Di sicuro uno dei temi più dibattuti dalla giurisprudenza amministrativa è quello del confine – assai incerto – tra ristrutturazione dell'edificio e nuova costruzione.
Il Consiglio di Stato, intervenuto di recente sull'argomento ha stabilito che “configura una costruzione, dopo la demolizione, di un corpo non avente la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, posto che l’insieme dei mutamenti … sostanzia comunque una sensibile alterazione della sagoma e della facciata dell’edificio”. ( cfr. sentenza n. 3570 del 19 giugno 2012 )
La distinzione tra ricostruzione e nuova costruzione ha peraltro immediati effetti pratici.
L'art. 3 del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 ( Testo Unico Edilizia) qualifica espressamente “interventi di ristrutturazione edilizia” quelli volti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente.
Tali interventi comprendono, in sintesi, il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio compresa l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti.
Ricadono dunque nell'ambito della ristrutturazione gli interventi demolizione e ricostruzione purché venga fatta salva la stessa volumetria e sagoma dell'edificio preesistente, fatte salve le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica.
A norma del Testo Unico sull'Edilizia, pertanto, l'opera di demolizione e ricostruzione può essere qualificata quale ristrutturazione purché la nuova opera mantenga le caratteristiche planovolumetriche dell’edificio precedente.
Venendo ora agli “interventi di nuova costruzione” questi comprendono:
( i ) gli interventi di nuova costruzione;
( ii) gli interventi di ristrutturazione urbanistica;
( iii) gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente;
( iv) gli interventi che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici.
In questa prospettiva, le attività edilizie consistenti nella demolizione e ricostruzione che comportino una modifica della volumetria e sagoma vanno qualificate nuove costruzioni, e come tali sono assoggettate al previo permesso di costruire.
Sul punto è stato, altresì, chiarito che anche la ricostruzione (dopo la demolizione) di un immobile diverso per volumi o anche solo per la sagoma ( a parità di volumi) va qualificato quale nuova costruzione.
Quello che le disposizioni citate non chiariscono è il limite in cui possono essere effettuate delle modifiche del nuovo fabbricato senza che ciò comporti una nuova costruzione.
La soluzione della questione riveste una importanza particolare, tenuto conto che solo in caso di ristrutturazione può derogarsi ai piani urbanistici vigenti.
In altre parole, in caso di ristrutturazione edilizia, trattandosi di interventi su edifici legittimamente costruiti, non occorre che vi sia la perfetta conformità con il piano regolatore generale vigente in quanto la successione nel tempo degli strumenti urbanistici non può interferire su opere già eseguite legittimamente.
In questa prospettiva, la sentenza in commento ha l'indubbio merito di specificare ulteriormente il concetto di “nuova costruzione”.
Pertanto, solo in presenza di una costruzione che non rispetti né la volumetria né la sagoma precedente dell'edificio si sarà in presenza di una “nuova costruzione”, in tutti gli altri casi l'intervento edilizio andrà qualificato quale ristrutturazione.
Nel link che segue, il testo integrale della sentenza n. 3570/2012 del Consiglio di Stato.