La Consulta, con sentenza n. 78 del 22 aprile 2013 – presidente Gallo, estensore Mattarella – ha dichiarato l‘illegittimità costituzionale dell’art. 1 comma 10 della L. n. 230/2005, che vietava al personale tecnico-amministrativo delle Università la possibilità di ottenere incarichi di insegnamento anche a titolo gratuito da parte degli Atenei di appartenenza, per violazione dell’art. 3 Cost sotto il profilo dell’irragionevole disparità di trattamento.
Nonostante la norma censurata sia stata in un secondo momento abrogata dall’art. 29 comma 11 lett. c) della L. n. 240/2010, la questione mantiene una propria rilevanza con riguardo a tutti quei provvedimenti amministrativi adottati in base a tale norma.
Afferma la Corte: “Il divieto introdotto dalla norma impugnata, successivamente abrogata dall’art. 29, comma 11, lettera c), della legge 30 dicembre 2010, n. 240 (Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario), è diretto esclusivamente nei confronti di una particolare categoria di dipendenti pubblici, nell’ambito delle diverse categorie dei dipendenti delle università, quale si configura il personale tecnico amministrativo, e non già nei confronti di una categoria generale”.
Si tratta pertanto di una norma particolare che limita i diritti di un sottoinsieme dei dipendenti pubblici delle Università, che a loro volta rappresentano una species del genus del pubblico impiego. Appunto perché fortemente limitativa delle possibilità professionali del personale tecnico-amministrativo se paragonate a quelle del personale docente, occorrerebbe una congrua ragione giustificatrice che ne sorregga l’impianto.
“Siffatta evidente diversità della disciplina di medesime categorie di dipendenti pubblici, sottoposti, tra l’altro, ai fini dell’eventuale svolgimento dell’incarico di insegnamento, all’ordinario regime autorizzatorio previsto dall’art. 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), – osserva la Consulta – non appare riconducibile ad alcuna ragionevole ratio giustificatrice, ed anzi risulta manifestamente irragionevole”.
Pertanto, similmente a quanto accaduto ad altre norme discriminatrici di determinate categorie di dipendenti pubblici o privati destinatari di un trattamento normativo irragionevolmente differenziato, viene dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 10, della legge n. 230 del 2005, per violazione del canone di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost.
Si allega in formato pdf il testo completo della sentenza n. 78/2013 della Corte Cost.