Con ordinanza n. 123 del 15 gennaio scorso, il Tar Milano ha rinviato in via pregiudiziale alla Corte di giustizia europea la questione relativa ai requisiti di moralità professionale per gli appalti, al centro di un forte contrasto fra i giudici amministrativi italiani. E' attesa dunque per l'esatta interpretazione delle norme che non permettono di partecipare alle gare pubbliche chi ha avuto problemi con la giustizia. In particolare, si chiede se è possibile escludere dalla procedura di evidenza pubblica l’impresa che riesce a dimostrare che i suoi dirigenti non hanno riportato le condanne né subito i procedimenti di cui parla il codice dei contratti pubblici, anche se, come nel caso di specie, la dichiarazione prevista dal bando non risulta pervenuta, magari per un puro sbaglio.
Secondo i giudici amministrativi lombardi, l'interpretazione seguita dal Consiglio di Stato (sentenza n. 1896 del 31.3.2012) risulta essere troppo formalistica nell’escludere dalla gara automaticamente chi omette la dichiarazione in oggetto senza possibilità di integrazione. Si tratta di una lettura, a parere del Tar Milano, che rischia di entrare in conflitto con i principi comunitari: applicando le norme Ue, si potrebbe «utilmente prevalere l’accertamento sostanziale dei requisiti di partecipazione della ricorrente sull’applicazione formale delle previsioni di gara concernenti la mera completezza delle dichiarazioni da rendere ai sensi».
Da qui il rinvio alla Corte di Giustizia Ue, che dovrà stabilire se sia o meno «contrastante con il diritto comunitario l’interpretazione secondo cui, nell’ipotesi che un’impresa partecipante ad una procedura di gara abbia offerto un’utile e congrua prova dell’assenza, nei confronti dei soggetti tenuti alle dichiarazioni di cui all’articolo 38, comma 1, lett. b) e c), dei procedimenti e delle condanne ivi previste, la stazione appaltante debba disporre l’esclusione di tale impresa quale conseguenza del dell’inottemperanza ad una previsione della lex specialis con cui sia stata indetta la pubblica gara».
Qui il testo integrale dell'ordinanza del Tar Milano n. 123/2013