CGA: legittima la revoca dell’affidamento del servizio ai fini della gestione diretta

Secondo il CGA è legittimo per una stazione appaltante revocare la gara per la scelta del socio privato della società alla quale affidare un servizio pubblico, motivata dalla volontà di gestire direttamente tale servizio, ed è escluso in questo caso il risarcimento del danno a titolo di responsabilità precontrattuale della PA.

E’ stata depositata il 3 aprile la sentenza 405/2013 con la quale il Consiglio di Giustizia Amministrativa di Palermo ha definitivamente rigettato le ragioni della società partecipante a detta gara, la società Acoset, accogliendo quindi le difese degli enti locali convenzionati dell’ATO idrico di Ragusa, tra cui il Comune di Vittoria, assistito dagli avvocati Carmelo Giurdanella ed Angela Bruno.

Si chiude, quindi, una vicenda che ha visto anche l’intervento della Corte di Giustizia Europea e che è iniziata nel 2007, quando i Comuni della Provincia di Ragusa avevano proceduto all’annullamento d’ufficio della procedura di gara per la selezione del socio privato di una costituenda società mista di gestione del Servizio Idrico Integrato, optando per una diversa forma gestionale, consistente nella gestione diretta del servizio mediante un consorzio ad hoc.

Contro la delibera la società Acoset aveva presentato ricorso al Tar Catania che lo aveva rigettato, con una sentenza sostanzialmente riconfermata anche in secondo grado.

Per il CGA, la revoca della procedura di selezione del socio di minoranza è motivato per un verso a causa della temuta illegittimità comunitaria dell’affidamento diretto del servizio idrico alla costituenda società mista; ma anche dalla convinzione maturata negli enti locali coinvolti nel procedimento che la forma più adatta allo svolgimento del servizio de quo fosse in realtà quella consortile. Quest’ultima motivazione, proseguono i giudici, discende dalla scelta ampiamente discrezionale tra i vari modelli organizzativi e gestionali consentiti dalla legge, scelta la cui legittimità non è sindacabile dal giudice amministrativo se non per profili di illogicità e abnormità che nella specie non sono stati rinvenuti.

Una volta chiarita la legittimità della revoca della gara disposta dalla Stazione Appaltante, il supremo consesso di giustizia amministrativa passa all’esame della domanda di risarcimento del danno patrimoniale asseritamente patito dall’appellante a titolo di responsabilità precontrattuale della PA. Posto che nel caso di specie l’appellante non era in realtà neanche aggiudicataria provvisoria, il Consiglio argomenta il rigetto della domanda risarcitoria passando attraverso una ricostruzione dei presupposti fondamentali di tale tipo di responsabilità, e fonda la propria decisione su due assunti:

  1. non essendo mai stata legalmente scelta quale contraente, l’impresa appellante non può dirsi in trattative con la Stazione appaltante:”Come chiarito in giurisprudenza, infatti, la responsabilità precontrattuale della Pubblica amministrazione prevista dall’art. 1337 Cod. civ. si ricollega alla violazione della regola di condotta stabilita a tutela del corretto svolgimento dell’iter di formazione del contratto e presuppone che tra le parti siano intercorse trattative per la sua conclusione; pertanto, essa non è configurabile anteriormente alla scelta del contraente, e cioè nella fase in cui gli interessati non hanno ancora la qualità di futuri contraenti, ma soltanto quella di partecipanti alla gara, e vantano esclusivamente una posizione di interesse legittimo al corretto esercizio dei poteri dell’Amministrazione”(cfr. VI Sez. n. 662 del 2012 e VI Sez. n. 4628 del 2009).
  2. anche volendo equiparare la posizione dell’appellante a quella di un aggiudicatario provvisorio (in virtù del fatto che la sua era l’unica offerta valida prima dell’avvio del procedimento di annullamento), ai fini del positivo accertamento di una responsabilità contrattuale occorrerebbe rilevare la sussistenza di un ragionevole e incolpevole affidamento in ordine alla conclusione del contratto in capo all’impresa. Da tempo infatti la giurisprudenza è ferrea sul punto: “se non è configurabile una responsabilità precontrattuale, per violazione del dovere di correttezza di cui all’art. 1337 c.c. rispetto al procedimento amministrativo strumentale alla scelta del contraente, essa è configurabile con riguardo alla fase successiva alla scelta, in cui il recesso dalle trattative dell’ente è sindacabile sotto il profilo della violazione del dovere del “neminem laedere”, ove sia venuto meno ai doveri di buona fede, correttezza, lealtà e diligenza, in rapporto anche all’affidamento ingenerato nel privato circa il perfezionamento del contratto“(Cass. III Sez. n. 1213 del 2005). Nel caso sottoposto all’esame del CGA però non può dirsi sussitente alcun ragionevole affidamento, sia perchè l’appellante è stata notiziata tempestivamente dell’avvio del procedimento di annullamento e prima di un’eventuale aggiudicazione, sia perchè l’annullamento stesso è intervenuto in un lasso di tempo ragionevolmente breve dall’asserita aggiudicazione provvisoria.

Per ulteriori approfondimenti, si rende disponibile il testo integrale della sentenza n. 405/2013 del CGA.

Redazione

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