Con sentenza n. 2798 del 23 maggio 2013, la terza sezione del Consiglio di Stato ritorna sul dibattuto tema delle informative prefettizie antimafia, affrontando il problema della sussistenza o meno del potere per la Stazione Appaltante di richiederla anche al di fuori delle ipotesi previste dalla legge, nonché dell’incidenza di eventuali mutamenti della compagine societaria volti ad eliminare il riscontrato periculum di infiltrazione mafiosa.
Quanto alla prima delle questioni prospettate, il Collegio, richiamandosi alla propria giurisprudenza (cfr. Cons. St. sez. VI, n, 249 del 29 gennaio 2008), ricorda come “l’obbligo posto dagli artt. 4 della legge n. 490 del 1994 e 10 del d.P.R. n. 252 del 1998 a carico delle stazioni appaltanti di acquisire l’informativa antimafia per contratti o sub contratti di valore superiore alla soglia comunitaria, mentre introduce una doverosità assoluta di attivare il procedimento accertativo nei casi specificatamente presi in considerazione dalla legge, non assorbe la sfera di discrezionalità della stazione appaltante, che può acquisire l’informativa in determinate situazioni in cui scelte ed indirizzi delle imprese interessate possano ricevere condizionamento da parte della criminalità organizzata”. Pertanto, la legittimità della certificazione antimafia così ottenuta non è in alcun modo incisa dalla circostanza che non rientrasse in una delle ipotesi tassativamente previste dalla legge.
Nel caso di specie, il provvedimento impugnato dava rilievo ad un complesso intreccio parentale tra diversi soci della società in questione e membri di una stessa cosca mafiosa, che quindi finiva per esporre l’intera compagine sociale ad un plausibile pericolo di condizionamento non solo sull’indirizzo e l’attività dell’impresa ma soprattutto sull’utilizzo e sulla destinazione dei proventi.
Per i giudici di Palazzo Spada anche le successive iniziative assunte dalla società per determinare un mutamento della compagine sociale tale da renderla indenne da ogni pericolo di permeabilità mafiosa, non inficiano la legittimità dell’informativa acquisita dalla Stazione Appaltante “poiché il Prefetto ha correttamente preso il considerazione l’assetto societario in atto al momento dell’adozione dei provvedimenti e delle verifiche effettuate dagli organi di polizia, indipendentemente da ogni azione positiva intrapresa per eliminare situazioni suscettibili di integrare il periculum di condizionamento mafioso. In base alla disciplina di settore le invocate sopravvenienze, non determinano con effetto di automatismo, la perdita di efficacia della misura di prevenzione adottata né, in base al principio tempus regit actum, possono mettere in discussione, con effetto sanante, la legittimità del provvedimento a suo tempo adottato”.
Le modificazioni intervenute, data la validità temporale limitata dell’informativa antimafia (di cui all’art. 86 del nuovo Codice antimafia, Dlgs n. 159/2011), saranno quindi rilevanti solo per i futuri e nuovi rapporti economici da instaurarsi con la pubblica amministrazione.
Per ulteriori approfondimenti, si rimanda al testo integrale della pronuncia del Cons. Stato, sez. III n. 2798 del 23 maggio 2013.