“La giurisprudenza amministrativa ha più volte rilevato che, in base all’art. 75 del d.P.R. n. 445 del 2000, la non veridicità della dichiarazione sostitutiva presentata comporta la decadenza dai benefici eventualmente conseguiti, non lasciando tale disposizione alcun margine di discrezionalità alle Amministrazioni che si avvedano della non veridicità delle dichiarazioni.
Inoltre, l’art. 75, comma 1, del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 prescinde, per la sua applicazione, dalla condizione soggettiva del dichiarante, attestandosi sul dato oggettivo della non veridicità, rispetto al quale sono irrilevanti il complesso delle giustificazioni addotte dal dichiarante.
In altre parole, la disposizione in esame non richieda alcuna valutazione circa il dolo o la grave colpa del dichiarante, poiché, se così fosse, verrebbe meno la ratio della disciplina che è volta a semplificare l’azione amministrativa, facendo leva sul principio di autoresponsabilità del dichiarante: il corollario che deve trarsi da tale constatazione è che la non veridicità di quanto autodichiarato rileva sotto un profilo oggettivo e conduce alla decadenza dei benefici ottenuti con l’autodichiarazione non veritiera, indipendentemente da ogni indagine dell’Amministrazione sull’elemento soggettivo del dichiarante, perché non vi sono particolari risvolti sanzionatori in giuoco, ma solo le necessità di spedita esecuzione della legge sottese al sistema della semplificazione.
L’accertamento dell’elemento soggettivo, peraltro, può essere rilevante sotto altri profili, ad es. per verificare la sussistenza di un eventuale reato di truffa (art. 640 del c.p.), ma non per applicare le conseguenze decadenziali legate alla non veridicità obiettiva della dichiarazione”.
E’ quanto affermato dal Consiglio di Stato nella sentenza numero 2447 dello scorso 27 aprile.
Di seguito il testo della sentenza
…
Consiglio di Stato, Sezione Quinta
Sentenza numero 2447 del 27 aprile 2012
(estensore Lotti, presidente Trovato)
(…)
DIRITTO
Ritiene il Collegio che l’appello sia infondato.
Infatti, il Comune appellato ha dato attuazione a quanto disposto dal punto 9a3 del bando, non impugnato, il quale prevede in modo inequivoco che saranno causa di esclusione “la mancanza o l’incompletezza della dichiarazione di cui ai punti 9.a.1, 9.a.2, 9.a.3”; a sua volta, il punto 9a1 del bando precisa che la busta A dovrà contenere, a pena di esclusione la domanda (in bollo) e la dichiarazione sostitutiva resa ai sensi del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, contenente (lett. p) la dichiarazione di non aver reso false dichiarazioni nell’anno antecedente la data del presente bando in merito ai requisiti e alle condizioni rilevanti per la partecipazione alle procedure di gara, e per l’affidamento dei subappalti, risultanti dai dati dell’Osservatorio.
La dichiarazione sopra indicata non è veritiera, poiché l’attuale appellante non l’ha effettuata.
Sotto questo profilo, la giurisprudenza amministrativa ha più volte rilevato che, in base all’art. 75 del d.P.R. n. 445 del 2000, la non veridicità della dichiarazione sostitutiva presentata comporta la decadenza dai benefici eventualmente conseguiti, non lasciando tale disposizione alcun margine di discrezionalità alle Amministrazioni che si avvedano della non veridicità delle dichiarazioni.
Inoltre, l’art. 75, comma 1, del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 prescinde, per la sua applicazione, dalla condizione soggettiva del dichiarante, attestandosi sul dato oggettivo della non veridicità, rispetto al quale sono irrilevanti il complesso delle giustificazioni addotte dal dichiarante.
In altre parole, la disposizione in esame non richieda alcuna valutazione circa il dolo o la grave colpa del dichiarante, poiché, se così fosse, verrebbe meno la ratio della disciplina che è volta a semplificare l’azione amministrativa, facendo leva sul principio di autoresponsabilità del dichiarante: il corollario che deve trarsi da tale constatazione è che la non veridicità di quanto autodichiarato rileva sotto un profilo oggettivo e conduce alla decadenza dei benefici ottenuti con l’autodichiarazione non veritiera, indipendentemente da ogni indagine dell’Amministrazione sull’elemento soggettivo del dichiarante, perché non vi sono particolari risvolti sanzionatori in giuoco, ma solo le necessità di spedita esecuzione della legge sottese al sistema della semplificazione.
L’accertamento dell’elemento soggettivo, peraltro, può essere rilevante sotto altri profili, ad es. per verificare la sussistenza di un eventuale reato di truffa (art. 640 del c.p.), ma non per applicare le conseguenze decadenziali legate alla non veridicità obiettiva della dichiarazione.
Pertanto, occorre ribadire che è irrilevante la disciplina di cui all’art. 48 del Codice appalti, in quanto la disposta esclusione è dipesa non dai fatti che all’epoca avevano dato luogo alla suddetta annotazione o dall’annotazione in sé, bensì dalla mancata dichiarazione ditale circostanza da parte del concorrente in gara.
Nella specie, è pacifico e risulta documentalmente dall’annotazione iscritta presso l’Osservatorio in data 19.11.2009, che il Consiglio dell’Autorità per la Vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, con decisione del 8 ottobre 2009, n. 126, ha disposto che l’operatore economico Politecnica Ingegneria e Architettura Soc. Coop. è sospeso per un mese dalla partecipazione alle procedure di affidamento dalla data di iscrizione della presente annotazione nel Casellario informatico.
Pertanto, l’attuale appellante aveva l’onere e l’obbligo di dichiarare la sanzione irrogata che decorreva non dalla data di commissione dell’illecito, bensì da quella di annotazione nel casellario.
Infatti, la data da cui decorre il periodo di un anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara in cui è necessario che le imprese non abbiano reso false dichiarazioni in merito ai requisiti e alle condizioni rilevanti per la partecipazione alle procedure di gara, richiamato dall’art. 38 d. lgs. n. 163 del 2006, coincide con quella di iscrizione nel casellario delle notizie riguardanti le false dichiarazioni, venendo sorretta la suddetta esigenza di certezza altresì dalla lettura della disposizione, che pur in apparenza facendo riferimento al mero fatto storico delle dichiarazioni mendaci, immediatamente precisa che deve trattarsi in ogni caso di dichiarazioni risultanti dai dati in possesso dell’Osservatorio.
Pertanto, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello deve essere respinto, in quanto infondato.
Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta),
definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna parte appellante alla rifusione delle spese di lite del presente grado di giudizio, spese che liquida in euro 5.000,00, oltre accessori di legge, in favore del Comune di Valdagno..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Depositata in segreteria il 27 aprile 2012.