La Corte di Cassazione con la sentenza n.2567 del 22 febbraio scorso, ha respinto il ricorso di un avvocato il quale aveva definito una sentenza della Corte d’assise d’appello “un gravissimo atto di arroganza”, “una dimostrazione della schizofrenia della giustizia”, il cedimento “alla tentazione del recupero del giustizialismo”, frutto “di una presunzione incredibile”.
La Corte ha ritenuto che “deve escludersi che le espressioni pronunciate dall’incolpato nel corso di una intervista rilasciata all’esito della lettura del dispositivo di una sentenza da parte della Corte di assise di Appello di Genova possano costituire, così come sostenuto dal ricorrente (…)esercizio del diritto di difesa”.Infatti, non essendo state pronunciate nel corso del giudizio, non possono essere ricondotte allo svolgimento dell’attività professionale e all’esercizio del diritto di difesa”.
Inoltre,come riconosciuto dal consiglio nazionale forense il diritto di critica dei provvedimenti giurisdizionali deve essere sempre esercitato “nelle modalità e con gli strumenti previsti dall’ordinamento processuale; e mai può travalicare i limiti del rispetto della funzione giudicante che ha pari dignità in Costituzione rispetto a quella della difesa”. Per cui nel rapporto intercorrente fra avvocato e magistrato si impone un comportamento improntato “allo stile e al decoro, oltre che, ove possibile, all’eleganza, mai al linguaggio offensivo o anche al mero dileggio”.
Per il testo della sentenza http://www.giurdanella.it/allegati/ALLksA8oY.pdf