La Consulta, con sentenza n. 46 del 13 marzo 2013, torna sul tema dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, dichiarando l’infondatezza del ricorso presentato dalla Regione Veneto che prospettava l’illegittimità costituzionale dell’art. 25 del DL 1/2012, conv. in L.27/2012, che ha inserito il nuovo art. 3-bis all’interno del DL 138/2011, norma quest’ultima volta a rideterminare le modalità di organizzazione e affidamento dei servizi pubblici locali, al fine di garantirne una maggiore efficienza e concorrenzialità.
Tra le altre, le principali censure d’incostituzionalità si appuntavano da un lato alla previsione del ricorso ad una procedura ad evidenza pubblica per l’affidamento dei servizi quale indice di virtuosità dell’ente locale a partire dal 2013, dall’altro alla sottoposizione delle società in house ai vincoli derivanti dal Patto di Stabilità. Entrambe le previsioni costituirebbero, a detta della Regione Veneto, violazione della disciplina comunitaria, dell’art. 117 Cost. e delle competenze legislative regionali.
La Corte, dopo aver ricordato che le modalità di affidamento e di gestione dei servizi pubblici locali rientrano nella materia “tutela della concorrenza” di potestà legislativa esclusiva dello Stato, ha sottolineato come “il d.l. n. 1 del 2012, si prefigge la finalità di operare, attraverso la tutela della concorrenza (liberalizzazione), un contenimento della spesa pubblica”. In altre parole,“con la norma impugnata, il legislatore statale ritiene che tale scopo si realizzi attraverso l’affidamento dei servizi pubblici locali al meccanismo delle gare ad evidenza pubblica, individuato come quello che dovrebbe comportare un risparmio dei costi ed una migliore efficienza nella gestione. Da qui l’opzione – in coerenza con la normativa comunitaria – di promuovere l’affidamento dei servizi pubblici locali a terzi e/o a società miste pubblico/private e di contenere il fenomeno delle società in house”. La realizzazione di questo obiettivo e il necessario coordinamento della competenza esclusiva dello Stato con le competenze concorrenti delle Regioni in materia di regolazione delle attività economiche sono stati realizzati mediante il ricorso ad una “tecnica premiale” che non assorbe ma rispetta le competenze regionali. Come già affermato con la sentenza n. 8/2013, “Gli enti territoriali, infatti, conservano le loro competenze che esercitano in conformità ai principi di liberalizzazione dettati dallo Stato, il quale, nell’erogare i finanziamenti di sua competenza, privilegia le amministrazioni più “virtuose”. Lo Stato cioè non intacca le competenze regionali ma si limita a valutare le modalità del loro esercizio al fine di attribuire un premio agli enti che affidano i servizi pubblici locali tramite gare ad evidenza pubblica anziché tramite affidamenti in house.
Per quanto concerne il secondo aspetto, ovverosia la sottoposizione delle società in house ai vincoli derivanti dal Patto di Stabilità, la Corte, richiamandosi ad un proprio precedente giurisprudenziale (sent. n. 325/2010), ha affermato come le regole del Patto di stabilità interno debbano intendersi estese a tutte le spese e le entrate dell’ente locale, incluse quelle relative agli affidamenti in house, perchè altrimenti si finirebbe per favorire le società in house rispetto all’affidamento del servizio a terzi con gara pubblica, in contrasto con il diritto comunitario che guarda all’in house providing come ad un’eccezione rispetto alla regola generale dell’affidamento con gara ad evidenza pubblica.
Di seguito si allega il testo integrale della pronuncia in commento.