Dichiarazione ex art. 38 lett. c), l’A.P. Consiglio di Stato fa chiarezza

In caso di cessione d'azienda antecedente una gara d'appalto il cessionario ha l'obbligo di presentare la dichiarazione relativa al requisito di cui all'art. 38 lett. c) del Codice degli Appalti, anche in riferimento agli amministratori ed ai direttori tecnici che hanno operato presso la cedente nell'ultimo triennio (ora nell'ultimo anno).

 

Così si è espresso il Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria con la sentenza n. 10/2012 depositata il 04.05.2012, dando la propria interpretazione in merito all'art. 38 lett c) del d.lgs 163/2006. Nello specifico la questione riguardava la ricomprensione o meno, tra i soggetti tenuti a rendere la dichiarazione in parola, degli amministratori e direttori tecnici che hanno operato nell’impresa cedente in caso di cessione d’azienda antecedente una gara d'appalto.
L'Adunanza, che ha accolto l'appello riformando la sentenza del Tar di Napoli n. 02244/2011, ha bocciato la teoria della necessità dell'interpretazione letteraria che preclude ogni forma di estensione analogica in quanto rischierebbe di vulnerare l’affidamento dei partecipanti, la par condicio dei concorrenti e l’esigenza della più ampia partecipazione. Si è soffermata, invece, a ragionare se il contenuto della norma già di per sé comprendesse o meno ipotesi non testuali, ma pur sempre ad essa riconducibili sotto il profilo della sostanziale continuità del soggetto imprenditoriale a cui si riferiscono. Ed in tale senso, il proprio avviso, è che in tale norma ricada anche il tentativo di elusione della norma stessa: “nella causa di esclusione in esame non possa non ricadere anche l’ipotesi in cui affiori l’intento di eludere la norma in relazione a vicende in atto o prevedibili”.
Secondo l'Adunanza, infatti, opinando diversamente verrebbe disatteso lo scopo della norma di impedire anche solo la possibilità di inquinamento dei pubblici appalti.
Tuttavia, viene data la possibilità al cessionario di comprovare che la cessione si è svolta secondo una linea di discontinuità rispetto alla precedente gestione, tale da escludere la rilevanza dei comportamenti degli amministratori e direttori tecnici della cedente.
In merito, poi, alla problematica della mancata presentazione della dichiarazione, l'adunanza specifica che “in caso di mancata presentazione della dichiarazione e sempre che il bando non contenga al riguardo una espressa comminatoria di esclusione, quest’ultima potrà essere disposta soltanto là dove sia effettivamente riscontrabile l’assenza del requisito in questione”. 

Di seguito il testo della sentenza

Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria

 

Sentenza numero 10 del 4 maggio 2012
(estensore Dell'Utri, presidente Coraggio)


DIRITTO
1. Com’è esposto nella narrativa che precede, la questione prospettata all’Adunanza Plenaria con l’ordinanza di rimessione riguarda l’interpretazione dell’art. 38 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, recante Codice degli appalti pubblici, nel testo previgente alle modifiche introdotte dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, nella parte in cui, nell’imporre al candidato o concorrente di attestare il possesso dei requisiti soggettivi generali di partecipazione alla procedura di gara elencati nello stesso articolo (co. 2), include tra tali dichiarazioni quella concernente l’insussistenza di sentenza di condanna passata in giudicato (o decreto penale di condanna irrevocabile, o sentenza di applicazione della pena su richiesta) per determinati reati nei confronti di amministratori e direttori tecnici, estendendo la prescritta dichiarazione ai “soggetti cessati dalla carica nel triennio (ora un anno: n.d.e.) antecedente la data di pubblicazione del bando di gara” e stabilendo che l’esclusione o il divieto di partecipazione operano “qualora l’impresa non dimostri di aver adottato atti o misure di completa dissociazione dalla condotta penalmente sanzionata” (co. 1, lett. c). Più precisamente, la questione attiene alla ricomprensione tra i soggetti tenuti a rendere la dichiarazione in parola degli amministratori e direttori tecnici dell’impresa cedente in caso di cessione d’azienda in favore del concorrente nel triennio anteriore al bando.
2. La rimessione trova ragione nella presenza di contrasti giurisprudenziali appunto in tema di ricomprensione tra gli amministratori e direttori tecnici cessati nell’ultimo triennio dei vertici dell’impresa cedente e sull’alta probabilità che possano generarsene anche in futuro.
La Sezione remittente osserva in proposito che il proprio orientamento, a cui si è uniformata la sentenza appellata, è nel senso della necessità di stretta interpretazione delle clausole di esclusione poste dalla legge o dal bando in ordine alle dichiarazioni a cui è tenuta l’impresa concorrente, con conseguente esclusiva prevalenza delle espressioni letterali in esse contenute e preclusione di ogni forma di estensione analogica, che rischierebbe di vulnerare l’affidamento dei partecipanti, la par condicio dei concorrenti e l’esigenza della più ampia partecipazione.
Peraltro, la Sezione evidenzia la compresenza di difforme orientamento, espresso più volte dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana e dalle Sezioni III e VI del Consiglio di Stato.
3. L’Adunanza Plenaria condivide l’esito al quale è pervenuto il secondo indirizzo, sia pur con le precisazioni che seguono.
3.1. Non è infatti dubitabile che, stante il cennato principio di tipicità e tassatività delle cause di esclusione, la norma recata dall’art. 38, co. 1, lett. c) di cui si controverte, al pari delle altre preclusive della partecipazione del concorrente alle procedure di gara, non sia suscettibile di interpretazione tale da introdurre ulteriori e non previste cause ostative. Si tratta, invece, di chiarire se il contenuto della stessa norma già di per sé comprenda o meno ipotesi non testuali, ma pur sempre ad essa riconducibili sotto il profilo della sostanziale continuità del soggetto imprenditoriale a cui si riferiscono, sicché il soggetto cessato dalla carica sia identificabile come interno al concorrente.
In tale quadro, l’Adunanza è dell’avviso che nella causa di esclusione in esame non possa non ricadere anche l’ipotesi in cui affiori l’intento di eludere la norma in relazione a vicende in atto o prevedibili. Diversamente opinando si finirebbe infatti col disattendere lo scopo stesso della preclusione di legge, da individuarsi sicuramente in quello di impedire anche solo la possibilità di inquinamento dei pubblici appalti di lavori, servizi e forniture derivante dalla partecipazione alle relative procedure di affidamento di soggetti di cui sia accertata la mancanza di rigore comportamentale con riguardo a circostanze gravemente incidenti sull’affidabilità morale e professionale.
In questo senso, a fronte di tale scopo essenziale e preminente non possono militare in senso contrario l’esigenza di certezza giuridica, intesa in termini impeditivi di ogni interpretazione non strettamente letterale, e la tutela della libertà d’impresa, laddove agiscano a scapito dello scopo stesso.
Si consideri del resto, a riprova di ciò, come la giurisprudenza, con indirizzo interpretativo del tutto prevalente, ritenga che la disposizione è applicabile anche nelle ipotesi di fusione o di incorporazione di società, ancorché venute in essere antecedentemente all’avvio della gara (c.f.r. Cons. di Stato, III, 15 luglio 2011, n. 4323; T.a.r. Abruzzo, 15 dicembre 2011, n. 681; T.a.r. Sardegna, I, 22 luglio 2011, n. 845; T.r.g.a. Trentino Alto-Adige, 18 luglio 2011, n. 202; T.a.r. Sicilia, I, 29 giugno 2011, n. 1243; T.a.r. Veneto, I, 27 gennaio 2011, n. 115; cfr. anche Cons. di Stato, VI, 9 maggio 2011, n. 2662, che nega l’applicazione della norma qualora la fusione o incorporazione comporti l’estinzione del soggetto incorporato).
Vero è che in tali casi, a differenza di quanto avviene nella cessione, la vicenda realizza una successione a titolo universale fra i soggetti interessati ovvero, alla luce della riforma del diritto societario disposta dal d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, la loro mera trasformazione e lascia dunque ferma, per definizione, la continuità dell’attività imprenditoriale. Non è peraltro nel contempo da sottacere che quest’ultimo fenomeno ben può verificarsi pur in ipotesi di cessione di azienda o di ramo di azienda: sebbene infatti per suo tramite si realizzi una successione a titolo particolare, essa tuttavia assume una forma del tutto peculiare, consistente nel passaggio all’avente causa dell’intero complesso dei rapporti attivi e passivi nei quali l’azienda stessa o il suo ramo si sostanzia (tanto da farsi riferimento in giurisprudenza al concetto di trasferimento di universitas, v. Cass., 12 giugno 2007, n. 13765; Cass., 13 giugno 2006, n. 13676; Cass., 19 luglio 2000, n. 9460). Il che rende la vicenda ben suscettibile di comportare pur essa la continuità tra precedente e nuova gestione imprenditoriale.
La responsabilità per fatto di soggetto giuridico terzo a cui soggiace il cessionario trova risposta nel principio ubi commoda, ibi incommoda: il cessionario, come si avvale dei requisiti del cedente sul piano della partecipazione a gare pubbliche, così risente delle conseguenze, sullo stesso piano, delle eventuali responsabilità del cedente.
3.2. All’operazione interpretativa in argomento non osta il dato normativo in ordine alla condizione di rilevanza della causa d’esclusione riferita ai soggetti cessati dalla carica nel triennio antecedente al bando, costituita dalla mancata dimostrazione “di aver adottato atti o misure di completa dissociazione della condotta penalmente sanzionata”.
La Sezione remittente allega, al riguardo, che l’impresa cessionaria ben potrebbe senza colpa ignorare i precedenti penali dei vertici della cedente, sicché si troverebbe ad essere assoggettata a responsabilità per fatto altrui, in contrasto con i principi della personalità della responsabilità individuale e della tutela dell’affidamento, sulla base di un meccanismo attributivo di responsabilità oggettiva e senza potersi avvalere dello strumento di garanzia della dissociazione.
Premesso che, diversamente da quanto sostenuto da Megastrutture, non si vede come la cessione possa consistere essa stessa nella “dissociazione”, il segnalato inconveniente può esser agevolmente superato dal cessionario attraverso l’adozione di opportune cautele, quali il pretendere dall’impresa che si intenda acquisire l’attestazione circa intervenute condanne o indagini penali già in corso sui rispettivi vertici amministrativi e tecnici per reati che incidano sull’affidabilità morale e professionale, nonché prevedendo penali o garanzie o risoluzione della cessione al verificarsi di tali fatti, suscettibili di risolversi negativamente per tali soggetti entro il successivo triennio (ora entro il successivo anno).
Ad ogni modo, proprio nella logica del cennato fenomeno della dissociazione, al cessionario va riconosciuta la possibilità di comprovare che la cessione si è svolta secondo una linea di discontinuità rispetto alla precedente gestione, tale da escludere alcuna influenza dei comportamenti degli amministratori e direttori tecnici della cedente.
3.3. Alla luce delle esposte considerazioni deve quindi ritenersi la sussistenza in capo al cessionario dell’onere di presentare la dichiarazione relativa al requisito di cui all’art. 38, comma 2, lett. c), del d.lgs. n. 163 del 2006 anche in riferimento agli amministratori ed ai direttori tecnici che hanno operato presso la cedente nell’ultimo triennio (ora nell’ultimo anno).
Resta fermo, come innanzi accennato, che è comunque dato al cessionario comprovare l’esistenza nel caso concreto di una completa cesura tra vecchia e nuova gestione, tale da escludere la rilevanza della condotta dei precedenti amministratori e direttori tecnici operanti nell’ultimo triennio e, ora, nell’ultimo anno, presso il complesso aziendale ceduto.
Resta altresì fermo – tenuto anche conto della non univocità delle norme circa l’onere del cessionario – che in caso di mancata presentazione della dichiarazione e sempre che il bando non contenga al riguardo una espressa comminatoria di esclusione, quest’ultima potrà essere disposta soltanto là dove sia effettivamente riscontrabile l’assenza del requisito in questione.
4. Quanto alla fattispecie concreta dedotta nel presente giudizio, l’Adunanza reputa che sussistano sufficienti elementi per affermare che il concorrente Megastrutture è la mera continuazione della stessa “azienda” ceduta, poiché è del complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio della S.S. Costruzioni che l’impresa cessionaria si è avvalsa, prima nella sua forma di impresa individuale neocostituita, poi in quella societaria – parimenti neo costituita – in cui si è trasformata, non a caso unipersonale e non a caso nello stesso anno 2008. Oltretutto, come bene si osserva nell’ordinanza di rimessione, non sono senza rilievo ai fini della dimostrazione della detta continuità (se non dell’interposizione fittizia, la cui verifica è però preclusa in questa sede dalle statuizione della stessa ordinanza ricordata in narrativa) gli ulteriori elementi, come quelli indicati appena sopra (forniti dall’appellante sin dal primo grado), indiziari ma gravi e concordanti, dell’età particolarmente avanzata della signora Conte, singolare in chi intraprenda per la prima volta un’attività imprenditoriale e per giunta alla guida di una nuova impresa, la sua carente professionalità in materia, non essendo in alcun modo dimostrato un pregresso e personale apporto alle attività familiari, ed il rapporto di affinità col signor Schiavone, idoneo a comprovare, nel contesto degli altri predetti elementi, che non vi è stata cesura tra le due entità.
Di contro, quanto evidenziato circa la costituzione ex novo dell’impresa individuale Conte e la sua pressoché contestuale trasformazione formale in impresa societaria unipersonale escludono che si sia trattato di un reale duplice passaggio.
4.1. Non senza dire che l’operazione appare risolversi, invece, nell’instaurazione di un meccanismo finalizzato a rendere produttiva l’azienda ceduta anche ai fini della partecipazione agli appalti pubblici ed al loro affidamento, ponendola al riparo, in primo luogo, da eventuali interdittive antimafia e, in secondo luogo, dall’intervento di una condanna ostativa. Difatti, non essendo peraltro allegato un motivo della cessione di ordine commerciale, è particolarmente agevole desumere come si verta nel caso di manovre elusive, poste in atto in vista della possibilità che le indagini, evidentemente già in corso nel 2008 poiché riferite a fatti presunti che sarebbero avvenuti fino al gennaio 2006 e di cui è ragionevole arguire che all’epoca l’interessato ne avesse avuto se non altro sentore, non solo si concludessero negativamente nel triennio, ma ancor prima conducessero ad un possibile apprezzamento negativo del prefetto, attesa la tipologia dei cennati fatti ed il loro collegamento (secondo gli inquirenti) con attività della criminalità organizzata.
4.2. Resta da osservare che, al contrario di quanto sostenuto dall’appellata, la produzione in questa sede d’appello del documento (avviso ex art. 419, co. 1, cod. proc. pen. in data 4 maggio 2011 di udienza preliminare in relazione a richiesta di rinvio a giudizio) da cui si sono tratti tali ulteriori elementi deve ritenersi ammissibile ai sensi dell’art. 104, co. 2, cod. proc. amm., essendo evidente l’impossibilità dell’appellante di farne oggetto di deposito nel giudizio di primo grado, conclusosi con l’anteriore sentenza del 20 aprile 2011.
5. In conclusione, quanto sin qui esposto conduce all’accoglimento dell’appello, con conseguente riforma della sentenza appellata nel senso dell’accoglimento del ricorso incidentale e, di qui, la declaratoria di improcedibilità del ricorso principale per carenza di interesse.
Tuttavia, la complessità della questione giuridica sottoposta all’Adunanza, in uno con la presenza dei contrasti giurisprudenziali sopra illustrati sulla stessa questione, consigliano la compensazione tra le parti delle spese di entrambi i gradi.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, accoglie l'appello e, per l'effetto, in riforma della sentenza appellata accoglie il ricorso incidentale e dichiara improcedibile il ricorso principale di primo grado.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Depositata in segreteria il 4 maggio 2012. 

Redazione

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