Antitrust: i Consigli forensi non possono penalizzare gli avvocati abilitati in Spagna

L’Autorità garante della concorrenza e del mercato, con delibera decisa nell’Adunanza Plenaria del 23 aprile 2013, depositata il 10 maggio 2013, ha condannato cinque Consigli dell’ordine degli avvocati (Civitavecchia, Latina. Tempio Pausania, Tivoli e Velletri) al pagamento di una multa di mille euro per aver introdotto con proprie delibere restrizioni all’accesso al mercato dei servizi di consulenza legale nei confronti di avvocati provenienti da Paesi dell’Unione europea.
La questione da cui origina tale vicenda è ben nota agli addetti ai lavori, e riguarda in particolare gli avvocati abilitati in Spagna, paese in cui la disciplina delle procedure per il conseguimento del titolo abilitativo risulta essere più “clemente” rispetto alla nostra normativa nazionale, specie all’indomani delle rilevanti novità introdotte dalla recente Riforma forense.
Ebbene. Per contrastare il fenomeno delle migrazioni di praticanti in Spagna finalizzate a conseguire più facilmente l’abilitazione all’esercizio della professione di Avvocato per poi ottenerne il riconoscimento in Italia, alcuni Consigli forensi avevano introdotto tra il 2010 e il 2012 alcuni adempimenti restrittivi volti a provare l’imprescindibile presupposto dello svolgimento dell’attività professionale all’estero, come il superamento di prove attitudinali, colloqui nella lingua del paese di provenienza o l’introduzione di una sovrattassa ad hoc.
L’Antitrust, pur avendo in precedenza rilevato l’assenza di ostacoli alla libera circolazione, ha riscontrato l’illegittimità delle relative delibere dei Consigli sanzionati per violazione dell’art. 101 del TFUE, che prescrive la nullità e vieta tutti quegli accordi o decisioni tra imprese “che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato interno”.
E ciò non tanto per gli esiti pratici prodottisi (di fatto sono state accolte tutte le domande di iscrizione), quanto piuttosto perchè l’intento con cui sono state adottate era quello di “disincentivare l’accesso al mercato italiano dei servizi di assistenza legale di tutti gli avvocati comunitari”, considerato che l’iscrizione presso qualsiasi ordine circondariale abilita all’esercizio della professione su tutto il territorio nazionale.
La vicenda è comunque destinata ad avere ulteriori sviluppi, attesa la ricorribilità dinanzi al Tar Lazio della decisione dell’Agcm, che si basa sulla qualificazione della professione di avvocato come attività di impresa e delle delibere dei Consigli condannati come intese anticoncorrenziali.

Per ulteriori approfondimenti, si rimanda al testo integrale della delibera Agcm del 23 aprile 2013.

Redazione

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