Tar, se l’istanza non è seria, è legittimo il silenzio dell’Amministrazione

E' legittimo il silenzio dell’amministrazione se la sollecitazione rivolta all’ente per bloccare i presunti abusi edilizi connessi alla Dia/Scia del proprietario dell'immobile non risulta connotata da un minimo carattere di serietà.

Lo afferma la seconda sezione del Tar Lombardia con la sentenza 1075/12, nella quale si dichiara non censurabile davanti al giudice amministrativo la condotta dell'amministrazione comunale che non dà riscontro ai rilievi del cittadino. In altre parole, il Comune ha tanto da fare e non può perdere tempo con le liti fra vicini di casa.

Nel caso di specie, i giudici amministrativi lombardi hanno dichiarato inammissibile il tentativo di un avvocato che, indispettito dalla ristrutturazione in atto presso  un fabbricato attiguo al suo, ha cercato di obbligare l’amministrazione a procedere contro la D.I.A. (Denuncia di Inizio Attività) del vicino, bloccando di fatto i lavori, a suo dire abusivi, in corso.

Ma nonostante il sopralluogo dei vigili, il provvedimento non arriva. Da qui, il ricorso dell'avvocato contro il silenzio dell'amministrazione.

Da manuale, la motivazione del Tar.
La Dia e la Scia non costituiscono infatti provvedimenti amministrativi taciti direttamente impugnabili. E la presentazione della domanda, dunque, non dà luogo ad alcun procedimento amministrativo: il decorso del termine di legge di sessanta o trenta giorni per l’adozione di provvedimenti inibitori o repressivi da parte della pubblica amministrazione non configura alcuna conclusione di procedimento amministrativo né alcuna adozione di un provvedimento tacito o implicito.
Il terzo che si ritiene danneggiato dalla Dia-Scia, come nel caso di specie, può sollecitare l’amministrazione a effettuare le verifiche e, in caso di inerzia, proporre un’azione contro il silenzio. E si tratta di un’azione sui generis, visto che la presentazione della dalla Dia-Scia non dà avvio ad alcun procedimento amministrativo.
Il silenzio dell’amministrazione, dunque, presuppone la sollecitazione del terzo: quest’ultima non deve contenere certo formule sacramentali, ma deve comunque possedere una serie di requisiti minimi senza che possa risolversi in una generica denuncia di abusi (cui magari sono sottesi rancori personali). Ove non vi siano caratteri «di serietà», non si configura un silenzio inadempimento a carico del Comune. 

Di seguito, il testo della sentenza n. 1075/2012 del Tar Lombardia:

N. 01075/2012 REG.PROV.COLL.

 

N. 00073/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Seconda)

 

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 73 del 2012, proposto da:
Marco Mazzarelli, in proprio ex art. 22, comma 3°, del D.Lgs. 104/2010, con domicilio eletto presso il proprio studio in Milano, via dell'Unione, 7;

contro

Comune di Milano, rappresentato e difeso dagli avv.ti Alessandra Montagnani, Maria Rita Surano e Antonello Mandarano, domiciliato presso l’Avvocatura Comunale in Milano, via Andreani, 10;

nei confronti di

Fabrizio Lugaresi, rappresentato e difeso dagli avv.ti Nicola Vasile, Andreina Degli Esposti e Laura Sommaruga, con domicilio eletto presso lo studio delle ultime in Milano, via San Barnaba, 30;
Amministrazione dell'Immobile di via Disciplini 17, Milano, non costituita in giudizio;
Amministrazione dell’Immobile di via del Don 3, Milano, non costituita in giudizio;
per l'accertamento ai sensi dell'art. 31, commi 1, 2 e 3 d.lgs. 104/2010
dell'obbligo dell'Amministrazione comunale di Milano di provvedere in merito alla DIA n. 5322/2011, concernente la ristrutturazione dell’unità immobiliare sito nello stabile condominiale di via Disciplini 17, già ad uso negozio, di proprietà del sig. Lugaresi, in quanto relativa ad un intervento edilizio illegittimo;
nonché per la condanna dell'Amministrazione medesima ad emanare il provvedimento sanzionatorio edilizio necessario a ripristinare la situazione di fatto precedente all'intervento abusivo;
ed altresì per la concessione di misure cautelari urgenti necessarie a interdire il completamento dei lavori di ristrutturazione predetti.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Milano e di Fabrizio Lugaresi;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 5 aprile 2012 il dott. Giovanni Zucchini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

In data 18.4.2011, il sig. Fabrizio Lugaresi, quale legale rappresentante della società Alpha Centauri Srl, presentava al Comune di Milano denuncia di inizio attività (DIA), Progr. 5322/2011, per l’effettuazione di lavori (cambio d’uso, realizzazione di scala di collegamento, nuovo soppalco e apertura di nuove finestre lato cortile interno), nell’immobile sito in via Disciplini n. 17, nell’ambito di un condominio denominato “Condominio di via Disciplini 17”.
L’avv. Mazzarelli, proprietario di un immobile sito nel vicino Condominio di via del Don n. 3, segnalava all’amministratore di quest’ultimo l’inizio dei lavori, lamentando la presunta illegittimità dei medesimi.
L’amministratore, a questo punto, effettuava una ulteriore segnalazione telefonica alla Polizia Locale, che svolgeva un sopralluogo in data 14.9.2011, senza che fosse adottato successivamente alcun provvedimento.
Di fronte alla supposta inerzia dell’Amministrazione, l’avv. Mazzarelli proponeva il presente ricorso, con istanza cautelare, ai sensi dell’art. 31 del D.Lgs. 104/2010 e dell’art. 19, ultimo comma, della legge 241/1990, nel quale era chiesto l’accertamento dell’obbligo della P.A. di provvedere in merito alla DIA suindicata e la condanna della P.A. stessa ad adottare provvedimenti di carattere sanzionatorio.
Si costituivano in giudizio il Comune di Milano ed il sig. Lugaresi, eccependo l’inammissibilità sotto vari profili ed in ogni caso l’infondatezza nel merito del gravame.
In esito all’udienza dell’8.3.2012, la domanda di sospensiva era rinviata, per essere trattata all’udienza fissata per la discussione del ricorso contro il silenzio della P.A.
All’udienza in camera di consiglio del 5.4.2012, l’esponente rinunciava all’istanza cautelare e la causa passava in decisione.

DIRITTO

1. In via preliminare, devono essere esaminate le eccezioni pregiudiziali sollevate dalla difesa del controinteressato, fra cui quella di inammissibilità del ricorso per difetto dei presupposti, vale a dire per violazione dell’art. 31 del D.Lgs. 104/2010 e dell’art. 19, comma 6-ter, della legge 241/1990.
L’eccezione merita accoglimento, per le ragioni che seguono.
Come noto, il regime della tutela giurisdizionale del terzo a fronte della presentazione di una denuncia/dichiarazione di inizio attività (DIA) o di una segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), reputate dal terzo contra legem, è oggi contenuto nell’art. 19 della legge 241/1990, come modificato dal decreto legge 138/2011, convertito con legge 148/2011.
Il comma 6-ter dell’art. 19 citato, esclude in primo luogo che la DIA e la SCIA costituiscano provvedimenti amministrativi taciti direttamente impugnabili: si tratta di una scelta legislativa conforme alla conclusione alla quale era giunta – seppure dopo un serrato dibattito – la stessa giurisprudenza amministrativa, con la sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 15/2011, di poco anteriore alla riforma legislativa del decreto legge 138/2011.
Di conseguenza, nello schema normativo del citato comma 6-ter, la presentazione di una DIA o di una SCIA, non dà luogo ad alcun procedimento amministrativo, per cui il decorso del termine di legge di sessanta o trenta giorni per l’adozione di provvedimenti inibitori o repressivi da parte della Pubblica Amministrazione non configura alcuna conclusione di procedimento amministrativo né alcuna adozione di un provvedimento tacito o implicito.
L’art. 19, comma 6-ter, consente al terzo che si reputa leso dalla presentazione della DIA/SCIA una sola modalità di tutela (il comma 6-ter, secondo periodo, contiene a tale proposito la parola <<esclusivamente>>, introdotta in sede di conversione del decreto legge), vale a dire la sollecitazione all’esercizio delle verifiche spettanti all’Amministrazione e, in caso di inerzia di quest’ultima, la proposizione dell’azione prevista dall’art. 31 del D.Lgs. 104/2010, cioé l’azione contro il silenzio della Pubblica Amministrazione.
Si tratta di un’azione contro il silenzio della P.A. tutto sommato sui generis, visto che l’esperimento della stessa è consentito anche se la presentazione della DIA/SCIA non ha dato avvio ad alcun procedimento amministrativo (a tale proposito, si comprende perché il D.Lgs. 195/2011, costituente il primo decreto correttivo al codice del processo amministrativo, abbia modificato il primo comma dell’art. 31 del codice stesso, permettendo l’azione contro il silenzio non solo dal momento della conclusione del procedimento, ma anche <<negli altri casi previsti dalla legge>>, fra cui spicca senza dubbio quello dell’art. 19 comma 6-ter succitato).
Il silenzio della P.A., che consente l’azione ex art. 31 del codice del processo, presuppone, ai sensi del comma 6-ter, la “sollecitazione” del terzo all’Amministrazione, affinché quest’ultima eserciti i propri poteri di verifica.
Orbene, ritiene il Collegio che tale sollecitazione, pur non dovendo contenere formule sacramentali, debba però possedere una serie di minimi requisiti per così dire di “serietà”, che la rendano idonea a porre in capo alla P.A. l’obbligo di esercitare i propri poteri di verifica e correlativamente a configurare, in caso di inerzia della P.A. stessa, un silenzio inadempimento, giuridicamente rilevante, censurabile davanti al giudice amministrativo con l’azione di cui all’art. 31 del D.Lgs. 104/2010.
Fra questi requisiti deve senza dubbio annoverarsi la forma scritta, con l’indicazione – seppure di massima – della lamentata illegittimità dell’intervento edilizio e con la richiesta di esercizio del potere/dovere di verifica e di eventuale repressione.
In altri termini, la sollecitazione all’esercizio del potere di cui è causa non può confondersi con la generica denuncia di eventuali abusi edilizi, che può ovviamente essere effettuata da qualsivoglia cittadino anche in forma orale, ma che non appare però idonea a fondare il silenzio dell’Amministrazione di cui all’art. 31 del D.Lgs. 104/2010.
A diversa conclusione non induce la circostanza che, nel vigente ordinamento processuale amministrativo, a differenza del pregresso sistema, l’azione contro il silenzio della P.A. può essere promossa anche senza previa diffida all’Amministrazione (cfr. art. 31 comma 1°, del D.Lgs. 104/2010).
Infatti, la soluzione legislativa di cui sopra è giustificata dal fatto che la scadenza infruttuosa del termine di conclusione del procedimento amministrativo (ex art. 2, comma 1°, della legge 241/1990), equivale comunque alla formazione del silenzio inadempimento della P.A., mentre nel caso di presentazione di DIA o di SCIA, come già sopra ricordato, non viene avviato alcun procedimento amministrativo, sicché soltanto attraverso l’idonea sollecitazione di cui all’art. 19 comma 6-ter citato è possibile la formazione del silenzio inadempimento dell’Amministrazione.
Ciò premesso, nel caso di specie, come risulta agevolmente dalla documentazione versata in atti, l’avv. Mazzarelli, accortosi dell’avvio dei lavori da parte del sig. Lugaresi, trasmetteva una mail in data 13.9.2011 all’amministratore del proprio condominio, rag. Toffoloni (cfr. doc. 4 del ricorrente).
Il giorno successivo, 14.9.2011, l’amministratore telefonava alla Polizia Locale di Milano, che effettuava un sopralluogo alla presenza dell’amministratore stesso, del sig. Lugaresi e di altri soggetti (cfr. doc. 10 del Comune e doc. 7 del controinteressato).
Nessuna altra intimazione o sollecitazione era posta in essere dall’attuale ricorrente, né può reputarsi equipollente a quest’ultima la notificazione in data 23.11.2011 di un ricorso precedente a quello attuale, peraltro mai depositato per espressa scelta del medesimo esponente (cfr. doc. 7 del ricorrente), visto che, a tacer d’altro, il mancato deposito presso il TAR poteva legittimamente far dubitare della fondatezza delle censure indicate.
L’accoglimento dell’eccezione pregiudiziale sopra indicata esime il Collegio dalla trattazione sia delle altre eccezioni di rito sollevate dalle parti intimate sia del merito del gravame.
2. La novità delle questioni trattate induce il Collegio a compensare interamente fra le parti le spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 5 aprile 2012 con l'intervento dei magistrati:
Angelo De Zotti, Presidente
Giovanni Zucchini, Primo Referendario, Estensore
Concetta Plantamura, Primo Referendario
  
  
L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/04/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Redazione

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