Composizione commissioni dei concorsi pubblici

Il Consiglio di Stato, nella sentenza numero 1347 del 9 marzo scorso ha riaffermato un principio, già pacificamente accolto in giurisprudenza, in base al quale in sede di operazioni concorsuali non si richiede la presenza della commissione giudicatrice al suo completo in tutte le fasi del procedimento: essa ha natura di collegio perfetto solo nei momenti in cui adotta determinazioni rilevanti ai fini della valutazione dei candidati (come la fissazione dei criteri di massima di valutazione delle prove concorsuali, la selezione degli argomenti e la redazione delle tracce delle prove scritte, la determinazione dei quesiti da sottoporre ai candidati nelle prove orali, la correzione degli elaborati e lo svolgimento delle prove orali), ovvero in ogni altro caso in cui ciò sia espressamente previsto dalla regolamentazione del concorso (Consiglio Stato, sez. IV, 12 marzo 2007, n. 1218).

Solo le operazioni concorsuali di carattere meramente istruttorio e preparatorio non impongono la presenza di tutti i componenti del collegio e possono avvenire sotto il controllo ed alla presenza soltanto di alcuni di essi o essere delegate ad un componente della commissione (Consiglio Stato, sez. VI, 01 marzo 2005, n. 815).

Nel caso di specie (componente della commissione arrivato in ritardo alla seduta di determinazione dei quesiti da porre ai candidati) l’art. 16 del regolamento comunale sulla disciplina dei concorsi e delle altre procedure di assunzione impone che la commissione giudicatrice deve operare sempre con l’intervento di tutti i suoi componenti.

Inoltre la scelta dei quesiti orali comportava sicuramente l’adozione di determinazioni rilevanti ai fini della valutazione dei candidati.

E’ quindi indubitabile che in tale fase la commissione di esame avrebbe dovuto operare come collegio perfetto.



Di seguito il testo della sentenza

Consiglio di Stato, Sezione Quinta

Sentenza numero 1347 del 9 marzo 2012

(estensore Amacuzzi, presidente Baccarini)

(…)

DIRITTO

1.- Il ricorso in appello in esame è volto all’annullamento della sentenza in epigrafe indicata, di reiezione del ricorso (riassunto dopo che il Consiglio di Stato con decisione n. 8143 del 2003 aveva annullato la sentenza di primo grado, con la quale esso era stato dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione, riconoscendo la giurisdizione del G.A.) proposto dai partecipanti alle operazioni concorsuali (relative alla selezione interna per titoli ed esami, con progressione verticale, per la copertura di 13 posti di ispettore di Polizia Municipale, cat. D1) che erano stati ammessi agli orali, per l’annullamento del provvedimento comunale del 21.5.2003 (di annullamento parziale di dette operazioni), nonché della successiva determinazione del 9.6.2003 (di ricostituzione della commissione giudicatrice del concorso stesso).

2.- Innanzi tutto va esaminata la eccezione formulata dal Comune di Padova, di sopravvenuta carenza di interesse alla impugnazione degli atti oggetto del presente giudizio per mancata impugnazione degli atti consequenziali da parte della appellante Maria Elena Pasquato, che non ha impugnato il provvedimento di approvazione della graduatoria definitiva in seguito alla ripetizione della fase conclusiva delle operazioni.

2.1.- Osserva la Sezione che per un principio generale nei procedimenti di tipo concorsuale, l’impugnazione del provvedimento endoprocedimentale lesivo deve successivamente estendersi agli ulteriori atti pregiudizievoli quale l’approvazione definitiva della graduatoria di concorso ai pubblici impieghi, determinandosi altrimenti l’inutilità dell’eventuale decisione di accoglimento del ricorso proposto contro l’esclusione. (Consiglio Stato, Sezione V, 8 settembre 2008, n. 4241).

Fermo restando quindi l’onere di impugnazione immediata dell’atto endoprocedimentale di carattere direttamente ed autonomamente lesivo, rimane l’onere di estendere il gravame anche al provvedimento conclusivo del procedimento concorsuale, ovverosia l’atto di approvazione della graduatoria finale da parte del concorrente escluso (Consiglio Stato, Sezione V, 29 luglio 2003, n. 4320).

Diversamente opinando, dovrebbe riconoscersi effetto caducante e non meramente viziante all’eventuale annullamento del provvedimento endoprocedimentale, tesi che risulta seguita in giurisprudenza da orientamento di segno decisamente minoritario (C.G.A., 29 agosto 2005, n. 574) e che la Sezione non ritiene condivisibile, non ravvisandosi un rapporto di presupposizione-consequenzialità immediato, diretto e necessario tra l’atto endoprocedimentale impugnato e l’approvazione della graduatoria finale.

La determinazione conclusiva andava pertanto ritualmente impugnata nel termine decadenziale decorrente, ex art. 41 c. 2 c.p.a. (o ex art 9 del d. P.R. n. 1199/1971 in caso di ricorso straordinario al Capo dello Stato), dalla scadenza del termine di pubblicazione, non essendone richiesta comunicazione personale nei confronti dei concorrenti per cui era già stata disposta l’esclusione, né in base al bando, né in base a quanto stabilito dalla commissione di gara con verbale del 6.12.2001 (con riguardo alle modalità di comunicazione dell’esito della prova orale), né in base alla disciplina generale dell’efficacia del provvedimento amministrativo di cui all’art. 21 bis della l. n. 241/1990, il quale limita la regola della c.d. “recettizietà” ai soli atti limitativi della sfera giuridica dei privati – tra cui rientra l’esclusione – ma non l’approvazione della graduatoria finale per i soggetti già esclusi, atto generale soggetto ad impugnazione dalla scadenza del periodo di pubblicazione legale.

Alla mancata impugnazione del provvedimento di approvazione della graduatoria finale da parte della sig.ra Pasquato, che nella stessa non è stata utilmente inclusa, consegue la sopravvenienza di carenza di interesse della stessa all’accoglimento dell’appello contro il disposto rinnovo delle operazioni procedurali, stante l’impossibilità che la eventuale decisione favorevole possa comportare la caducazione anche di esso provvedimento, per il carattere meramente viziante del provvedimento endoprocedimentale in questa sede impugnato.

3.- il Comune ha proposto anche appello incidentale chiedendo la riforma di detta sentenza nella parte in cui ha respinto la eccezione sollevata dall’Ente, di inammissibilità dell’atto di riassunzione del giudizio per nullità della notifica dell’appello originariamente proposto contro la precedente sentenza del T.A.R. di cui trattasi, declinatoria della giurisdizione.

3.1.- Osserva la Sezione che l’esame prioritario del ricorso principale è ammesso, per ragioni di economia processuale, qualora sia evidente la sua infondatezza (Consiglio Stato, a. plen., 7 aprile 2011, n. 4).

Invero nel caso in cui siano stati proposti un ricorso principale e un ricorso incidentale la scelta del Giudice amministrativo nella priorità da dare al loro esame deve ancorarsi solo ai pilastri fondanti del giudizio, e cioè ai principi di economia processuale e di logicità (Consiglio Stato, Sezione IV, 12 giugno 2009, n. 3696).

Nel caso che occupa la evidente infondatezza dell’atto di appello principale (come di seguito darà diffusamente argomentato), comporta la conferma della infondatezza del ricorso in riassunzione del giudizio di primo grado affermata dal Giudice di prime cure, rende inutile la disamina della fondatezza dell’appello incidentale volto a dimostrare la inammissibilità di detto atto di riassunzione e dell’appello incidentale va dichiarata la improcedibilità.

4.- Con il primo motivo di appello è stato dedotto che la circostanza che alla seduta della commissione d’esame, nel corso della quale dovevano essere predisposti i quesiti oggetto delle prove d’esame, uno dei commissari sia giunto con cinquanta minuti di ritardo (prendendo atto dell’avvenuta predisposizione dei quesiti secondo i criteri determinati in una precedente seduta e senza nulla eccepire) non poteva inficiare essa seduta, anche perché l’attività di essa commissione sarebbe stata meramente esecutiva di determinazioni in precedenza assunte.

Tanto renderebbe implausibile la tesi sostenuta dal Giudice di primo grado, secondo cui il ritardo del commissario avrebbe leso irrimediabilmente la trasparenza e la legittimità del procedimento: essa presuppone che tutta l’attività di scelta dei quesiti si sia svolta durante il periodo di assenza del commissario, sebbene la seduta sia durata oltre cinque ore, e che ogni temporanea assenza di altri commissari (sicuramente verificatasi) sarebbe stata idonea a violare la regola del collegio perfetto.

Al contrario, solo l’assenza del commissario avrebbe potuto ledere la perfezione del collegio e non un semplice ritardo, a meno che non fosse stato consistente rispetto alla durata della seduta.

Nel caso di specie non sarebbe, quindi, stata lesa la legittimità del procedimento a causa del lieve ritardo del commissario, che avrebbe, peraltro, realmente partecipato alla scelta dei quesiti e comunque avrebbe ratificato le determinazioni assunte dalla commissione durante la sua assenza.

Con il terzo motivo di appello è stato ribadito che non sarebbe condivisibile il presupposto su cui è basata la impugnata sentenza, che l’attività di predisposizione dei quesiti oggetto delle prove di esame non può essere qualificata come preparatoria, né come attività strumentale vincolata, avendo natura ampiamente discrezionale, con necessità che essa attività sia svolta da un collegio perfetto.

Ciò innanzi tutto in quanto la predisposizione dei quesiti sarebbe attività meramente preparatoria della successiva fase di valutazione delle domande, con la conseguenza che la temporanea assenza di un componente della commissione non può aver violato la par condicio dei candidati.

Inoltre, poiché i criteri di scelta dei quesiti erano già stati determinati, con attività valutativa discrezionale, in una precedente riunione, l’attività svolta dalla commissione nella seduta in cui si è verificata l’assenza in questione sarebbe stata meramente attuativa di detti criteri, quindi strumentale e sostanzialmente vincolata.

Comunque il commissario che si era temporaneamente assentato aveva ratificato l’attività svolta in sua assenza dagli altri membri, ripristinando la perfezione del collegio.

Sarebbe infine da valutare, comunque, legittimo l’operato della commissione che, dopo una preliminare valutazione non collegiale, effettui l’esame collegiale.

4.1.- Premette la Sezione che, secondo un principio pacifico in giurisprudenza, in sede di operazioni concorsuali non si richiede la presenza della commissione giudicatrice al suo completo in tutte le fasi del procedimento: essa ha natura di collegio perfetto solo nei momenti in cui adotta determinazioni rilevanti ai fini della valutazione dei candidati (come la fissazione dei criteri di massima di valutazione delle prove concorsuali, la selezione degli argomenti e la redazione delle tracce delle prove scritte, la determinazione dei quesiti da sottoporre ai candidati nelle prove orali, la correzione degli elaborati e lo svolgimento delle prove orali), ovvero in ogni altro caso in cui ciò sia espressamente previsto dalla regolamentazione del concorso (Consiglio Stato, sez. IV, 12 marzo 2007, n. 1218). Solo le operazioni concorsuali di carattere meramente istruttorio e preparatorio non impongono la presenza di tutti i componenti del collegio e possono avvenire sotto il controllo ed alla presenza soltanto di alcuni di essi o essere delegate ad un componente della commissione (Consiglio Stato, sez. VI, 01 marzo 2005, n. 815).

Nel caso di specie l’art. 16 del regolamento comunale sulla disciplina dei concorsi e delle altre procedure di assunzione impone che la commissione giudicatrice deve operare sempre con l’intervento di tutti i suoi componenti.

Inoltre la scelta dei quesiti orali comportava sicuramente l’adozione di determinazioni rilevanti ai fini della valutazione dei candidati.

E’ quindi indubitabile che in tale fase la commissione di esame avrebbe dovuto operare come collegio perfetto.



Le parti appellanti non hanno pienamente dimostrato, come sarebbe stato loro onere, che durante la temporanea assenza del commissario, giunto con cinquanta minuti di ritardo alla seduta della commissione nel corso della quale sono stati predisposti i quesiti orali della procedura concorsuale di cui trattasi, non siano state assunte determinazioni di carattere rilevante, ma solo istruttorio o preparatorio.

Neppure è stato idoneamente dimostrato che la seduta del 18.2.2002 della commissione fosse meramente esecutiva di determinazioni assunte in precedenza. Invero la circostanza che nel verbale della seduta che interessa sia stato affermato che si sarebbe operato secondo i criteri già determinati nella seduta del 6.12.2001 non è idoneo a dimostrare che l’attività svolta nella successiva seduta sia stata meramente esecutiva di precedenti determinazioni. Durante la seduta del 6.12.2001, infatti, con riferimento alle prove orali sono stati solo predisposti i criteri di valutazione delle stesse (con riguardo alla capacità di individuazione delle norme, di analisi e sintesi, ecc., nonché alla valutazione della conoscenza della lingua straniera e delle apparecchiature informatiche; inoltre con riguardo alla attribuzione dei giudizi e dei relativi punteggi, compreso quello minimo di superamento della prova), ma non è stato dimostrato che essi fossero di carattere talmente puntuale e vincolante da comportare che la successiva predisposizione dei quesiti secondo detti criteri sia stata attività meramente esecutiva e vincolata.

Appartiene infatti, di norma, alla sfera di discrezionalità dell’Amministrazione la selezione delle domande da sottoporre ai candidati ai fini della verifica del possesso delle cognizioni ritenute necessarie per il conseguimento del giudizio di idoneità (Consiglio Stato, sez. VI, 09 novembre 2010, n. 7984).

Spetta quindi alla parte che sostiene che detta scelta sia meramente esecutiva di criteri in precedenza predeterminati darne compiuta e convincente dimostrazione. Tanto nel caso di specie non è avvenuto.

Quanto alla dedotta circostanza che il commissario giunto in ritardo avrebbe ratificato le determinazioni assunte in sua assenza dalla Commissione osserva la Sezione che esso si è limitato a dichiarare a verbale che prendeva atto dell’avvenuta predisposizione dei quesiti secondo i criteri predeterminati, senza nulla eccepire.

Va rilevato al riguardo che l’esercizio del potere di convalida (o ratifica) del vizio di incompetenza da parte dell’organo competente sana il vizio medesimo con effetto ex tunc. L’istituto non può tuttavia ritenersi applicabile al caso di specie, sia perché detto commissario non ha formalmente convalidato e ratificato l’operato della commissione svolto in sua assenza, limitandosi a prenderne atto senza nulla eccepire, sia perché la commissione giudicatrice di concorso costituisce un collegio perfetto, essendo questo nominato “ad hoc” nella composizione ritenuta adeguata, che deve necessariamente operare con la presenza di tutti i suoi membri, non ammettendosi perciò che la commissione operi al completo solo per ratificare il lavoro svolto da una limitata parte dei suoi componenti; la commissione può deferire a una parte dei propri solo l’espletamento dei compiti puramente preparatori e istruttori (Consiglio Stato, sez. VI, 15 novembre 1982, n. 566).

La censura in esame non può quindi essere condivisa.

5.- Con il secondo motivo di gravame è stato dedotto che il Giudice di prime cure ha affermato che l’interesse sotteso all’esercitato potere di autotutela consisteva nella necessità di assicurare nei confronti di tutti i concorrenti e della collettività la piena legittimità delle operazioni concorsuali; tuttavia tale necessità non potrebbe essere considerata un interesse diverso da quello al mero ripristino della legalità.

Poiché né i provvedimenti, né la sentenza impugnati darebbero adeguata e sufficiente motivazioni delle ragioni che hanno giustificato il sacrificio delle legittime aspettative dei candidati, dovrebbe ritenersi che non è stato dato atto del contemperamento dei contrapposti interessi coinvolti, che deve necessariamente essere effettuato all’atto della adozione dei provvedimenti di autotutela.

5.1.- Osserva la Sezione in punto di fatto che, dopo che con verbale del 20.2.2002 la Commissione ha elaborato il punteggio finale delle prove di cui trattasi e la relativa graduatoria, gli atti sono stati trasmessi al Settore Risorse Umane per l’ulteriore seguito di competenza.

Risulta da determinazione n. 2003/34/0089 del 21.5.2003 del Dirigente del Settore Risorse Umane del Comune che esso, ai sensi dell’art. 33 del Regolamento concorsi, ha effettuato il riscontro di legittimità delle operazioni concorsuali propedeutico all’approvazione dei verbali stessi e della relativa graduatoria finale, rilevando, dall’esame del verbale della ottava seduta, l’assenza di uno dei componenti della commissione di concorso al momento della scelta dei quesiti della prova orale. Detto Dirigente ha ritenuto al riguardo che la mancanza di collegialità costituisse un vizio di violazione di legge e dell’art. 16 del Regolamento concorsi e che si fosse concretizzato un vizio di legittimità nella procedura concorsuale che inficiava la validità della stessa a partire da detta seduta in poi. In conformità a detto art. 33 il citato Dirigente, con nota prot. n. 1704 del 7.3.2003, ha invitato il Presidente della commissione giudicatrice a riconvocarla entro 10 giorni, al fine di annullare, in sede di autotutela, le operazioni concorsuali svolte a partire dall’ottava seduta, eliminando il vizio ed apportando le conseguenti variazioni ai risultati concorsuali.

Attesa l’impossibilità di procedere alla riconvocazione, per mancanza del numero legale, manifestata dal Presidente della commissione, il Dirigente del Settore Risorse Umane, in applicazione del terzo comma dell’art. 33 del regolamento concorsi (che stabilisce che: “…Qualora il presidente non provveda alla convocazione della commissione o la stessa non possa riunirsi per mancanza del numero legale o se riunita non intenda accogliere le indicazioni dell’Organo competente questi procede alla non approvazione dei verbali, all’annullamento delle fasi delle operazioni concorsuali viziate e conseguenti alla nomina di una nuova Commissione che ripeta le operazioni concorsuali a partire da quella dichiarata illegittima, con formulazione di nuova ed autonoma graduatoria”) ha inviato a tutti i candidati ammessi alla prova orale una comunicazione di avvio del procedimento di annullamento delle fasi della procedura ritenute viziate.

A seguito dell’invio di osservazioni da parte di alcuni candidati, con le quali era stato evidenziato che il lungo tempo trascorso dalla pubblicazione della graduatoria aveva creato affidamento e che sussisteva diritto soggettivo all’assunzione, è stato evidenziato nel citato provvedimento n. 2003/34/0089 del 21.5.2003 che la graduatoria finale di merito non era mai stata approvata dopo la verifica di legittimità e che la lunghezza del tempo trascorso tra quando era stato reso noto l’esito delle prove ed il completamento dei lavori da parte della commissione era stata causata da un sequestro penale; è stato quindi dedotto che non sussisteva alcuna esigenza di ponderazione degli interessi dei candidati dal momento che nessuna situazione né di fatto, né giuridica, si era consolidata in capo ad alcuno, non essendo stata approvata alcuna graduatoria, non essendo stato nominato alcun vincitore, non avendo assunto alcuno le funzioni poste a concorso.

Richiamato quindi l’art. 16 del Regolamento concorsi, che prescrive che la Commissione deve operare con l’intervento di tutti i suoi componenti, e il principio che le commissioni di concorso sono collegi perfetti, il citato Dirigente di settore ha non approvato i verbali redatti dalla commissione di concorso ed ha annullato le operazioni concorsuali successive alla ottava seduta, rinviando ad un successivo provvedimento la costituzione di una nuova Commissione giudicatrice.

5.2.- Tanto premesso ritiene il Collegio che le censure in esame non possano essere positivamente valutate, atteso che, posto che non può essere disconosciuto, in capo alla P.A., il potere di annullamento dei propri atti che si rivelino illegittimi, sia pure con il dovuto apprezzamento delle eventuali posizioni consolidate di coloro che hanno fatto affidamento sulla conformità a legge dell’azione amministrativa, in realtà nel caso che occupa non era venuta a crearsi alcuna posizione consolidata e affidamento, non essendo approvati i verbali della Commissione di concorso da parte dell’Organo a tanto preposto.

Invero, in assenza di acquisita definitività degli atti del concorso, in capo ai candidati risultati idonei non poteva essersi formato alcun affidamento o legittima ed aspettativa alla assunzione e, non sussistendo alcuna posizione giuridicamente protetta da salvaguardare, non era necessaria alcuna ponderazione dei contrapposti interessi o valutazione dell’interesse pubblico concreto ed attuale alla adozione dell’atto di annullamento delle operazioni concorsuali “de quibus” (Consiglio Stato, sez. V, 05 aprile 2005, n. 1510), da ritenere atto dovuto a seguito di detta mancata approvazione; né era necessaria alcuna motivazione in ordine alle ragioni che avevano giustificato il sacrificio delle legittime aspettative dei candidati, atteso che esse non erano mai venute ad esistenza a seguito della mancata approvazione degli atti concorsuali.

Non si trattava infatti dell’atto costitutivo di un procedimento di secondo grado di annullamento di un provvedimento perfezionatosi, ma invece dell’atto conclusivo, con funzione di controllo e con contenuto ostativo, del procedimento concorsuale di primo grado.

6.- Con il quarto motivo di gravame è stato dedotto che, ammesso che, come sostenuto in sentenza, l’attività di predisposizione delle domande sia ampiamente discrezionale e valutativa, dovrebbe ritenersi che, comunque, anche l’attività di determinazione dei criteri di scelta dei quesiti è discrezionale e valutativa, sicché dovrebbe riconoscersi ad entrambe natura funzionale, in contraddizione con il principio che sulla distinzione tra attività valutativa ed esecutiva-vincolata fonda la necessità o meno del collegio perfetto.

Comunque non per il solo fatto che il collegio non abbia operato nel plenum dei componenti dovrebbe necessariamente ritenersi che l’attività svolta sia illegittima.

6.1.- La censura, posto che la violazione del collegio perfetto comporta ex se la illegittimità degli atti da esso adottati a prescindere dalla loro concreta attitudine a violare gli interessi dei soggetti interessati, non può essere apprezzata in senso positivo dalla Sezione, atteso che, deve ribadirsi, nella seduta del 6.12.2001 con riguardo alle prove orali sono stati predisposti criteri di mero carattere generale di valutazione delle stesse, ma (in assenza di dimostrazione della circostanza che essi fossero di carattere talmente puntuale e vincolante da comportare che la successiva predisposizione dei quesiti secondo detti criteri fosse ascrivibile ad attività meramente esecutiva e vincolata) deve ritenersi che anche la successiva attività di predisposizione dei quesiti orali abbia costituito attività parimente discrezionale, sia pure nell’ambito dei criteri generali e di massima fissati nella precedente seduta.

7.- Con il quinto motivo di appello è stato dedotto che la condanna alle spese contenuta nella sentenza impugnata appare eccessiva tenuto conto del complesso iter processuale che ha visto emanare contrastanti sentenze sulla giurisdizione e della circostanza che le problematiche oggetto del giudizio non hanno ricevuto univoca soluzione giurisprudenziale.

7.1.- Osserva in proposito la Sezione che, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., la condanna al pagamento delle spese e degli onorari del giudizio costituisce la normale conseguenza della soccombenza in giudizio, sicché nel giudizio d’appello la pronunzia del giudice di primo grado in ordine alla condanna alle spese del giudizio è sindacabile solo quando esse siano state poste a carico di una parte non soccombente (Consiglio Stato, sez. V, 28 febbraio 2011, n. 1244), oppure quando la relativa statuizione risulti manifestamente irrazionale, ovvero la parte soccombente sia stata condannata la pagamento di somme palesemente esorbitanti (Consiglio Stato, sez. IV, 16 marzo 2010, n. 1540).

Nessuno dei vizi sopra denunciati appare sussistere nel caso di specie, atteso che le spese sono state poste a carico della parte soccombente, secondo un criterio pienamente razionale ed in misura che non appare affatto esorbitante in relazione all’oggetto del giudizio ed al numero dei ricorrenti a carico dei quali esse sono state poste.

8.- L’appello, previa declaratoria di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse dell’appello con riguardo alla sig. Maria Elena Pasquali, nonché dell’appello incidentale del Comune di Padova, deve essere conclusivamente respinto e deve essere confermata la prima decisione.

9.- La complessità delle questioni trattate, nonché la peculiarità e la novità del caso, denotano la sussistenza delle circostanze di cui all’art. 92, II c., del c.p.c., come modificato dall’art. 45, XI c., della L. n. 69 del 2009, che costituiscono ragione sufficiente per compensare fra la parti le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente decidendo, dichiara improcedibile l’appello proposto dalla sig. Maria Elena Pasquato e l’appello incidentale proposto dal Comune di Padova; respinge l’appello principale.

Compensa le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Depositata in segreteria il 9 marzo 2012.

Redazione

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