Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 2411 del 6 maggio 2013, ha affrontato il dibattuto tema dei limiti che incontra il potere ministeriale della Soprintendenza nel sindacare ed eventualmente annullare l’autorizzazione paesaggistica rilasciata dalla Regione o da enti subdelegati.
Vari gli aspetti presi in considerazione.
La prima questione affrontata e risolta riguarda gli effetti di una intempestiva comunicazione agli interessati del provvedimento di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica. Ci si chiede in altre parole se tale comunicazione, intervenuta oltre il termine fissato dalla legge per l’adozione dell’atto, sia in grado o meno di invalidare il provvedimento di annullamento stesso.
La risposta fornita dai giudici di Palazzo Spada è negativa. Consideratala natura non recettizia dell’atto di annullamento, “il termine fissato alla soprintendenza competente per l’eventuale annullamento della autorizzazione paesaggistica rilasciata dalla Regione (ovvero dall’ente subdelegato), nel regime transitorio di cui al citato art. 159, comma 3, d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 (…), per quanto di natura perentoria, è previsto dalla legge soltanto ai fini dell’adozione dell’eventuale provvedimento di annullamento e non anche per la sua comunicazione ai soggetti interessati. In altri termini, perché possa dirsi rispettato il suddetto termine è sufficiente che l’atto sia soltanto adottato nel rispetto del termine per provvedere, non dovendosi ricomprendere nel computo del termine stesso l’attività successiva di partecipazione di conoscenza dell’atto ai suoi destinatari”.
Un secondo aspetto riguarda invece l’estensione del sindacato della Soprintendenza. L’ambito di intervento dell’organo periferico del Ministero per i beni e le attività culturali è limitato alla sola legittimità dell’autorizzazione paesaggistica, non essendo espressione di un potere di riesame nel merito del provvedimento di base. Tuttavia, rientrando nel sindacato di legittimità anche il profilo dell’eccesso di potere per vizio di motivazione, la Soprintendenza deve comunque vagliare, in relazione alla fattispecie concreta, la congruenza del giudizio di compatibilità paesaggistica dell’intervento.
Infine, afferma il Consiglio di Stato, anche il paesaggio già compromesso da precedenti interventi edilizi va tutelato. Anzi, va tutelato con maggiore attenzione: “una situazione paesisticamente compromessa ad opera di preesistenti realizzazioni, anziché impedire, maggiormente richiede per la legittimità dell’azione amministrativa che nuove costruzioni non deturpino esteriormente l’ambito protetto”.
Per ulteriori approfondimenti, si rende disponibile il testo integrale della sentenza del Consiglio di Stato, n. 2411 del 6 maggio 2013.
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