E' stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n.2 del 9-1-2013 l'ordinanza del 18 giugno 2012 di rimessione alla Corte Costituzionale emessa dal Consiglio di Stato sul ricorso concernente la legittimità dell'ammissione ai corsi di laurea a programmazione nazionale che si svolgano sulla base di una prova predisposta dal Ministro dell'universita' e della ricerca, uguale per tutte le universita' e da tenersi lo stesso giorno in tutta Italia. In particolare nell'appello principale proposto dal Ministero dell'universita' e della ricerca si lamenta l'illegittimità della previsione di graduatorie plurime, per singoli Atenei, anziche' di una graduatoria unica nazionale, l'irragionevolezza della previsione e la violazione del diritto allo studio e del diritto dei piu' meritevoli a raggiungere i piu' alti gradi degli studi. Il Ministero lamentava anche la violazione dei principi di imparzialita' e buon andamento della pubblica amministrazione, la esione di obblighi internazionali derivanti dalla CEDU, la violazione della Legge 2 agosto 1999, n. 264, art. 4, comma 1, degli artt. 3, 34, 97 e 117, primo comma della Costituzione in relazione all'art. 2 del Protocollo addizionale della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea di Nizza, art. 14.
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Di seguito il testo dell'ordinanza con sentenza parziale emessa dal Consiglio di Stato lo scorso 18 giugno 2012:
IL CONSIGLIO DI STATO
Ha pronunciato la presente ordinanza con sentenza parziale:
1) sull'appello principale numero di registro generale 5472
del 2008, proposto dal Ministero dell'universita' e della ricerca e
dall'Universita' degli Studi di Bologna "Alma Mater Studiorum",
rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello
Stato, domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Contro Lorenzo Gasperoni e Maria Carla Mazzotti, rappresentati e
difesi dagli avv. Andrea Fornasari, Michele Bonetti, Cristina
Rimondi, con domicilio eletto presso Michele Bonetti in Roma, viale
Angelico 97;
2) sull'appello principale proposto da Giovanna Accolti,
Niccolo' Principi, Irene Sgambaro, Margherita Tiezzi, Valentina
Valpiani e Claudia Zanetti, rappresentati e difesi dagli avv. Andrea
Fornasari, Michele Bonetti, Cristina Rimondi, con domicilio eletto
presso Michele Bonetti in Roma, viale Angelico 97;
Contro il Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della
ricerca, e l'Universita' degli studi di Bologna "Alma Mater
Studiorum", in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica
e nei confronti di Davide Campagna entrambi per la riforma della
sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA - BOLOGNA, SEZIONE I n. 1773/2008,
resa tra le parti, concernente diniego di ammissione al corso di
laurea specialistica a ciclo unico medicina e chirurgia.
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
viste le memorie difensive;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 giugno 2012 il Cons.
Rosanna De Nictolis e udito per le amministrazioni appellanti
l'avvocato dello Stato Fedeli.
1. Con ricorso di primo grado al Tar Emilia Romagna, sede di
Bologna, notificato l'11 ottobre 2007 i signori Accolti, Gasperoni,
Mazzotti, Principi, Sgambaro, Mezzi, Valpiani e Zanetti (insieme ad
altri 3 soggetti che non sono parti del presente giudizio di appello)
hanno impugnato la graduatoria delle prove selettive per l'ammissione
alla facolta' di medicina e chirurgia dell'Universita' di Bologna per
l'anno accademico 2007/2008, in cui non si sono collocati in
posizione utile.
1.1. Hanno sostenuto l'illegittimita' dell'annullamento
ministeriale di due degli ottanta quesiti (il n. 71 e il n. 79),
l'irregolare svolgimento delle prove, l'illegittimita' della
previsione di graduatorie diversificate per singole facolta'.
1.2. Con successivi motivi aggiunti al ricorso di primo grado,
notificati il 9 novembre 2007, hanno proposto ulteriori censure
contro la graduatoria e l'annullamento ministeriale dei quesiti 71 e
79; hanno contestato anche i quesiti 9, 13 e 14; hanno impugnato
altresi' il d.m. 17 maggio 2007 e il d.m. 19 giugno 2007.
1.3. Con un secondo atto di motivi aggiunti, notificato il 21
gennaio 2008, e' stato impugnato il d.m. 21 novembre 2007 con cui il
Ministero dell'universita' e della ricerca ha confermato gli atti e
le operazioni del procedimento di correzione degli elaborati sulla
base di 78 anziche' di 80 quesiti.
1.4. Nel corso del giudizio di primo grado era stata accolta la
domanda cautelare limitatamente ai candidati Gasperoni e Mazzotti, ma
il Consiglio di Stato riformava il provvedimento cautelare di primo
grado, con ordinanza della VI sezione n. 1092/2008.
2. Il Tar adito, con la sentenza in epigrafe (Tar Emilia -
Romagna, Bologna, sez. I, 8 maggio 2008 n. 1773):
- ha dichiarato-inammissibile il ricorso di primo grado per
genericita' e per conflitto di interesse, essendo stato proposto da
11 candidati senza indicare le rispettive posizioni e il rispettivo
interesse all'annullamento della sola graduatoria o dell'intera
procedura;
- ha esaminato il primo motivo del primo atto di motivi
aggiunti, in relazione al quale ha rilevato che: l'ultimo soggetto
collocato in posizione utile in graduatoria (al 335° posto) ha
conseguito 47 punti; dei candidati ricorrenti, gli unici che, con la
prova di resistenza, ove fosse fondato il ricorso, potrebbero
raggiungere o superare tale punteggio, sono Santucci, Gasperoni e
Mazzotti; sicche' tutti gli altri non hanno interesse al ricorso;
quanto, poi, alla Santucci, non avendo risposto al quesito 71 e
avendo dato risposta esatta ai quesiti 13 e 14, non ha del pari a
dolersi dell'annullamento del primo e degli asseriti vizi dei
secondi; i candidati Gasperoni e Mazzotti, avendo dato risposta
esatta al quesito 71, hanno interesse a dolersi del suo annullamento;
l'annullamento del quesito 71 (motivato in base al rilievo che erano
due le possibili risposte esatte) secondo il Tar sarebbe illegittimo
perche' ha leso l'affidamento di coloro che vi avevano dato risposta
esatta;
- ha respinto il secondo motivo del primo atto di motivi
aggiunti, con cui si censurava il sistema di graduatorie separate in
luogo di una unica nazionale;
- ha ritenuto fondato il secondo atto di motivi aggiunti, nei
limiti in cui ha accolto il primo atto di motivi aggiunti, ossia
limitatamente alla posizione dei candidati Gasperoni e Mazzotti.
3. La sentenza e' stata gravata - anzitutto con appello
principale del Ministero dell'universita' e della ricerca e
dell'Universita' di Bologna, notificato ai soli candidati Gasperoni e
Mazzotti.
3.1. E' stato poi proposto un secondo appello (qualificato:
ricorso in appello contenente motivi aggiunti) proposto dai signori
Giovanna Accolti, Niccolo' Principi, Irene Sgambaro, Margherita
Tiezzi, Valentina Valpiani e Claudia Zanetti.
3.2. Tale secondo appello, confluito nel medesimo fascicolo del
primo appello principale, va qualificato come appello principale e
non come appello incidentale, atteso che l'appello incidentale
presuppone la ricevuta notifica dell'appello principale, che nella
specie non vi e' stata.
4. La domanda cautelare di sospensione della sentenza, proposta
con il primo appello principale, e' stata accolta, e per l'effetto
nessuno dei candidati ricorrenti in primo grado e' stato ammesso al
corso di laurea.
5. I due appelli principali devono essere riuniti, essendo stati
proposti avverso la medesima sentenza.
6. Nell'ordine logico delle questioni va esaminato per primo
l'appello principale delle Amministrazioni (Ministero e Universita').
6.1. Si contesta il capo di sentenza che ha ritenuto illegittimo
l'annullamento in autotutela del quesito 71.
Si osserva che tale quesito era errato perche' consentiva due
risposte esatte, e pertanto era in contrasto con l'art. 3, comma 2,
d.m. 17 maggio 2007, a tenore del quale i quesiti a risposta multipla
devono consentire una sola risposta esatta tra le cinque proposte.
Non sarebbe stata lesa la par condicio, perche' l'annullamento in
autotutela ha avuto effetti per tutti i concorrenti.
L'annullamento in autotutela mirerebbe anche a neutralizzare il
rischio che, essendovi piu' di una risposta esatta, la risposta
esatta in concreto sia stata frutto del caso e non di una scelta
consapevole.
La sentenza viene contestata anche laddove afferma che le singole
commissioni avrebbero potuto risolvere l'anomalia del quesito
applicando le regole di ermeneutica contrattuale.
7. L'appello delle Amministrazioni e' fondato.
7.1. Dispone l'art. 3, commi 1 e 2, d.m. 17 maggio 2007: "Prova
di ammissione ai corsi di laurea specialistica/magistrale in medicina
e chirurgia, in odontoiatria e protesi dentaria e in medicina
veterinaria.
1. Per l'accesso ai corsi di laurea specialistica/magistrale in
medicina e chirurgia, in odontoiatria e protesi dentaria e in
medicina veterinaria, le relative prove di ammissione, di contenuto
identico sul territorio nazionale, sono predisposte dal Ministero
dell'universita' e della ricerca avvalendosi di una apposita
commissione di esperti, costituita con decreto ministeriale che opera
in conformita' dei commi seguenti.
2. La prova di ammissione per l'accesso a ciascun corso di laurea
specialistica/magistrale, di cui al comma precedente, consiste nella
soluzione di ottanta quesiti a risposta multipla, di cui una sola
esatta ha le cinque indicate su argomenti di:
- logica e cultura generale;
- biologia;
- chimica;
- fisica e matematica".
Costituisce pertanto prescrizione imperativa quella secondo cui
ogni quesito deve prevedere una sola risposta esatta tra le cinque
proposte. Ne consegue che sono illegittimi non solo i quesiti che non
prevedono nessuna risposta esatta, ma anche quelli che prevedono piu'
di una risposta esatta.
L'annullamento di tali quesiti in via di autotutela, deve essere
vagliato alla luce dei consueti canoni dell'interesse pubblico
concreto e attuale all'annullamento di atto illegittimo, al
ragionevole lasso temporale, alla valutazione comparativa dei
contrapposti interessi (art. 21-nonies, l. n. 241 del 1990).
Tali canoni sono stati pienamente rispettati, in quanto:
- vi e' l'illegittimita' dell'atto;
- vi e' l'interesse pubblico concreto e attuale a rimuovere
l'illegittimita', e il rispetto di un termine ragionevole per
l'esercizio dell'autotutela, atteso che al momento dell'annullamento
in autotutela la procedura era in corso;
- vi e' stata una corretta valutazione comparativa degli
interessi pubblico e privati, perche' un quesito con una pluralita'
di risposte esatte altera la correttezza della prova concorsuale
(atteso che aumenta il rischio di una risposta casuale che si riveli
esatta), e per l'effetto la par condicio tra i concorrenti.
Ne' puo' ritenersi che debba essere tutelato il ragionevole
affidamento di chi ha dato al quesito 71 una delle due risposte
esatte, perche' non puo' esserci ragionevole affidamento a fronte di
un quesito che prevede piu' di una risposta esatta.
Va poi considerato che a fronte di uno o piu' quesiti inesatti,
l'amministrazione, nell'esercizio discrezionale del potere d
autotutela, ha in teoria due alternative: annullare solo i quesiti
inesatti, annullare l'intera prova concorsuale.
Siffatta scelta costituisce merito amministrativo e implica
valutazioni di opportunita' riservate all'amministrazione,
sindacabili in sede giurisdizionale solo in caso di manifesta
irragionevolezza o travisamento.
A fronte di un numero limitatissimo di quesiti erronei (nel caso
di specie due su ottanta) appare del tutto ragionevole la scelta di
non inficiare l'intera procedura, ma solo i quesiti inesatti, scelta
coerente con il principio di conservazione degli atti (utile per
inutile non vitiatur), con il principio di tutela dell'affidamento
della massa di candidati che hanno partecipato alla procedura e che
la hanno superata, con il principio di buon andamento
dell'amministrazione.
Va per l'effetto accolto l'appello delle Amministrazioni.
8. Occorre a questo punto passare all'esame del secondo appello
principale, autoqualificato "ricorso in appello contenente motivi
aggiunti".
8.1. Alla pubblica udienza del 5 giugno 2012 il Collegio ha
rilevato d'ufficio, dandone atto a verbale ai sensi dell'art. 73,
comma 3, cod. proc. amm., l'inammissibilita' di taluni motivi di
appello perche' nuovi o perche' generici.
Ritiene il Collegio, in dettaglio, che vada dichiarata:
a) l'inammissibilita' di motivi proposti per la prima volta
in appello (pagg. 14-16 e pagg. 23-30 dell'atto di appello);
b) l'inammissibilita' della mera riproposizione di motivi
primo grado senza critica alla sentenza (da pag. 7 a pag. 13, da pag.
16 a pag. 23, da pag. 31 a pag. 33 dell'atto di appello);
c) l'inammissibilita' della proposizione di un motivo
aggiunto in appello (da pag. 36 a pag. 41 dell'atto di appello).
Il Collegio ha in conclusione rilevato che l'appello e'
ammissibile solo a pag. 14 (dove si lamenta il vizio di omessa
pronuncia) e da pag. 33 a pag. 36 (dove si ripropone il secondo
motivo del primo atto di motivi aggiunti in primo grado).
9. Da pag. 7 a pag. 13 di tale atto di appello viene riproposto
in toto l'originario ricorso di primo grado.
A pag. 14 viene riproposto il primo motivo del ricorso di primo
grado.
Inoltre da pag. 31 a pag. 33 viene riproposto tal quale il
secondo motivo dell'originario ricorso di primo grado.
A pag. 33 viene riproposto il terzo motivo del ricorso di primo
grado.
9.1. Tuttavia, l'intero ricorso di primo grado e' stato
dichiarato inammissibile dal Tar, e non vi e' alcuna critica contro
tale capo di sentenza.
Sicche' l'atto di appello e' inammissibile da pag. 7 a pag. 13,
nonche' a pag. 14, a pag. 31 e a pag. 33 dove contiene,
rispettivamente, riproposizione del primo, secondo e terzo motivo del
ricorso introduttivo di primo grado.
9.2. Solo per completezza il Collegio osserva che correttamente
il Tar ha dichiarato inammissibile l'originario ricorso di primo
grado, perche' proposto collettivamente senza indicazione della
posizione specifica di ciascuno.
Questo Consesso ha infatti gia' statuito, proprio con riguardo a
ricorsi in materia di procedure per l'ammissione a corsi di laurea in
caso di cosi' detto numero chiuso, che la presentazione di un gravame
da parte di un gran numero di ricorrenti, che non specifichino, come
nella fattispecie, le singole e concrete posizioni legittimanti e i
presupposti dell'azione, e quindi ne' l'esito delle prove, ne' il
punteggio singolarmente riportato, ne', addirittura, l'ateneo presso
il quale hanno sostenuto la prova e la specifica graduatoria
impugnata, priva il giudice della possibilita' di controllare la
concreta e individuale pretesa vantata dai singoli e, quindi,
l'effettiva sussistenza delle condizioni di ammissibilita' del
ricorso, anche alla luce del principio del contraddittorio e con
particolare riguardo all'effettiva esistenza di un interesse
ristorabile per effetto dell'accoglimento delle pretese fatte valere
in giudizio (per tutte, Cons. St., sez. VI, 4 febbraio 2008, n. 301;
Id., 6 aprile 2009 n. 2127).
10. A pag. 14 dell'atto di appello, poi, si lamenta che il Tar
avrebbe omesso di motivare in ordine all'implicito rigetto dei motivi
di ricorso rivolti contro i plurimi quesiti errati, irragionevoli o
contenenti plurime risposte esatte.
10.1. Le censura e' in fondata.
Infatti il Tar, con riguardo alla posizione degli odierni
appellanti, ha reso una pronuncia di difetto di interesse, sulla base
di una prova di resistenza, atteso che in base alla stessa tabella
prodotta in primo grado dai ricorrenti, risulta che gli stessi, anche
con l'aggiunta di ulteriori punti, non raggiungerebbero i 47 punti
necessari per l'ammissione in graduatoria (47 e' il punteggio
dell'ultimo classificato in posizione utile nella graduatoria
dell'Universita' di Bologna).
11. A pag. 14 dell'appello si assume che in base ai criteri
prestabiliti, degli 80 quesiti 13 avrebbero dovuto attenete alla
materia fisica e matematica. Con l'annullamento di due quesiti, solo
11 attengono alla materia fisica e matematica, con violazione dei
detti criteri.
Si lamenta poi la violazione del diritto allo studio ex art. 34
Cost.
11.1. Entrambi tali due censure sono inammissibili perche'
proposte per la prima volta in appello.
12. Da pag. 16 a pag. 30 dell'atto di appello viene riproposto il
primo motivo aggiunto del primo ricorso di primo grado, e vengono
addotti a suo sostegno argomenti ulteriori tratti da giurisprudenza
del Tar Lazio.
12.1. La pura e semplice riproposizione del primo motivo aggiunto
al ricorso di primo grado, senza alcuna critica alla sentenza, e'
inammissibile, dovendo i motivi di' appello essere specifici (Cons.
St., ad. plen., n. 10/2011).
Peraltro nel caso di specie il Tar ha dichiarato, nei confronti
degli odierni appellanti, inammissibile il primo motivo del primo
atto di motivi aggiunti, per mancato superamento della prova di'
resistenza, e tale capo di inammissibilita' non viene in alcun modo
contestato con l'atto di appello.
13. Inoltre da pag. 23 a pag. 30 nella misura in cui vengono
riportati gli argomenti della sentenza del Tar Lazio - Roma sez.
III-bis, n. 5986/2008, che non riguarda il presente contenzioso, si
introducono motivi del tutto nuovi non proposti in prime cure.
Non senza considerare (ad abundantiam) che la invocata sentenza
del Tar Lazio - Roma sez. III-bis, n. 5986/2008 e' stata annullata
senza rinvio dalla sentenza del Cons. St., sez. VI, 6 aprile 2009 n.
2127 (che ha dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado
proposto al Tar Lazio), e pertanto, non esistendo piu' nel mondo del
diritto, non costituisce precedente utile.
14. Da pag. 33 a pag. 36 viene contestato il capo di sentenza che
ha respinto il secondo motivo del primo atto di motivi aggiunti.
14.1. Il Tar ha ritenuto legittimo che in luogo di una
graduatoria unica nazionale siano state predisposte graduatorie
singole per ciascuna sede universitaria, ancorche' sulla base di una
prova nazionale unica, perche' in tal modo si privilegerebbe la
scelta di ciascuno studente per singoli Atenei.
14.2. Parte appellante critica tale capo di sentenza osservando
che il sistema delle graduatorie plurime in luogo di quella unica
comporta che in alcuni Atenei vengono esclusi candidati che hanno
riportato un punteggio maggiore rispetto a quello di candidati
ammessi in altri Atenei.
Esemplificando, mentre a Bologna sono stati necessari 47 punti
per il collocamento utile in graduatoria, a Sassari ne sarebbero
stati sufficienti 37, a Napoli 40,75; vengono menzionati altri 4
Atenei (Brescia, Firenze, Roma Tor Vergata, Siena) in cui sono stati
collocati in posizione utile candidati con meno di 47 punti.
Assume l'appellante che se anche il sistema della graduatoria
unica puo' creare problemi organizzativi, sarebbe un criterio piu'
ragionevole cd equo, e lo stesso legislatore ha scelto tale sistema
per i concorsi pubblici quale quello in magistratura, e in passato
per le prove di ammissione per l'accesso alla facolta' di
odontoiatria.
Il modesto beneficio di scegliere la sede non sarebbe comparabile
con quello ben maggiore di rientrare in graduatoria, ancorche' in una
sede meno gradita.
Sarebbero percio' violati gli artt. 3 e 34 Cost.
15. In relazione a tale mezzo e' rilevante e non manifestamente
infondata la questione di legittimita' costituzionale nei termini che
si vanno ad esporre.
15.1. La legge 2 agosto 1999, n. 264 detta disposizioni per
l'accesso ai corsi universitari, indicando per quali la
programmazione e' stabilita a livello statale (art. 1) e per quali a
livello universitario (art. 2).
Si prevede inoltre che le prove di ammissione si svolgono, in
entrambi i casi, presso i singoli Atenei; peraltro per alcuni corsi a
programmazione statale [quelli di cui all'art. 1, lett. a) e 13)] tra
cui quello di medicina e chirurgia, rilevante nel caso di specie,
spetta al Ministero stabilire i contenuti delle prove di ammissione,
dunque con una prova unica nazionale che si svolge contemporaneamente
presso i singoli Atenei.
In sintesi, ferma la unicita' delle prova, essa si svolge presso
i singoli Atenei, e il collocamento in posizione utile avviene in
singole graduatorie anziche' in una graduatoria unica. Con la
conseguenza che il collocamento in posizione utile dipende sia dal
numero di posti disponibili presso ciascun Ateneo, sia dal numero di
concorrenti presso ciascun Ateneo, e dunque puo' accadere che, se
presso un Ateneo e' maggiore il numero dei posti, o minore il numero
dei concorrenti, e' sufficiente, per il collocamento in graduatoria,
un punteggio inferiore rispetto a quello necessario in altro Ateneo.
15.2. Parte appellante sostiene che tale sistema sarebbe
irrazionale, per disparita' di trattamento, perche' gli appellanti
avrebbero conseguito un punteggio maggiore di quello sufficiente, in
Atenei diversi da Bologna, per essere collocati in posizione utile.
Sicche', il sistema normativo avrebbe dovuto prevedere una
graduatoria unica nazionale.
15.3. La censura proposta appare diretta, piuttosto che contro
provvedimenti amministrativi, contro la stessa legge, art. 4 citato,
di cui i provvedimenti impugnati sono mera attuazione.
La censura si traduce dunque in una critica alla legge, e puo' in
astratto trovare ingresso solo se si ravvisino vizi di
incostituzionalita' della disposizione.
La scelta tra graduatoria unica e graduatorie di Ateneo per
l'ammissione ai corsi di laurea a numero chiuso e' una scelta
discrezionale riservata all'Amministrazione e, prima ancora, al
legislatore, e non e' sindacabile se non si ravvisano vizi di palese
illogicita', irrazionalita', travisamento, disparita' di trattamento,
difetto di proporzionalita'.
15.4. Tali vizi ad avviso del Collegio sussistono.
15.5. La prospettata questione di legittimita' costituzionale e'
rilevante ai fini del giudizio in corso, perche' se accolta
comporterebbe raccoglimento dell'appello quanto meno per la
concessione del risarcimento del danno per equivalente (atteso che il
decorso del tempo ha fatto verosimilmente venir meno l'interesse
all'annullamento degli atti impugnati, anche se questo non e' stato
specificamente dedotto (v. art. 34, comma 3, cod. proc. amm.).
In definitiva, raccoglimento della censura di costituzionalita'
e' essenziale per affermare l'illegittimita' derivata dei
provvedimenti amministrativi applicativi della legge e
conseguentemente per accordare il risarcimento del danno per
equivalente chiesto dalle parti.
15.6. La prospettata questione e' non manifestamente infondata,
atteso che il sistema delle graduatorie di Ateneo in luogo di una
graduatoria unica nazionale appare lesiva anzitutto degli artt. 3, 34
e 97 Cost.
Infatti, a fronte di una prova unica nazionale, con 80 quesiti,
l'ammissione al corso di laurea non dipende in definitiva dal merito
del candidato, ma da fattori casuali e affatto aleatori legati al
numero di posti disponibili presso ciascun Ateneo e dal numero di
concorrenti presso ciascun Ateneo, ossia fattori non ponderabili ex
ante.
Infatti, ove in ipotesi il concorrente scegliesse un dato Ateneo
perche' ci sono piu' posti disponibili e dunque maggiori speranze di
vittoria, la stessa scelta potrebbero farla un numero indeterminato
di candidati, e per converso in una sede con pochi posti potrebbero
esservi pochissime domande.
Va poi evidenziato che, svolgendosi la prova unica nazionale
nello stesso giorno presso tutti gli Atenei, a ciascun candidato e'
data una unica possibilita' di concorrere, in una sola universita',
per una sola graduatoria (one shot), con l'effetto pratico che coloro
che conseguono in un dato Ateneo un punteggio piu' elevato di quello
conseguito da altri in un altro Ateneo, rischiano di essere scartati,
e dunque posposti, solo in virtu' del dato casuale del numero di
posti e di concorrenti in ciascun Ateneo.
Questo e' del tutto contrario alla logica del concorso unico
nazionale.
In tal modo non solo si lede l'eguaglianza tra i candidati, e il
loro diritto fondamentale allo studio (diritto sancito anche
dall'art. 2 del protocollo addizionale alla CEDU, Carta europea dei
diritti dell'uomo protocollo firmato a Parigi il 20 marzo 1952 (a
tenore del quale "il diritto all'istruzione non puo' essere rifiutato
a nessuno", nonche', limitatamente alle materie di competenza
dell'Unione europea, dall'art. 14 della Carta di Nizza, Carta dei
diritti fondamentali dell'Unione europea), atteso che i candidati non
vengono ammessi in base al merito, ma in base a fattori casuali e
aleatori, ma si lede anche il principio di buon andamento
dell'Amministrazione, atteso che la procedura concorsuale non
sortisce l'esito della selezione dei migliori. Si determina, in
definitiva, una ingiusta penalizzazione della aspettativa dei
candidati di essere giudicati con un criterio meritocratico, senza
consentire alle Universita' la selezione dei migliori; la scelta
degli ammessi risulta dominata in buona misura dal caso.
Sicche' e' violato anche il principio di ragionevolezza e
logicita' delle scelte legislative (art. 3 Cost.).
Ne' possono opporsi, alla soluzione della graduatoria unica,
ragioni organizzative o di autonomia universitaria, ostandovi il
principio di ragionevole proporzionalita' tra mezzi impiegati e
obiettivo perseguito; esigenze organizzative non possono infatti
ragionevolmente penalizzare il diritto allo studio sulla base di un
criterio meritocratico.
Neppure le ragioni organizzative sono effettive, atteso che
sarebbe ben possibile che il concorso si svolgesse presso i singoli
Atenei, e che i candidati esprimessero opzione in ordine decrescente
per le varie sedi universitarie, e che poi le prove confluissero in
un sistema di correzione unica e graduatoria unica nazionale, in cui
tener conto del punteggio conseguito da ciascun concorrente e delle
sedi da esso prescelte. Non si lederebbe in tal modo ne' il diritto
allo studio, ne' il diritto alla vittoria dei piu' meritevoli, ne' il
diritto dello studente a scegliere la sede universitaria (diritto di
scelta che, come ben evidenziato nell'atto di appello, e' recessivo
rispetto all'interesse a entrare comunque all'universita', ancorche'
in una sede meno appetita, a fronte dell'alternativa di non entrare
affatto nella sede prescelta). Non si lede nemmeno l'autonomia
universitaria, atteso che, in un sistema in cui le prove sono
predisposte dal Ministero e dunque sono identiche per tutte le
Universita', e sono prestabiliti i posti disponibili in ciascun
Ateneo, per i singoli Atenei e' del tutto indifferente l'opzione tra
graduatoria unica e graduatorie plurime, e, anzi, e' piu' vantaggioso
il sistema della graduatoria unica, che consente la selezione e
l'accesso dei piu' meritevoli.
Non si tratta, poi, qui, di sindacare una tra le tante possibili
opzioni lasciate alla discrezionalita' del legislatore, perche' una
volta che il legislatore abbia optato, a monte, per il sistema
meritocratico dei tests unici nazionali da svolgersi nello stesso
giorno in tutti gli Atenei italiani, non puo' che residuare l'unica
opzione della graduatoria unica nazionale, e non quella delle
graduatorie plurime a cui si accede con diversi punteggi minimi.
Una volta che il legislatore abbia, nella sua insindacabile
discrezionalita', optato per il criterio meritocratico, esso deve
essere portato alle estreme conseguenze e non puo' essere
contraddetto da un metodo applicativo non meritocratico in cui i
punteggi minimi di accesso varino da Universita' a Universita' a
fronte di un concorso unico.
15.7. Il Collegio sottopone alla Corte costituzionale anche la
questione della violazione dell'art. 2, par. 1, del protocollo
addizionale alla CEDU, e per l'effetto dell'art. 117, comma 1, Cost.
(violazione da parte dello Stato italiano degli obblighi
internazionali).
Dispone la citata previsione della CEDU che "No person shall be
denied the right to education" (il diritto all'istruzione non puo'
essere rifiutato a nessuno).
Secondo l'interpretazione data dalla CorteEDU a tale
disposizione, la stessa si applica anche all'istruzione
universitaria, e la previsione implica che il diritto all'istruzione,
anche universitaria, sia pratico ed effettivo non meramente teorico
ed illusorio; ad avviso della Corte, sebbene la previsione non
imponga agli Stati di istituire le Universita', una volta che gli
Stati le abbiano istituite, essi devono garantire che l'accesso ad
esse sia effettivo.
Secondo la Corte il diritto all'istruzione non e' assoluto, ma
puo' essere soggetto a limitazioni, e gli Stati godono di un certo
margine di discrezionalita' in questo ambito; tuttavia le restrizioni
imposte al diritto all'istruzione non possono limitarlo al punto di
snaturarne l'essenza e privarlo della sua effettivita'.
Le restrizioni devono perseguire uno "scopo legittimo"; non
esiste un catalogo chiuso e predefinito di "scopi legittimi",
tuttavia le limitazioni, ad avviso della Corte, sono compatibili con
l'art. 2, par. 1 citato solo se c'e' una ragionevole relazione di
proporzionalita' tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito. Ad
esempio sono state ritenute giustificate restrizioni all'accesso
universitario per ragioni penali o disciplinari, o per il mancato
rispetto di regole interne dell'Universita' (CorteEDU, 10 novembre
2005, Sahin v. Turkey, che richiama anche la precedente
giurisprudenza della medesima Corte), o giustificate regole interne
scolastiche ritenute non limitative del diritto all'istruzione
(CorteEDU 18 marzo 2011 Lautsi c. Gov. Italia).
Sembra al Collegio rimettente che alla luce di tale
interpretazione del diritto all'accesso all'istruzione universitaria,
dato dalla Corte EDU, la restrizione imposta dal legislatore
italiano, in base alla quale in luogo di una graduatoria unica, si
formano graduatorie plurime, che vanificano il criterio meritocratico
prescelto dallo stesso legislatore, sia una restrizione non
proporzionata rispetto allo scopo perseguito (numero chiuso) e che
vanifica nella sua essenza e nella sua effettivita' il diritto
fondamentale allo studio universitario.
15.8. Si riportano, per comodita' della Corte costituzionale, i
paragrafi rilevanti della citata decisione della Corte EDU (v. in
particolare parr. da 134 a 142 e da 152 a 162):
"134. The first sentence of Article 2 of Protocol No. 1 provides
that no one shall be denied the right to education. Although the
provision makes no mention of higher education, there is nothing to
suggest that it does not apply to all levels of education, including
higher education.
135. As to the content of the right to education and the scope of
the obligation it imposes, the Court notes that in the Case "relating
to certain aspects of laws on the use of languages in education in
Belgium" ("the Belgian linguistic case" (merits), judgment of 23 July
1968, Series A no. 6, pp. 30-31, § 3), it stated: "The negative
formulation indicates, as is confirmed by the preparatory work" ...,
that the Contracting Parties do not recognise such a right to
education as would require them to establish at their own expense, or
to subsidise, education of any particular type or at any particular
level. However, it cannot be concluded from this that the State has
no positive obligation to ensure respect for such a right as is
protected by Article 2 of the Protocol. As a "right" does exist, it
is secured, by virtue of Article 1 of the Convention, to everyone
within the jurisdiction of a Contracting State.".
136. The Court does not lose sight of the fact that the
development of the right to education, whose content varies from one
time or place to another according to economic and social
circumstances, mainly depends on the needs and resources of the
community. However, it is of crucial importance that the Convention
is interpreted and applied in a manner which renders its rights
practical and effective, not theoretical and illusory. Moreover, the
Convention is a living instrument which must be interpreted in the
light of present-day conditions (see Marckx v. Belgium, judgment of
13 June 1979, Series A no. 31, p. 19, § 41; Airey v. Ireland,
judgment of 9 October 1979, Series A no. 32, pp. 14-15, § 26; and, as
the most recent authority, Mamatkulov and Askarov v. Turkey [GC],
nos. 46827/99 and 46951/99, § 121, ECHR 2005-1). While the first
sentence of Article 2 essentially establishes access to primary and
secondary education, there is no waterright division separating
higher education from other forms of education. In a number of
recently adopted instruments, the Council of Europe has stressed the
key role and importance of higher education in the promotion of human
rights and fundamental freedoms and the strengthening of democracy
(see, inter alia, Recommendation No. R (98) 3 and Recommendation 1353
(1998) - cited in paragraphs 68 and 69 above). As the Convention on
the Recognition of Qualifications concerning higher Education in the
European Region (see paragraph 67 above) states, higher education "is
instrumental in the pursuit and advancement of knowledge" and
"constitutes an exceptionally rich cultural and scientific asset for
both individuals and society".
137. Consequently, it would be hard to imagine that institutions
of higher education existing at a given time do not come within the
scope of the first sentence of Article 2 of Protocol No 1. Although
that Article does not impose a duty on the Contractig States to set
up institutions of higher education, my State doing so will be under
an obligation to afford an effective right of access to them. In a
democratic sociey, the right to education, which is indispensable to
the furtherance of human rights, plays such a fundamental role that a
restrictive interpretation of the first sentence of Article 2 of
Protocol No. 1 would not be consistent with the aim or purpose of
that provision (see, mutatis mutandis, the Belgian linguistic case,
cited above, pp. 33-34, § 9, and Delcourt v. Belgium, judgment of 17
January 1970, Series A no. 11, pp. 13-15, § 25).
138. This approach is in line with the Commission's report in the
Belgian linguistic case (judgment cited above, p. 22), in which as
far back as 1965 it stated that, although the scope of the right
protected by Article 2 of Protocol No. 1 was not defined or specified
in the Convention, it included, "for the purposes of examining the
present case", "entry to nursery, primary, secondary and higher
education".
139. The Commission subsequently observed in a series of
decisions: "[T]he right to education envisaged in Article 2 is
concerned primarily with elementary education and not necessarily
advanced studies such as technology" (see X v. the United Kingdom,
no. 5962/72, Commission decision of 13 March 1975, DR 2, p. 50, and
Kramelius v. Sweden, no. 21062/ 92, Commission decision of 17 January
1996, unreported). In more recent cases, leaving the door open to the
application of Article 2 of Protocol No. 1 to university education,
it examined the legitimacy of certain restrictions on access to
institutions of higher education (see, with regard to restrictions on
access to higher education, X v. the United Kingdom, no. 8844/80,
Commission decision of 9 December 1980, DR 23, p. 228; and with
regard to suspension or expulsion from educational institutions,
Yanasik v. Turkey, no. 14524/89, Commission decision of 6 January
1993, DR 74, p. 14,- and Sulak v. Turkey, no. 24515/94, Commission
decision of 17 January 1996, DR 84-A, p. 98).
140. For its part, after the Belgian linguistic case the Court
declared a series of cases on higher education inadmissible, not
because the first sentence of Article 2 of Protocol No. 1 was
inapplicable, but on other grounds (complaint of a disabled person
who did not satisfy a university's entrance requirements, Lukach v.
Russia (dec.), no. 48041/99, 16 November 1999; refusal of permission
to an applicant in custody to prepare for and sit a final university
examination for a legal diploma, Georgiou v. Greece (dec), no.
45138/98, 13 January 2000; interruption of advanced studies by a
valid conviction and sentence, Durmaz and Others v. Turkey (dec.),
nos. 46506/99, 46569/99, 46570/99 and 46939/99, 4 September 2001).
141. In the light of all the foregoing considerations, it is
clear that any institutions of higher education existing at a given
time come within the scope of the first sentence of Article 2 of
Protocol No. 1, since the right of access to such institutions is an
inherent part of the right set out in that provision. This is not an
extensive interpretation forcing new obligations on the Contracting
States: it is based on the very terms of the first sentence of
Article 2 of Protocol No. 1 read in its context and having regard to
the object and purpose of the Convention, a law-making treaty, (see,
mutatis mutandis, Golder v. the United Kingdom, judgment of 21
February 1975, Series A no. 18, p. 18, § 36).
142. Consequently, the first sentence of Article 2 of Protocol
No. 1 is applicable in the instant case. The manner in which it is
applied mill, however, obviously depend on the special features of
the right to education.".
"152. The right to education, as set out in the first sentence of
Article 2 of Protocol No. 1, guarantees everyone within the
jurisdiction of the Contracting - States"a right of access to
educational institutions existing at a given time", but such access
constitutes only a part of the right to education. For that right "to
be effective, it is further necessary that, inter alia, the
individual who is the beneficiary should have the possibility of
drawing profit from the education received, that is to say, the right
to obtain, in conformity with the rules in free in each State, and in
one film or another, official recognition of the studies which he has
completed" (see the Belgian linguistic case, cited above, pp. 30-32,
§ 3-5; see also Kjeldsen, Busk Madsen and Pedersen v. Denmark,
judgment of 7 December 1976, Series A no. 23, pp. 25-26, § 52).
Similarly, implicit in the phrase "No person shall ..." is the
principle of equality of treatment of all citizens in the exercise of
their right to education.
153. The fundamental right of everyone to education is a right
guaranteed equally to pupils in State and independent schools,
without distinction (see Costello-Roberts v. the United Kingdom,
judgment of 25 March 1993, Series A no. 247-C, p. 58, § 27).
154. In spite of its importance, this right is not, however,
absolute, but may be subject to limitations; these are permitted by
implication since the right of access "by its very nature calls for
regulation by the State" (see the Belgian linguistic case, cited
above, p. 32, § 5; see also, mutatis mutandis, Golder, cited above,
pp. 18- 19, § 38, and Fayed v. the United Kingdom, judgment of 21
September 1994, Series A no. 294-B, pp. 49-50, § 65). Admittedly, the
regulation of educational institutions may vary in time and in place,
inter alia, according to the needs and resources of the community and
the distinctive features of different levels of education.
Consequently, the Contracting States enjoy a certain margin of
appreciation in this sphere, although the final decision as to the
observance of the Convention's requirements rests with the Court. In
order to ensure that the restrictions that are imposed do not curtail
the right in question to such an extent as to impair its very essence
and deprive it of its effectiveness, the Court must satisfy itself
that they are foreseeable for those concerned and pursue a legitimate
aim. However, unlike the position with respect to Articles 8 to 11 of
the Convention, it is not bound by an exhaustive list of "legitimate
aims" under Article 2 of Protocol No. 1 (see, mutatis mutandis,
Podkolzina v. Latvia, no. 46726/99, § 36, ECHR 2002-II). Furthemore,
a limitation will only be compatible with Article 2 of Protocol No. 1
if there is a reasonable relationship of proportionality between the
means employed and the aim sought to be achieved.
155. Such restrictions must not conflict with other rights
enshrined in the Convention and its Protocols either (see the Belgian
linguistic case, cited above, p. 32, § 5; Campbell and Cosans v. the
United Kingdom, judgment of 25 February 1982, Series A no. 48, p. 19,
§ 41; and Yanasik, decision cited above). The provisions of the
Convention and its Protocols must be considered as a whole.
Accordingly, the first sentence of Article 2 of Protocol No. 1 must,
where appropriate, be read in the light in particular of Articles 8,
9 and 10 of the Convention (see Kjeldsen, Busk Madsen and Pedersen,
cited above, p. 26, § 52 in fine).
156. The right to education does not in principle exclude
recourse to disciplinary measures, including suspension or expulsion
from an educational institution in order to ensure compliance with
its internal rules. The imposition of disciplinary penalties is an
integral part of the process whereby a school seeks to achieve the
object for which it was established, including the development and
moulding of the character and mental powers of its pupils (see, among
other authorities, Campbell and Cosans, judgment cited above, p. 14,
§ 33; see also, with respect to the expulsion of a cadet from a
military academy, Yanasik, decision cited above, and the expasion of
a student for fraud, Sulak, decision cited above).
(b) Application of these principles to the present case
157. By analogy with its reasoning on the question of the
existence of interfirence under Atiicle 9 of the Convention (see
paragraph 78 above), the Court is able to accept that the regulations
on the basis of which the applicant was refused access to various
lectures and examinations for wearing the Islamic headscarf
constituted a restriction on her right to education, notwithstanding
the fact that she had had access to the university and been able to
read the subject of her choice in accordance with the results she had
achieved in the university entrance examination. However, an analysis
of the case by reference to the right to education cannot in this
instance be divorced from the conclusion reached by the Court with
respect to Article 9 (see paragraph 122 above), as the considerations
taken into account under that provision are clearly applicable to the
complaint under Article 2 of Protocol No. 1 , which complaint
consists of criticism of the regulation concerned that takes much the
same form as that made with respect to Article 9.
158. In that connection, the Court has already found that the
restriction was foreseeable to those concerned and pursued the
legitimate aims of protecting the rights and freedoms of others and
maintaining public order (see paragraphs 98 and 99 above). The
obvious purpose of the restriction was to preserve the secular
character of educational institutions.
159. As regards the principle of proportionality, the Court found
in paragraphs 118 to 121 above that there was a reasonable
relationship of proportionality between the means used and the aim
pursued. In so finding, it relied in particular on the following
factors which are clearly relevant here. Firstly, the measures in
question manifestly did not hinder the students in performing the
duties imposed by the habitual forms of religious observance.
Secondly, the decision-making process for applying the internal
regulations satisfied, so far as was possible, the requirement to
weigh up the various interests at stake. The university authorities
judiciously sought a means whereby they could avoid having to turn
away students wearing the headscarf and at the same time honour their
obligation to protect the rights of others and the interests of the
education system. Lastly, the process also appears to have been
accompanied by safeguards - the rule requiring conformity with
statute and judicial review - that were apt to protect the students'
interests (see paragraph 95 above).
160. It would, furthermore, be unrealistic to imagine that the
applicant, a medical student, was unaware of Istanbul University
internal regulations restricting the places where religious dress
could be worn or had not been sufficiently informed about the reasons
for their introduction. She could reasonably have foreseen that she
ran the risk of being refused access to lectures and examinations if,
as subsequently happened, she continued to wear the Islamic headscarf
after 23 February 1998.
161. Consequently, the restriction in question did not impair the
very essence of the applicant's right to education. In addition, in
the light of its findings with respect to the other Articles relied
on by the applicant (see paragraphs 122 above and 166 below), the
Court observes that the restriction did not conflict with other
rights enshrined in the Convention or its Protocols either.
162. In conclusion, there has been on violation of the first
sentence of Article 2 of Protocol No. 1".
15.9. In conclusione, e' rilevante e non manifestamente infondata
la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 1,
legge 2 agosto 1999, n. 264, in relazione agli artt. 3, 34, 97 e 117,
comma 1, Cost., nella parte in cui, per l'ammissione ai corsi di
laurea a programmazione nazionale che si svolgono sulla base di una
prova predisposta dal Ministero dell'universita' e della ricerca,
uguale per tutte le Universita' e che si svolge nello stesso giorno
in tutta Italia, non prevede la formazione di una graduatoria unica
nazionale in luogo di graduatorie plurime, per singoli Atenei.
16. Da pag. 36 a pag. 41 viene proposto un motivo aggiunto in
appello, avverso un atto non impugnato in precedenza, e in
particolare avverso i lavori di predisposizione dei quesiti ad opera
dell'apposita Commissione ministeriale.
Il vizio di tali lavori consisterebbe nella mancata
verbalizzazione delle operazioni di predisposizione dei quesiti.
Si assume che tale vizio sarebbe stato conosciuto solo a seguito
della lettura della sentenza del Tar Lazio - Roma n. 5986/2008 che ha
ritenuto sussistente tale vizio.
Si assume che i lavori della commissione sarebbero stati
impugnati sin dal primo grado di giudizio con la formula della
contestazione degli atti preordinati conseguenti e connessi, e tanto
giustificherebbe la proposizione di motivi aggiunti per la prima
volta in appello.
16.1. Il motivo aggiunto proposto per la prima volta in appello
e' nel caso specifico inammissibile.
Infatti secondo la giurisprudenza preferibile, formatasi prima
del cod. proc. amm. ed applicabile ratione temporis, e ora codificata
nell'art. 104, comma 3, cod. proc. amm., in appello possono essere
proposti motivi aggiunti solo qualora la parte venga a conoscenza di
documenti non prodotti dalle parti nel giudizio di primo grado da cui
emergano vizi degli atti o provvedimenti amministrativi gia'
impugnati in primo grado.
In definitiva, in grado di appello sono ammessi i motivi aggiunti
solo avverso gli atti gia' impugnati in primo grado, e non anche
contro atti mai impugnati in primo grado.
Nel caso di specie, in primo grado non sono mai stati contestati
i lavori della Commissione di predisposizione degli 80 quesiti, ma
semmai solo il risultato di tali lavori, e in particolare i singoli
quesiti.
Ne' puo' ritenersi, contrariamente a quanto sostenuto da parte
appellante, che tale atto sarebbe stato impugnato con la formula di
stile della impugnazione "di tutti gli atti del procedimento,
preordinati, conseguenti e connessi".
Si tratta infatti di formula di stile che non esonera
dall'identificare, se non con gli estremi esatti, quanto meno
genericamente nel contenuto, gli atti che si contestano, al fine di
una corretta delimitazione della materia del contendere.
17. In conclusione, e' accolto l'appello del Ministero
dell'universita' e della ricerca e dell'Universita' di Bologna.
Invece l'appello proposto da Giovanna Accolti, Niccolo' Principi,
Irene Sgambaro, Margherita Tiezzi, Valentina Valpiani e Claudia
Zanetti va in parte dichiarato inammissibile, in parte respinto, e
infine, limitatamente al motivo da pag. 33 a pag. 36, va sospeso il
giudizio e vanno rimessi gli atti alla Corte costituzionale.
Spese al definitivo.
P.Q.M.
Parzialmente e non definitivamente pronunciando sugli appelli in
epigrafe e previa loro riunione:
a) accoglie l'appello del Ministero dell'universita' e della
ricerca e dell'Universita' di Bologna;
b) quanto all'appello proposto da Giovanna Accolti, Niccolo'
Irene Sgambaro, Margherita Tiezzi, Valentina Valpiani e Claudia
Zanetti in parte lo dichiara inammissibile, in parte lo respinge, in
parte sospende il giudizio limitatamente al motivo da pag. 33 a pag.
36;
c) visti gli artt. 134 della Costituzione; 1 della legge
costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1; 23 della legge 11 marzo 1953,
n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 1, l. 2 agosto 1999
n. 264, in relazione agli artt. 3, 34, 97 e 117, comma 1, Cost.,
nella parte in cui, per l'ammissione ai corsi di laurea a
programmazione nazionale che si svolgono sulla base di una prova
predisposta dal Ministero dell'universita' e della ricerca, uguale
per tutte le Universita' e da tenersi nello stesso giorno in tutta
Italia, non prevede la formazione di una graduatoria unica nazionale
in luogo di graduatorie plurime, per singoli Atenei;
d) ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale;
e) ordina che a cura della segreteria della sezione la
presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente
del Consiglio dei Ministri, nonche' comunicata ai Presidenti delle
Camere dei Deputati e del Senato della Repubblica;
f) riserva alla decisione definitiva ogni ulteriore
statuizione in rito, in merito e in ordine alle spese.
Cosi' deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5
giugno 2012.
Il Presidente: Volpe
L'estensore: De Nictolis