La V sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 4696 del 05.09.2012, ha valutato legittima “la clausola del bando che imponga, a pena di esclusione, che la busta contenente l'offerta debba essere integralmente sigillata con ceralacca e controfirmata ai lembi di chiusura ed inserita in altra busta ugualmente sigillata e controfirmata, e ciò in quanto, coerentemente con la finalità di tutelare la "par condicio" tra i concorrenti, gli adempimenti prescritti assicurano l'autenticità della chiusura originaria proveniente dal mittente e, evitando la manomissione del contenuto del plico, garantiscono la segretezza dell'offerta.”
Così giudicando ha respinto l'appello proposto da una società che contestava la propria esclusione dalla procedura concorsuale per aver violato le prescrizioni del bando (il plico esterno della propria offerta non recava sui lembi di chiusura la firma per esteso).
Pertanto ritenendo che l’esclusione derivasse da una interpretazione eccessivamente formalistica dell’avviso di gara, contrastante con i principi di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa, si è rivolta al Tar de L'aquila, che con sentenza n. 624/2006 ha rigettato il ricorso giudicando legittima la previsione della lex specialis che sanzionava con l’esclusione la mancata controfirma per esteso dell’offerente su entrambi i lembi di chiusura del plico.
Contro tale sentenza, la società ha proposto appello al Consiglio di Stato, il quale ha ritenuto che la sentenza di primo grado impugnata non meritasse le critiche che le sono state rivolte dall'appellante, ribadendo come il formalismo che caratterizza le procedure di gara risponda a ineludibili esigenze di "par condicio" e che gli adempimenti prescritti garantissero, nell’insieme, l’identità e la immodificabilità della documentazione, e la segretezza, identità e immodificabilità della offerta, evitando manomissioni del contenuto del plico.
Confermata dunque la sentenza di primo grado dei giudici amministrativi aquilani.
Di seguito, il testo della sentenza n. 4696/2012 del Consiglio di Stato
N. 04696/2012REG.PROV.COLL.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9077 del 2007 proposto dalla s. n. c. Fratelli Stratta, rappresentata e difesa dall'avv. Vincenzo Calderoni, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Ferruccio De Lorenzo in Roma, via Luigi Luciani n. 1;
contro
Comune de L'Aquila, in persona del Sindaco “pro tempore”, rappresentato e difeso dall'avv. Paola Giuliani, con domicilio eletto presso Alfredo Petillo in Roma, via Guido D'Arezzo n. 18;
nei confronti di
Morelli Michele, n. c. ;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. ABRUZZO – L'AQUILA, n. 624/2006, resa tra le parti, concernente AGGIUDICAZIONE GARA PUBBLICA PER LA CONCESSIONE IN USO E GESTIONE DI UN
Visto il ricorso in appello, con i relativi allegati;
Vista la comparsa di costituzione e risposta del Comune;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del 3 aprile 2012 il cons. Marco Buricelli e udito per la parte appellante l’avv. Roberto Madama (nella fase preliminare), in sostituzione dell’avv. Calderoni;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- Nel dicembre del 2005 il Comune de L’Aquila indisse una procedura di gara per la concessione in uso e gestione, per sei anni, di un bar all’interno del Palazzo di Giustizia della città.
Il sistema di aggiudicazione previsto dal p. 3) dell’avviso di gara era costituito dal massimo rialzo sul prezzo a base d’asta, e l’aggiudicazione avvenne a favore del concorrente che aveva presentato la migliore offerta economica (la ditta Morelli, la cui offerta era stata di € 2.400,00 mensili), previa esclusione delle offerte economiche più alte in numero pari al 10 % rispetto alle offerte pervenute, e delle offerte presentate senza il rispetto delle formalità indicate nell’avviso di gara.
Per quanto riguarda le modalità di presentazione delle offerte, l’art. 4 dell’avviso di gara stabiliva che i concorrenti avrebbero dovuto far pervenire, nei termini previsti, “un plico sigillato con ceralacca, controfirmato per esteso sui lembi di chiusura”, “pena l’esclusione dalla gara” , e n. 2 buste chiuse contenenti l’una l’offerta economica e l’altra la documentazione amministrativa.
L’appellante aveva partecipato alla procedura formulando un’offerta economica di euro 2.540,00 mensili, mentre l’aggiudicataria aveva formulato un’offerta economica di euro 2.400,00 mensili.
La società F. lli Stratta, “la cui offerta di euro 2.540,00 mensili le avrebbe consentito di ottenere l’aggiudicazione della concessione” (pag. 4 ric. app.) , venne esclusa dalla procedura con decisione del 3.4.2006 (cfr. verbale di gara n. 4), per violazione dell’art. 4 dell’avviso di gara, in quanto il plico esterno non recava sui lembi di chiusura la firma per esteso (va soggiunto che a seguito di motivata istanza di riammissione la commissione di gara, nella seduta dell’11.4.2006 –cfr. verbale n. 5- confermò l’esclusione già disposta osservando che la firma da apporre sul plico era richiesta a pena di esclusione dall’avviso di gara, al cui rispetto la commissione era inderogabilmente tenuta).
2.-Ritenendo che l’esclusione e la conseguente aggiudicazione della concessione alla ditta Morelli derivassero da una interpretazione eccessivamente formalistica dell’avviso di gara, contrastante con i principi di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa, e considerando irragionevole l’avviso di gara nella parte in cui sanzionava con l’esclusione dalla procedura la mancata apposizione della firma per esteso sui lembi di chiusura del plico utilizzato per l’inoltro delle offerte, la società F. lli Stratta ricorse al TAR Abruzzo –L’Aquila.
3.-Il TAR, con la sentenza in epigrafe, rigettò il ricorso giudicando legittima, in casi come quello in esame, la prescrizione della “lex specialis” che sanzionava con l’esclusione la mancata controfirma per esteso dell’offerente su entrambi i lembi di chiusura del plico, trattandosi di un accorgimento rispondente a criteri di razionalità e proporzionalità rispetto alle finalità perseguite, essendo diretto a garantire le esigenze sostanziali di integrità, segretezza e provenienza del plico medesimo e a escludere eventuali manomissioni dello stesso, in vista della realizzazione dell’interesse pubblico alla scelta del migliore offerente, coerentemente con l’esigenza di osservare i principi di trasparenza dell’azione amministrativa e di “par condicio” tra i concorrenti.
4.- Nell’appellare la sentenza la società F. lli Stratta ha sostenuto che, mentre la sigillatura in ceralacca del plico assolve alla funzione di impedire che il plico medesimo possa essere aperto senza che ne resti traccia visibile, la sottoscrizione per esteso sui lembi di chiusura ha lo scopo di attestare la provenienza e la paternità della busta e delle operazioni di chiusura; serve a indicare l’autore della sigillatura e a evitare la sostituzione della busta, cosicché la mancata controfirma per esteso sui lembi di chiusura sarebbe una mera irregolarità priva di valenza significativa (una “irregolarità innocua”) giacché, nella specie, nella busta adoperata dalla ricorrente per l’inoltro delle offerte vi erano elementi idonei ad accertare con sicurezza la provenienza del plico dalla ricorrente e a impedirne la sostituzione (ad es. , il numero della raccomandata e il relativo codice a barre, corrispondenti al numero e al codice a barre riprodotti nell’avviso di ricevimento e nella ricevuta di spedizione). Inoltre, la busta conteneva la parola “Stratta”, indicante il mittente della spedizione. La sentenza del TAR avrebbe recepito una interpretazione acritica, anziché riferita al caso concreto, da parte del Comune, dei principi di trasparenza e di “par condicio” fra i partecipanti alle gare pubbliche. I principi di integrità, provenienza del plico e segretezza della offerta appaiono recessivi ogni qual volta nel caso concreto vadano perseguiti principi di maggiore importanza (tra cui quello della massima partecipazione alle gare).
Il Comune si è costituito, ha controdedotto e ha concluso chiedendo la reiezione dell’appello poiché infondato.
5.-L’appello è infondato e va respinto. La sentenza impugnata non merita le critiche che le sono state rivolte.
In modo condivisibile la difesa del Comune ha posto in risalto i seguenti aspetti della vicenda sottoposta al vaglio del Collegio:
– il fatto che la prescrizione di cui all’art. 4 dell’avviso di gara prevedesse, a pena di esclusione dalla procedura, obblighi, congiunti, di sigillatura del plico con la ceralacca e di controfirma per esteso sui lembi di chiusura (“entrambe le garanzie”, osserva la difesa comunale, sono contemplate “esplicitamente e a pena di esclusione”) ;
-la coerenza tra gli obblighi suddetti e la perdurante valenza dei princìpi di oggettività, imparzialità e trasparenza nelle procedure di gara e di “par condicio” nei riguardi di tutti i concorrenti, in un contesto in cui la stazione appaltante è tenuta a fissare regole certe ancorate a un rigido formalismo. Detto altrimenti, e come affermato in più occasioni dalla sezione, il che esonera questo collegio dal fare citazioni particolari, il formalismo che caratterizza le procedure di gara risponde a ineludibili esigenze di “par condicio”;
-il fatto che gli adempimenti prescritti garantissero, nell’insieme, l’identità e la immodificabilità della documentazione, e la segretezza, identità e immodificabilità della offerta, evitando manomissioni del contenuto del plico;
-il fatto che le specifiche modalità di presentazione delle offerte, prescritte a pena di esclusione, introducessero, è vero, un elemento di garanzia particolarmente avanzato in ordine alla genuinità e alla paternità della domanda di partecipazione e della documentazione allegata, contro rischi di frode o di indebita violazione della segretezza, ma senza imporre ai partecipanti alla procedura oneri particolarmente gravosi, trattandosi anzi di un “quid pluris” di “facile assolvimento”, dettato nell’esercizio di una discrezionalità indubbiamente spettante alla stazione appaltante in materia cosicchè, in una procedura imperniata sul rigore formale, può concordarsi con il riferimento, fatto dal TAR in sentenza, alla rispondenza dell’art. 4 dell’avviso di gara a criteri di razionalità e di proporzionalità rispetto agli scopi perseguiti. In altri termini, in un conteso come quello tratteggiato sopra, nel quale il formalismo che caratterizza la disciplina delle procedure di gara risponde per un verso a esigenze pratiche di certezza e celerità e, per altro verso, alla necessità di garantire l'imparzialità dell'azione amministrativa e la parità di condizioni tra i concorrenti, appare fuori luogo il riferimento fatto dall’appellante a una “irregolarità innocua” o comunque sanabile, venendo in rilievo, invece, una clausola non irrazionale né superflua (a una diversa conclusione, favorevole all’appellante, si sarebbe potuti giungere qualora l’omissione della controfirma per esteso sui lembi di chiusura non fosse stata accompagnata da una specifica comminatoria di esclusione nell’avviso di gara).
In modo coerente con l’orientamento ricavabile da Cons. St. , n. 4396/01, su fattispecie per certi versi analoga a quelle odierna, in merito alla legittimità di una clausola del bando che imponga, a pena di esclusione, che la busta contenente l'offerta debba essere integralmente sigillata con ceralacca e controfirmata ai lembi di chiusura ed inserita in altra busta ugualmente sigillata e controfirmata, e ciò in quanto, coerentemente con la finalità di tutelare la "par condicio" tra i concorrenti, gli adempimenti prescritti assicurano l'autenticità della chiusura originaria proveniente dal mittente e, evitando la manomissione del contenuto del plico, garantiscono la segretezza dell'offerta; con la conseguente legittimità dell’l'esclusione dalla gara dell'impresa che abbia omesso la sigillatura del plico contenente l'offerta; coerentemente, si diceva, con l’orientamento giurisprudenziale sopra riassunto, gli argomenti svolti dall’appellante in ordine alla irragionevolezza della clausola dell’avviso di gara non meritano favorevole considerazione.
Infine, il capo della sentenza di primo grado con cui la ricorrente in primo grado è stata condannata al rimborso delle spese di lite in favore del controinteressato costituito Michele Morelli, si sottrae alla censura di irragionevolezza sollevata nella parte finale del ricorso in appello atteso che l’art. 91 c. p. c. stabilisce, come regola, la condanna della parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell’altra parte; né la statuizione di condanna al pagamento di 2.000,00 euro assume una “ingiusta portata punitiva della ricorrente”.
Ciò non toglie, tuttavia, che le spese del grado d’appello possano essere compensate integralmente, in considerazione delle peculiarità della vicenda trattata.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 3 aprile 2012 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Trovato, Presidente
Francesco Caringella, Consigliere
Antonio Bianchi, Consigliere
Fabio Franconiero, Consigliere
Marco Buricelli, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/09/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)