Il Tar Abruzzo, con sentenza n. 240 del 23 aprile 2013, ha affrontato il delicato tema dell’accessibilità dei pareri legali resi ad una stazione appaltante in occasione di una pubblica gara.
Nel caso di specie l’impresa ricorrente, raggiunta da un provvedimento di revoca dell’aggiudicazione precedentemente disposta in suo favore, aveva chiesto l’accesso ad alcuni atti procedimentali, tra cui un parere legale richiamato nell’atto di revoca dell’aggiudicazione. Con riferimento a quest’ultimo atto però l’amministrazione aveva negato l’ostensibilità del documento, poiché il parere legale in questione doveva intendersi sottratto all’accesso in virtù dell’art. 13 comma 5 lett. c) del Dlgs n. 163/2006, che testualmente esclude dal diritto di accesso proprio i “pareri legali acquisiti dai soggetti tenuti all’applicazione del presente codice, per la soluzione di liti, potenziali o in atto, relative ai contratti pubblici”.
Il Collegio, partendo dalla ricostruzione della ratio della norma di cui al citato art. 13 Codice dei Contratti pubblici – ravvisata nelle stesse esigenze di riservatezza che tutelano le ragioni di ordine patrimoniale della stazione appaltante, sussistenti laddove il parere legale sia riferito ad un contenzioso potenziale o attuale con l’appaltatore – ha affermato che tale disposizione “deve essere interpretata in modo restrittivo, rappresentando una norma eccezionale, in quanto derogatoria rispetto alle ordinarie regole in materia di accesso, con la conseguenza che tale normativa deve intendersi riferibile alla sola fase di stipulazione dei contratti pubblici di cui all’art. 12 del d.lg. 163/2006 e non a tutta quella anteriore, per cui risultano accessibili quei pareri legali che, anche per l’effetto di un richiamo esplicito nel provvedimento finale, rappresentano un passaggio procedimentale istruttorio di un procedimento amministrativo in corso e che, una volta acquisiti dall’Amministrazione, vengono ad innestarsi nell’iter procedimentale, assumendo la configurazione di atti endoprocedimentali e, quindi, costituenti uno degli elementi che condizionano la scelta dell’Amministrazione medesima ” .
Le situazioni ipotizzabili son pertanto due:
1. consulenza legale endoprocedimentale: parere richiesto al professionista con l’espressa indicazione della sua funzione endoprocedimentale ed è poi richiamato nella motivazione dell’atto finale. In tal caso la consulenza legale, pur traendo origine da un rapporto privatistico normalmente caratterizzato dalla riservatezza della relazione tra professionista e cliente, è soggetta all’accesso perché oggettivamente correlata ad un procedimento amministrativo;
2. consulenza occasionata da attività precontenziose o contenziose, al fine di stabilire la strategia difensiva dell’Amministrazione: il parere del legale non è affatto destinato a sfociare in una determinazione amministrativa finale, ma mira a fornire all’ente pubblico tutti gli elementi tecnico-giuridici utili per tutelare i propri interessi. In questa ipotesi, la consulenza resta caratterizzata dalla riservatezza, volta a tutelare sia l’opera intellettuale del legale, sia il diritto di difesa della P.A., che deve poter fruire di una tutela non inferiore a quella di qualsiasi altro soggetto dell’ordinamento.
Nel caso di specie, versandosi nel caso di parere legale endoprocedimentale, reso in ordine alla sussistenza dei presupposti di legge per esercitare il potere di autotutela mediante revoca per ragioni economiche sopravvenute, deve ritenersi pienamente ostensibile e soggetto al diritto di accesso.
Per ulteriori approfondimenti, si rende disponibile il testo integrale della sentenza in commento (Tar Abruzzo-Pescara n. 240 del 23 aprile 2013).