleggibilità di dipendenti pubblici come componenti del Consiglio dell’ordine provinciale sono fondati.

Ai sensi dell’art. 3 del d.P.R. 8.7.2005, n. 169 possono essere eletti al Consiglio dell’ordine tutti gli iscritti all’albo dei dottori agronomi e forestali.

Ai sensi dell’art. 3 , comma 3 della legge 7.1.1976, n. 3 i dottori agronomi ed i dottori forestali dipendenti della Stato o di altre pubbliche amministrazioni possono, a loro richiesta, essere iscritti all’albo. Nei casi in cui, secondo i rispettivi ordinamenti, è vietato l’esercizio di libera professione, l’iscrizione avviene con annotazione a margine attestante il loro stato giuridico – professionale. Questi iscritti non possono esercitare la libera professione, salvi i casi previsti dagli ordinamenti loro applicabili.

L’art. 10, comma 3 della medesima legge prevede che la maggioranza dei componenti il consiglio deve essere costituita da iscritti all’albo non aventi rapporti di lavoro dipendente pubblico o privato al momento delle elezioni.

Dal complesso della disciplina illustrata si evince che il divieto di esercizio di attività libero professionale non impedisce , di per sé, l’iscrizione all’albo che avviene , in questi casi, con la specifica annotazione.

L’iscrizione costituisce requisito per l’esercizio del diritto di elettorato passivo nell’organo consiliare , a prescindere dallo svolgimento – che può , in effetti, essere vietato, secondo i rispettivi ordinamenti di appartenenza – dell’attività libero professionale.

Se ne deduce che illegittimo è il sacrificio del diritto di elettorato passivo e conseguentemente, per quanto qui interessa, delle modalità di costituzione dell’organo consiliare, per effetto del divieto imposto ai dipendenti regionali di candidarsi alle elezioni del Consiglio.

Né tale divieto trova giustificazione nell’attività svolta dai componenti del Consiglio , che si dirige nei confronti dei professionisti e, per i profili evidenziati dalla Regione – come la repressione dell’esercizio abusivo della professione, la designazione di rappresentanti in seno a commissioni, l’inflizione di sanzioni disciplinari – non diverge neanche dalle finalità perseguite dall’amministrazione, in sede disciplinare nei confronti dei propri dipendenti, per lo gli stessi scopi sanzionatori di comportamenti illeciti.

All’amministrazione regionale, che conserva ed esercita i propri poteri riguardo all’autorizzazione del pubblico dipendente ad assolvere funzioni estranee ai propri compiti istituzionali, non è dato, quindi, impedire la costituzione dell’organo consiliare secondo le regole stabilite dalla disciplina sulla composizione degli organi degli ordini professionali.


In conclusione, l’appello va accolto nei limiti esposti, con il conseguente annullamento del parere dell’amministrazione regionale prot. n. 2009 857662 del 7 ottobre 2009.

La peculiarità della questione trattata giustifica, tuttavia, la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie come da motivazione e, per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, annulla il parere dell’amministrazione regionale prot. n. 2009 857662 del 7 ottobre 2009.

Spese compensate .

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Depositata in segreteria il 14 febbraio 2012.

Redazione

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