Esclusione di un’impresa dall’ATI: impossibilità di partecipare o impossibilità di proseguire i lavori

L’articolo 37, comma 9, secondo periodo, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, come successivamente modificato ed integrato, recita testualmente: «Salvo quanto disposto ai commi 18 e 19, è vietata qualsiasi modificazione alla composizione dei raggruppamenti temporanei (ATI) e dei consorzi ordinari di concorrenti rispetto a quella risultante dall’impegno presentato in sede di offerta» con prevista penalità, riportata al comma seguente, nel caso di inosservanza del divieto, dell’annullamento dell’aggiudicazione o la nullità del contratto.Il divieto in argomento,trova un’eccezione normativa nei commi 18 e 19 del citato articolo, sostanzialmente solo nel caso che si verifichi un vero e proprio fallimento dell’impresa mandataria o di impresa mandante e, nel caso di mandataria o mandante che sia impresa individuale, per morte, interdizione, inabilitazione o fallimento del suo titolare.

Partendo da tale premessa il Ministro Ceccanti ha presentato, nella seduta n.470 dello scorso 3 maggio, un’interrogazione al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Matteoli chiedendo se, possa riconoscersi e dichiararsi conforme alla normativa applicabile la possibilità di fare continuare ad eseguire i lavori affidati ad una ATI ove una impresa mandante o la stessa mandataria, non in regime fallimentare, si trovi nelle condizioni di impossibilità (valutata dalla stazione appaltante) di proseguire i lavori ovvero di partecipare all’ATI, estromettendo dalla composizione dell’associazione temporanea l’impresa mandante o mandataria in questione, non consentendo comunque il subentro di soggetti terzi (per il rispetto della norma riguardante il divieto) e se quindi il rapporto contrattuale possa proseguire con l’ATI residuale purché i componenti (anche se costituiti da singola impresa mandataria ovvero da singola mandante che assume la veste di mandatario o unico soggetto costituente l’ATI) siano comunque in possesso della qualificazione adeguata per eseguire l’opera appaltata e/o comunque tale da coprire le categorie e gli importi residuali al momento della estromissione della partecipante all’ATI.

Lo scorso 7 novembre è pervenuta la risposta del Ministro Matteoli, inserita nell’allegato B della seduta n.546.

Di seguito se ne riporta il testo


All’interrogazione 4-11804 presentata da Ceccanti

L’articolo 37, comma 9 del codice dei contratti pubblici stabilisce che «(…) Salvo quanto disposto ai commi 18 e 19, è vietata qualsiasi modificazione alla composizione dei raggruppamenti temporanei e dei consorzi ordinari di concorrenti rispetto a quella risultante dall’impegno presentato in sede di offerta».

I commi 18 e 19, del citato articolo 37, prevedono rispettivamente: «18. In caso di fallimento del mandatario ovvero, qualora si tratti di imprenditore individuale, in caso di morte, interdizione, inabilitazione o fallimento del medesimo ovvero nei casi previsti dalla normativa antimafia, la stazione appaltante può proseguire il rapporto di appalto con altro operatore economico che sia costituito mandatario nei modi previsti dal presente codice purché abbia i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire; non sussistendo tali condizioni la stazione appaltante può recedere dall’appalto». «19. In caso di fallimento di uno dei mandanti ovvero, qualora si tratti di imprenditore individuale, in caso di morte, interdizione, inabilitazione o fallimento del medesimo ovvero nei casi previsti dalla normativa antimafia, il mandatario, ove non indichi altro operatore economico subentrante che sia in possesso dei prescritti requisiti di idoneità, è tenuto alla esecuzione, direttamente o a mezzo degli altri mandanti, purché questi abbiano i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire».

Dunque l’articolo 37 del codice contratti 163 del 2006, nella sua complessiva articolazione, stabilisce, quale regola generale, il divieto di modificazione soggettiva alla composizione dei raggruppamenti temporanei e dei consorzi rispetto a quella risultante dall’impegno presentato in sede di offerta, e prevede alcune eccezioni a tale divieto nel caso in cui ricorrano specifiche condizioni.

Seppure il tenore letterale delle disposizioni sopra riportate potrebbe far ritenere che la deroga al divieto di modificazione soggettiva sia applicabile unicamente nelle ipotesi espressamente indicate nei richiamati commi 18 e 19 dell’articolo 37 del codice dei contratti pubblici, si ritiene che una corretta interpretazione non possa prescindere dall’orientamento interpretativo fornito sul tema dalla giurisprudenza amministrativa che ha ampiamente trattato, attraverso numerose pronunce, la questione della ratio, della portata e dei limiti del divieto di cui all’articolo 37, comma 9, del decreto legislativo n. 163 del 2006, secondo l’evoluzione nel seguito sintetizzata.

In via preliminare si evidenzia che la giurisprudenza è concorde nel ritenere che il principio di immodificabilità soggettiva dei partecipanti alle gare pubbliche mira a garantire una conoscenza piena da parte delle amministrazioni aggiudicatrici dei soggetti che intendono contrarre con le amministrazioni stesse, consentendo una verifica preliminare e compiuta dei requisiti d’ordine generale e di capacità tecnico-organizzativa ed economico-finanziaria dei concorrenti, verifica che non deve essere resa vana in corso di gara con modificazioni di alcun genere

Sotto il profilo dell’effettiva portata del divieto, secondo una più risalente interpretazione restrittiva, il divieto della modifica della compagine soggettiva in corso di gara o dopo l’aggiudicazione è stato considerato applicabile indistintamente a qualsiasi tipo di modifica soggettiva, e cioè sia in caso di subentro di un nuovo soggetto, sia in caso di sostituzione di un componente, sia in caso di recesso di un componente senza che a tale recesso segua la sostituzione (Consiglio di Stato, sezione V, 7 aprile 2006, n. 1903; Consiglio di Stato, sezione V, 30 agosto 2006, n. 5081).

Successivamente, tale conclusione è stata messa in discussione da più recenti pronunce che, a partire dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 4101 del 23 luglio 2007, hanno delineato un diverso orientamento secondo il quale il divieto in questione deve essere inteso in senso restrittivo, ossia applicabile solo nel caso di aggiunta o sostituzione di soggetti componenti la compagine del raggruppamento, e non anche nel caso di recesso di una o più imprese facenti parte dello stesso. Alla base di tale posizione, la considerazione che il divieto di modificazione soggettiva della compagine non ha l’obiettivo di precludere sempre e comunque il recesso dal raggruppamento ma di consentire alla stazione appaltante di verificare il possesso dei requisiti da parte dei soggetti che partecipano alla gara. Il rigore di detta disposizione va, infatti, temperato in ragione dello scopo che persegue, che è quello di consentire alla stazione appaltante, in primo luogo, di verificare il possesso dei requisiti da parte dei soggetti che partecipano alla gara e, correlativamente, di precludere modificazioni soggettive, sopraggiunte ai controlli, e dunque, in grado di impedire le suddette verifiche preliminari. Pertanto, le modifiche soggettive elusive del dettato legislativo sarebbero quelle che portano all’aggiunta o alla sostituzione delle imprese partecipanti ma non anche quelle che conducono al recesso di una delle imprese del raggruppamento; in tal caso, infatti, le esigenze succitate non risultano frustrate atteso che l’Amministrazione, al momento del mutamento soggettivo, ha già provveduto a verificare i requisiti di capacità e di moralità dell’impresa o delle imprese che restano, sicché i rischi che il divieto mira ad impedire non possono verificarsi (Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 13 maggio 2009, n. 2964).

Un’interpretazione restrittiva del divieto in tal senso «da un lato, non penalizza la stazione appaltante, non creando incertezze, e dall’altro lato non penalizza le imprese, le cui dinamiche non di rado impongono modificazioni soggettive di consorzi e raggruppamenti, per ragioni che prescindono dalla singola gara e che non possono precluderne la partecipazione se nessun nocumento ne deriva per la stazione appaltante. Né si verifica una violazione della par condicio dei concorrenti perché non si tratta di introdurre nuovi soggetti in corsa, ma solo di consentire a taluno degli associati o consorziati il recesso, mediante utilizzo dei requisiti dei soggetti residui, già comunque posseduti» (Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 16 febbraio 2010, n. 842).

Giova segnalare infine che, secondo quanto precisato dal Consiglio di Stato nella sopra richiamata sentenza n. 842 del 2010, «Tale soluzione va seguita purché la modifica della compagine soggettiva in senso riduttivo avvenga per esigenze organizzative proprie dell’a.t.i. o consorzio, e non invece per eludere la legge di gara e, in particolare, per evitare una sanzione di esclusione dalla gara per difetto dei requisiti in capo al componente dell’a.t.i. che viene meno per effetto dell’operazione riduttiva».

Redazione

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