“L’ordinamento comunitario garantisce – a talune condizioni – il riconoscimento dei soli titoli di studio e professionali e non anche delle mere procedure di ammissione (in alcun modo armonizzate al livello comunitario).
Del resto, lo stesso art. 149 TCE (divenuto art. 165 con il Trattato di Lisbona ed espressamente richiamato nell’ambito della pronuncia in esame) esclude qualunque forma di armonizzazione delle disposizioni nazionali in tema di percorsi formativi, demandando alla Comunità il limitato compito di promuovere azioni di incentivazione e raccomandazioni”.
E’ quanto affermato dal Consiglio di Stato nella sentenza numero 2063 dello scorso 10 aprile.
Di seguito il testo della sentenza
…
Consiglio di Stato, Sezione Sesta
Sentenza numero 2063 del 1 aprile 2012
(estensore Contessa, presidente Coraggio)
(…)
DIRITTO
1. Giungono alla decisione del Collegio cinque ricorsi in appello proposti dall’Università degli Studi de L’Aquila avverso altrettante sentenze del T.A.R. dell’Abruzzo con cui sono stati accolti i ricorsi proposti da alcuni studenti i quali avevano seguito il primo anno di corsi presso Università rumene e, per l’effetto, sono stati annullati i provvedimenti con cui l’Università aveva respinto l’istanza di iscrizione al secondo anno del corso di studi.
2. In primo luogo il Collegio ritiene di disporre la riunione dei ricorsi in epigrafe, sussistendo evidenti ragioni di connessione oggettiva e in parte soggettiva (art. 70, c.p.a.).
3. Gli appelli in epigrafe sono fondati.
3.1. La prima questione che il Collegio ritiene di affrontare concerne il passaggio delle sentenze gravate con cui il T.A.R. ha affermato che il diniego di ammissione degli appellati al secondo anno di corsi concretasse una violazione dei princìpi comunitari in tema di libera circolazione e di soggiorno di cui all’art. 165 del TFUE (già: art. 149 TCE).
Giova ribadire al riguardo che le pretese vantate dai ricorrenti in primo grado (volte al riconoscimento della procedura di ammissione presso alcune Università della Romania e della conseguente frequenza ai corsi) non rinvengono alcun fondamento nell’ambito del diritto comunitario. Sotto tale aspetto, il Collegio non ritiene di discostarsi dalla conclusioni cui, in punto di diritto, è giunto nel corso della fase cautelare e in relazione alle quali gli stessi appellati non hanno fornito nuovi o ulteriori elementi. Ed infatti (anche ad ammettere l’equipollenza fra il corso di studi frequentato in Romania dall’appellato e l’omologo corso di studi italiano), l’ordinamento comunitario garantisce – a talune condizioni – il riconoscimento dei soli titoli di studio e professionali e non anche delle mere procedure di ammissione (in alcun modo armonizzate al livello comunitario).
Del resto, lo stesso art. 149 TCE (divenuto art. 165 con il Trattato di Lisbona ed espressamente richiamato nell’ambito della pronuncia in esame) esclude qualunque forma di armonizzazione delle disposizioni nazionali in tema di percorsi formativi, demandando alla Comunità il limitato compito di promuovere azioni di incentivazione e raccomandazioni.
Giova sottolineare al riguardo che: – altra cosa è il riconoscimento delle qualifiche professionali, disciplinato al livello comunitario dalla direttiva 2005/36/CE (recepita nell’ordinamento nazionale con decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 206), mentre – ben altra cosa è il c.d. ‘riconoscimento accademico’, il quale consente al possessore di un diploma di continuare gli studi o di avvalersi di un titolo accademico in un altro Stato membro. Questo secondo tipo di riconoscimento non conosce, allo stato attuale dell’evoluzione del diritto comunitario, misure di armonizzazione o di ravvicinamento delle legislazioni e resta interamente rimesso alle scelte normative dei singoli Stati membri.
Se ciò è vero per il c.d. ‘riconoscimento accademico’ in senso proprio, a maggior ragione è vero in relazione alle previsioni (che qui vengono in rilievo) di cui alla l. 264 del 1999 circa l’accesso ai corsi di laurea e l’individuazione dei presupposti e delle condizioni per l’accesso agli anni dei corsi di laurea successivi al primo; – lo stesso articolo 149 del TCE (che il Tribunale ha ritenuto determinante al fine di rilevare l’illegittimità dell’operato dell’Ateneo) si limita a fissare quale obiettivo meramente tendenziale dell’operato della Comunità quello di favorire la mobilità degli studenti e di promuovere il riconoscimento accademico dei diplomi e dei periodi di studio.
Tuttavia, lo stesso articolo 149, al comma 4, chiarisce che l’azione della Comunità si limita all’adozione di mere ‘azioni di incentivazione’, “ad esclusione di qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri”. Il medesimo comma 4, al secondo trattino, stabilisce che, in subjecta materia, gli Organi comunitari possano, altresì adottare raccomandazioni (che, come è noto, sono annoverate fra gli atti non vincolanti degli Organi comunitari). Conseguentemente, le sentenze in epigrafe sono meritevoli di riforma per aver ritenuto l’illegittimità de jure communitario di atti limitativi (pienamente giustificati in base alla normativa nazionale di rango primario) in relazione ai quali nessuna disposizione del diritto comunitario primario o derivato poneva vincoli di sorta.
4. In sede di memoria per l’udienza di merito, alcuni degli appellanti hanno affermato che, anche a prescindere dai risvolti comunitari della questione, era la stessa disciplina organica di Ateneo a consentire loro l’iscrizione ai corsi di laurea per gli anni successivi al primo. Vengono, in particolare, richiamate le previsioni di cui agli articoli 19 e 26 del Regolamento didattico di Ateneo, i quali non porrebbero alcuna sorta di pregiudiziale con riferimento alle previsioni di cui alla l. 264 del 1999 per ciò che riguarda l’accesso agli anni successivi al primo . In definitiva, nella tesi degli appellati, era lo stesso Regolamento didattico dell’Università ad ammettere la loro iscrizione, a ciò non ostando le previsioni di cui alla più volte richiamata legge n. 264 del 1999.
4.1. L’argomento non può essere condiviso. Si osserva al riguardo che la tesi in questione (la quale, a ben vedere, si fonda piuttosto su un’omissione del Regolamento didattico, che non su previsioni espresse favorevoli agli appellati) si scontra a propria volta contro un dato testuale incontestabile rinvenibile nell’ambito del bando di iscrizione ai corsi di laurea per anni successivi al primo. In particolare, il paragrafo 2 dell’articolo 2 del bando in questione (non impugnato) indicava quali espresse ‘condizioni’ per l’accesso agli anni di corso successivi al primo: a) l’iscrizione in corso presso facoltà di medicina e chirurgia di altri Atenei italiani (requisito – questo – pacificamente non posseduto dagli appellati), ovvero b) l’aver vinto il concorso nazionale di accesso alla facoltà di medicina e chirurgia (requisito – anche questo – pacificamente non posseduto dagli appellati).
4.2. Per le medesime ragioni deve considerarsi destituita di fondamento la tesi (sostenuta dagli appellati in sede di memoria per l’udienza di merito) secondo cui l’appello in epigrafe sarebbe inammissibile per una sorta di immanente inconciliabilità fra le posizioni sostanziali proprie – rispettivamente – del Ministero e dell’Università appellanti. La tesi in questione è infondata, in quanto infondato è il presupposto logico-fattuale su cui essa poggia (ossia, la circostanza che l’Ateneo avrebbe espressamente ammesso all’iscrizione agli anni successivi al primo gli studenti provenienti da Università straniere i quali non avevano mai svolto il test di ingresso di cui alla legge 264 del 1999).
5. Per le ragioni sin qui esposte, il ricorso in epigrafe deve essere accolto e per l’effetto, in riforma delle sentenze oggetto di impugnativa, deve essere disposta la reiezione dei primi ricorsi. Sussistono giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sui ricorsi in epigrafe, previa riunione, li accoglie e per l’effetto, in riforma delle sentenze gravate, dispone la reiezione dei ricorsi proposti in primo grado.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Depositata in segreteria il 10 aprile 2012.