Con decreto n. 599 del 28 settembre 2012, il Tribunale Amministrativo della Regione Sicilia ha accolto il ricorso di decine di titolari di laboratori d’analisi siciliani, che si sono opposti all’obbligo di “chiusura” nel caso del mancato raggiungimento, entro il 31 dicembre, della soglia di 100 mila prestazioni annue, imposto da alcuni decreti dell’Assessorato Sanità.
“Il tempo concesso è troppo poco – si legge nella pronuncia- e l’assessorato ha travalicato un limite fissato per i governi dimissionari: quello di occuparsi soltanto dell’ordinaria amministrazione“.
In particolare, il Tar è intervenuto su uno degli articoli del decreto assessoriale 1629 apparso sulla Gurs il 31 agosto scorso, considerato dagli addetti ai lavori come il “cuore” della questione. “Le strutture private convenzionate che alla data del 31 dicembre 2012 non abbiano raggiunto la soglia minima di n. 100.000 prestazioni – così recita l’articolo 7 del decreto – non potranno più essere contrattualizzate e, quindi, non potranno più erogare prestazioni per conto del servizio sanitario regionale. A partire dall’1 gennaio 2013 potrà essere rinnovato il contratto solo alle strutture che, alla data del 31 dicembre dell’anno precedente quello di contrattualizzazione, avranno dimostrato il raggiungimento della soglia minima di n. 100.000 prestazioni/anno calcolata in applicazione dei precedenti artt. 4 e 5 e che rispettano gli ulteriori requisiti di cui all’art. 6 del presente decreto”.
Ed è proprio sul decreto dell’assessore Massimo Russo che ha previsto l’accorpamento dei laboratori di analisi che il Tar Sicilia solleva forti dubbi di legittimità. E intanto, dà ragione ai titolari dei laboratori, “stoppando” la fusione degli stessi laboratori nei “macroconsorzi”. Infatti, secondo il decreto assesoriale, i laboratori con meno di 100 mila prestazioni all’anno avrebbero dovuto “chiudere”, per essere inglobati in consorzi di dimensioni ovviamente maggiori. Ma la soglia si sarebbe alzata due anni dopo. “A partire dall’1 gennaio 2015 – prosegue l’articolo – potrà essere rinnovato il contratto solo alle strutture che, alla data del 31 dicembre dell’anno precedente quello di contrattualizzazione, avranno dimostrato il raggiungimento della soglia minima di attività di n. 200.000 prestazioni/anno calcolata in applicazione dei precedenti artt. 4 e 5 e che rispettano gli ulteriori requisiti di cui all’art. 6 del presente decreto”.
Pur non decidendo nel merito, i giudici hanno riconosciuto il diritto dei ricorrenti ad ottenere la sospensione cautelare del provvedimento. Il merito è stato fissato per il 24 ottobre prossimo. Ma già in questa decisione del Tar emergono alcune valutazioni abbastanza chiare su un decreto che, a detta dei giudici, “è immediatamente e gravemente lesivo delle loro posizioni; il precetto, invero, – si legge nella pronuncia – interviene a otto mesi dall’inizio del corrente anno 2012 così che il termine residuo di quattro mesi è obiettivamente del tutto inidoneo per consentire alle strutture ricorrenti sia una ricerca di soluzioni alternative utili sia a raggiungere il risultato imposto con previsione assolutamente nuova rispetto al precedente contesto di riferimento”. Secondo il Tar, i piccoli laboratori non avrebbero avuto il tempo di cercare una via d’uscita all’inevitabile accorpamento in grossi consorzi. “La disposizione, infatti, – proseguono i giudici – sembra risolversi in preavviso temporale a carattere perentorio di un’autonoma e diversa causa di perdita dell’accreditamento (e non solo della conseguente convenzione) al di fuori di un quadro di garanzie formali, sostanziali e perfino di ordine procedurale; divenuto l’accorpamento tra strutture – recita il decreto del Presidente Filoreto D’Agostino – una soluzione forzosa ne discende che anche i tempi tecnici per consentire alle parti accordi coerenti con il principio di autonomia privata e della libera iniziativa appaiono estremamente ridotti, per non dire iugulatori, con evidenti e talora gravi riflessi per le strutture dotate di minore capacità prestazionale, che assumono la posizione di contraente debole nei confronti di quelle che già superano la soglia di 100.000 prestazioni annue”.