La terza sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 4708 del 5 settembre 2012 si è pronunciata riguardo la valutazione del tentativo di infiltrazione mafiosa ai fini dell'emanazione del provvedimento interdittivo prefettizio.
Nel caso concreto, un consorzio aveva impugnato in primo grado dinnanzi al Tar di Firenze il provvedimento interdittivo adottato nei suoi confronti dalla Prefettura di Firenze, a seguito del quale le varie stazioni appaltanti avevano automaticamente escluso il consorzio dalle rispettive gare o appalti in corso, senza alcun potere valutativo in ordine a tale decisione. Il consorzio contestava il fatto che le condotte illecite dei propri consorziati potessero essere prese in considerazione per adottare misure interdittive in capo al consorzio stabile, attesa l'autonoma struttura di impresa che il consorzio rappresentava.
I giudici amministrativi fiorentini con sentenza n. 00347/2012 hanno respinto le doglianze del consorzio, il quale ha chiesto riforma al Consiglio di Stato.
In particolare, il consorzio ha sostenuto davanti al massimo organo della giustizia amministrativa che nel caso in esame dovesse applicarsi l’art. 12 del DPR n.252 del 1998, non potendosi consentire una estensione automatica di accertamenti effettuati, nei confronti di singoli consorziati, all’intero consorzio. Sosteneva inoltre, che non vi era traccia di “concreti e attuali” tentativi di infiltrazione mafiosa coinvolgenti il consorzio in quanto tale giacché i fatti accertati nel corso delle indagini che hanno poi portato alla emissione della ordinanza cautelare, non solo non riguardavano amministratori o organi del consorzio, ma erano relativi ad un arco temporale di molto antecedente al 2007 e privo quindi di alcuna attualità.
I giudici di Palazzo Spada hanno rilevato, invece, come nel caso in esame l’atto interdittivo colpiva non solo alcune imprese consorziate, ma lo stesso consorzio nella sua interezza in considerazione della radicale infiltrazione mafiosa di uno degli imputati rivestente una funzione occulta, ma sicuramente centrale nel consorzio, come è emerso univocamente dal tenore delle intercettazioni telefoniche tra i vari malavitosi raccolte dagli organi inquirenti.
Il consorzio inoltre si è difeso affermando che già nel 2008 aveva disposto la esclusione delle consorziate sospette e che le stesse, da tale data, mai avrebbero operato o conseguito appalti tramite il consorzio o mai risulterebbero esecutrici di gare in cui esso aveva partecipato. Tuttavia per il Consiglio di Stato sembra evidente che, per il ruolo centrale assunto dagli imputati nel procedimento penale di cui è questione, gli atti di esclusione e sospensione dal consorzio delle società coinvolte nelle vicende penali, non erano potenzialmente idonei a incrinare il legame con le organizzazioni criminali, così come la detenzione in carcere di alcuni imputati che avevano svolto ruoli determinanti (occulti o palesi) nel consorzio, al di là della qualificazione formale rivestita, non eliminava la attualità del pericolo di infiltrazione e condizionamento criminale.
Dunque ai magistrati non sono apparse convincenti le considerazioni sulla non attualità e concretezza della situazione di possibile condizionamento mafioso del consorzio al momento della interdittiva antimafia.
A loro avviso infatti “Il tentativo di infiltrazione mafiosa deve essere valutato nella logica delle caratteristiche sociologiche del fenomeno mafioso, che non necessariamente si concretizza in fatti univocamente illeciti o in accertate responsabilità penali, potendosi soffermare sulla soglia della intimidazione, della influenza e del condizionamento latente di attività economiche formalmente lecite tant'è che, nel quadro indiziario del provvedimento prefettizio, assumono rilievo preponderante non prove, ma fattori induttivi, "di non manifesta infondatezza del giudizio" pronostico, purchè, ragionevole e circostanziato, del Prefetto il quale dispone di un ampio margine di accertamento e apprezzamento, sindacabile in sede giudiziaria solo a fronte di evidenti vizi di valutazione”.
Per tali motivi, il Cds ha ritenuto che l'appello proposto dal Consorzio non meritasse accoglimento.
Qui il testo integrale della sentenza n. 4708/2012 del Consiglio di Stato