Il contratto stipulato dall’ente locale “in difetto di una valido impegno di spesa” non può essere riferito al Comune, pertanto, ne risponde per danno erariale direttamente il funzionario responsabile.
Imputabili all'ente sono soltanto le obbligazioni assunte con delibera autorizzativa e copertura prevista nei documenti contabili.
Questo è quanto si evince dalla sentenza della Cassazione Civile n. 14785 del 4 settembre 2012 con cui è stata confermata la sentenza della corte di Appello di Palermo. Nella specie la società ricorrente chiedeva il pagamento del corrispettivo dovutele da un comune (oltre 300 milioni di lire) per un contratto d'appalto stipulato nel 1997, relativo al servizio di rilevazione dei tributi comunali evasi.
La Corte ha chiarito che “gli atti di acquisizione di beni e servizi senza delibera autorizzativa e relativa copertura finanziaria solo apparentemente sono riconducibili all'ente pubblico”. In quanto in questi casi il rapporto obbligatorio intercorre tra il privato fornitore e l'amministratore, funzionario o dipendente che hanno consentito la fornitura (art. 191 comma 4 del Testo Unico degli Enti Locali). Questa normativa, spiega la Corte, “è stata dettata al duplice scopo di sollecitare un più rigoroso rispetto dei principi di legalità e correttezza da parte di coloro che operano nelle gestioni locali, nonché di assicurare che la competenza ad esprimere la volontà degli enti locali resti riservata agli organi a ciò deputati”.
Pertanto la “frattura del nesso organico con l’apparato pubblico vale ad impedire di ricondurre la fattispecie agli schemi di responsabilità dell’amministrazione”.
Nel caso di specie l'ente non aveva proceduto al formale riconoscimento di legittimità del debito fuori bilancio e quindi il vizio di legittimità del contratto, conseguente alla mancata copertura finanziaria, non è stato nemmeno sanato dal Comune interessato. Pertanto, il rapporto obbligatorio intercorreva unicamente tra il terzo contraente e il funzionario che aveva autorizzato la prestazione.
Inoltre la Cassazione ha sottolineato che “il giudice non può sostituirsi all'amministrazione, affermando l'esistenza di un diritto al riconoscimento del debito assunto fuori bilancio”.
Per i magistrati, tale conclusione è imposta oltre che dai principi, dal tenore letterale della norma, dalla sua funzione e dall'interpretazione complessiva. “Infatti, se si ritenesse sussistente un diritto al riconoscimento giustiziabile davanti al giudice ordinario, in presenza e nei limiti degli accertati e dimostrati parametri di utilità e arricchimento per l'ente, nell'ambito dell'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza, non si comprenderebbe poi il mantenimento del principio della sussistenza del rapporto obbligatorio unicamente tra il terzo e l'amministratore o il funzionario che ha irritualmente autorizzato i lavori o i servizi”.