L’azione giudiziaria o l’impugnazione per conto del Comune possono essere promosse direttamente dal Sindaco, anche in mancanza di una delibera ad hoc della Giunta che lo autorizzi a procedere.
E' quanto afferma il Tar Sicilia, sezione di Catania, con la sentenza 1348/2012.
I giudici amministrativi affermano infatti che con l’elezione diretta del primo cittadino da parte del corpo elettorale, il sindaco risulta portatore di un’investitura che proviene senza mediazione dagli stessi cittadini, diversamente dagli assessori, la cui investitura trova nel sindaco la propria fonte di legittimazione.
Di conseguenza il capo dell'amministrazione comunale non ha bisogno di alcun placet della Giunta affinché il Comune si costituisca in giudizio o promuova un'azione.
Il collegio sottolinea come l’autorizzazione alle liti da parte delle giunta poteva avere una ratio quando il sindaco veniva eletto dal Consiglio comunale e la Giunta era comunque espressione del civico consesso. Ma con la legge 81/1993 si è introdotta l'elezione diretta del primo cittadino, il quale, a sua volta, sceglie la squadra di governo locale.
Il T.U.E.L. affida poi alla Giunta le funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo degli organi di governo che non sono riservate dalla legge al Consiglio; ai dirigenti comunali spettano invece la guida degli uffici e dei servizi secondo i criteri e le norme dettati dagli statuti e dai regolamenti, oltre che tutti i compiti non compresi espressamente dalla legge o dallo Statuto tra le funzioni di indirizzo. E fra di essi rientra l’adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l’amministrazione verso l’esterno.
Il Tar rigetta pertanto il ricorso di un candidato escluso da un concorso bandito da un Comune della provincia di Messina per la nomina del responsabile del settore Affari generali e vice-segretario dell’ente locale. L’aspirante dirigente sosteneva infatti che l’atto di opposizione al ricorso straordinario sarebbe stato irrituale perché sottoscritto soltanto dal sindaco senza previa deliberazione della Giunta. L’eventuale passaggio dal ricorso straordinario alla sede giurisdizionale, segna anche la modifica del regime degli atti, che devono qualificarsi come processuali solo nel momento in cui si è realizzata definitivamente la trasposizione dal piano del ricorso straordinario a quello del ricorso giurisdizionale.
Di seguito il testo della sentenza del Tar Sicilia – Catania, n. 1348/2012
N. 01348/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01212/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1212 del 2006, proposto da:
Grasso Giuseppe, rappresentato e difeso dall’Avv. Giuseppe Condipodero, con domicilio presso la Segreteria di questo Tribunale, in Catania, Via Milano 42/a;
contro
– Comune di Patti, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Aldo Tigano, con domicilio presso la Segreteria di questo Tribunale, in Catania, Via Milano 42/a;
– Presidenza della Regione Siciliana, in persona del Presidente pro-tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria in Catania, Via Vecchia Ognina 149;
per l’annullamento
della determinazione del Segretario Comunale di Patti n. 56 in data 16 maggio 2005, delle delibere di Giunta Municipale n. 373 del 3 dicembre 2004 e n. 170 del 5 maggio 2005 e della nota prot. n. 5090/521.05.8 in data 16 marzo 2006 dell’Ufficio Legislativo e Legale della Regione Siciliana.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Patti e della Presidenza della Regione Siciliana;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 maggio 2012 il dott. Daniele Burzichelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
L’odierno ricorrente è stato escluso da un concorso bandito dal Comune di Patti per la nomina del Responsabile del Settore Affari Generali e Vice-segretario Comunale ed ha proposto ricorso straordinario, avverso l’esclusione e altri atti presupposti, al Presidente della Regione Siciliana.
In data 11 luglio 2005 il Sindaco di Patti ha notificato al ricorrente atto di opposizione al ricorso straordinario.
In data 11 ottobre 2005 il ricorrente ha chiesto all’Ufficio Legislativo e Legale della Regione Siciliana la prosecuzione del ricorso straordinario, sul rilievo che l’atto di opposizione era irrituale, in quanto sottoscritto dal Sindaco senza previa deliberazione della Giunta Municipale.
Con memoria in data 18 febbraio 2006, il ricorrente ha ulteriormente argomentato la propria richiesta.
Con nota n. 5090/521.05.8 in data 16 marzo 2006, l’Ufficio Legislativo e Legale della Regione Siciliana ha negato che fosse possibile la prosecuzione del ricorso in sede straordinaria.
Il ricorrente propone, quindi, il presente ricorso, notificato all’Amministrazione in data 6 aprile 2006 e depositato in data 28 aprile 2006, chiedendo l’annullamento della determinazione del Segretario Comunale di Patti n. 56 in data 16 maggio 2005, delle delibere di Giunta Municipale n. 373 del 3 dicembre 2004 e n. 170 del 5 maggio 2005 e della nota prot. n. 5090/521.05.8 in data 16 marzo 2006 dell’Ufficio Legislativo e Legale della Regione Siciliana.
Per quanto attiene alla questione relativa alla ritualità dell’atto di opposizione al ricorso straordinario del Comune di Patti, il ricorrente osserva quanto segue: a) l’atto di opposizione al ricorso straordinario instaura un procedimento giurisdizionale (sul punto cfr. Cons. St., IV, n. 685/1986 e Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, n. 131/1999); b) l’atto di opposizione sottoscritto dal Sindaco in assenza di una previa delibera di Giunta che lo autorizzi ad agire in giudizio è irrituale e rende inammissibile l’atto di opposizione (al riguardo, cfr. Tar Catania, I, n. 851/2005 Tar Catania, III, n. 1840/2001); c) nel caso di specie il ricorso straordinario avrebbe, quindi, dovuto proseguire il suo corso, come anche affermato dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in fattispecie di analogo contenuto (Benthem/Olanda, del 23 ottobre 1997, A97).
Per quanto attiene alla domanda di annullamento degli atti impugnati, il ricorrente lamenta “violazione degli artt. 45 legge regionale n. 15/2004, 5, decimo comma, d.p.r. n. 268/1987, 5 d.p.r. n. 3/1957, 5 d.p.r. n. 487/1994, 3, comma 20, legge n. 537/1993, 3 legge regionale n. 12/1991 e 35, primo comma, d.lgs. n. 165/2001”.
Il Comune di Patti, costituitosi in giudizio, eccepisce l’inammissibilità del ricorso e sollecita, in subordine, il suo rigetto nel merito.
In particolare, per quanto attiene all’eccezione di inammissibilità, l’Amministrazione intimata osserva che: a) l’art. 10, primo comma, d.p.r. n. 1199/1971 stabilisce che, a seguito dell’atto di opposizione al ricorso straordinario, il ricorrente, qualora intenda insistere nel ricorso, deve depositare nella Segreteria del giudice amministrativo competente, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento dell’atto di opposizione al ricorso straordinario, l’atto di costituzione in giudizio, dandone avviso mediante notificazione all’organo che ha emanato l’atto impugnato ed al controinteressato; b) nel caso di specie il ricorrente, ricevuta la notifica dell’atto di opposizione in data 11 luglio 2005, ha notificato il ricorso in data 6 aprile 2006 e lo ha depositato in data 28 aprile 2006, ben oltre il termine sopra indicato; d) il ricorrente ha anche omesso di impugnare il provvedimento di esclusione comunicatogli con nota n. 25149 del 16 dicembre 2005 (pervenuta all’interessato in data 21 dicembre 2005).
Per quanto attiene alla presunta irritualità dell’atto di opposizione, il Comune, invece, osserva che: a) l’opposizione ex art. 10 d.p.r. n. 1199/1971 costituisce esercizio di un diritto potestativo nell’ambito di una procedura contenziosa di natura amministrativa; b) in ogni caso, la Corte di Cassazione, con pronuncia a Sezioni Unite n. 12868/2005, ha statuito in ordine all’avvenuto superamento della disposizioni che, nel regime della previgente disciplina, prescrivevano l’autorizzazione a stare in giudizio quale condizione imprescrittibile della “legitimatio ad processum”; c) ad ogni buon conto, il provvedimento con cui la Regione ha dichiarato improcedibile il ricorso non è stato impugnato, né potrebbe essere impugnato in quanto il presunto vizio che lo inficerebbe non rientra fra quelli “in procedendo”.
Con apposita memoria il ricorrente replica alle deduzioni di controparte, ribadendo che l’atto di opposizione al ricorso straordinario presenta natura giurisdizionale e osservando che: a) l’art. 182 c.p.c. prevede che, se il giudice rileva un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione, può assegnare alle parti un termine per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, salvo che si sia avverata una decadenza; b) nel caso di specie è intervenuta una decadenza, in quanto l’atto di opposizione deve essere ritualmente formulato entro il termine di giorni sessanta dalla notifica del ricorso straordinario; c) essendo l’atto di opposizione irrituale e nullo, esso non produce effetti e, conseguentemente, non fa decorrere il termine decadenziale di giorni sessanta per la costituzione in giudizio del ricorrente di cui all’art. 10, primo comma, d.p.r. n. 1199/1971.
Con memoria depositata in vista dell’udienza di merito, il Comune di Patti ribadisce le proprie difese, precisando che: a) la giurisprudenza ha negato la natura processuale dell’atto di opposizione al ricorso straordinario (Cons. St., V, n. 4136/2007); b) la natura processuale dell’atto di opposizione è, invero, esclusa dal rilievo che, qualora il ricorrente non proceda alla trasposizione del giudizio, nessun processo risulterà incardinato a seguito della mera attività dell’opponente; c) il ricorrente, per far valere in sede giurisdizionale l’irritualità dell’atto di opposizione, avrebbe dovuto effettuare tempestivamente la trasposizione; d) anche volendo ritenere irrituale l’opposizione al ricorso straordinario, il vizio sarebbe sanato dalla successiva deliberazione a stare in giudizio, adottata con delibera di Giunta n. 131 del 6 aprile 2006.
La Presidenza della Regione Siciliana si costituisce in giudizio depositando una memoria di mera forma.
Nella pubblica udienza del 9 maggio 2012, sentiti i difensori delle parti, come indicato in verbale, la causa viene trattenuta in decisione.
Il ricorso deve essere dichiarato irricevibile ai sensi dell’art. 35, primo comma, lett. a), c.p.a., in quanto tardivamente notificato e depositato rispetto al termine di sessanta giorni di cui al sopra citato art. 10, primo comma, d.p.r. n. 1199/1971.
La tesi di parte ricorrente, secondo cui nel caso di specie l’atto di opposizione al ricorso straordinario sarebbe privo di effetti e non farebbe decorrere il termine decadenziale di sessanta giorni per la costituzione in giudizio del ricorrente di cui all’art. 10, primo comma, d.p.r. n. 1199/1971, non può essere condivisa.
Come, infatti, affermato dalla giurisprudenza (cfr. Cass. Civ, I, n. 13412/2006, Cass. Civ., Sez. Un., n. 17550/2002 e n. 12868/2005; TAR Sicilia, Palermo, Sez. I n. 880 del 4 luglio 2008, Cons. Stato, sez. VI n. 33 del 7 gennaio 2008), la vigente disciplina regionale non include più fra le competenze della Giunta Comunale le delibere aventi ad oggetto le autorizzazioni alla proposizione delle liti attive e passive.
La competenza in materia della Giunta Comunale, come è noto, si fondava, in ambito nazionale, sull’art. 35, secondo comma, legge n. 142/1990, secondo cui a tale organo spettavano le attribuzioni residuali su tutti gli atti non riservati dalla legge o dallo Statuto alla competenza del Sindaco o del Consiglio.
La norma ha trovato applicazione anche nella Regione siciliana, avente competenza legislativa esclusiva sull’ordinamento degli enti locali ai sensi dell’art. 14, lett. p), dello Statuto Regionale, atteso che, con legge regionale n. 48/1991, la legge n. 142/1990 è stata recepita nell’ordinamento regionale senza alcuna modifica.
Il nuovo quadro delle competenze degli organi del comune, già delineato dalla menzionata legge n. 142/1990 e completato dalle disposizioni successive fino all’approvazione del d.p.r. n. 267 del 2000, ha indotto, però, le Sezioni Unite della Corte (Cass., Sez. Un. n. 17550/2002 e n. 12868/2005) a rivedere il precedente orientamento, anche in considerazione del fatto che la modifica del titolo V della Costituzione, nonché la successiva legge n. 131/2003 di adeguamento dell’ordinamento della Repubblica al nuovo assetto costituzionale, hanno accentuato l’autonomia degli enti locali e nell’ambito di essa le potestà degli Statuti nella gerarchia delle fonti (ormai da considerarsi quali atti normativi atipici con caratteristiche di rango paraprimario o sub-primario).
La Suprema Corte ha, quindi, affermato che, ai fini della rappresentanza in giudizio del Comune, l’autorizzazione alla lite da parte della Giunta Comunale non costituisce più, in linea generale, atto necessario ai fini della proposizione o della resistenza all’azione (o all’impugnazione).
Ciò, innanzitutto, perché alla Giunta sono state conferite le funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo degli organi di governo che non siano riservate dalla legge al Consiglio, mentre spettano ai dirigenti la direzione degli uffici e dei servizi secondo i criteri e le norme dettati dagli Statuti e dai regolamenti, nonché tutti i compiti, compresa l’adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l’Amministrazione verso l’esterno, non ricompresi espressamente dalla legge o dallo Statuto tra le menzionate funzioni di indirizzo (art. 48, 50 e 107 d.p.r. n. 267/2000).
In secondo luogo, perché nel nuovo ordinamento delle autonomie locali il Sindaco ha assunto, ancor più con la legge n. 81/1993, che ne ha previsto l'elezione diretta, un ruolo politico ed amministrativo centrale, in quanto titolare di funzioni di direzione e di coordinamento dell’esecutivo comunale; onde l’autorizzazione (del Consiglio prima e poi) della Giunta, se trovava ragione in un assetto in cui il Sindaco era eletto dal Consiglio e la Giunta costituiva espressione del Consiglio stesso, non ha più ragion d’essere in un sistema in cui il Sindaco trae direttamente la propria investitura dal corpo elettorale e costituisce egli stesso la fonte di legittimazione degli Assessori che compongono la Giunta, cui l’art. 48 d.p.r. n. 267/2000 affida il compito di collaborare con il capo dell’Amministrazione Municipale (salva restando, ovviamente, la possibilità per lo Statuto comunale – competente a stabilire i modi di esercizio della rappresentanza legale dell’ente, anche in giudizio ex art. 6, secondo comma, d.p.r. n. 267/2000 – di prevedere l’autorizzazione della Giunta, ovvero di richiedere una preventiva determinazione del competente dirigente, ovvero, ancora, di postulare l’uno o l’altro intervento in relazione alla natura o all’oggetto della controversia).
Questi principi valgono a maggior ragione nella Regione siciliana, in quanto, dopo il recepimento ad opera della legge regionale n. 48/1991 della legge n. 142/1990, il cui art. 35 configurava la Giunta quale organo di governo, il legislatore regionale ha provveduto ad una nuova ripartizione delle competenze in conformità alla distinzione tra organi di indirizzo e di controllo politico-amministrativo ed organi responsabili dell’ente, nonché della gestione amministrativa dei suoi servizi.
Al Sindaco, che convoca e presiede la Giunta, l’art. 13 legge regionale n. 7/1992 ha attribuito il compimento di “tutti gli atti di amministrazione che dalla legge o dallo Statuto non siano specificatamente attribuiti alla competenza di altri organi del Comune, degli organi di decentramento, del segretario e dei dirigenti”, mentre l’art. 41, comma 20, della successiva legge regionale n. 26/1993, onde dirimere le incertezze che potevano trarre ragione dalla competenza residuale delle Giunta prevista dalla legge n. 142/1990, come recepita dalla legge regionale n. 48/1991, ha inserito un terzo comma all’art. 13 della legge regionale n. 7/1992, il quale prevede che restano riservate alla Giunta le deliberazioni per le materie indicate dall’art. 15 legge regionale n. 44/1991 che non siano di competenza del Consiglio.
Le nuove disposizioni, pertanto, hanno profondamente innovato le precedenti attribuzioni della Giunta municipale, per un verso sostituendo alla precedente competenza residuale quella avente per oggetto specifiche materie significativamente individuate fra quelle già devolute dal legislatore promiscuamente sia al suddetto organo, che al Consiglio Comunale, in base ai precedenti criteri di riparto tra gli stessi e, per altro verso, non includendo più fra di esse le delibere aventi per oggetto l’autorizzazione delle liti attive e passive, che quale atto gestionale e tecnico più non necessitano – anche per i Comuni della Regione Siciliana – dell’autorizzazione della Giunta.
Che si sia trattato di uno specifico intendimento del legislatore regionale è confermato dalle successive leggi regionali n. 23/1997 e n. 39/1997, le quali hanno sostituito l’originario tenore dell’art. 15 legge regionale n. 44/1991, modificando profondamente le materie di competenza della Giunta da sottoporre a controllo di legittimità e quelle che possono restarne esenti, senza includere né fra le une, né fra le altre l’autorizzazione al Sindaco o ai dirigenti a stare in giudizio in nome e per conto del Comune (autorizzazione che, dunque, può essere pretesa nella sola ipotesi in cui il provvedimento permissivo sia imposto dallo Statuto del Comune, che nella Regione siciliana, in base agli artt. 1, primo comma, legge regionale n. 48/1991, e 1, primo comma legge n. 30/2000, ha la funzione di fissare le norme fondamentali dell’organizzazione dell’ente, nonché di porre i criteri generali per il suo funzionamento).
In difetto di diverse previsioni statutarie sul punto, deve, pertanto, escludersi che l’atto di opposizione al ricorso straordinario del Comune di Patti sia stato irrituale.
Ma anche volendo prescindere dalle considerazioni che precedono, il Collegio ritiene che l’atto di opposizione al ricorso straordinario non presenti natura processuale.
Secondo un isolato orientamento, intervenuta la trasposizione, il giudizio acquisterebbe, anche retroattivamente, carattere giurisdizionale, con la conseguente integrale applicazione delle norme processuali speciali anche agli atti adottati prima della trasposizione stessa.
Tale opinione, però, come puntualmente osservato dal Consiglio di Stato, nella pronuncia della Sezione V n. 4136/2007, non può essere condivisa.
Il passaggio dal ricorso straordinario alla sede giurisdizionale, infatti, segna anche la modifica del regime degli atti, che devono qualificarsi come processuali solo nel momento in cui si è realizzata, definitivamente, la trasposizione dal piano del ricorso straordinario a quello del ricorso giurisdizionale.
Il momento in cui il procedimento assume una connotazione propriamente giurisdizionale è successivo alla notifica dell’atto di opposizione, il quale, pertanto, appartiene alla fase amministrativa del giudizio.
L’art. 10 d.p.r. n. 1199/1971 richiede, infatti, che, dopo la notifica dell’opposizione, l’interessato, entro il prescritto termine di sessanta giorni, provveda tanto alla notifica dell’atto, quanto al suo deposito. Secondo il prevalente indirizzo giurisprudenziale, il deposito deve seguire la notifica dell’atto, con modalità analoghe a quelle riguardanti la proposizione dell’ordinario ricorso giurisdizionale. La differenza dal modulo ordinario, quindi, consiste nella semplice previsione di un unico termine finale (pari a sessanta giorni), entro il quale devono essere compiute entrambe le operazioni di notifica e di deposito.
Il passaggio alla fase giurisdizionale si attua, pertanto, attraverso le seguenti tappe: a) notifica dell’atto di opposizione; b) notifica dell’atto con cui il ricorrente straordinario dichiara di insistere nel ricorso, davanti al Tribunale Amministrativo Regionale; c) deposito, presso la segreteria del Tribunale competente, dell’atto notificato dal ricorrente.
Il primo atto non presenta connotati tipicamente processuali e giurisdizionali, ma costituisce l’ultimo segmento della fase di svolgimento del procedimento di trattazione del ricorso straordinario in quanto, una volta intervenuta l’opposizione, può ben accadere che l’originario ricorrente ometta di insistere nella propria volontà di impugnazione. In tal caso, l’opposizione determinerebbe la sola conseguenza di rendere improcedibile il ricorso straordinario, senza provocare alcuna pronuncia del giudice amministrativo.
E’, invece, il secondo atto (la notifica dell’atto con cui il ricorrente dichiara di insistere nel ricorso) che presenta, natura processuale, avendo lo scopo di trasferire davanti al giudice l’intera controversia.
Ne consegue che, anche a prescindere dalla considerazioni sopra svolte, il Sindaco non necessitava di alcuna autorizzazione per formulare opposizione al ricorso straordinario instaurato dal ricorrente.
Il ricorrente, pertanto, aveva l’onere di effettuare la trasposizione nelle sede giurisdizionale nel termine di cui al citato art. 10, primo comma, d.p.r. n. 1199/1971.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato irricevibile.
La peculiarità delle questioni trattate giustifica l’integrale compensazione fra le parti delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto: 1) lo dichiara irricevibile; 2) compensa fra le parti le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 9 maggio 2012 con l’intervento dei magistrati:
Salvatore Veneziano, Presidente
Giovanni Milana, Consigliere
Daniele Burzichelli, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/05/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)