L'Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture con il parere n. 6 del 12/06/2012, in risposta ad una richiesta formulata dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri, ha risolto il dubbio interpretativo sullo status giuridico dei dipendenti delle società in house, con riferimento all’applicabilità a questi della disposizione inerente la deroga all’obbligo di iscrizione all’albo prevista per i progettisti interni alle dipendenze dell’ente locale, ex art. 90, comma 4 del D.Lgs. n. 163/2006.
L'autorità ha risolto il dubbio affermando che i dipendenti della società in house, operano come progettisti, e pertanto, al pari dei progettisti dipendenti degli enti locali, possono sottoscrivere progetti con il solo requisito dell'abilitazione, poiché sotto il profilo funzionale esercitano un'attività professionalmente qualificata ma non di libera professione, che deve essere assimilata alla progettazione interna dell'amministrazione locale.
Nel parere ha premesso che il Codice dei contratti pubblici nell’individuare i soggetti deputati ad espletare le prestazioni relative alla progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva, nonché alla direzione dei lavori e agli incarichi di supporto tecnico amministrativo, distingue tra progettazione interna ed esterna (art. 90, comma 1 del D.Lgs. n. 163/2006). La prima affidata ad uffici tecnici della stazione appaltante o ad uffici consortili di progettazione e di direzione dei lavori che i comuni, i rispettivi consorzi e unioni, le comunità montane, le aziende sanitarie locali, gli enti di industrializzazione e gli enti di bonifica possono costituire ai sensi della l. 267/2000. La seconda invece affidata a soggetti esterni quali liberi professionisti, singoli o associati; le società di professionisti; le società di ingegneria; i prestatori di servizi di ingegneria ed architettura di cui alla categoria 12 dell’Allegato II A stabiliti in altri Stati membri, costituiti conformemente alla legislazione vigente nei rispettivi Paesi; i raggruppamenti temporanei costituiti dai predetti soggetti e da quelli di cui al successivo punto; i consorzi stabili di società di professionisti e di società di ingegneria, anche in forma mista, formati da non meno di tre consorziati che abbiano operato nel settore per un periodo di tempo di almeno cinque anni.
Il comma 4 dell'art 90 specifica poi che con riguardo ai progetti redatti dai soggetti interni all’amministrazione, è previsto che “sono firmati da dipendenti delle amministrazioni abilitati all’esercizio della professione” mentre il successivo comma 7, con specifico riferimento al predetto affidamento esterno della progettazione, precisa che lo stesso deve essere espletato da professionisti iscritti negli appositi albi previsti dai vigenti ordinamenti professionali.
Il dubbio quindi era se fosse possibile ritenere che i dipendenti delle società in house, i quali operino come progettisti, possano sottoscrivere progetti, al pari dei progettisti dipendenti degli enti locali, con il mero requisito dell’abilitazione all’esercizio della professione ovvero se essi – in quanto non condividono la natura di dipendenti pubblici – debbano essere considerati alla stregua di progettisti esterni e, dunque, siano legittimati alla progettazione solo con il requisito dell’iscrizione all’albo, previsto per i professionisti c.d. esterni.
L'autorità ha richiamato il proprio Atto di regolazione 8 novembre 1999, n. 6, laddove si evidenzia che “l’attività di progettazione svolta da funzionari pubblici è attività professionalmente qualificata, ma non di libera professione”. Inoltre, ricordando che per consolidata giurisprudenza, l'espressione in house individua un modello organizzativo interno all'amministrazione pubblica, costituendone una sorta di prolungamento organizzativo, ha evidenziato che se è chiaro che i dipendenti della società in house – sotto il profilo della disciplina del rapporto di lavoro – non possano in alcun modo essere identificati con i pubblici dipendenti e che ad essi non si può ritenere applicabile lo statuto del pubblico impiego, tuttavia – sotto il profilo funzionale – il dipendente della società in house, limitatamente alle funzioni ad essa delegate dall’amministrazione pubblica controllante, persegue la stessa mission dell’amministrazione pubblica e svolge, quindi, nei limiti suddetti, funzioni ad essa immediatamente riconducibili.
Pertanto, sulla base di tali considerazioni, l'avcp ha ritenuto che l’art. 90, comma 4 del Codice, laddove prevede che i progetti redatti dai soggetti interni all’amministrazione “sono firmati da dipendenti dell’amministrazione abilitati all’esercizio della professione”, non possa essere interpretato, restrittivamente, come riferito esclusivamente ai progettisti dipendenti di ruolo dell’amministrazione aggiudicatrice, ma piuttosto, estensivamente, come riferito anche ai progettisti dipendenti di società in house dell’amministrazione medesima che, in quanto modello organizzativo meramente interno all’amministrazione al pari di un Ufficio Tecnico, sono parte integrante dell’organizzazione complessa dell’amministrazione stessa.
Ha concluso quindi affermando “che i dipendenti della società in house che operino come progettisti, al pari dei progettisti dipendenti degli enti locali, possono sottoscrivere progetti con il mero requisito dell’abilitazione, poiché esercitano – sotto il profilo funzionale – un’attività, professionalmente qualificata ma non di libera professione, che deve essere assimilata alla progettazione interna dell’amministrazione locale”.
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