Con sentenza n. 4130 del 24 aprile 2013, il Tar Lazio ha recentemente mutato indirizzo giurisprudenziale in ordine all‘interpretazione dell’art. 49 del Dlgs 163/2006, affermando che l’avvalimento della certificazione di qualità non è consentito ad eccezione delle ipotesi in cui la stessa sia compresa nell’attestazione SOA.
Com’è noto, l’art 49 Codice dei contratti pubblici stabilisce che tale istituto consente di “soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario tecnico, organizzativo, ovvero di attestazione della certificazione SOA” (oggetto degli artt. 40, 41 e 42), ma non di dimostrare il possesso della garanzia di qualità e le norme di gestione ambientale (disciplinate invece dagli artt. 43 e 44). Tale normativa è in linea con la disciplina comunitaria di cui agli artt. 47 e 48 della Direttiva 2004/18/CE, che ammettono la facoltà di ricorso all’avvalimento per i requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico e professionale, ma non anche per la garanzia della qualità e per la gestione ambientale (artt. 49 e 50 della Direttiva 2004/18/CE).
Nel caso di specie l’impresa ricorrente, esclusa da una gara di appalto per aver soddisfatto le richieste certificazioni di qualità ISO 14001 e UNI EN ISO 9001:2008 settore EA33 avvalendosi di quelle di un’impresa ausiliaria, argomentava le proprie richieste di annullamento richiamandosi a quell’orientamento giurisprudenziale che riconduce la certificazione di qualità tra i requisiti di carattere tecnico-organizzativo che possono tranquillamente costituire oggetto di avvalimento (ex multis, cfr. Cons. Stato, Sez. V, n. 5408 del 23 ottobre 2012, Sez. III, 18 aprile 2011, n. 2344, Sez. V, 23 maggio 2011, n. 3066; Sez. V, 8 ottobre 2011, n. 5496).
Ebbene i giudici di Palazzo Spada in questa occasione hanno ritenuto di dover mutare orientamento giurisprudenziale condividendo la posizione espressa dall’Avcp con determinazione n. 2 del 1°agosto 2012. L’Autorità garante, in linea con altri precedenti pareri, ha infatti affermato che “l’intima correlazione tra l’ottimale gestione dell’impresa nel suo complesso ed il riconoscimento della qualità rende la certificazione in questione un requisito connotato da un’implicita soggettività e, come tale, non cedibile ad altre organizzazioni se disgiunta dall’intero complesso aziendale in capo al quale è stato riconosciuto il sistema di qualità”, sottolineando inoltre come “la certificazione di qualità non è compresa né tra i requisiti concernenti la capacità economico-finanziario né tra quelli concernenti la capacità tecnico-organizzativa dell’operatore economico di cui agli artt. 41 e 42 del Codice, ma risulta disciplinata da un altro articolo del Codice, l’art. 43”.
Tuttavia la certificazione di qualità ISO può rientrare nel complesso dei requisiti necessari per il rilascio della diversa attestazione SOA5, che per espressa dizione legislativa può ben essere oggetto di avvalimento nella sua totalità, rappresentando la sintesi di un complesso variabile di requisiti.
Ne discende che l’avvalimento della sola certificazione qualità disgiunta dalla Soa comporterebbe la violazione del comma 6 dell’art. 49 del Codice dei Contratti, che prevede il divieto di utilizzo frazionato da parte del concorrente dei requisiti economico-finanziari e tecnico organizzativi.
D’altra parte, come già osservato dall’Avcp sempre con deliberazione n. 2/2012, “se, in concreto, l’impresa ausiliaria che presta la propria certificazione di qualità fosse obbligata a mettere a disposizione dell’ausiliata le proprie risorse e il proprio apparato organizzativo, in tutte le parti che giustificano l’attribuzione del requisito di qualità, l’impresa principale (quella ausiliata) sarebbe titolare solo formalmente del rapporto contrattuale con l’ente appaltante (…). Ciò, invero, produrrebbe una scissione tra la titolarità formale del contratto e la materiale esecuzione dello stesso, che sarebbe la logica conseguenza della carenza, in capo all’impresa concorrente (e titolare del contratto), dei requisiti necessari per partecipare alla gara e, quindi, per eseguire la prestazione”.
Il tutto in evidente contrasto con l’art. 49, comma 10, del d.lgs. n. 163/2006 (secondo cui il contratto è eseguito in ogni caso dall’impresa che partecipa alla gara e l’impresa ausiliaria può solo assumere il ruolo di subappaltatore nei limiti dei requisiti prestati), con l’art. 118 del Codice (che non ammette il subappalto dell’intera prestazione dedotta nel contratto d’appalto), nonché con l’art. 1655 c.c., poiché l’avvalente finirebbe per eseguire il contratto di appalto senza assumere “l’organizzazione dei mezzi necessari” propria del singolo appaltatore.
Per ulteriori approfondimenti, si rende disponibile:
- la sentenza del TAR Lazio-Roma n. 4130 del 24 aprile 2013;
- la delibera dell’Avcp n. 2/2012.